Avvocati

  • Toghe&Teglie: baked cheese cake

    Rieccomi, lettori affezionati – spero anche a me che sono stato spesso ospitato da questa rubrica – de Il Patto Sociale: sono Massimiliano D’Alessandro della sezione tarantina del Gruppo Toghe&Teglie.

    Le feste natalizie si avvicinano, le ospitate a casa, anche improvvise, di amici e parenti si fanno più frequenti ed insieme ad esse la voglia di dolci: il Natale è bello anche per questo, per come si vive la casa in compagnia, per le ghiottonerie che si mettono a tavola…e vale anche per me che sono uno scapolo impenitente ed un cuoco dilettante (per ora…) gaudente.

    Premetto di non essere granché nella preparazione dei dolci ma quella che vi propongo costituisce indubbiamente un espediente che risolve in pochi minuti l’accoglienza all’arrivo imprevisto di ospiti e non è niente male: sicuramente molto meglio il sapore cui fa torto l’impiattamento che vedete in foto.

    Come sempre, la carta vincente, soprattutto nei piatti più semplici, è la qualità degli ingredienti ed in questo caso, più di tutto il resto, il concetto vale per la ricotta che deve essere fresca e meglio ancora se non è di quelle industriali pre confezionate nel semestre precedente.

    Serve, dunque, un fuscello di ricotta (il peso o il numero di fuscelli dipende da quante porzioni intendete preparare) che lavorerete i una ciotola con la forchetta unendo 100/150 grammi di zucchero a velo, anche in questo caso a seconda della dimensione finale, poi aggiungete “a sentimento” della buccia grattugiata di un’arancia, due uova intere che monterete con le fruste creando un composto omogeno nel quale andranno unite scaglie di cioccolata fondente e canditi in quantità a piacere, potrebbero starci anche delle uvette.

    Inserite il tutto in una teglia o tortiera rotonda e infornate a 180 gradi sino a cottura che verificherete con il formarsi della tipica crosticina superiore: il dolce, una volta pronto può essere mangiato tiepido oppure completamente raffreddato a temperatura ambiente…giammai gelido da frigorifero!

    Ho voluto dare alla ricetta un nome altisonante e inventato per l’occasione ma avrei potuto tranquillamente chiamarla ricotta al forno dolce che – però – non fa figo.  Pensate, invece, se ai vostri commensali potrete dire “datemi un attimo che vi preparo una baked cheese cake”: invece di quella di un pastore del Gennargentu farete la figura di Iginio Massari.

    A presto, divertitevi ai fornelli!

  • In attesa di Giustizia: autunno caldo

    Ennesima puntata della saga milanese del processo truccato per far condannare qualcuno a tutti i costi: dopo Davigo, condannato dal Tribunale di Brescia – sentenza confermata dalla Corte d’Appello – per l’ uso disinvolto di atti secretati che neppure avrebbe dovuto ricevere e De Pasquale, condannato, appunto, per aver occultato prove a discarico di imputati, tutti assolti a prescindere da questa innocente malizia (figuriamoci che sostanza poteva avere l’accusa…) ora tocca al terzo protagonista dell’articolata vicenda: Paolo Storari P.M. a Milano, che era stato assolto in sede penale per mancanza di dolo dall’accusa di rivelazione di segreto di ufficio avendo indebitamente spedito quei documenti d’indagine proprio a Davigo.

    Ora, per la medesima ragione è “sotto schiaffo” della giustizia del C.S.M. perché il suo agire integrerebbe comunque un illecito disciplinare ed è stata fatta una richiesta di sanzione tutto sommato modesta: la perdita di un anno di anzianità con conseguenze contenute solo sul piano del progresso in carriera e stipendiale.

    Nel chiederne la condanna, la Procura Generale della Cassazione ha argomentato che il comportamento di Storari è di assoluta gravità e che affermare il contrario sarebbe un precedente pericolosissimo per la tutela dell’Ordine Giudiziario anche per la rilevanza mediatica e le ricadute in termini di immagine dell’Ufficio Giudiziario dove lavora e delle persone menzionate in quei verbali…sarà, ma allora che dire di De Pasquale che è ancora al suo posto e che proprio di quegli atti avrebbe voluto fare uso in altro processo, brigando insieme al collega Spadaro sputtanando un collega? Se le condotte di Storari sono così gravi solo per aver contribuito a scoperchiare il vaso di Pandora su una stomachevole combine per mandare in galera degli innocenti che giudizio si dovrebbe dare di chi, ad oggi, risulta essere autore di cotanta indecenza con una dura sentenza del Tribunale di Brescia? Per molto meno il C.S.M. trasferisce tempestivamente i magistrati coinvolti in altre sedi ad occuparsi di ben altre cose che della vita e della libertà dei cittadini. Quanto al discredito all’ufficio giudiziario in cui lavora lo ha provocato Storari o chi, come sembra, ha dimenticato il giuramento fatto sulla Costituzione al momento di assumere le funzioni di magistrato?

    Nel giudizio disciplinare, secondo quanto riferito proprio da Storari è emerso che De Pasquale e Spadaro volevano “togliere di mezzo” lo sgradito Presidente del Tribunale, Tremolada, che stava giudicando il loro processo truccato facendovi deporre un celeberrimo mentitore come il pluripregiudicato avvocato Amara per fargli dire, parlando delle accuse pencolanti a carico dei vertici dell’ENI, che quel Presidente era stato avvicinato da almeno due avvocati per “aggiustare il processo”, informazione che – peraltro – Amara aveva ottenuto di seconda se non terza mano e senza nessuna possibilità di fare verifiche sulla genuinità della fonte.

    Autunno caldo, rovente, per la Procura di Milano e chi scrive, come cittadino, non può commentare altrimenti che questa montagna di porcherie dà il voltastomaco; come avvocato – che non solo predica ma pratica la presunzione di non colpevolezza – fa dire che il giudizio deve essere sospeso in attesa della verità affermata dalle sentenze quando saranno definitive.

    Tuttavia, se all’esito del terzo grado di giudizio questi fatti fossero confermati, altro che promuovere Spadaro alla Procura Europea e limitarsi a retrocedere De Pasquale da Procuratore Aggiunto a semplice Sostituto: in questo caso, il cittadino e l’avvocato vorrebbero vederli in galera, là dove (forse) provavano a mandare degli innocenti e dove qualcuno, in passato, ha preferito chiudere la partita infilandosi un sacchetto di cellophane sulla testa.

    Arriveranno querele per queste considerazioni? Quasi c’è da augurarselo: sarebbe una interessante disfida in Tribunale tra l’arroganza e la voce della libertà e delle garanzie. Basta che non trucchino le carte.

  • Toghe&Teglie: timballo di zucchine

    Cari lettori, buona settimana a tutti voi! Sono Manuel Sarno, fondatore di Toghe&Teglie e curatore di questa rubrica nella quale ogni tanto faccio capolino con una mia preparazione e questa volta ve ne propongo una di quelle che mi è valso il soprannome di “Gran Cambusiere” per l’attitudine a realizzare piatti con quello che trovo in dispensa…e, forse, alcune delle cose più gustose e semplici si riescono a mettere in tavola proprio quando sembra che, giunti all’ora di cena e sbirciato nel frigorifero, non ci sia speranza di evitare una telefonata a Glovo.

    Dunque, per questo piatto molto semplice basteranno delle zucchine, prosciutto cotto, mozzarella di latte vaccino o altro formaggio non eccessivamente sapido, ovviamente un po’ di olio evo e del pane grattugiato o della farina di riso: tutti ingredienti che, di solito si trovano anche nelle cambuse più desolate.

    Prendete, dunque, le zucchine, lavatele, pulitele e tagliatele a listarelle sottili per il lungo e passate ognuna e per ogni lato, in un piatto fondo sul quale avrete steso un filo di olio e un pizzico di sale: attenzione, vanno solo leggermente oliate ed insaporite e non fatte impregnare.

    Mano a mano che avrete bagnato d’olio le sfoglie di zucchine, ponetele in una teglia una di fianco all’altra a comporre un primo strato: possono essere in numero variabile perché dipende dalla loro dimensione; fatto questo stendete una fetta di prosciutto cotto sgrassato sulle zucchine e un po’ di mozzarella tagliata a fettine anche loro molto sottili o a cubetti, poi ricoprite il tutto con un altro strato di zucchine e ripetete l’operazione di farcitura.

    Un paio di strati possono essere sufficienti, in ogni caso sull’ultimo spolverate del pane grattugiato mischiato ad un po’ di parmigiano. In alternativa si può usare la farina di riso.

    Infornate a 200 gradi circa e lasciate cuocere fino a che non vedrete formarsi la crosticina superiore e filare il formaggio lateralmente: fate attenzione perché le zucchine tendono a cuocere velocemente e se fatte andare troppo si “ammosciano”.

    Ciao a tutti.

  • Toghe&Teglie: tonnarelli asparagi e tartufo

    Buona settimana e buona cucina a tutti voi: sono Vittorio Pacchiarotti della sezione laziale di Toghe & Teglie, spero vi ricordiate di me e della mia tendenza a realizzare piatti rigorosamente con ingredienti di stagione e locali e questa è stagione di asparagi e tartufi, quindi… ecco a voi una cosina facile facile da preparare applicando la proprietà transitiva secondo la quale se il tartufo sta bene con l’uovo e l’uovo sta bene con gli asparagi il tartufo deve per forza star bene con gli asparagi.

    Procuratevi gli asparagi e fateli cuocere al vapore provvedendo a mantenerli abbastanza croccanti, scolate, separate le punte e solo con i gambi preparate una crema frullandoli con poco olio, sale, un pizzico di pepe e un’ombra di peperoncino.

    Sempre applicando la proprietà transitiva della cucina utilizzate da condire dei tonnarelli all’uovo il cui sapore abbiamo già visto sposarsi perfettamente con tartufo e asparagi, fate cuocere in abbondante acqua salate e scolate, un minuto abbondante prima del tempo di cottura indicato e mantecateli in una padella a parte, dove avrete fatto scaldare anche le punte, con la crema di asparagi; a fuoco spento aggiungete un po’ di tartufo grattugiato al momento per iniziare ad insaporire e profumare il tutto.

    All’impiattamento, grattugiate senza risparmio altro tartufo ad libitum e, volendo, dopo averle precedentemente separate dalla crema, decorate con le punte di asparagi come di vede nella foto ed Il piatto pronto.

    Forza, ai fornelli! Ci rivediamo presto su queste pagine.

  • In attesa di giustizia: facce da tribunale

    I lettori di questa rubrica si sono abituati ad avere un po’ l’amaro in bocca dopo aver letto il resoconto settimanale – e neppure completo – dello sprofondo in cui giace il nostro sistema – giustizia tra legislazione sciatta e giurisdizione approssimativa, per usare garbati eufemismi.

    Questa settimana la scelta è stata quella di fare autopromozione di un mio libro che è in uscita nei prossimi giorni e che racchiude le memorie – anche queste non complete – di una lunga vita professionale: un racconto scandito in capitoli che non sono una sequenza narrativa ma hanno un fil rouge: la memoria, appunto, di chi ha conosciuto quei personaggi (la maggior parte dei quali rinominati con nomi di fantasia e contesti leggermente mutati per evidenti ragioni) ha vissuto quelle storie in prima persona e ne ha distillato una raccolta per descrivere il cui contenuto è bene lasciare la parola al mio straordinario editore, Brenno Bianchi e alla bravissima editor Ilaria Iannuzzi che del libro hanno curato la sinossi.

    Il Marchese di Popogna, chi era costui? Lo si scoprirà avventurandosi un capitolo dopo l’altro in questa galleria di “facce da tribunale: imputati, magistrati, cancellieri, avvocati veri e improvvisati.

    Il lettore viene scortato nei vicoli labirintici dei palazzi di giustizia ad incontrare artisti della truffa in abito talare, eleganti falsari specializzati in cartamoneta coloniale ed impeccabili baciamano, colleghe trascinate in improbabili storie di spionaggio sullo sfondo degli Champs Elysèes…aneddoti di una carriera che ha attraversato decenni della storia giudiziaria del nostro Paese: dai tempi perduti della mala milanese, fatta di rapinatori audaci alla guida di auto truccate e contrabbandieri ammantati di romantica ribalderia, all’era delle pec e delle udienze celebrate on line in cui Pretori e Cancellieri si sono dileguati insieme alla ligèra e alla schighèra.

    Con penna sempre brillante e intinta di fine ironia, l’autore intesse una narrazione fatta di episodi leggeri, talvolta paradossali, così come di vicende umane intense, fino ad aprire una finestra sulla speranza che deve assistere l’uomo anche quando si è macchiato di un crimine.

    Tra tanti racconti sorprendenti, ricordi toccanti e qualche burla, Il Marchese di Popogna ed altre storie è un’incursione in un mondo affascinante, un mondo adiacente al nostro, popolato da veri e propri caratteristi che rivelano il lato umano e non da tutti conosciuto della Giustizia.

    I lettori mi scuseranno per questa scelta di fare “consigli per gli acquisti” offrendo loro l’anteprima di uno scritto personale ma, proprio arrivando in fondo al lavoro mi sono reso conto di un aspetto non banale: la maggior parte dei personaggi e degli eventi appartengono a prima della Guerra dei Trent’anni, quella iniziata con Mani Pulite ed ancora non vede una fine e che ha visto opposte una politica debole ed una magistratura debordante occuparne gli spazi lasciati liberi, con buona pace del principio della separazione dei poteri dello Stato.

    Forse, leggendo quel libro, il non addetto ai lavori, insieme ad un sorriso potrà coltivare la speranza che quel tempo, quello che Brenno e Ilaria definiscono “della Giustizia dal volto umano”, non sia perduto per sempre: noi siamo ciò che siamo stati e il culto della memoria è il miglior viatico per guardare con rinnovato ottimismo ad un futuro.

    In attesa di Giustizia.

  • Toghe&Teglie: cicoria gratinata

    Buongiorno a tutti da Consuelo Pinto e da tutta la sezione tarantina di Toghe & Teglie: era da un po’ che mancavo in questo spazio dedicato alle ghiottonerie ed il mio rientro lo voglio dedicare al Direttore (o si dovrà dire Direttrice?) de Il Patto Sociale, Raffaella Bisceglia, che è mia conterranea ed è sempre presissima con il lavoro, ragion per cui suggerire un piatto con i sapori del Sud, gustoso, veloce, facile da preparare potrebbe essere particolarmente gradito proprio a lei, ma nemmeno voi ve ne pentirete dopo averlo messo a tavola!

    Alla resa dei conti la parte più complicata è trovare della cicoria buona, magari appena colta, e pazienza se non è incartata con il QR Code che contiene il tracciamento della filiera se questa è direttamente dall’orto alla pentola.

    Capisco che non dappertutto ciò sia possibile e, allora, fatevi consigliare dal vostro verduraio di fiducia.

    Dopo averla pulita, fate lessare la cicoria in acqua non eccessivamente salata fino a metà cottura, non oltre perché la terminerà in forno e – altrimenti – si “ammoscia” mentre deve rimanere e diventare un po’ croccante.

    Scolate ed, in una teglia, posizionate un primo strato di cicoria e profumatela aspergendo generosamente aglio tagliato a pezzi, prezzemolo, una spolverata di pepe e di formaggio grattugiato: va benissimo un parmigiano non molto stagionato, forse meglio ancora un padano con non oltre 14 mesi di vita, diversamente il sapore risulterebbe troppo forte.

    Come se fosse una parmigiana, create un secondo strato di cicoria e condite la parte superiore macinando ancora un po’ di pepe profumato, prezzemolo, altro formaggio grattugiato ed una manciata di pan grattato che aiuta a creare la crosticina.

    Nel frattempo avrete portato il forno a 200°: inserite per circa 30 minuti o fino a doratura controllandone i progressi dallo sportellino.

    Che ve ne pare? Cari saluti a tutti, a presto!

  • Toghe&Teglie: mandilli de sea

    Bentrovati, cari lettori, sono Marisa Viacava della sezione ligure di Toghe & Teglie e per l’occasione voglio condividere con voi una ricetta tipica della mia terra: i fazzoletti di seta (che è poi la traduzione in italiano di quello che leggete nel titolo…) che tutti conoscete come lasagne al pesto, l’unica versione delle lasagne che può contendere il nome a quelle emiliane, con una farcitura bel diversa.

    Si tratta, in realtà, di una ricetta facilissima da realizzare, ottima come tutte le cose semplici ma che per la migliore riuscita richiede ingredienti di prima qualità. Quindi, sarete costretti a venire a comperare il pesto in via Pre e dintorni, per le lasagne meglio comperare la sfoglia da un buon fornaio…se proprio non siete in grado o non avete il tempo di prepararla che è poi molto semplice, mica vi sto chiedendo di impastare un centinaio di tortellini del Plìn!

    Molto bene, procuratevi una sfoglia di lasagna molto sottile, mi raccomando! Fazzoletti di seta vorrà pure dir qualcosa…ora fate cuocere in acqua bollente, quel tanto che basta per toglierle dal “crudo” senza farle ammosciare.

    Ricordate che il pesto non va cotto né scaldato con qualcosa di diverso da ciò di cui è il condimento e dunque, appena scolate le vostre lasagne, direttamente nel piatto, conditele con la meravigliosa mistura di basilico, olio, aglio e qualche pinolo, parmigiano grattugiato non troppo stagionato per non coprire il sapore e il profumo del condimento principale, fatene – se volete – un paio di strati o tre al massimo e…voilà, a tavola!

    Più facile di così…Buon appetito!

  • Toghe&Teglie: estetica di una Caprese

    Buona settimana a tutti, sono Tania Mannino della sezione lombarda di Toghe & Teglie e sono una delle eccezioni nel gruppo perché mi occupo di contratti per una multinazionale ma non sono avvocato: in questa rubrica sono apparsa poco prima d’ora e per l’occasione vi proporrò non tanto una ricetta quanto la presentazione – apprezzata e trovata originale dagli amici – che ho fatto recentemente di una classica “Caprese”: un’insalata che va bene per tutte le stagioni e non solo quella estiva.

    Prima di rivelarvi questa semplicissima soluzione per rendere l’impiattamento assai insolito e sorprendente voglio offrire qualche consiglio per la vostra “Caprese” che deve essere rigorosamente a base di latticino di bufala.

    Innanzitutto evitate come una malattia infettiva le mozzarelle “da supermercato”, comprese quelle magnificate per la provenienza da produttori selezionati: recentemente, dopo aver tentato una ultima sperimentazione, ho scritto alla direzione commerciale di una notissima catena della GDO (di cui speravo potermi fidare) dicendo che dovevano vergognarsi della poltiglia biancastra e insapore che spacciavano per mozzarella di bufala. Ancora non mi hanno risposto e la poltiglia continua a campeggiare sugli scaffali destinata a buggerare ignari consumatori.

    Un po’ dovunque si trovano distributori del Consorzio della Mozzarella di Bufala Campana e di quelli potete fidarvi, il prodotto è ottimo ma non ancora un’eccellenza: quella la trovate in qualche bottega da scoprire seguendo affidabili passaparola. Nella mia Milano segnalo lo spaccio del Consorzio della Mozzarella di Bufala di Battipaglia (non lontano dalla Stazione Centrale) dove potrete trovare un assortimento molto vario nel quale spiccano le classiche “zizzone” nel formato da uno a tre chili!

    Altrettanta cura nella scelta richiedono i pomodori ed un “cuore di bue” che non sia acquoso ed insapore, al nord, non è facilissimo da trovare ma vanno benissimo altre qualità purchè…di qualità: comprateli dal verduraio o al mercato dove potete assaggiarli prima e già che ci siete acquistate anche il basilico più profumato che ci sia.

    N.B.: la cosa preferibile è consumare la mozzarella lo stesso giorno che è stata comperata che possibilmente sia anche lo stesso di produzione e nelle piccole botteghe, di solito, gli arrivi sono quotidiani: bufala con poche ore di vita. E’, comunque, vietatissimo conservarla nel frigorifero anche solo poche ore, perché si rovina: va tenuta nel suo liquido in una bacinella a temperatura ambiente. Vietato anche aggiungere olio, sale, pepe, mayo sulla bufala: nella caprese aggiungete solo un goccio di olio evo sui pomodori.

    Ecco, i pomodori e qui veniamo al suggerimento finale: sceglietene uno abbastanza grosso e mettetelo con buon anticipo nel freezer, una ventina di minuti prima di servire la “Caprese” preparate la mozzarella circondata dai pomodori tagliati a fette e guarnite con il basilico. Ora estraete il pomodoro dal freezer e grattugiatelo sulla bufala in modo da “colorarla” di puntini rossi, coriandoli di pomodoro che da quel momento al servizio tornerà a temperatura senza annacquare la mozzarella. Nulla in realtà aggiunge al sapore ma l’effetto è notevole e sorprenderà i vostri commensali. Potete averne un’anteprima nella foto.

    Tutta scena, allora? No, se avrete seguito i “consigli per gli acquisti”… ed alla fine anche l’occhio vuole la sua parte!

    Un caro saluto a tutti!

  • Toghe&Teglie: petersburger streuselkuchen

    Cari lettori, ben trovati, sono Eleonora Bergamini del Gruppo Toghe & Teglie con una indiscutibile inclinazione alla preparazione di dolci come quello che vi propongo: ci vorrà un po’ di pazienza ma alla fine è più difficile pronunciarne il nome che metterlo in tavola, soprattutto se si ha già dimestichezza con la preparazione della pasta frolla. Il clima sta decisamente cambiando e, allora, diamoci da fare con un sano apporto di calorie con questa che – come avrete intuito – non è una mia ricetta originale: con le quantità che ho indicato ricaverete una base di frolla da posizionare in una tortiera del diametro di 17 cm.

    Iniziate proprio dalla frolla preparandola rapidamente a mano (o usando un robot, ma a mano dà più soddisfazione) con 125 grammi di farina da pasta frolla, 60 grammi di zucchero zefiro, mezzo uovo intero, ½ cucchiaio di cacao amaro, 1/2 cucchiaino di lievito, 75 grammi di burro. Impastate con cura e poi mettete a riposare al fresco, non necessariamente in frigo: se la temperatura esterna lo consente, ricoprite con un panno e posate l’impasto su un davanzale.

    Nel frattempo che la frolla riposa, dedicatevi al ripieno con 50 grami di burro morbido, 75 grammi di zucchero, 2 uova e mezza intere, 250 grammi di ricotta e lo “sbriciolino” da posare sopra con 35 grammi di zucchero, altrettanti di burro morbido, 70 grammi di farina e 1/2 cucchiaio di cacao amaro. E’ importante che le uova impiegate siano sempre a temperatura ambiente e non fredde di frigorifero per evitare che raggrumino a contatto con il burro che deve essere morbido a sua volta.

    Il ripieno, dunque: in una ciotola mescolate il burro con lo zucchero, aggiungete le uova e la ricotta e proseguite fino ad ottenere un composto omogeneo.

    A questo punto spianate la frolla su una carta da forno e disponetela nella tortiera badando che abbia dei bordi sollevati in modo da poter contenere il ripieno che andrete subito dopo a versare disponendolo uniformemente.

    In finale la copertura: lavorate il burro con la farina e il cacao amaro fino ad ottenere un composto sabbioso e posandolo sopra la farcitura di crema di ricotta.

    In forno già caldo a 180° per circa 50/60 minuti e siete pronti per gustare un’autentica delizia.

    So già che mi vorrete bene per questa ricetta…a presto!

  • In attesa di Giustizia: riforme riformate

    C’erano molte aspettative alla nomina di Carlo Nordio come Ministro della Giustizia e, per chi come me lo conosce personalmente bene da decenni, non c’era da stupirsi che abbia fatto precedere il suo ingresso in via Arenula da ottimi intendimenti.

    Innanzitutto depenalizzare: il nostro sistema è tutt’ora ingolfato da centinaia di “reati nani”: dall’impiego di stalloni non autorizzati nelle fiere equine all’uso falsificato del marchio “prosciutto di Parma” che ben potrebbero essere ricondotti ad illecito amministrativo e sanzionati con una multa, senza intasare le Procure ed i Tribunali con adempimenti non evitabili a discapito di efficienza da destinare ad indagini di maggiore rilevanza, riducendo anche i tempi biblici che affliggono i processi. Risultato, dopo un biennio: sono stati introdotti nel codice e nelle leggi speciali almeno una ventina di reati nuovi ed assolutamente inutili, spesso ricorrendo alla decretazione di urgenza e l’ultimo in ordine di tempo è quello a tutela delle aggressioni del personale sanitario. Un intendimento condivisibile, ci mancherebbe, se non fosse che quelle inaccettabili condotte sono già sanzionate da più di una ipotesi di reato: dalla violenza privata alle lesioni personali per non parlare del danneggiamento e financo il sequestro di persona e le pene già previste non sono propriamente bagatellari.

    Si chiamano “norme manifesto”, e sono quelle volte a soddisfare la pancia dell’elettorato (garantendosene il consenso) mostrando efficientismo della politica a fronte di emergenze con il ricorso – ormai abitualmente – al diritto penale che è, e dovrebbe restare, un sistema di controllo sociale sussidiario.

    L’unico reato depenalizzato, viceversa, è stato l’abuso di ufficio contro la cui abrogazione, dopo quaranta giorni dalla entrata in vigore, sono già almeno tre le eccezioni ben motivate di illegittimità costituzionale sollevate da altrettante Procure e sollecitamente trasmesse alla Consulta dai Tribunali.

    Si tratta, in effetti, di una norma evanescente che provoca la cosiddetta burocrazia difensiva e la sindrome da firma da parte degli amministratori pubblici intimoriti all’idea di finire sotto processo per un nonnulla, rimanerci per anni perdendo onorabilità e lavoro salvo poi essere assolti come dimostrano inesorabilmente le statistiche. Forse valeva la pena fare un ulteriore tentativo (sino ad ora sono stati più di uno, tutti infruttuosi, anche negli ultimi anni) per dare concretezza ad una fattispecie sfuggente al canone di tassatività imposto dalla Costituzione.

    L’incertezza del diritto in questo settore è destinata a permanere anche con riguardo a quell’ulteriore “reato avamposto” rispetto alla corruzione che è il traffico di influenze: una ipotesi, basti dire, che quando fu introdotta – nel 2012 – venne definita dal Prof. Tullio Padovani, una delle eminenze grigie del diritto penale, “…come la Corazzata Potiomkin: una boiata pazzesca”. Ebbene, anche al traffico di influenze si è messo mano per meglio definire un’ipotesi di reato fumosa caratterizzata, come l’abuso di ufficio, da un numero elevatissimo di archiviazioni e assoluzioni non prima di aver rovinato la vita agli indagati; il risultato è che anche questa porzione di una riforma entrata in vigore a fine agosto è già stata spedita al vaglio della Corte Costituzionale non appena ripresa l’attività giudiziaria dopo il periodo di pausa feriale. Bastava, invece, licenziare uno dei numerosi disegni di legge languenti da tempo immemorabile alle Camere volti a regolamentare il cosiddetto lobbyng per definire cosa sia lecito fare e cosa no nei rapporti tra “facilitatori” e pubblici funzionari, ma tant’è.

    In conclusione, in queste riforme già prossime ad essere riformate si intravede una politica arruffona e digiuna di diritto, lo zampino di sabotatori interni all’Ufficio Legislativo del Ministero, il mistero di un Guardasigilli che è personalità di valore, come Marta Cartabia che lo ha preceduto: entrambi hanno apposto l’imprimatur e dato il nome ad interventi che, quando non inguardabili, propongono ragionate perplessità.

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