automobili

  • Indagine rivela atteggiamento positivo nei confronti delle auto elettriche in Europa

    Il 57% dei conducenti di automobili non elettriche sta valutando la possibilità di passare a veicoli elettrici, nonostante i costi. E’ quanto emerge da un’indagine dell’osservatorio europeo per i carburanti alternativi condotta in 12 Stati membri dell’UE.

    L’impegno dell’UE a ridurre del 90% le emissioni di gas a effetto serra nel settore dei trasporti entro il 2050 — come stabilito nel Green Deal europeo e nella strategia per una mobilità sostenibile e intelligente — è in linea con questa tendenza, sottolineando il ruolo dei veicoli a zero emissioni. Il nuovo regolamento su un’infrastruttura per i combustibili alternativi promuove la realizzazione di infrastrutture di ricarica pubbliche di facile uso in tutta l’UE.

    Con oltre 19.000 intervistati, l’indagine è una delle principali per quanto riguarda l’atteggiamento dei consumatori nei confronti della mobilità elettrica. I rispondenti, suddivisi tra gli attuali conducenti di veicoli elettrici a batteria e i conducenti di veicoli non elettrici, hanno inoltre evidenziato i benefici per il clima e l’efficienza in termini di costi dei veicoli elettrici a batteria.

    Circa due terzi degli intervistati ritiene che il prezzo rimanga un grande ostacolo. Un terzo prevede tuttavia di acquistare un’automobile elettrica nei prossimi cinque anni.

    L’indagine ha coinvolto partecipanti da Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovenia, Spagna e Svezia.

  • Fiat Algeria produrrà 90mila veicoli all’anno entro il 2026

    Il ministro dell’Industria algerino, Ali Aoun, ha ricevuto una delegazione di Stellantis, guidata da Samir Cherfan, direttore dell’azienda nella regione Africa e Medio Oriente. Secondo un comunicato stampa del ministero algerino, l’incontro rientra “nel monitoraggio dell’avanzamento del progetto di produzione automobilistica in Algeria del marchio Fiat”. Il ministro Cherfan ha “confermato l’impegno del Gruppo Stellantis a sostegno dello sviluppo dell’industria automobilistica in Algeria”. Durante l’incontro si è discusso della situazione attuale della fabbrica di assemblaggio e degli ultimi sviluppi nel campo della produzione automobilistica. In particolare, prosegue la medesima fonte, è stato presentato “nel dettaglio il progetto che sta avanzando nel processo di produzione dei veicoli Fiat, in particolare dei modelli Fiat 500 e Doblò”. È previsto, inoltre, un aumento della produttività “per raggiungere l’obiettivo prefissato di 40mila veicoli entro la fine del 2024 e di 90mila unità entro la fine del 2026”. Infine, sono stati presentati i progressi compiuti nell’attuazione degli accordi conclusi con i fornitori per aumentare il tasso di integrazione con le componenti prodotte localmente, che secondo Cherfan “raggiungerà oltre il 35 per cento entro il 2026”.

    Lo scorso 11 dicembre, il Gruppo Stellantis e le autorità dell’Algeria hanno inaugurato lo stabilimento Fiat nella provincia di Orano, nell’ovest del Paese. Situato nella zona industriale di Tafraoui, lo stabilimento Fiat è stato costruito su un’area di 40 ettari, che si aggiungono a ulteriori 80 ettari dedicati ai produttori di attrezzature che accompagneranno l’impianto. Si stima che nello stabilimento lavoreranno 600 persone al momento del lancio e che la cifra salirà a 2 mila entro il 2026. Saranno prodotti tre modelli, tra cui la Fiat 500 Hybrid che ha aperto il salone, seguita dal Doblò nelle versioni touring (vetrata) e commerciale, con la clausola che un nuovo modello internazionale uscirà dalle linee di produzione dello stabilimento nel 2026. L’accordo firmato nell’ottobre del 2022 prevede la produzione di 60 mila veicoli nel primo anno, cifra che salirà a 90 mila entro 12 mesi. L’apertura della seconda linea di produzione automatizzata dell’impianto Fiat di Orano, che aumenterà la capacità produttiva a 60 mila automobili all’anno, è prevista per la fine del prossimo giugno.

    Le parti attualmente prodotte localmente per i veicoli Fiat includono sedili, tappeti, oli e lubrificanti, parti in plastica e pneumatici. Si tratta di parti relativamente facili da reperire in Algeria, ma nel frattempo il Paese nordafricano dovrà sviluppare la sua industria per produrre una componentistica tecnologicamente più avanzata. Secondo l’emittente algerina “Echourouk News“, i fornitori selezionati devono soddisfare “rigorosi requisiti in termini di qualità, prestazioni ed efficienza”. Le specifiche per la produzione dei veicoli, pubblicate nel novembre 2022, prevedono un graduale aumento del tasso di integrazione della componentistica algerina, che raggiungerà il 10 per cento dopo un anno di produzione. Secondo quanto appreso da “Agenzia Nova”, Stellantis vorrebbe andare oltre la percentuale di integrazione prevista e arrivare intorno al 40 per cento nel quinquennio. Il tutto, è bene ricordare, senza fare concorrenza a quanto viene prodotto in Italia, dal momento che lo stabilimento di Orano produrrà per il mercato algerino e africano.

  • L’Auto di Troia

    Con la tipica superficialità di una civiltà ormai prossima all’estinzione e sostenuti da un mondo retroambientalista, espressione di un totale scollegamento da ogni problematica della vita quotidiana, l’arrivo delle auto cinesi nel mercato europeo sta già dimostrando i propri devastanti effetti.

    Forte di aiuti statali (oltre sessanta miliardi solo lo scorso anno) le aziende cinesi stanno utilizzando la deriva ambientalista massimalista per imporre i propri prodotti elettrici usando a proprio vantaggio le aperture del mercato globale assieme al dumping fiscale e retributivo.

    Questa logica, quindi, non risponde alle regole del libero mercato, come l’intero mondo progressista europeo ancora crede, ma piuttosto ad una implicita e velata volontà politica di dominio sulle economie occidentali della stessa Cina.

    L’invasione cinese, i cui disastrosi effetti risultano decisamente sottostimati ancora oggi, attraverso la depatrimonializzazione del settore automobilistico europeo, il quale ad oggi conta 13 milioni di occupati e determina l’8% del Pill, con le autovetture elettriche cinesi si pone come obiettivo strategico e politico l’abbattimento dell’intero sistema economico e contemporaneamente del benessere diffuso in Europa legato a decenni di crescita del settore industriale Automotive.

    L’auto cinese, così, diventa l’Auto di Troia finalizzata a rendere l’intero continente dipendente economicamente e tecnologicamente dalla superpotenza cinese, un dominio facilitato dalla stessa digitalizzazione.

    In altre parole, mentre il mondo occidentale è distratto dal conflitto russo ucraino il colosso cinese ha avviato una “unconventional war” nei confronti dell’intero asset Automotive europeo, potendo anche contare sulla colposa o magari dolosa complicità della Commissione Europea e di tutte le forze ambientaliste, nessuna delle quali è in grado di comprendere come in gioco non ci sia tanto il livello di emissioni quanto lo stesso concetto di democrazia.

    La complicità delle istituzioni europee, Commissione e Parlamento europei, i quali hanno imposto il divieto di vendita di auto a motore endotermico (unici al mondo), permette di intravedere non tanto una colposa ignoranza quanto una dolosa compromissione con gli interessi cinesi, forti anche di una trentennale incapacità di elaborazione di strategie economiche dalla stessa UE.

    L’auto cinese rappresenta il Cavallo di Troia utilizzato dalla dittatura cinese per ridurre in schiavitù economica e digitale l’intera Europa. Sarà la storia a chiarire se esista una compromissione diretta o meno di tutti gli ambienti favorevoli alla transizione ecologica con il colosso cinese. Di certo la Cina nell’ultimo anno ha aumentato le emissioni di un altro +5%, il che rende inutile ogni risparmio energetico europeo.

    Dall’Eneide, poema epico di Virgilio, siamo passati alla realtà scritta da una classe politica e dirigente europea e nazionale assolutamente incapace di leggere le sfide per la sopravvivenza economica e l’indipendenza politica nel futuro del nostro continente.

  • Nuove norme sulle macchine mobili per favorire una circolazione sicura sulle strade pubbliche nell’UE

    La Commissione europea accoglie con favore l’accordo politico raggiunto dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’UE relativo all’omologazione per la circolazione su strada e alla vigilanza del mercato delle macchine mobili non stradali. Le nuove norme faciliteranno l’uso sulle strade pubbliche di macchine mobili, tra cui gru, raccoglitrici, carrelli elevatori e spalaneve.

    L’accordo politico segue la proposta della Commissione del 30 marzo 2023 e consoliderà il mercato unico sostituendo 27 legislazioni nazionali diverse con una sola normativa armonizzata, eliminando così gli attuali ostacoli alla libera circolazione delle macchine mobili su strade pubbliche e garantendo al contempo un elevato livello di sicurezza stradale. Il nuovo regolamento ridurrà inoltre gli oneri di conformità e amministrativi, con un risparmio stimato di 846 milioni di € nell’arco di 10 anni.

    Alcuni degli aspetti chiave inclusi nel testo del regolamento concordato ieri sono: un quadro normativo armonizzato per l’omologazione stradale delle macchine mobili con una velocità massima di progetto di 40 km/h, che ne garantisca la libera circolazione e ne faciliti l’uso transfrontaliero all’interno dell’UE; la possibilità della Commissione di adottare requisiti tecnici dettagliati 12 mesi prima dell’entrata in vigore del regolamento; norme e procedure per la vigilanza del mercato di tali macchine mobili in caso di non conformità.

    Il Parlamento europeo e il Consiglio dovranno ora adottare formalmente l’accordo politico. Una volta approvato dai due colegislatori, il regolamento entrerà in vigore 36 mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’UE.

  • Non c’è fine all’improvvisazione

    Da qualche tempo vari esponenti politici fanno a gara per vedere chi è più verde, più green, più ambientalista, in testa a tutti molti sindaci che, scatenati nella guerra contro le macchine, aboliscono parcheggi, creano sempre più cari balzelli per entrare in città e costruiscono sempre più pericolose corsie ciclabili.

    Tutti questi illustri paladini del verde, responsabili come e più degli altri del dissesto ambientale del Pianeta, non per altro hanno tutti abbondantemente governato, tacciano però sui fondi Pnrr che l’Europa ha stanziato per creare ampi polmoni verdi nelle aree urbane e che loro, in gran parte, non hanno voluto o saputo usurare, in sintesi li hanno persi.

    Migliaia di alberi avrebbero dovuto essere piantati mentre invece molte città, a partire da Milano, non hanno fatto nulla e così sono stati lasciati i fondi europei e si è invece proseguito nella strada del cemento e dell’inquinamento, alla faccia dei tanti proclami ecologici.

    Sono mancate le idee, la progettazione, la capacità, la volontà politica ma di questo ben pochi media hanno parlato.

    Alla propaganda green non è corrisposta l’azione politica, per altro non è una novità, da anni assistiamo all’abbattimento di alberi, più facile abbatterli che curarli, a piccole sporadiche piantumazioni con fuscelli che presto muoiono, e alla cementificazione selvaggia di ogni oasi verde, comprese molte aree agricole.

    Da Messina a Milano progetti presentati e poi irrealizzati o neppure fatti, solo Milano, al momento, ha già perso 12 milioni di euro destinati dall’Europa alla piantumazione di nuovo verde mentre la città ha la ZTL tra le più grandi d’Europa e alla fine di ottobre entrare nel grande ed allargato centro città, oltre all’obbligo di guidare macchine Diesel euro 6, costerà al giorno ben 7 euro, più ovviamente le salatissime ore di parcheggio.

    Non contento il sindaco Sala fa pagare l’ingresso in città anche ai residenti, un po’ meno, certo, ma non si è mai visto che una persona debba pagare per entrare a casa propria!

    Siamo ormai all’assurdo, parliamo di macchine elettriche, che spesso vanno a fuoco, importiamo dalla Cina quanto serve, penalizzando l’industria automobilistica europea, e non sappiamo ancora dove, e quanto costerà, smaltire le batterie.

    Intanto si abbattono alberi invece di piantarne, si perdono i milioni dati dall’Europa, chissà se, come in passato, questi fondi andranno ad altri paesi con amministratori locali più avveduti, si distruggono sempre più le aree verdi, necessarie per abbattere l’inquinamento, e si fa propaganda green mentre si procede con una politica che è tutto il contrario.

    Ogni commento diventa inutile, non c’è fine alla malafede, all’improvvisazione ed alla falsità.

  • Entrano in vigore le regole per le auto automatizzate

    Le strade europee diventeranno più sicure e l’industria automobilistica sarà chiamata a un salto in avanti per quanto riguarda l’innovazione. Tutto grazie alla nuova regolamentazione di sicurezza generale approvata dall’Ue, finalmente entrata in vigore. Le auto di nuova omologazione, infatti, dovranno essere dotate di un’ampia gamma di sistemi avanzati di assistenza alla guida, tra cui l’assistente intelligente alla velocità, l’avviso di disattenzione e di stanchezza del conducente e la scatola nera integrata.

    Le novità si applicano per i nuovi modelli presentati dalle case automobilistiche, mentre i modelli già omologati saranno esenti fino al 6 luglio 2024. Secondo le stime di Bruxelles, le misure aiuteranno a salvare 25mila vite ed evitando almeno 140mila feriti gravi entro il 2038. “La tecnologia ci aiuta ad aumentare il livello di sicurezza delle nostre auto: le nuove caratteristiche di sicurezza avanzate e obbligatorie contribuiranno ulteriormente a ridurre il numero di vittime”, ha commentato la vicepresidente della Commissione Ue Margrethe Vestager. Le norme affrontano la necessità di migliorare la sicurezza dei veicoli e delle strade, dato che gli studi hanno dimostrato che l’errore umano è ritenuto responsabile del 95% degli incidenti.

    Ma non è tutto. Poiché l’entrata in vigore della nuova regolamentazione autorizza la Commissione a completare il quadro giuridico per i veicoli automatizzati e connessi, quest’estate l’esecutivo europeo presenterà le norme tecniche per l’omologazione dei veicoli completamente privi di conducente, “rendendo l’Ue un pioniere in questo campo”. “Ciò contribuirà ad aumentare la fiducia del pubblico, a stimolare l’innovazione e a migliorare la competitività dell’industria automobilistica europea”, sottolinea la Commissione.

    “Assistenza alla velocità, mantenimento della corsia e sistemi di frenata: i nostri veicoli sono sempre più automatizzati. Con la nuova legislazione sulla sicurezza dei veicoli in vigore da oggi, l’Europa si assicura che questa tecnologia migliori la vita quotidiana dei cittadini e che l’industria automobilistica disponga di un quadro prevedibile e sicuro per continuare a sviluppare soluzioni tecnologiche innovative e mantenere la propria competitività a livello globale”, ha detto il commissario Thierry Breton, responsabile per il Mercato interno.

    Bruxelles, nel frattempo, ha avviato una consultazione pubblica sul ‘restyling’ delle norme che disciplinano le  revisioni tecniche periodiche dei veicoli, prevista per la metà del 2023. “I controlli tecnici dei veicoli sono essenziali sia per la sicurezza stradale che per il mantenimento delle prestazioni ambientali del mezzo nel corso della sua vita”, si legge in una nota diffusa dalla Commissione.

  • Da Londra le prime conseguenze della Sharia ambientalista

    La follia e l’incoscienza ambientalista europea cominciano a dimostrare i propri nefasti effetti.

    Direttamente dal The Times di Londra: ” … al fine di evitare i blackout elettrici verranno staccate le postazioni per caricare le batterie degli autoveicoli  dalle… alle …” (https://www.thetimes.co.uk/article/e-car-chargers-will-turn-off-to-prevent-blackouts-jnm2m86pz).

    Mai come oggi la furia integralista ideologica ambientalista sta assumendo le caratteristiche di una SHARIA finalizzata ad una regressione economica e culturale impedendo di fatto di rispondere ad una domanda di mobilità storica e potenziale che rappresenta la base di un sistema economico aperto ed anche una delle forme elementari di democrazia liberale. In più va ricordato come il dogma della digitalizzazione tanto dell’economia, per rispondere ad una velocizzazione del time to market, quanto nella vita quotidiana non può venire in nessun modo considerato eco-sostenibile o, peggio ancora, finalizzato ad un impatto zero delle attività umane. Basti pensare come solo in Europa vengano spedite GIORNALMENTE 20 miliardi di email la cui elaborazione necessita di circa 19 gr di CO2. Già questo definisce in modo inequivocabile come la supposta svolta green della classe politica nazionale ed europea risponda solo ed esclusivamente ad una scelta ideologica priva di una base di conoscenza approfondita.

    In questo delirio, invece, l’integralismo “sostenibile” pone le condizioni non solo per un blackout elettrico legato all’impossibilità di creare nuova energia e soddisfare la mobilità elettrica in quanto si continua a rifiutare, ancora per pura scelta ideologica, ogni apporto alla crescita di disponibilità energetica di origine nucleare in modo da rispondere alla crescita esponenziale della domanda.

    Queste strategie “ecologiste”, poi, si basano su tecnologie la cui resa rimane ancora oggi un’incognita mentre fin da adesso emerge la certezza di una implosione complessiva di un articolato e connesso sistema economico come quello europeo. Il tutto con costi economici e sociali disastrosi, causando contemporaneamente l’azzeramento del vantaggio tecnologico che il nostro continente ancora vanta in determinati settori strategici.

    Invece di guardare alla sostenibilità attuale già raggiunta, come il primato europeo in campo tecnologico oggi determina (l’8% di emissioni totali di CO2 lo certifica ampiamente), si omette di affrontare il vero problema rappresentato dalle emissioni della Cina la quale, viceversa, si guarda bene dall’adottare simili politiche a tutela dell’ambiente.

    Emerge così evidente la sproporzione tra le risorse finanziarie investite in questo tipo di transizione, i conseguenti costi sociali ed economici che produrranno ed il vantaggio per l’ambiente che sarà di qualche percentuale decimale di CO2 calcolata su di un totale già ora Inferiore rispetto ai concorrenti.

    Ora più che mai la politica invece di utilizzare le tematiche ambientali per dimostrare la propria esistenza in vita dovrebbe dimostrare di possedere le complesse competenze come espressioni di sintesi politiche, economiche ed ambientali compatibili con il livello e la tecnologia esistente (https://www.ilpattosociale.it/attualita/linquinamento-ideologico/).

    Viceversa risulterebbe una scelta assolutamente suicida abbandonare i nostri primati anche nel basso impatto ambientale delle economie europee, come dimostra la bassa percentuale di contribuzione alla CO2 mondiale (8% si ricorda) ma anche quelli, all’interno della stessa Unione Europea, del sistema industriale italiano (10.12.2018 https://www.ilpattosociale.it/2018/12/10/sostenibilita-efficienza-energetica-e-sistemi-industriali/).

    Contemporaneamente in un mercato globale l’Europa continua a lasciare mano libera nella crescita economica alla Cina (export +25%) la quale mantiene la propria competitività anche grazie agli investimenti nella produzione di energia attraverso investimenti in centrali a carbone, nonostante sia da tempo il primo inquinatore al mondo.

    L’aspetto innovativo ed inquietante, tornando all’ambito europeo, emerge anche dal mondo delle grandi case europee produttrici di auto le quali sembra stiano sposando in pieno il delirio europeo relativo alla elettrificazione del settore automobilistico. In particolar modo quelle tedesche le quali sono cresciute attraverso la motorizzazione di massa e che ora, con un atteggiamento assolutamente speculativo, credono di intravedere nuovi mercati dalle altissime potenzialità. Non si illudano di avere a loro disposizione, a partire dai prossimi anni e soprattutto dalle 2035, un nuovo mercato europeo di sostituzione delle oltre 230 milioni di auto a combustione interna. La transazione ecologica si trasformerà, per quanto riguarda il settore privato della mobilità automobilistica, nella sistematica distruzione della domanda privata di mobilità dovuta ai costi insostenibili delle ricariche elettriche.

    Già ora, quindi, si delinea all’orizzonte un’Europa espressione di un nuovo sistema di socialismo ambientale all’interno del quale la mobilità privata risulterà minimale e soprattutto a favore di pochi eletti. In questo contesto i primi a pagarne le giuste conseguenze saranno coloro che l’hanno sostenuta e, di conseguenza, i produttori di automobili.

    La transazione ecologica, in altre parole, sta ponendo le basi per un salto della nostra civiltà nel buio più assoluto, espressione di una regressione culturale ed economica spaventosa: l’avvento della Sharia ambientalista.

  • Exploit di immatricolazioni di auto ad aprile in Italia. Ma il Covid ha lasciato il segno

    Ad aprile sono state immatricolate 145.033 nuove auto in Italia: un mega rimbalzo di +3.276,8%, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Quello però era uno dei periodi peggiori dell’era pandemica, in pieno primo lockdown a causa del Covid. Insomma, la crescita del mercato automobilistico del Belpaese è solo apparente.

    Secondo i dati diffusi dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, ad aprile sono state immatricolate 145.033 autovetture, contro le 4.295 unità registrate ad aprile 2020, che aveva chiuso a -97,5% a causa del lockdown totale. Un confronto sfalsato. Facendo quindi riferimento all’ultimo aprile normale, cioè ad aprile 2019, si evidenzia un calo del 17,1%. A spiegare l’effetto coronavirus sui dati è Paolo Scudieri, presidente di Anfia, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica. “Come già accaduto a marzo, anche ad aprile dell’anno in corso l’apparente crescita del mercato è in realtà frutto del confronto con l’aprile peggiore della storia, visto che nel 2020 le vendite erano risultate praticamente azzerate”.

    Il rialzo non riflette l’effettiva situazione del mercato, che è in realtà molto più negativa di quanto non dicano le statistiche e ciò perché nel 2019 non erano in vigore incentivi per le vetture più richieste, che sono quelle con emissioni di CO2 da 61 a 135 gr/km, mentre dall’1 gennaio 2021 sono in vigore incentivi per questa fascia di autovetture per 250 milioni di euro. Questo stanziamento ha indubbiamente sostenuto la domanda senza riuscire però a compensare completamente l’impatto fortemente negativo della pandemia. La spinta degli incentivi prenotati prima dell’esaurimento dei fondi dovrebbe continuare nella prima metà di maggio. Poi, secondo il Centro Studi Promotor, per il mercato dell’auto si aprirà una crisi ben più severa di quella del primo quadrimestre di quest’anno che potrebbe portare il 2021 a chiudere il suo consuntivo anche molto al di sotto del risultato catastrofico del 2020 in cui, con 1.381.646 auto vendute, si ritornò ai livelli di 50 anni fa, cioè degli anni ’70 del secolo scorso. Un ulteriore calo su questi livelli aprirebbe uno scenario pericoloso per il mercato italiano dell’auto che potrebbe precipitare addirittura sui livelli degli anni ’60 del secolo scorso con tutto quello che ne consegue, anche per il prodotto interno lordo del Paese, su cui l’incidenza dell’auto e del suo indotto tocca il 12,5% .Fra i big del settore, il Gruppo Stellantis, frutto della fusione fra Fca e e Psa, ad aprile registra 58.404 immatricolazioni di auto, rispetto a 2.682 dello stesso mese del 2020, vale a dire un incremento del 2.077,6%. Ad aprile 2020 l’Italia era soggetta al primo massiccio lockdown per il Covid. Nei primi 4 mesi del 2021 le immatricolazioni di Stellantis sono state 238.398, a fronte di 145.752 dello stesso periodo del 2020, in aumento del 63,6%.

  • Ue, Trump, Made in: la tutela alternata

    Mentre il mondo economico internazionale e soprattutto nazionale si interroga sugli scenari futuri come digitalizzazione o settore terziario avanzato, la trattativa commerciale che vede contrapposti Stati Uniti e Unione Europea potrebbe trovare una interessante soluzione partendo dalla carne, cioè da un prodotto espressione del settore primario.

    Nel terzo millennio infatti è ancora la carne il primo argomento o, meglio, il primo fattore economico attraverso il quale il neo presidente Donald Trump dichiarò, giustamente, di voler riequilibrare gli scambi commerciali tra gli Stati Uniti e l’Europa. Ad una ferrea opposizione dell’Europa, giustificata dalla presenza di ormoni negli allevamenti statunitensi, il presidente statunitense avviò una politica di forte avversione nei confronti del blocco europeo all’importazione della carne Made in Usa, minacciando di introdurre dazi sui principali flussi commerciale provenienti dall’Unione Europea.

    Contemporaneamente però, nell’ottobre 2017, l’Unione introdusse (sua sponte) i dazi tra il 23-43% sull’alluminio e l’acciaio cinese. Una scelta strategica che si ripeté nel marzo del 2018 con l’introduzione di dazi sulle importazioni di pneumatici cinesi.

    Viceversa, quando gli Stati Uniti, avviando una politica di forte rinegoziazione nei confronti dei flussi commerciali anche con la Cina, introdussero i dazi, sempre sull’alluminio e sull’acciaio cinesi (esattamente come la Ue), l’Unione stessa gridò “all’attentato al libero mercato” dimostrando una doppiezza valoriale francamente imbarazzante. Pur avendo connotazioni differenti, la trattativa o, meglio, il contrasto tra Stati Uniti e Cina, caratterizzato in buona parte da prodotti ad alto contenuto tecnologico, si sviluppò e si mantiene più o meno con medesime scelte strategiche.

    Nel frattempo l’Unione Europea, grazie alla politica del presidente Trump, ha ottenuto una riduzione dei dazi sull’importazione di auto da parte della Cina dal 25 al 15%. Un obiettivo che la stessa Unione non si sognava di porsi neppure tra quelli più avveniristici. Contemporaneamente, per quanto riguarda i rapporti con l’Europa, Donald Trump continuò a minacciare di introdurre i dazi sulle importazioni ampliando recentemente la possibilità di questa opzione anche alle importazioni di auto europee.

    Come d’incanto, ecco l’Unione Europea proporre agli Stati Uniti la possibilità di importare 45.000 tonnellate di carne Made in Usa purché priva di estrogeni. Una quota aggiuntiva in quanto precedentemente comprendeva quella consentita alle carni neozelandesi ed argentine.

    Emergono quindi evidenti due considerazioni.

    Quando ad essere minacciati di nuovi dazi dagli Stati Uniti sui flussi commerciali sono i prodotti delle filiere del tessile-abbigliamento o del settore agroalimentare (in buona parte quindi espressione del made in Italy) l’Unione Europea ha mantenuto la posizione senza cercare neppure un punto d’accordo ed addirittura minacciando ritorsioni a sua volta. Ora che a venire minacciata è l’esportazione delle automobili europee, delle quali i gruppi Mercedes, Volkswagen e  BMW  rappresentano la quasi totalità dei flussi commerciali per ogni segmento di auto, in particolare nella fascia Premium, improvvisamente nell’Unione Europea si elabora una nuova strategia con l’obiettivo evidente di salvaguardare i legittimi interessi dell’industria tedesca ed in particolare automobilistica.

    La prima considerazione evidente è rappresentata dal fatto che in Europa le ragioni economiche della Germania rappresentano la ragione e le motivazioni che influenzano, se non addirittura determinano, la politica commerciale, come quella estera, dell’Unione Europea stessa.

    In altre parole la Germania, per merito proprio ma soprattutto per demerito degli altri paesi europei tra i quali l’Italia, riesce ad imporre i propri interessi attraverso politiche e soprattutto funzionari europei e politici di livello che rendono ridicoli tutti gli altri componenti, anche il Parlamento Europeo, ed in particolare quelli italiani.

    Ancora una volta quindi emerge l’inconsistenza assoluta della classe politica italiana in Europa che occupa  senza competenze delle posizioni chiave che dovrebbero invece essere utilizzate per la tutela degli interessi italiani. Infatti, di fronte a questa ennesima prova di forza della Germania e dell’industria tedesca, in particolare automobilistica, come non ricordare il voto favorevole dei parlamentari europei italiani all’importazione di olio tunisino come sostegno alla democrazia di paese nordafricano? Una decisione tanto scellerata da mettere ulteriormente in ginocchio le colture dell’olio italiano, già in forte difficoltà per il caso xylella, dimostrando, ancora una volta, lo spessore culturale ridicolo di una classe che si considera internazionale solo perché tutela l’interesse di altre nazioni a discapito della propria.

    Tutto questo è la logica conseguenza della inettitudine, come della incompetenza, dei parlamentari e dei funzionari europei italiani nel valorizzare le prerogative e le aspettative di crescita economica del nostro Paese.

    In secondo luogo, ed arriviamo alla seconda ed ultima considerazione, questa offerta relativa alle nuove importazione di carne proposta dalla Unione Europea dimostra ancora una volta la capacità negoziale come strategia vincente del presidente Trump e ridicolizza, ancora una volta, le professionalità poste in campo dall’Unione stessa ed in particolare italiane.

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