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  • La colpevole immaginaria: l’automobile

    I cambiamenti climatici sono ormai diventati delle pure argomentazioni politiche finalizzate alla  giustificazione dell’esistenza in vita di determinate formazioni politiche e, contemporaneamente, a supporto  di un approccio ideologico ad un problema reale ma certamente più complesso di quanto non esprimano le strategie poste in campo dal gotha politico europeo ed italiano.

    Già nell’anno precedente l’argomento era stato oggetto di un intervento relativo a questa problematica basandosi però sulle rilevazioni statistiche di reali  organizzazioni ecologiste indipendenti, quindi non “viziate”, attraverso finanziamenti pubblici, dall’ideologia politica la quale tende a strumentalizzare i risultati per confermare le proprie tesi squisitamente ideologiche.

    In questo senso gioverebbe ricordare come le oltre duecento (200) navi dislocate nei diversi porti europei inquinino più di  venti (20) volte dell’intero parco circolante di auto in Europa. (*)

    In più recentemente , e nel più assoluto disinteresse soprattutto della compagine ambientalista, è stato pubblicata sul sito della stessa Unione Europea, e ripresa dal solo Sole 24  Ore, la percentuale corretta attribuibile al settore automotive relativa alle emissioni, in particolare di CO2.

    Come emerge evidente dall’analisi numerica la reale quota di CO2, neppure più  indicata come inquinante ma clima-alterante, risulta essere semplicemente dell’1%: nel 2019, infatti, viene attribuito al traffico veicolare una quota di 0,51 gt (miliardi di tonnellate) su un totale delle emissioni di 50 gt.  (**)

    Questo dato di chiarezza finalmente dimostra quanto si possa definire assolutamente sproporzionato il concetto ma soprattutto il progetto politico di “transizione ecologica”, tanto a livello europeo quanto nazionale, alla luce di questi dati incontrovertibili in quanto pubblicati dal sito della stessa Unione europea (***) .

    In altre parole i dati evidenziano come  questa  strategia politica sia assolutamente ingiustificabile ma soprattutto assolutamente impossibilitata al raggiungimento di un possibile contenimento delle emissioni di CO2 perché semplicemente basata sulla penalizzazione di un sistema industriale, in assoluto tra quelli a minore impatto ambientale, ma sempre trainante per l’intero continente europeo.

    Questa strategia politica ed  economica dimostra un risibile approccio culturale unito alla evidente volontà di azzerare il vantaggio tecnologico  dell’intero mondo dell’automotive europeo nei confronti delle altre economie solo in  nome di un finto  ecologismo,  ora  non più neppure supportato dalle stesse proprie rilevazioni statistiche.(***)

    I cambiamenti climatici rappresentano sicuramente un evoluzione storica del nostro pianeta ma non possono diventare strumenti per una desertificazione industriale figlia di un’ideologia massimalista la quale,  abbandonato lo scenario politico, finisce per utilizzare il palcoscenico ambientalista con l’unico obiettivo di realizzare il proprio progetto già  abortito in ambito  politico.

    (*) 19.07.2021 https://www.ilpattosociale.it/attualita/linquinamento-ideologico

    (**) https://www.ilsole24ore.com/art/le-automobili-emettono-l-1percento-co2-ecco-prove-AE8MlslB

    (***) http://www.eea.europa.eu/data-and-maps/data/data-viewers/greenhouse-gases-viewer

  • Lo sviluppo sostenibile

    Non passa giorno in cui politici ed economisti, come qualsiasi “esperto” dei più disparati settori non faccia un appello alla necessità di virare verso uno sviluppo sostenibile. Un concetto tanto condivisibile quanto nebuloso nella sua stessa definizione quindi soggetto ad interpretazioni contrastanti.

    Per quanto riguarda il settore industriale ed in particolare quello al quale sono vicino, come il tessile abbigliamento, risulta evidente che la sostenibilità possa venire intesa per esempio nelle filature attraverso  un minore consumo di acqua. Una  direzione verso la quale il distretto di Biella è impegnato da anni peraltro.

    Il continuo richiamo però al semplice concetto di sostenibilità lo trovo francamente riduttivo in quanto la sostenibilità rappresenta un aspetto della filiera italiana e quindi nel concetto di tutela della filiera e del made in Italy e andrebbe integrato per contribuire ad un discorso più complessivo. In altre parole si pone grande attenzione ad un parametro (il concetto di sostenibilità) quando risulterebbe maggiormente opportuno dare il giusto valore al concetto di insieme che comprende anche la sostenibilità: il made in Italy.

    L’idea di sostenibilità poi viene molto spesso, e probabilmente troppo spesso, utilizzata anche per il settore della movimentazione delle persone come delle merci.

    In particolare negli ultimi anni ha ottenuto una grandissima enfasi lo sviluppo delle auto elettriche vendute come auto ad impatto Zero (quando invece il ciclo di produzione delle batterie risulta il più inquinante) e di conseguenza preferibili ai motori a combustione interna, specialmente quelli Diesel che notoriamente invece risultano i meno inquinanti del mondo.

    Inserendo questa semplice rilevazione nel contesto generale si ricorda come da anni ormai il mese di luglio ed agosto rappresentino i mesi con il picco assoluto di consumo di energia elettrica attribuibile all’utilizzo dei condizionatori. I blackout che si susseguono in tutte le città, o meglio in parecchie zone di molte città, successivamente nascono dall’incapacità della rete elettrica di sostenere questo aggravio di consumi elettrici.

    Sarebbe simpatico ed istruttivo capire e comprendere come la medesima rete elettrica potrebbe sostenere anche la eventuale ricarica delle batterie delle automobili durante i mesi di agosto e di luglio se già non riesce a sostenere quella dei condizionatori.

    A questa domanda se ne dovrebbe aggiungere una seconda molto semplice relativa sempre al  concetto di sostenibilità. Partendo dal dato acclarato che la produzione di energia rappresenta la prima fonte di inquinamento in Italia, nel momento in cui con le auto elettriche dovessimo richiedere un ulteriore aumento della produzione di energia inevitabilmente aumenterebbe l’inquinamento per la produzione dell’energia aggiuntiva annullando di fatto il vantaggio di utilizzare le auto elettriche.

    Due semplici esempi per dimostrare come la sostenibilità e soprattutto lo sviluppo economico sostenibile devono indicare una direzione verso la quale muoversi ma che deve sempre comprendere una valutazione complessiva dell’impatto ambientale e non solo l’ultimo anello di una filiera.

    La medesima mancanza di visione strategica che la classe politica e dirigente italiana ebbe negli anni 60-70 quando in un modo altrettanto miope abbandonò le filovie nel trasporto urbano a favore dei pullman a gasolio. Adesso si ripropone la stessa miopia che ripropone la medesima decisione per l’utenza privata non comprendendo l’impatto devastante relativo alla produzione di energia aggiuntiva necessaria a sostenere la nuova utenza automobilistica.

    In altre parole la sostenibilità risulta un concetto complesso ed articolato che necessita di un approccio non semplicistico come da troppi anni assistiamo in Italia ed in Europa. Così come viene pensato ed utilizzato il solo concetto di sostenibilità non è sufficiente in quanto non viene considerato all’interno di un articolato  processo produttivo complesso ma come semplice caratteristica di una unica fase dello stesso.

    La sostenibilità dovrebbe diventare invece l’elemento qualificante di un intero processo produttivo inserito in una filiera come per il made in Italy.

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