Ci voleva l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per esprimere le preoccupazioni della gran parte del Paese per un imminente rischio di “Una separazione delle strade tra territori del Nord e territori del meridione che recherebbe gravi danni agli uni e agli altri”.
Un appello forte del Capo dello Stato, per ricordare a quanti da mesi sostengono che l’Autonomia Differenziata non si farà mai, che il pericolo è ormai alle porte.
Basta con le dichiarazioni, ultimo in ordine di tempo Cirino Pomicino, ma preceduto dai Galvagno, Schifani, Meloni, Zaia, Calderoli e migliaia di altri a sostenere la narrazione di LEP uguali per tutti, che il partito dei patrioti alla fine non consentirà questa sciagura, che i soldi non ci sono e quindi non se ne farà nulla e così via, tentando di sminuire un disegno che invece sta per raggiungere la meta, grazie all’ignoranza sulla pericolosità dei suoi obiettivi, e alla superficialità delle analisi di chi non ha letto la legge o non l’ha capita.
La verità è che non ci sono, né mai ci saranno LEP uguali per tutti.
Che l’approvazione di questo disegno di legge consentirà di dare alle regioni ricche le risorse erariali pagate nei loro territori e sottratte allo Stato, che diventerà più povero ed impotente rispetto al resto del territorio nazionale.
Che le Regioni fragili, avranno LEP finti, calcolati sulla spesa storica, già oggi al di sotto dei costi reali e tali resteranno perché lo Stato, che sarà impoverito, non potrà finanziare gli aggiornamenti dei LEP che, comunque, non potranno esserci prima del 2029.
Che le regioni ricche, non appena fatta la legge, entro cinque mesi, e quindi al più tardi entro ottobre 2024, avranno via libera sulla determinazione dei costi reali dei LEP, e potranno concedere aumenti di stipendio anche triplicandone gli importi, e procedere ad ogni ulteriore modifica, acquisendo da subito e poi annualmente le risorse erariali dello Stato, alla faccia di chi ancora pensa che dovrebbero passare non meno di due anni per l’approvazione dei decreti legislativi.
Che questa riforma viola ben 26 norme della Costituzione, che tra l’altro hanno finora consentito di non istituire il Fondo di Perequazione, ed addirittura aggirare gli obblighi di copertura finanziaria della norma, con il truffaldino criterio di rinviare la quantificazione dei LEP al momento della elaborazione delle Intese e non nella fase di approvazione della legge.
Che ci sono ben 42 manipolazioni in 11 articoli di legge, che evidenziano la superficialità e mala fede nella elaborazione di una riforma, che passerà alla storia come la prima legge della Repubblica Italiana che discriminerà legalmente i diritti costituzionali degli italiani in base allo Ius domicili (cioè in base alla residenza), piuttosto che allo Ius civitatis (e cioè in base ai principi di uguaglianza garantiti dal diritto di cittadinanza).
Le forzature sono state continue e perniciose sin dall’inizio, ed in ultimo con l’arroganza del potere di violare le regole parlamentari, imponendo la ripetizione della votazione su un emendamento dell’opposizione, che non doveva essere approvato.
Perché sin dall’inizio questa fretta di approvare una riforma di tale rilevanza, con forzature gravi delle regole parlamentari e prepotenza ingiustificata?
Questa corsa disperata all’approvazione prima delle elezioni europee è la spia che, qualunque questione riguardi la politica italiana, l’unico vero interesse è finalizzato alla caccia ai voti, e non al rispetto dei diritti e delle regole, che dovrebbero costituire la garanzia e la base delle decisioni al servizio dei cittadini di uno Stato di diritto e democratico.
Ecco perché questa legge va fermata prima del voto delle elezioni europee, per consentire la verifica della compatibilità degli obiettivi con l’interesse generale del Paese, per eliminare o correggere le ripetute manipolazioni soprattutto in materia costituzionale e finanziaria, per garantire i diritti costituzionali a tutti i cittadini, ma anche perché, se fosse approvato prima dell’8 e 9 giugno, oltre a dare la prova di una coalizione di governo sotto ricatto, costretta all’approvazione dalle minacce di una Lega disperata, non ci sarebbero più i margini per impedire l’assalto alla diligenza dello Stato, in quanto, già dal prossimo mese di ottobre, inizierebbero i trasferimenti delle risorse erariali dallo Stato alle Regioni sottoscrittrici delle Intese e, quindi, l’avvio del processo di implosione dello Stato e la fine dell’Unità Nazionale.
E il conseguente addio ai sogni di gloria del Premierato.
In tal caso, con la legge approvata prima delle elezioni, gli elettori italiani, e soprattutto meridionali, dovrebbero valutare seriamente di negare il consenso elettorale ai partiti della coalizione di governo e ricordarlo con estrema chiarezza nei giorni dell’8 e 9 giugno.