Bambini

  • In attesa di Giustizia: ICAM

    ICAM…che sarà mai, forse parliamo di un talento calcistico proveniente da qualche terra esotica? Nossignore, è  l’ acronimo che sta per Istituto a Custodia Attenuata per Madri detenute: in due parole un segnale di civiltà nei riguardi della popolazione delle carceri che ricomprende le gestanti o le madri detenute, appunto, per le quali è previsto che tengano con sé – in cella, o camera di detenzione come viene eufemisticamente definita – la prole di età inferiore a tre anni.

    Non è difficile immaginare quali siano le condizioni in cui un bambino possa vivere e crescere nei primi anni della sua esistenza se ciò avviene rigorosamente dietro le sbarre di un carcere.

    Ecco, allora che, già nel 2006, a Milano, il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria nella persona dell’illuminato Dott. Luigi Pagano, d’intesa con la Magistratura di Sorveglianza, istituì un tavolo di concertazione cui parteciparono il Ministro della Giustizia Castelli, il Ministro dell’Istruzione Moratti, il Presidente della Regione Formigoni, il Presidente della Provincia Penati ed il Sindaco di Milano Albertini; all’esito dei lavori vi fu la firma di un protocollo d’intesa per la creazione dell’ICAM: per esternalizzare dal carcere l’asilo nido esistente a San Vittore.

    L’immobile fu messo a disposizione dalla Provincia, con l’interessamento dell’assessore Francesca Corso, e colà vennero alloggiate le donne detenute con i loro bambini.

    Una realtà diversa rispetto al carcere, non l’ideale ma un segnale anche simbolico per dimostrare che le cose se si vuole, si possono fare, rispettando la legge.

    Una battaglia di civiltà, come la definì il giornalista ed ex atleta Candido Cannavò che fu uno strenuo difensore del progetto.

    La Milano delle innovazioni e della cultura liberale precedette di qualche anno una legge che era in lenta gestazione (senza che vi venisse riconosciuto particolare interesse) e nella quale, comunque, veniva riposto grande affidamento.

    Passarono gli anni, l’ICAM di Milano funzionava perfettamente e rappresentava un’eccellenza ed un esempio nel settore della Amministrazione Penitenziaria. Infine, la normativa che avrebbe dovuto offrire respiro nazionale all’iniziativa fu varata nel 2011 ma con grave approssimazione, stravolgendo in negativo il progetto “milanese” (niente di nuovo sotto il sole) e ripristinando gli asili nido all’interno delle carceri.

    All’ICAM ci si sarebbe andati “eventualmente”…

    Che la disciplina fosse un pateracchio che nulla di buono aveva ereditato dalla esperienza lombarda fu subito chiaro – chissà perché subito dopo e non subito prima di approvare il testo – e da allora diversi Governi si sono alternanti e ogni Ministro ha promesso “mai più bambini in carcere”.

    Si è giunti così fino ai giorni nostri e nelle settimane scorse si è assistito ad uno scontro durissimo in Commissione Giustizia sull’ennesimo tentativo di regolamentare adeguatamente la materia delle madri detenute con i figli: il disegno di legge portava la firma di parlamentari del PD ma è stato ritirato sostenendo che il centrodestra lo voleva stravolgere.

    Sembra che le forze di maggioranza, tra le altre cose, volessero mettere dei paletti di accesso agli Istituti di Custodia Attenuata per le detenute recidive: in fondo nient’altro che una riproposizione di quanto previsto nell’Antico Testamento riguardo alle colpe degli ascendenti ricadenti sui figli.

    23 marzo 2023: Governi e Ministri sono passati ed i bambini sono rimasti in carcere. Anche loro, che sono sicuramente innocenti – checchè ne possa pensare Piercamillo Davigo – restano in attesa di Giustizia.

  • UE e UNICEF: impegnarsi di più per un’istruzione sicura e di qualità per i minori in situazioni di crisi

    I crescenti livelli di sfollamento e la durata prolungata dei conflitti stanno gravando su minori e giovani in tutto il mondo. Si stima che gli adolescenti e i bambini in età scolastica che necessitano di istruzione siano 222 milioni, 78 milioni dei quali non frequentano la scuola.

    La Commissione europea e l’UNICEF invitano a rafforzare l’impegno collettivo e ad aumentare i finanziamenti pubblici per aiutare i minori in contesti umanitari fragili a restare o a tornare a scuola. L’invito è stato pronunciato durante la conferenza congiunta di alto livello sull’istruzione nelle situazioni di emergenza tenutasi il 22 marzo 2023 a Bruxelles, in concomitanza con il Forum umanitario europeo.

    Nel 2023 l’UE mira a fornire 158 milioni di € a sostegno di progetti per l’istruzione nelle situazioni di emergenza in tutto il mondo.

    L’Unione destina il 10% del bilancio iniziale per gli aiuti umanitari all’istruzione in contesti di emergenza. Lo stesso vale per gli aiuti allo sviluppo: con il 10% del bilancio iniziale stanziato per l’istruzione, l’obiettivo è assicurare una base solida che permetta ai minori di sviluppare i loro talenti e realizzare il loro potenziale.

    Nel periodo 2015-2022 l’UE ha stanziato 970 milioni di € a sostegno dell’istruzione in situazioni di emergenza, a favore di oltre 20 milioni di bambini e giovani.

  • I diritti dei bambini

    In teoria siamo tutti d’accordo: bisogna difendere i bambini e i loro diritti.

    Poi in pratica non siamo capaci di trovare un accordo nell’identificare questi diritti che, al di là delle diversità partitiche ed ideologiche, dovrebbero invece essere ben chiari.

    Proviamoci insieme: ogni bambino ha diritto ad una vita dignitosa e il più serena possibile.

    Purtroppo tantissimi bambini non hanno questo diritto, fame, guerre, siccità (solo in Somalia l’anno scorso ne sono morti più di 20.000), pedofili, predatori di organi, prostituzione, sfruttamento, mille sono le insidie che i bambini devono affrontare.

    Vi sono molti bambini che non hanno una famiglia capace di occuparsi di loro e sono portati in istituto per sottrarli a situazioni di degrado, i più fortunati vengono dati in affido e in certi casi in adozione. Quando i bambini adottati diventano adulti cercano caparbiamente di arrivare a conoscere la madre naturale, vogliono sapere perché sono stati abbandonati, quali sono le loro vere origini, le cronache ci hanno raccontato molti di questi casi e delle fatiche e sofferenze che hanno dovuto affrontare.

    Ora, nella nostra società, ci sono e ci saranno bambini che si chiederanno, diventati più grandi, come è possibile essere figli di genitori dello stesso sesso, vorranno sapere come sono stati concepiti, come sono nati, di chi sono naturalmente figli.

    Uno dei due genitori potrebbe essere veramente la madre biologica o il padre biologico ma in molti altri casi la loro nascita è stata il prodotto di ovociti, di una donna sconosciuta, fecondati dagli spermatozoi di un uomo sconosciuto, immessi per la gestazione nell’utero di un’altra donna sconosciuta, un utero in affitto.

    Siamo tutti così certi che questi bambini diventati adolescenti non sentiranno la diversità tra loro e chi è nato da un genitore certo? Che non cercheranno di andare a identificare le persone che hanno venduto i loro ovuli e il loro seme, la donna che li ha partoriti? Che accetteranno di non poterle trovare perché sono nati da una serie di atti commerciali? Si sentiranno usati per rispondere al desiderio di un adulto di avere un figlio a prescindere dalla capacità di generarlo, a prescindere dalle conseguenze che il bambino potrà avere?

    Forse a qualcuno di questi bambini, figli dell’utero in affitto, importerà poco ma a molti altri importerà talmente tanto da poter sconvolgere la loro vita, il loro futuro.

    In un mondo così pieno di angosce, di incapacità ad accettarsi, di paure ed insicurezze non dovrebbe essere lecito, per appagare un pur legittimo desiderio, ledere a priori il diritto di un altro essere umano, che non aveva chiesto di venire al mondo e che, da adulto, dovrà confrontarsi con il proprio concepimento frutto di azioni lontane dalla naturalità e molto simile al risultato di accordi commerciali.

    A tanti bambini la scoperta di come sono nati creerà tormento perchè si sentiranno diversi e, come succede in molti casi, daranno la responsabilità dei loro futuri problemi proprio a coloro che hanno imposto questa diversità di nascita.

    Gli adulti hanno diritti ma hanno prima specifici doveri verso i bambini, doveri che non si esauriscono nell’essere premurosi, nel garantire la sicurezza economica, anche l’amore, da solo, non basta perchè se l’amore è frutto di egoismo non è amore ma desiderio di possesso.

    Quel possesso che ha portato Putin a deportare in Russia i bambini ucraini.

    Se una persona pensa che un figlio può dare uno scopo alla sua vita ed è disposto a far pagare ad un altro, al bambino, il prezzo del suo desiderio è una persona che del senso della vita ha capito ben poco.

    Si ha il diritto ad avere un figlio se si è in grado di avere un figlio, anche utilizzando  quegli aiuti che la scienza mette oggi a disposizione di chi ha difficoltà fisiche al concepimento o a portare a termine la gravidanza, ma non si ha diritto ad avere un figlio, generato in tutti i sensi su commissione, a prescindere dal bene futuro del bambino, dai risvolti sulla società, dallo stravolgimento delle leggi di natura, un figlio non è un investimento per noi stessi, per l’appagamento di un nostro anche più che legittimo desiderio.

    Ogni giorno sentiamo appelli per aiutare le centinaia di migliaia di bambini che stanno morendo di fame e di sete, bambini rimasti orfani, bambini abbandonati nei posti più disparati del mondo.

    Questi bambini avrebbero bisogno di genitori ed in molti paesi è consentita l’adozione per i single e per le coppie dello stesso sesso ma si preferisce l’utero in affitto perché vogliamo il bambino del nostro colore di pelle, magari anche programmato per essere fisicamente come lo vogliamo. E’ questo l’amore che alcuni hanno verso i bambini!

    In verità sui bambini si sta combattendo una guerra ideologica che vuole che alcune categorie di persone abbiano non maggiori diritti individuali ma il diritto, tramite i bambini, di modificare la società, di modificare anche le leggi di natura

    La scienza ha fatto molto e potrà fare ancora tanto, forse un domani metteremo spermatozoi ed ovuli dentro un robot e questo si occuperà della gestazione, forse un domani sarà possibile concepire dall’ano, forse potremo clonare i figli, come la pecora Dolly, così saremo sicuri di averli a nostra immagine.

    Forse questa sarà scienza ma non coscienza e tutti, se continueremo a credere di avere solo diritti ne pagheremo le conseguenze.

    Forse tra guerre, riscaldamento globale, disperate corse alla disumanizzazione, abuso di droghe, rincorsa ai diritti negando ogni dovere, perdita di identità, non avremo più questi problemi perché questa volta non sarà il diluvio universale ma l’umana scelleratezza, il diffuso egoismo a scrivere la parola fine, a prezzo di troppo inutile dolore.

    Poi non ditemi che l’essere umano è la creatura più intelligente del pianeta.

  • Malnutrition in pregnancy surges in poor countries

    The number of pregnant women and girls who are suffering from malnutrition has soared by 25% in the last two years, the UN children’s agency Unicef says.

    The world’s poorest regions, such as Somalia, Ethiopia and Afghanistan, have been most affected, its report finds.

    Unicef estimates that more than one billion women and adolescent girls worldwide are malnourished.

    It says recent crises including war and Covid have made it increasingly hard for them to get the food they need.

    Unicef has urged the international community to make food security a priority, including supporting failing nutrition programmes.

    It stressed the impact the malnutrition is having on children’s health.

    The Unicef report found that the one billion undernourished women and adolescent girls were “underweight and of short stature” as a result, according to data analysis of women in most countries in the world.

    It also found that they suffered from a deficiency in essential micronutrients as well as from anaemia.

    South Asia and sub-Saharan Africa “remain the epicentre of the nutrition crisis among adolescent girls and women”, the report said.

    It found that 68% of women and adolescent girls there were underweight, and 60% of those suffered from anaemia.

    “Inadequate nutrition during girls’ and women’s lives can lead to weakened immunity, poor cognitive development, and an increased risk of life-threatening complications – including during pregnancy and childbirth,” Unicef said.

    Malnutrition could also have “dangerous and irreversible consequences for their children’s survival, growth, learning, and future earning capacity”, it added.

    “Globally, 51 million children under two years are stunted. We estimate that about half of these children become stunted during pregnancy and the first six months of life, when a child is fully dependent on the mother for nutrition,” it said.

    Unicef estimates that between 2020 and 2022, the number of pregnant or breastfeeding women suffering from acute malnutrition increased from 5.5 to 6.9 million in the 12 countries deemed to be in food crisis.

    These are Afghanistan, Burkina Faso, Ethiopia, Kenya, Mali, Niger, Nigeria, Somalia, Sudan, South Sudan, Chad and Yemen.

    “Without urgent action from the international community, the consequences could last for generations to come,” said Unicef chief executive Catherine Russell.

    “To prevent undernutrition in children, we must also address malnutrition in adolescent girls and women,” she added.

    Unicef called for mandatory legal measures to “expand large-scale food fortification of routinely consumed foods such as flour, cooking oil and salt” to help reduce micronutrient deficiencies and anaemia in girls and women.

  • Chi nasce ‘polentone’ è più longevo

    E’ di 3,7 anni in meno l’aspettativa di vita di un bambino che nasce a Caltanissetta rispetto a uno che è nato a Firenze. Una differenza di quasi 4 anni tra nord e sud. Ma non è l’unico divario. Un bambino nato nel 2021 in provincia di Bolzano ha un’aspettativa di vita in buona salute di 67,2 anni. Mentre uno nato in Calabria di 54,2 anni. Un gap di ben 12 anni. E tra le bambine del sud il divario aumenta ancora di più, con una differenza di 15 anni. A lanciare l’allarme è Save The Children durante la presentazione della XIII edizione dell’Atlante dell’Infanzia (a rischio) 2022, dal titolo “Come stai?”.

    A pesare sulla salute e sul benessere psicologico dei minori sono povertà e disuguaglianze che si sono accentuate soprattutto dopo la pandemia. Sono quasi 1 milione e 400mila i bambini in Italia in povertà assoluta, in questo momento di crisi economica, e che sono “poveri anche di salute”. Secondo un’analisi di Coldiretti, sulla base dei dati raccolti dall’Atlante, 600mila bambini al di sotto dei 15 anni hanno avuto bisogno di aiuto per bere il latte o mangiare. Un incremento del 12% in un anno. Questo a causa della povertà e dell’aumento dell’inflazione che ha messo in difficoltà le famiglie.

    Tra i dati riportati nella pubblicazione c’è anche quello che riguarda i bambini nella fascia 3-10 anni in sovrappeso, oppure obesi, che rappresentano il 35,2%, mentre le bambine il 33,7%. Un bambino su quattro, poi, non pratica sport. Inoltre, la povertà alimentare colpisce un bambino su 20. Nonostante questo dato, la mensa scolastica non è un servizio essenziale gratuito per tutti i bambini.

    Save the Children ha ricordato che a essere insufficiente è anche la rete sanitaria territoriale. Mancano 1400 pediatri. Un focus poi andrebbe posto sulla salute mentale di adolescenti e preadolescenti, hanno sottolineato. Ad aver influito negativamente, peggiorando la situazione, è stata ancora la pandemia. Secondo il monitoraggio, in nove regioni italiane i ricoveri per patologia neuropsichiatrica infantile sono cresciuti del 39,5% in due anni, tra il 2019 e il 2021. Proprio quelli nel pieno del Covid-19. Le prime due cause di ospedalizzazione sono psicosi e disturbi del comportamento alimentare, ma in tutta Italia ci sono soltanto 394 posti letto in degenza in questo reparto.

    “Nel panorama mondiale, il nostro servizio sanitario nazionale si posiziona come un’eccellenza per la cura dei bambini, ma questo non deve spingerci a ignorare i divari e le criticità – ha spiegato il presidente di Save Children Italia, Claudio Tesauro -. I dati dell’Atlante mostrano la necessità di mettere la salute dei bambini al centro di tutte le scelte politiche, dalla tutela dell’ambiente urbano alle mense scolastiche, fino agli spazi per lo sport e il movimento, con una particolare attenzione al tema della salute mentale degli adolescenti”.

    “Credo che sia una priorità assoluta per una società proteggere la salute dei minori, su cui mettere tutto il nostro impegno”- ha commentato all’agenzia di stampa Ansa il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro – La dimensione del fenomeno dei bambini in povertà assoluta è significativa, per noi diventa una priorità su cui investire e prestare attenzione».

  • Il Covid abbatte le adozioni in Italia: solo 680 nel 2021

    Crollano le adozioni in Italia con solo 680 minori stranieri adottati nel 2021, un dato già in calo negli anni precedenti, ma inferiore al 2020 se confrontati, anno in cui a trovare una mamma e un papà erano stati 669 bimbi. Si tratta del numero più basso di sempre e praticamente dimezzato rispetto al 2019, come sottolineato dal rapporto della Commissione adozioni relativo al 2021. La pandemia ha colpito “in maniera devastante” tutti i Paesi ma nel 2020 si registra una “inequivocabile” rottura della serie storica: il numero delle coppie che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in Italia di minori stranieri, infatti, è sceso fino a raggiungere appena le 526 unità, ossia 443 in meno dell’anno precedente con una flessione annua del 45,7%. I numeri delle adozioni internazionali, relativi agli anni 2020 e 2021, risentono ancora delle difficoltà globali, date dalle limitazioni alla libertà di movimento delle persone e in taluni casi, dalle politiche di lockdown, messe in atto dai molti Paesi per contrastare la diffusione del virus. Nonostante ciò, il 2021 è caratterizzato da un incremento, anche se lieve, del numero di minori autorizzati all’ingresso e alla residenza permanente nel nostro Paese, pari al 7% rispetto all’anno precedente, numeri che restano comunque lontani da quelli registrati nell’ultimo anno pre-pandemia. Nel 2021 nessuna regione conta più di cento coppie adottive e i valori più alti si registrano in Lombardia (76), nel Lazio (58) e in Toscana (55). Quest’ultima, in particolare, conferma il proprio trend decrescente registrando una variazione pari al 12,7% rispetto al 2020. Se il 2020 aveva visto una significativa flessione, sia dal punto di vista assoluto che in termini relativi, sostanzialmente in tutte le regioni, il 2021, invece, mostra un quadro decisamente più variegato: da un lato, si osservano aumenti consistenti in termini percentuali per diverse aree del Paese, in particolare Molise (+166,7%), Trentino-Alto Adige (+85,7%) e Umbria (+50%) che, tuttavia, partivano da valori assoluti piuttosto bassi; dall’altro, oltre alla già citata Toscana, sono presenti diverse regioni in cui si è registrata una ulteriore notevole flessione, su tutte la Calabria (-35,3%).

  • Aborti in calo in Italia, il tasso di interruzioni di gravidanza è tra i più bassi al mondo

    Il numero di interruzioni volontarie di gravidanza (ivg) in Italia continua a scendere. Nel 2020 sono state poco più di 66mila, il 9,3% in meno rispetto al 2019 e circa un quarto rispetto al picco massimo di 234mila registrato nel 1983. Cala, seppur lievemente, anche la quota di ginecologi obiettori: oltre il 60%, però, invoca il diritto a non eseguire aborti. Sono questi alcuni dei dati della Relazione del ministro della Salute al Parlamento sull’attuazione della legge 194 del 1978.

    Secondo i dati della Relazione, l’Italia è tra i Paesi con i più bassi tassi di abortività al mondo: 5,4 ivg ogni 1.000 donne di età compresa tra 15 e i 49 anni (in calo del 6,7% rispetto al 2019). La fascia di età in cui si registrano tassi più elevati è quella compresa tra i 30 e i 34 anni (9,4 per mille). Sono invece le ragazze più giovani, al di sotto dei 20 anni, quelle in cui si è registrato il calo più importante: -18,3%, con un tasso di abortività passato dal 3,7 per mille del 2019 al 3 per mille del 2020.

    Si riducono gli aborti anche nelle cittadine straniere, che tuttavia continuano ad avere tassi di abortività più alti rispetto alle italiane (12 per mille). Un dato, questo, che secondo il ministro della Salute Roberto Speranza “conferma la necessità di promuovere una contraccezione informata ed efficace alle donne straniere che accedono al Servizio sanitario nazionale”.

    Migliorano i tempi di esecuzione delle ivg con un aumento della percentuale di interventi effettuati precocemente, quindi a minor rischio complicanze: il 56% è stato effettuato entro le 8 settimane di gestazione (rispetto al 53,5% del 2019), il 26,5% a 9-10 settimane, il 10,9% a 11-12 settimane e il 6,5% dopo la dodicesima settimana. Ciò potrebbe essere dovuto a un incremento del ricorso all’aborto farmacologico, che viene adoperato nel 31,9% dei casi rispetto al 24,9% del 2019. Si riducono anche i tempi di attesa: il 74,3% degli interventi viene effettuato entro 2 settimane dal rilascio della documentazione. Tuttavia, fa notare la Relazione, “nel 2020 si sono riscontrate percentuali elevate di tempi di attesa superiori a 3 settimane in Valle d’Aosta (19,3%), Lombardia (17,6%), Veneto (20,3%). In Calabria il 13,8% delle Ivg si è verificato dopo un tempo di attesa superiore ai 28 giorni”.

    La Relazione mostra inoltre la stabilizzazione del ricorso alla contraccezione d’emergenza: nel 2020 sono state distribuite 289mila confezioni di ‘pillola del giorno dopo’ (levonorgestrel) e 266mila confezioni di ‘pillola dei 5 giorni’ (ulipristal acetato). “La riduzione del numero di Ivg osservata negli ultimi anni potrebbe essere in parte riconducibile all’aumento delle vendite dei contraccettivi di emergenza a seguito delle tre determina Aifa che hanno eliminato l’obbligo di prescrizione medica”, si legge nella Relazione.

    Infine, per quel che concerne l’obiezione, nel 2020, la percentuale di ginecologi obiettori su scala nazionale è scesa al 64,6% rispetto al 67% dell’anno precedente. Esistono, tuttavia, ampie differenze regionali. Nella provincia autonoma di Bolzano esercita il diritto all’obiezione l’84,5% dei ginecologi, in Abruzzo l’83,8%, in Molise l’82,8%, in Sicilia l’81,6%, in Basilicata l’81,4%. I minori tassi di obiezione tra i ginecologi si riscontrano in Valle d’Aosta (25%).

    Più basso il tasso di obiezione tra gli anestesisti: nel 2020 è pari al 44,6% in lieve aumento rispetto al 43,5% del 2019, con tassi che variano dal 20% della Valle d’Aosta al 75,9% della Calabria. Tra il personale non medico, l’obiezione si attesta invece al 36,2% (era al 37,6% nel 2019) con una forbice che va dal 13,3% della Valle d’Aosta al 90% del Molise.

  • Achtung, binational babies: il mercato dei diritti

    Nella maggior parte dei paesi europei sono previsti diritti naturali che vengono limitati o cancellati solo se il titolare di tale diritto ha commesso azioni che ne pregiudicano l’esercizio. Per esempio in una separazione si prevede che il bambino mantenga rapporti significativi con entrambi i rami genitoriali. Tutto ciò è considerato un diritto naturale e dunque non un diritto che debba prima essere acquisito. E’ un diritto che viene sempre riconosciuto e solo in presenza di fatti gravi viene limitato o tolto. In Germania, ancora una volta, la situazione è ribaltata. Il nonno non ha diritto ad un rapporto con il nipote per il semplice fatto di essere il nonno, deve invece dimostrare di essere una persona importante di riferimento per il bambino e soprattutto favorire il suo “bene” per poter acquisire tale diritto. A chiunque racconti che il diritto dei nonni ad avere contatti con i nipoti è fissato nel codice tedesco, chiedo di andarsi a rileggere il testo che presuntamente garantisce questo diritto, precisamente il §1685 del Codice civile tedesco che recita: “(1) I nonni e i fratelli hanno diritto al contatto con il bambino se questo corrisponde al bene del bambino [Wohl des Kindes].” Significativamente questo articolo si intitola “Contatto del bambino con altre persone di riferimento”. Non si parla dunque dei nonni in quanto tali, o in quanto persone facenti parte della stessa famiglia, ma solo di altre persone di riferimento. Tra queste potrebbero esserci anche i nonni, ma non necessariamente. Va poi ricordato che il concetto di bene del bambino [Wohl des Kindes, Kindeswohl] non è definito nei codici tedeschi e deve essere sempre interpretato. Di conseguenza, se già la presenza del genitore non-tedesco è nella quasi totalità dei casi considerata negativa o superflua nella vita e nell’educazione del figlio, a maggior ragione lo saranno i nonni non-tedeschi. Inoltre il fatto di vivere in un altro paese, per esempio in Italia, e di non parlare fluentemente la lingua tedesca costituisce un ulteriore fattore pregiudizievole. Tali nonni non sono “i nonni”, bensì “altre persone di riferimento” che non debbono avere nessun ruolo nella vita del nipote in quanto non favoriscono in nessun modo (lingua diversa dal tedesco e paese di residenza che non è la Germania) il suo bene, così come interpretato nei tribunali, nei codici e in una grande parte dell’opinione pubblica tedesca.

    Sarà utile ricordare che la parola famiglia non è praticamente mai evocata nei testi di legge, se non nei titoli delle varie sezioni del codice civile. I testi riportano espressioni come “altre persone di riferimento”, “comunità domestica”, ma non “famiglia”.

  • Achtung, binational babies: Kindeswohl, il bene del bambino, un film di Franco Angeli

    Questa rubrica si occupa da anni delle ingiustizie subite dai bambini binazionali in Germania e dai loro genitori. Il sistema familiare tedesco, controllato dallo Jugendamt e dai suoi collaboratori interni ed esterni (psicologi, controllore del procedimento, controllore delle viste, ecc…) arriva a cancellare il genitore non-tedesco dalla vita del bambino, privando quest’ultimo della sua parte di identità italiana, e non-tedesca in genere, e di ogni diritto fondamentale. Nel 2012 la casa editrice Rizzoli pubblicò un libro, Non vi lascerò soli, scritto da Marinella Colombo. Poiché la “giustizia” italiana non solo l’aveva arrestata e incarcerata su richiesta tedesca, ma le aveva anche comminato il divieto di comunicazione (ciò che non viene fatto nemmeno con i boss mafiosi), il libro non è arrivato come avrebbe dovuto al grande pubblico. Livia Bonifazi (attrice) e Franco Angeli (regista) lo hanno però letto e hanno contattato Marinella Colombo. E’ nata una collaborazione e un’amicizia che ha portato alla realizzazione prima di una pièce teatrale e poi di un film, quello di cui si vede qui il manifesto. Il film sarà presentato al Bifest di Bari il 28 marzo fuori concorso e speriamo di poterlo poi vedere in tutti i cinema d’Italia.

    A conclusione riportiamo le note di regia di Franco Angeli: “Kindeswohl, il bene del bambino vuole essere un film di impegno civile. Ma come mettere questo materiale in un film? Come per lo spettacolo teatrale, mi sono letteralmente aggrappato alle parole. Dovevamo raccontare, dovevo raccontare, affidandomi alle parole. È la vita di Marinella Colombo, quella che viene ricostruita, che prende forma, in questa stanza buia, chiusa e soffocante. È la spiegazione di un sistema che opprime, rinchiude e toglie il fiato. Al di là dell’incompatibilità delle diverse leggi riguardanti i diritti di famiglia degli Stati dell’Unione Europea, la domanda che mi sono sempre posto, e credo sia una parte drammaticamente interessante di questa storia, è: cosa sei disposto a fare, cosa sei disposto a rischiare, per riavere i tuoi figli?”

    Il trailer del film della Panama film è visibile cliccando su questo link: https://www.youtube.com/watch?v=twhFERaWV0w&ab_channel=FrancoAngeli

  • Achtung, binational babies: il padre, il padre-sociale e il postino

    Riproponiamo un articolo pubblicato nel giugno del 2014, per comprendere la ragione di questa ripetizione, leggete fino alla fine.

    Succede ogni giorno decine di volte, nel cuore dell’Europa teoricamente senza frontiere, ma con una barriera attorno alla Germania, dove i bambini entrano, ma non ne escono mai.

    Ecco una delle tante vicende e dei tanti genitori al fianco dei quali mi sto battendo.

    Una donna tedesca si trasferisce in Italia, dove trova lavoro. Conosce un ragazzo italiano. Dopo un certo periodo di fidanzamento, quando hanno ormai deciso di sposarsi, lei resta incinta. Grande gioia di entrambi, acquisto della casa e progetti per il futuro. Lei dice di voler partorire in Germania, lui cerca di comprendere e asseconda. Il bambino nasce, ma lei ha intanto deciso che il padre di questo bambino non sarà italiano (peccato che è con un italiano che ha procreato) e dunque glielo lascia riconoscere perché così potrà chiedergli gli alimenti, ma non gli dà la possibilità di avere la potestà genitoriale sul figlio (in Germania è la madre tedesca non sposata che decide tutto ciò, dunque lei sta agendo in perfetta legalità). Poi chiede al padre-italiano-senza-diritti che si era recato in Germania per il parto di sparire.

    Preso atto della penosa situazione, dopo essere stato ingannato da diversi avvocati sia italiani che tedeschi, sia in buonafede (gli avvocati italiani non conoscono necessariamente il codice di famiglia tedesco) che in malafede (gli avvocati tedeschi sono sinceramente convinti che crescere senza contatti con l’Italia, un paese “problematico”, sia la soluzione migliore per il bambino), questo padre intraprende la via del tribunale per riuscire almeno ad incontrare ogni tanto suo figlio, per il quale comunque paga gli alimenti.

    Precisiamo che si tratta di una persona educata e pacifica e che non è né violenta, né affetta da disturbi.

    Mentre spende migliaia e migliaia di euro in avvocati, spese processuali e viaggi (ovviamente di far venire il bambino in Italia non se ne parla neanche), riesce a vedere suo figlio, nell’arco di sei anni, solo una manciata di ore, sempre sotto la supervisione di altre persone. Infatti, essendo lui italiano, potrebbe rapire il bambino, quindi meglio tenerlo d’occhio. Forse superfluo aggiungere che la famiglia italiana è completamente esclusa, così come l’utilizzo della lingua italiana è strettamente da evitare.

    Dopo anni di procedimenti, il suo caso è ancora in prima istanza (quindi molto lontano dal poter adire la Corte per i Diritti umani), sia perché ogni volta che la signora tedesca cambia casa, cambia la competenza territoriale del tribunale e si ricomincia daccapo, sia perché quando il giudice stabilisce un calendario di incontri (tipo un’ora ogni due mesi), una volta esaurite le data indicate, quest’uomo deve ricominciare un procedimento in tribunale per ottenere altre date. Per capirci, il giudice non sentenzia mai stabilendo una volta per tutte, o fino all’accadimento di fatti nuovi, l’intervallo degli incontri, ma scrive invece “dalle ore tot alle ore tot del giorno tale, del tal mese e del tal anno”. Passato quel giorno, si ricomincia da zero. Questo padre deve cioè ogni volta tornare a dimostrare di essere eccezionale affinché gli vengano concessi dei contatti con il figlio. In pratica il contrario del buon senso e della legge di natura: non sono eventuali accuse, vere o false, a togliergli la possibilità di vedere suo figlio; si parte dal principio che la possibilità di incontrare suo figlio lui non ce l’ha e solo se dimostra di essere fantastico, forse gentilmente gli concedono qualche ora.

    Poi la signora tedesca si sposa con un tedesco. A questo punto il bambino ha finalmente un padre (!) sociale, un padre tedesco. Allora il vero padre, per di più italiano, diventa del tutto superfluo. Ma lui insiste, dice di voler bene a suo figlio e il bambino, pur incontrandolo raramente, mostra di essergli affezionato. Soluzione: si dispone una perizia psicologica familiare.

    Non mi soffermo sull’impegno di tempo, risorse e denaro necessari allo svolgimento della perizia (siamo nell’ordine di importi a cinque cifre, ovviamente a carico del genitore non-tedesco), né sul fatto che la signora tedesca non ritenga di doversi sempre presentare, né di ottemperare a quanto disposto dal giudice, lei ha tutti i diritti in maniera esclusiva sul bambino e dunque le si perdona tutto. Passo direttamente all’esito di questa perizia di quasi 100 pagine:

    • il bambino percepisce che la madre non approva che lui instauri una relazione con suo padre [ndr. e d’altronde non gli ha mai permesso di chiamarlo papà]
    • per questo il bambino vive un conflitto di lealtà
    • il conflitto di lealtà crea stress nel bambino
    • per eliminare lo stress del bambino si annulla ogni contatto con il papà italiano per almeno un anno

    Il tribunale nomina allora un intermediario, un estraneo che durante questo anno dovrà parlare del padre al bambino e del bambino al padre, consegnando anche lettere, fotografie e regali;

    anche questo intermediario non ottempera e si rifiuta di conoscere il padre, mentre al padre dice di suo figlio banalità del tipo “pare gli piaccia il gelato”, lui stesso si definisce un semplice “postino”[1];

    avvisato il giudice di questo comportamento da parte dell’intermediario e delle sue non ottemperanze, così come di quelle della madre, il giudice ritiene che vada bene così.

    Ora l’anno è passato, il rapporto padre-figlio è stato finalmente reso inesistente; qualsiasi cosa pensi di volere questo genitore italiano deve ricominciare daccapo, con l’aggravante che, essendo il rapporto con il bambino ormai inesistente, sarà impossibile dimostrare che mantenere i contatti con il papà giovi al bambino.

    Ma deve pagare! Deve pagare gli alimenti, le spese processuali, gli psicologi, e tutti gli altri “personaggi” intervenuti ad allontanare suo figlio. Non è più in grado di far fronte a questi costi, così diventerà anche lui un “criminale” –come tutti coloro che hanno tentato di opporsi a queste ingiustizie- contro il quale verrà spiccato un mandato d’arresto?

    Cosa farà l’Italia a difesa di questi suoi due concittadini, un adulto e un minorenne?

    Questo è quello che succede in Germania ogni giorno centinaia di volte, contro i padri e le madri non tedesche, ma soprattutto a discapito dei bambini binazionali.

    Questo è quello che non posso e non possiamo più accettare, è la palese negazione dei diritti fondamentali e naturali, è l’arroganza fatta legge e sistema, è la distruzione dei valori sui quali -ci hanno fatto credere- avrebbe dovuto essere costruita l’Europa della pace.

    Non possiamo cambiare la Germania, ma possiamo tutelare gli Italiani. Chiedo un impegno ed un incontro a breve con i Ministri degli Esteri e della Giustizia. 

    8 marzo 2022 – Dopo otto anni nulla è cambiato. Il sistema tedesco ha affilato ancor più le unghie e quello italiano è sempre più confuso e cieco.

    Membro della European Press Federation
    Responsabile nazionale dello Sportello Jugendamt, Associazione C.S.IN. Onlus – Roma
    Membro dell’Associazione European Children Aid (ECA) – Svizzera
    Membro dell’Associazione Enfants Otages – Francia

     

    [1]What you still want to know in detail about your son? What should I ask him or his mother at the next meet? I do not think it makes sense that you come to Germany to talk to me. it would change nothing in the situation. I’m just the mailman”.

Pulsante per tornare all'inizio