Bambini

  • Achtung, binational babies: I segreti dello psicologo e le menzogne teutoniche

    La settimana scorsa abbiamo spiegato come in Germania nelle separazioni binazionali vengono usati alternativamente alcuni stratagemmi, a seconda che la madre o il padre sia il genitore italiano e straniero in genere (qui). In questo articolo desideriamo mostrare come anche l’ascolto del minore non sia un elemento che assicura l’imparzialità delle decisione, o meglio il raggiungimento di quella che dovrebbe essere la finalità nei procedimenti familiari, l’interesse superiore del bambino. L’ascolto, così come avviene in Germania, è un ulteriore strumento di quel sistema per allontanare il bambino dal suo genitore non tedesco. Attenzione dunque ad avvocati e psicologi italiani che pensano di potervi dare dei consigli in questo ambito, potrebbero mettervi in ulteriori difficoltà perché la prassi italiana è completamente diversa. Analizziamo il caso di una perizia disposta dal tribunale. In Italia, oltre al perito nominato dal giudice (CTU o Consulente Tecnico d’Ufficio), è permesso alle parti di nominare ognuna un consulente appunto detto di parte (CTP o Consulente Tecnico di Parte). Il bambino incontrerà i tre consulenti che potranno tra di loro interagire, suggerendo anche le domande da porre. Gli incontri vengono registrati (audio o video) e saranno a disposizione delle parti. In Germania la figura del Consulente di Parte non è prevista, mentre le registrazioni audio e video sono, nella maggior parte dei casi vietate, e comunque mai accessibili alle parti.

    Alleghiamo a riprova la risposta di un perito forense, nominato dal tribunale, che testualmente dice al genitore che chiede tali documenti: “Con riferimento al suo fax del 3 marzo 2020, desidero precisare quanto segue: Come già informato con mia lettera del 16 ottobre 2019, tutti i documenti relativi al suo caso familiare sono già stati distrutti – comprese le registrazioni video e audio.

    Pertanto non possono essere consegnati. Inoltre ogni professionista renderebbe tali registrazioni disponibili solo al tribunale in quanto committente, ma non alle parti coinvolte.

    I dati personali dei suoi figli sono stati trattati nel corso della perizia – lei aveva segnalato il suo consenso a questo proposito. Dopo la conclusione del procedimento peritale, come già detto, i dati sono stati cancellati e non sono stati raccolti altri dati.

    Cordiali saluti (segue timbro e firma)” – Il documento è l’immagine che pubblichiamo:

    In questo modo, con perizie e audizioni completamente segrete e praticamente sempre arbitrarie, si può dare parvenza di legalità a qualsiasi decisione. Se non è possibile motivare la decisione di allontanamento con la nazionalità del genitore è invece estremamente agevole costruire motivazioni apparenti manipolando il bambino con domande suggestive, o addirittura – caso per nulla raro – completare a piacimento le risposte del bambino. Poiché non esiste neppure la trascrizione di quanto è stato chiesto e risposto e solo un riassunto compare nel fascicolo (il riassunto esiste solo se l’audizione è fatta dal giudice stesso e non da un perito) è facile comprendere come, nel riassumere, si possa modificare il senso di ogni affermazione.

    Anche per questo non si può parlare in Germania di “interesse superiore del bambino” (in tedesco, beste Interesse des Kindes) così come tutelato dalle convenzioni internazionali, ma esclusivamente di bene della comunità dei tedeschi attraverso il bambino, ciò che nei documenti tedeschi viene indicato come Kindeswohl. Chiunque sia passato per un tribunale di famiglia tedesco potrà ritrovare questa parola nei suoi documenti, purtroppo quasi sempre tradotta erroneamente in italiano.

    Membro della European Press Federation
    Responsabile nazionale dello Sportello Jugendamt, Associazione C.S.IN. Onlus – Roma
    Membro dell’Associazione European Children Aid (ECA) – Svizzera
    Membro dell’Associazione Enfants Otages – Francia

  • Achtung, binational babies: i due pesi del sistema familiare tedesco

    Questa settimana cerchiamo di dare ai nostri lettori un paio di esempi pratici di ciò che succede in Germania ai bambini binazionali, per esempio italo-tedeschi (ma non solo), quando i genitori si separano. Le due categorie da prendere in considerazione sono: mamma italiana/papà tedesco, oppure mamma tedesca/papà italiano. Ovviamente non sorge nessun problema se la coppia si separa ma entrambi gli adulti mantengono il dialogo tra loro e la capacità di svolgere e lasciar svolgere all’altro il suo ruolo genitoriale. Purtroppo è sufficiente che uno dei due non si comporti in questo modo per rompere questo difficile equilibrio. Nella quasi totalità dei casi vengono dunque coinvolte le amministrazioni e le autorità tedesche che portano, nel breve o medio termine, alle situazioni che andiamo ad illustrare.

    La mamma italiana, se anche apparentemente ben integrata in Germania, nel momento in cui si separa è l’elemento straniero che continua a vivere con i figli dopo la separazione. Essa non potrà, proprio perché italiana, crescere i bambini nella più pura mentalità tedesca. Il sistema (Jugendamt – Verfahrensbeistand – Umgangspfleger – Sachverständiger – Giudice) cercherà dunque di costruire qualsiasi tipo di sospetto o accusa contro di lei in modo da allontanarne sempre più i bambini. Superfluo ricordare che le prove sono inutili in un paese in cui è mentalità corrente considerare la mamma italiana una madre non equilibrata e sicuramente con moltissimi difetti. Se il papà tedesco non è in grado o non vuole far passare ai bambini dei bei momenti insieme e i piccoli si rifiutano o non sono particolarmente felici di vederlo scatta l’accusa della madre malevola: se i bambini non vogliono vedere il papà è perché la mamma non li ha preparati ed invogliati a stare con il padre o addirittura li ha manipolati contro di lui. E’ dunque una madre alla quale i bambini vanno tolti. Togliere l’affido o anche la responsabilità genitoriale (già chiamata potestà) è qualcosa che succede con estrema facilità e leggerezza nei tribunali tedeschi. A volte i bambini sono invece davvero manipolati, ma in Germania questa accusa viene sistematicamente usata contro e soltanto contro le madri non-tedesche, anche quando il poco entusiasmo dei figli non è dovuto a manipolazione materna, ma a gravi problematiche paterne. Abbiamo fascicoli riguardanti bambini chiusi dal papà per tutto il giorno in bagno, o con papà apertamente e ufficialmente tossicodipendenti e che per questo motivi registrano difficoltà nel rapporto con il genitore tedesco, ma per questa stessa difficoltà vengono tolti alla mamma non-tedesca. Ben diversa, anzi diametralmente opposta, è la condizione della madre tedesca. Lei può fare ciò che vuole e può anche manipolare i bambini poiché il genitore da allontanare è il papà non-tedesco. La manipolazione serve al sistema, pertanto non è identificata come tale. Se i bambini non vogliono incontrare il papà italiano, pur in mancanza di qualsiasi motivazione concreta e dell’incapacità del bambino di giustificare il suo rifiuto, gli incontri non ci saranno. Il sistema si appella al Kindeswille, il voler del bambino. Detto volere diventa legge e su di esso si basa la decisione del giudice che cancellerà, non solo ogni incontro, ma anche qualsiasi tipo di contatto, cioè telefonate e messaggi. Spesso il papà italiano non può neanche inviare un regalo o gli auguri di compleanno e di Natale. Per facilitare l’attuazione di questo sistema finalizzato alla realizzazione di un Kindeswohl, cioè di un bene del bambino che coincide con il “benessere della comunità dei tedeschi attraverso il bambino”, germanizzandolo, dobbiamo ricordare come avvengono le audizioni in Germania. La legge vieta qualsiasi tipo di registrazione. Il bambino viene “ascoltato” senza testimoni e senza che domande e risposte vengano fissate in un protocollo e, come ricordato, neppure registrate. Nelle note relative all’audizione (una sorta di riassunto estremamente conciso) che vengono poi inviate alle parti gli autori della germanizzazione posso scrivere ciò che vogliono e possono omettere, come d’uso, il tenore delle domande sempre suggestive. Lo stesso succede con le cosiddette “perizie psicologiche familiari” che altro non sono se non la maniera di fornire al giudice le motivazioni da indicare in sentenza per la cancellazione dei rapporti con il genitore italiano. Nessuna possibilità di contraddittorio, nessun perito di parte, nessuna controperizia ammessa.

    Fate infine attenzione a chi vi dirà “conosco un bravo avvocato che ha aiutato tante mamme”, oppure ” un “ti posso consigliare ottimo avvocato bilingue”. In Germania l’unica domanda preliminare da fare all’avvocato è: “quanti bambini binazionali ha ricondotto al genitore non-tedesco?”. Se la risposta è sincera, difficilmente sarà di vostro gradimento.

    Purtroppo, come ho già scritto, i bambini binazionali sono bambini senza voce e senza diritti.

    Membro della European Press Federation

    Responsabile nazionale dello Sportello Jugendamt, Associazione C.S.IN. Onlus – Roma

    Membro dell’Associazione European Children Aid (ECA) – Svizzera

    Membro dell’Associazione Enfants Otages – Francia

  • Il Covid spinge le famiglie indiane a mandare i figli nei campi anziché al lavoro

    Nello Stato indiano dell’Andhra Pradesh, e che affaccia sul golfo di Bengala, i casi di lavoro e matrimoni minorili sono raddoppiati durante le prime ondate di Covid-19. La scorsa estate rapporti governativi hanno riferito che più del 29% delle ragazze tra i 20 e i 24 anni si è sposata quando era minorenne e di queste il 12,6% ha avuto la prima gravidanza tra i 15 e i 19 anni. E l’Unicef ha avvisato che i progressi raggiunti nei decenni passati in termini di protezione minorile potrebbero venire cancellati dalle conseguenze della pandemia.

    Venkataswamy Rajarapu, direttore generale di Street2School, un programma dell’ong italiana Care&Share che opera in India da più di 30 anni, ha spiegato ad AsiaNews che «nelle comunità rurali e marginalizzate non si aspetta l’età legale per il matrimonio. Le bambine vengono date in sposa a 14 anni perché anche i genitori si erano sposati alla stessa età. Ma le famiglie lo fanno anche per motivi economici: con il Covid la dote costa meno e siccome molti genitori sono rimasti senza lavoro, accettano di far sposare le figlie ora perché i prezzi poi potrebbero aumentare. Inoltre, più la ragazza è giovane, meno devono spendere le famiglie. Anche la paura che la ragazza possa sposare qualcuno di una casta diversa o di un’altra religione è un fattore importante. Se dovesse succedere, la ragazza sarebbe accusata di disonorare la famiglia. Molti giovani si suicidano o vengono uccisi per questo».

    L’impoverimento spinge le famiglie a mettere a profitto la propria progenie, tanto più che le scuole sono state sospese e quando sono state riattivate è stata lasciata libera scelta ai genitori sulla frequenza o meno dei figli e anche le strutture di assistenza sono state costrette a interrompere le attività. «Si distingue tra lavori nei campi e non. Qui nell’Andhra Pradesh il lavoro nei campi non è comune, però alcuni vengono spediti nelle piantagioni di cotone perché con le loro manine piccole è più facile raccogliere i fiori senza rovinarli». E c’è anche un fattore psicologico: «Non solo vengono mandati a lavorare, sui più piccoli vengono proiettate le ansie e le paure degli adulti. In più sono isolati, non possono uscire e vedere i loro amici. Frustrati per la mancanza di lavoro, i genitori vedono i bambini a casa come un ulteriore peso, e molti vengono abusati anche fisicamente», conclude Rajarapu.

  • Achtung, binational babies: bambini germanizzati, economia e conferenza sul futuro dell’Europa

    Questa rubrica si occupa di bambini binazionali e del sistema tedesco che si appropria di tutti loro per germanizzarli. Purtroppo il problema viene spesso circoscritto a quello delle sottrazioni internazionali, mentre la maggior parte delle sottrazioni avviene in territorio tedesco. In quel Paese il genitore non tedesco, in particolare quando si separa, è sistematicamente privato del suo ruolo genitoriale, gli viene impedito di trasmettere lingua e cultura del suo paese e viene ridotto a mero pagatore. In Europa molte associazioni di diversi Paesi si sono avvicinate e lavorano insieme per sottolineare il fatto che non si tratta di un problema italo-tedesco, o franco-tedesco, o polacco-tedesco, bensì del problema che rappresenta il sistema tedesco stesso e la sua peculiarità di esportare tale prevaricazione ben oltre i suoi confini. La finalità di germanizzare i bambini non è solo culturale, come potrebbe in un primo momento apparire, bensì economica. L’Unione europea, che con le sue istituzioni si erge a modello di democrazia, di uguaglianza e di rispetto dei diritti fondamentali, è fino ad ora rimasta sorda a tutti gli appelli, incapace di riconoscere che le più gravi violazioni dei diritti umani avvengono al suo interno. Togliere ad un bambino parte (o interamente) la sua identità è un crimine gravissimo, togliere futuro e risorse economiche ad altri paesi dell’Unione non è da meno.

    Il 18 gennaio l’Associazione “Alienation free zone” di Marsiglia ha diffuso un contributo alla Conferenza sul futuro dell’Europa. Nel testo si legge: La nostra iniziativa è mossa da una constatazione: la disfunzione istituzionale per cui i meccanismi dell’Unione Europea non sono oggi in grado di preservare la continuità del legame familiare e dunque l’interesse superiore del bambino, che va di pari passo con quello dei genitori. Il legame genitore-figlio è sistematicamente sradicato in alcune giurisdizioni – il bambino è tenuto prigioniero e strumentalizzato per ottenere pagamenti da uno o entrambi i genitori, privati arbitrariamente della loro genitorialità. Un importante tema correlato è quello dell’equità davanti ai tribunali. Riteniamo – continua il comunicato – questo tema centrale e decisivo per la coesione dell’Unione europea, sia nella sua dimensione giuridica che nella sua trasposizione nei campi economico, sociale e/o del mercato del lavoro. Non dimentichiamo che il bambino di oggi sarà la risorsa di domani. Più avanti l’Associazione si chiede anche: La Garanzia europea per l’infanzia sarà, a lungo andare, un’incarnazione dei principi del diritto tedesco che danno alle amministrazioni tutti i poteri di ingerenza nella famiglia e nel rapporto genitori-figli? O sarà in grado di salvaguardare la continuità del legame familiare, così come i diritti dei genitori, quelli di cui godevamo originariamente nelle nostre società non germaniche? I deputati di tutti i partiti vengono poi sollecitati a presentare la seguente interrogazione scritta alla presidenza del Consiglio dell’Unione europea:

    – Quale calendario e quali misure concrete intende adottare il Consiglio dell’UE per porre fine alle discriminazioni perpetrate in nome di una nozione che non può essere assimilata all’interesse superiore del fanciullo: il “Kindeswohl”, in altre parole, “l’interesse superiore della comunità economica tedesca attraverso il bambino“?

    – Come intendono le autorità europee garantire l’esercizio effettivo di una bigenitorialità non discriminatoria a livello dell’Unione europea, mentre oggi questo rimane ancorato al principio di sussidiarietà? Ciò implica la delega dei poteri decisionali a livello federale locale e lascia così libero sfogo all’arbitrio di una rete di organismi istituzionali, politico-amministrativi, ma anche privati e semi-privati che agiscono al di fuori di qualsiasi struttura di controllo; controllo che dovrebbe invece farsi garante anche degli interessi non tedeschi. Sinceramente nutriamo molti dubbi sul fatto che le istituzioni europee e nazionali vogliano davvero riflettere sulle conseguenze di queste germanizzazioni che da decenni non solo non cessano, ma si ampliano in modo sempre più veloce, grazie ad accordi e trattati. Riteniamo però che l’opinione pubblica debba essere informata, che ogni cittadino debba sapere del rischio che corre nel procreare un bambino italo-tedesco e che solo la conoscenza possa aiutarci nell’arginare questa vergognosa deriva.

    Membro della European Press Federation

    Responsabile nazionale dello Sportello Jugendamt, Associazione C.S.IN. Onlus – Roma

    Membro dell’Associazione European Children Aid (ECA) – Svizzera

    Membro dell’Associazione Enfants Otages – Francia

  • Illustrissimo Signor Presidente

    Illustrissimo Signor Presidente,

    mi unisco alla profonda stima e ai migliori auguri espressi da tanti italiani per il suo rinnovato mandato.

    La ringrazio, inoltre, sentitamente per averlo accettato nonostante abbia più volte dichiarato di avere altri progetti di carattere personale.

    Il suo gesto, a dimostrazione del suo alto senso di responsabilità e rispetto per le istituzioni, è di grande esempio per tutti noi in questi mala tempora.

    E di grande esempio, a mio parere, è anche l’enorme spirito di sacrificio dimostrato dai bambini delle scuole primarie di tutta Italia in questi recenti mesi.

    La partecipazione alla paura degli adulti per una minaccia invisibile (ma reale e concreta), la perdita, in alcuni casi molto traumatica, dei loro nonni o genitori, la forzata limitazione delle relazioni familiari e interpersonali, la drastica diminuzione di esperienze ludiche o sportive all’aria aperta, le decine di ore settimanali passate da soli davanti ad un computer o ad un televisore, sono solo alcuni degli esempi di quanto sia stata, e purtroppo lo è ancora, un’esperienza oggettivamente molto difficile.

    Nonostante ciò, sopra alle loro mascherine (credo tra i pochi in Italia a indossarle ancora quotidianamente per ore di fila), possiamo intravedere la luce dei loro occhi traboccanti di fiducia verso di noi e il futuro.

    Purtroppo il loro sforzo non è sempre sufficiente. Fenomeni come l’autolesionismo, disturbi alimentari, ansia, depressione e il cyberbullismo sono in crescita esponenziale. Accreditati studi scientifici, infatti, li indicano come le principali vittime, a livello psicofisico, di questa pandemia.

    Illustrissimo Signor Presidente, sappiamo bene come la nostra sopravvivenza da neonati, la nostra protezione da bambini e la nostra sicurezza da adolescenti dipendono in larga misura dalla qualità dell’ambiente, in primis quello naturale, e poi quello familiare e sociale in cui cresciamo.

    Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un documento storico dove si citava il Decreto Regio n.1168 del 30 Aprile 1851 relativo all’istituzione della medaglia al valore civile. Sono andato così a leggere le motivazioni riconosciute come degne di tale riconoscimento e tra queste cito le seguenti:

    per impedire o diminuire il danno di un grave disastro pubblico o privato

    per mantenere forza alla legge

    per il progresso della scienza o in genere per il bene dell’umanità

    per tenere alti il nome ed il prestigio della Patria

    Illustrissimo Signor Presidente, in virtù di quanto ricordato precedentemente e delle sopra citate motivazioni, con la presente sono umilmente a chiederLe di valutare la possibilità di conferire ai bambini italiani delle scuole primarie la medaglia al valore civile.

    Onorificenza che indubbiamente meriterebbero anche molte persone e categorie professionali che si sono particolarmente distinte per il loro impegno civile e sociale in questi mesi. Infatti quello che Le sto umilmente chiedendo è, indubbiamente, un gesto meramente e fortemente simbolico in virtù di quel particolare e diretto rapporto che il Presidente della Repubblica ha da sempre avuto con tutti i bambini di questo Paese. Esperienza, sul piano antropologico e sociologico, forse unica nel panorama europeo.

    Il sottoscritto fa parte di quella generazione di bambini che è cresciuta con i racconti di casa, le lezioni di una sola maestra e le accalorate comparizioni del Presidente Pertini.  Ancora oggi, con i miei coetanei, ricordiamo con commozione e amor patrio le sue dichiarazioni in occasione del terremoto dell’Irpinia, della tristissima vicenda di Alfredino Rampi e dei più festosi Campionati di Calcio dell’82. E Le scrivo questo non di certo per fare paragoni (tutt’altro. Ognuno ha il suo carattere e la stima nei suoi confronti è massima) ma solo a riprova di quanto nel piccolo mondo di un bambino, il Presidente della Repubblica, la carica più importante dello Stato, possa incidere sul suo senso di appartenenza alla nostra comunità.

    Illustrissimo Signor Presidente, sono altresì consapevole degli importantissimi impegni a cui dovrà far fronte fin da subito in questo suo nuovo mandato e l’onorificenza richiesta non potrà di certo modificare le oggettive condizioni di difficoltà causate ai più piccoli da questa pandemia.

    Sarebbe solo, come detto, un forte gesto simbolico.

    Quanto importante sarebbe per i nostri figli crescere in un paese dove il loro Presidente, “il nonno di tutti”, abbia pensato anche a loro? Riconoscendone il sacrificio per diminuire il danno di un grave disastro pubblico, per mantenere forza alla legge, per il progresso della scienza, per il bene dell’umanità e per tenere alti il nome ed il prestigio della Patria?

    Illustrissimo signor Presidente, La ringrazio sentitamente per la gentile attenzione.

    Con gratitudine e stima,

    un papà italiano

  • Achtung, binational babies: “scappa in Germania con il figlio … denuncia alla polizia…”

    Quante volte leggiamo titoli di questo tipo che rimandano ad articoli nei quali si narrano le vicende di genitori italiani la cui compagna/o se ne è andata/o in Germania portando con sé la prole. Si tratta di vicende che sono la premessa a drammi ben più gravi di quelli già tremendi della sottrazione internazionale, perché la Germania tutela così tanto i propri concittadini da arrivare a privare sistematicamente i bambini binazionali della loro identità italiana. In altre parole il genitore italiano – e con lui tutta la sua famiglia – è destinato a perdere ogni contatto con il proprio figlio che dunque finirà per non parlare più neppure la lingua italiana. Peggio ancora, al bambino verrà trasmesso un senso di sospetto e quasi di disprezzo per quel paese e quella cultura che dovrebbero essere invece amati proprio perché parte integrante del proprio essere.

    Ma perché la denuncia alla polizia o ai carabinieri non serve a riportare a casa il bambino e può addirittura essere negativa? Senza entrare in disquisizioni troppo tecniche e giuridiche, basterà ricordare che la denuncia, e dunque il correlato procedimento penale, viene fatta nei confronti dell’altro genitore e dell’illecito commesso, ma non è finalizzata al rimpatrio del bambino. Ed ecco l’errore ulteriore: la legge tedesca non prevede l’estradizione del cittadino tedesco che dichiari di non voler essere estradato! A che pro dunque la denuncia e la successiva richiesta di estradizione se inevitabilmente non produrrà che un diniego? Dovremmo sicuramente chiedere a chi ha firmato a nome del popolo italiano gli accordi sul mandato d’arresto europeo perché lo ha fatto, dato che manca completamente la reciprocità, il cittadino tedesco non viene estradato, quello italiano sì. Ma torniamo al caso concreto. Per il rimpatrio del bambino bisognerà attivare il procedimento civile in Convenzione Aia, o meglio, per i paesi europei, la richiesta di rimpatrio in base al regolamento 2201/2003, al quale hanno aderito sia l’Italia che la Germania. Purtroppo non tutti gli avvocati hanno dimestichezza con questo strumento, ma soprattutto pochissimi sanno come in generale si svolgono le udienze in Germania e in particolare in questo genere di procedimenti. Anche a chi ha contatti con un collega in Germania sarebbe meglio chiedere quanti bambini ha concretamente riportato in Italia.

    A questo proposito, permettetemi di ricordare che, stando alle statistiche ufficiali del Ministero, l’Italia è ai primi posti tra i paesi che inviano i bambini all’estero e tra gli ultimi per bambini riportati in Italia. Tutto ciò al netto del fatto che solo una piccola parte dei casi di sottrazione viene comunicata e registrata dal Ministero. Nei casi che per la statistica si sono conclusi positivamente con un accordo tra le parti è successo in realtà quanto segue. Quando la richiesta di rimpatrio giunge in Germania e il giudice tedesco che deve decidere se rimpatriare il bambino si rende conto che il piccolo – secondo leggi e regolamenti – dovrebbe senz’altro tornare in Italia, si mette allora in moto in maniera più o meno conscia il meccanismo di tutela degli interessi tedeschi e del Kindeswohl, il bene del bambino inteso come sua completa germanizzazione. Tutto il sistema spingerà per una mediazione ed un conseguente accordo. In tale sistema sono inclusi: giudice, Jugendamt, controllore del procedimento (Verfahrensbeistand, falsamente tradotto come avvocato del bambino), avvocati ed eventuale organizzazione di mediazione internazionale. L’accordo prevedrà una autorizzazione al genitore tedesco a rimanere in Germania con il figlio e ampie visite per il genitore italiano. In questo modo la sottrazione viene derubricata e chiusa. Dopo sei mesi la competenza passa ufficialmente al giudice tedesco che, su richiesta del genitore tedesco e con un nuovo procedimento, cancellerà ogni accordo precedente e soprattutto ogni contatto tra il bambino e il suo genitore italiano. Così si concludono moltissimi dei “casi risolti” riportati nelle statistiche ufficiali dei nostri ministeri.

    Membro della European Press Federation

    Responsabile nazionale dello Sportello Jugendamt, Associazione C.S.IN. Onlus – Roma

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  • Perché signor maestro?

    Per diversi anni ho avuto la fortuna e la grande responsabilità di partecipare a progetti di educazione ambientale in molte scuole di ogni ordine e grado del nostro Paese, da Nord a Sud. Migliaia gli studenti che ho incontrato e con i quali ho potuto condividere bellissimi momenti di formazione e dibattito sull’importanza di un ambiente pulito per la nostra sopravvivenza e sul peso che ogni nostra azione può comportare per le attuali e future generazioni.

    Molti erano adolescenti e studenti universitari ma moltissimi i bambini i quali, soprattutto loro, con la loro disarmante intelligenza e purezza d’animo hanno spesso fatto emergere tutte le più evidenti e macroscopiche contraddizioni del nostro sistema sociale e, più in generale, del nostro modo di vivere e pensare al loro futuro.

    “Perché signor maestro (così mi chiamavano i più piccoli) se sappiamo che ci sono cose che fanno male alla natura si continuano a fare?”

    Domanda che, tradotta in linguaggio adultese si traduce in altre mille sotto domande. Perché maestro se ci insegnate che possiamo vivere grazie all’ossigeno continuate ad abbattere boschi e foreste? Perché maestro se ci insegnate che possiamo vivere grazie all’acqua continuate a inquinarla? Perchè maestro se ci insegnate che le merendine industriali, le bevande zuccherate, i cibi con i coloranti, i conservanti, ecc fanno male alla salute continuate a produrli, a farli produrre, a pubblicizzarli, a comprarceli e a darceli nelle mense scolastiche?

    Perchè maestro se ci insegnate che la plastica, le automobili, le fabbriche chimiche, i vestiti sintetici, ecc fanno male all’ambiente (e alla salute di tutti) continuate a produrli e a farli produrre? Perchè maestro se ci insegnate che la guerra è brutta continuate a farla dentro e fuori casa? Perché maestro se sapete che portare zaini che pesano quasi la metà di noi provoca problemi alla nostra crescita continuate a farci avere sempre più libri? Perchè maestro se sapete che ci sono nel mondo milioni di persone (di cui la maggior parte bambini) che vengono sfruttate, torturate ed anche uccise per produrre beni di consumo per le nostre società continuate a commercializzarli e a comprarli? Perché maestro se ci insegnate a scuola (e anche a casa) a non litigare, a rispettare gli altri, a condividere con gli altri, a rimettere in ordine dopo aver giocato, a pulire dopo aver sporcato, a chiedere scusa dopo aver fatto un torto, a mangiare più verdure, a non sporcare per terra ecc voi continuate a mangiare male, a inquinare, a disboscare, a litigare, a fare guerre, a non tutelare i più deboli e a non pensare alle conseguenze delle vostre azioni?

    In altre parole ancora, perché maestro ci dite di fare quello che non fate e pretendete che noi facciamo quello che non fate voi?

    Signor Maestro, noi siamo solo dei bambini. Impariamo soprattutto per imitazione. Un gesto vale più di mille parole. È così oggi per noi come era così per voi alla nostra età. Credete davvero che sia sufficiente riempirci di tanti complimenti o di rimproveri per diventare persone positive per noi stessi e gli altri? Credete davvero che non vediamo come stanno veramente le cose? Quanto tempo passa, secondo voi, prima che comprendiamo che le favole (dei principi e delle principesse) non esistono? Se continuate a dirci di fare cose che voi non fate non impariamo altro che mentire a noi stessi e agli altri è quello che dobbiamo fare per (soprav)vivere. Se continuate a stare voi e a lasciare noi davanti alla televisione, al cellulare o al tablet per ore non impariamo altro, da tutto quello che vediamo, che per essere accettati dagli altri bisogna soprattutto truccarsi, trasformarsi ed atteggiarsi per quello che non siamo e che i vincitori il più delle volte sono i più furbi e i più violenti. Noi siamo solo dei bambini. Cuccioli d’uomo con un cervello evoluto per imparare a trovare soluzioni per sopravvivere. Vi rendete conto o no che ogni giorno, dappertutto (per strada, in TV, in internet, etc.) ci fate vedere centinaia di nuovi cibi, giocattoli, esperienze e tante altre cose che stimolano il nostro (e vostro) bulimico desiderio di possederle? Noi non siamo capricciosi di natura, è la vostra società che ci bombarda di sempre nuovi stimoli erotico-cibo-consumistici (“vieni”, “prendimi”, “comprami”, “mangiami” etc.). E quanto tempo passa ai giorni nostri, secondo voi, prima che ci formiamo l’idea che sia soprattutto il denaro il mezzo giusto per ottenere ciò che si vuole (indipendentemente se sia sano, utile o meno).

    Signor maestro, non meravigliatevi allora se molti di noi manifestano problemi comportamentali (tic, violenza, baby gangs, prostituzione per denaro, scarsa socializzazione, sindromi di ogni sorta, etc), problemi mentali (depressione, ansia, stress, schizofrenia, bipolarismo, scarsi livelli di attenzione, memoria, etc.) problemi fisici e alimentari (bulimia e/o anoressia, diabete, etc.)… o se esistono solo ospedali per bambini o solo carceri per adolescenti.

    Avete voluto (o accettato) questo modello di società che porta l’individuo a consumare in modo scriteriato, impulsivo e irrazionale? Figli compresi? Questo è il risultato: un pianeta distrutto e desertificato dalla somma dei consumi di tutti (i popoli più ricchi).

    Nessun giudizio. Per carità. Siamo solo dei bambini. Forse ci saremmo cascati anche noi ai vostri tempi. Soprattutto se si cresce educati che questa è la migliore società della storia. La migliore società possibile. Quella con più diritti per tutti.

    Non giudichiamo. Siamo solo dei bambini. Ci sembrerebbe logico consigliarvi di smettere innanzitutto voi adulti di fare tutte quelle cose che ci insegnate che fanno male ma è chiaro che o non avete capito che fanno male o siete ormai troppo dipendenti dalle stesse per riuscire a smettere di farle.

    Nel contempo, signori maestri, il nostro diritto di vivere e crescere sani in un ambiente sano è sempre meno garantito, così come il nostro futuro.

  • “Piccole Vittime Invisibili”: la campagna per sostenere le vittime dei nuovi media e sensibilizzare i giovani e le famiglie sui pericoli della rete

    Riceviamo e pubblichiamo un comunicato dell’Associazione ProVita e Famiglia

    Daresti un’arma a un bambino di otto anni? Molti genitori lo fanno, senza piena consapevolezza…

    Nei giorni scorsi è diventato “virale” l’intervento di Anna Cucuruto, sovrintendente della Polizia di Stato a Reggio Calabria, che da anni si occupa di cyberbullismo. Si tratta di un suo discorso tenuto in una scuola, davanti a numerosi studenti che l’ascoltavano con estrema attenzione. Nell’aula non volava una mosca.

    L’ufficiale della Polizia aveva avuto a che fare con episodi tragici dovuti all’uso che i bambini e i giovani fanno dei social. Ha detto chiaramente: “Quando i vostri genitori vi danno in mano un telefono, vi stanno consegnando un’arma”.

    Il telefonino nelle mani di un bambino è un’arma la cui potenza lo supera immensamente: molti giovani (e persino bambini) si scambiano foto “sexy” o sessualmente esplicite e poi rischiano di diventare vittime del “revenge porn” (la diffusione senza consenso delle proprie immagini “intime” per spirito di vendetta o comunque per danneggiare). Talvolta, la piccola vittima arriva a togliersi la vita. In altri casi, navigando su internet, il minore incontra falsi amici che poi si rivelano essere adescatori e pedofili. Anche quando non si arriva a fatti criminali, il minore è continuamente confrontato con modelli sessualizzati e irreali, che inducono un senso di insicurezza, bassa autostima, comportamenti sessuali precoci e pericolosi.

    Subito dopo Natale, Pro Vita & Famiglia rilancerà la campagna “Piccole Vittime Invisibili” per sostenere le vittime dei nuovi media e sensibilizzare i giovani e le famiglie sui pericoli della rete.

    Troppe persone sono all’oscuro della gravità e dell’ampiezza del fenomeno.

    L’ufficiale di Polizia ha cominciato a dire agli studenti i nomi dei ragazzi vittime della rete: “Edith, 8 anni e mezzo, si è impiccata in un armadio. Matteo 11 anni, si è impiccato nella sede degli scout. Stefano, 17 anni, si è buttato giù da un ponte. Amanda, 16 anni, ha bevuto la candeggina perché le dicevano «fai schifo». … Ma noi non ce li ricordiamo, li lasciamo al loro trafiletto di cronaca e andiamo oltre: tutto quello che facciamo è mettere un “mi piace”, un “like”….”

    Se tutto questo è già tragico, sappi che internet ha degli aspetti forse ancora più oscuri. Nel docufilm che abbiamo realizzato con Don Fortunato Di Noto, raccontiamo la diffusione abnorme della pedofilia e della pedopornografia online, che raggiunge livelli difficili da comprendere: video di abusi indicibili, perpetrati talvolta persino su neonati; addirittura un mercato di immagini di ecografie, in quanto alcune menti assurdamente perverse vorrebbero sollecitare i loro appetiti snaturati con immagini di bambini ancora nel grembo.

    Davanti a tutto ciò non possiamo rimanere indifferenti.

    Questo mondo oscuro contrasta con la pace e la purezza di Natale, dell’Amore che la Sacra Famiglia manifesta ad ogni persona. Pro Vita & Famiglia ti invita a partecipare alla campagna “Piccole Vittime Invisibili” proprio in questo periodo natalizio, affinché la luce della Natività possa dissipare le tenebre dell’abuso, dell’iper-sessualizzazione dei minori e della violenza agevolati dalla rete e permetterci di aiutare i bambini e le famiglie in pericolo…

  • Bambini che giocano un ruolo chiave nei conflitti in Africa

    Nei conflitti armati nell’Africa occidentale e centrale vengono reclutati più bambini che in qualsiasi altra parte del mondo. A dichiararlo è l’ONU che con la sua agenzia per l’Infanzia, l’Unicef, parla di più di 20.000 bambini che si sono uniti a gruppi armati negli ultimi cinque anni.

    I bambini sono usati come combattenti ma anche come messaggeri, spie, cuochi, addetti alle pulizie, guardie e facchini in paesi dal Mali alla Repubblica Democratica del Congo.

    L’Africa occidentale e centrale ha registrato anche il maggior numero di bambini vittime di violenza sessuale nel mondo e il secondo numero di rapimenti.

    La regione ha diversi conflitti armati in corso, tra cui insurrezioni islamiste e guerre separatiste.

    L’Unicef, oltre a tenere sempre accesa l’attenzione sulla situazione, chiede un maggiore sostegno agli sforzi per prevenire e rispondere alle gravi violazioni contro i bambini.

  • La Fondazione Mariani celebra il ventennale del Centro FM per le Malattie mitocondriali pediatriche presso l’Istituto Besta

    Si è svolto martedì 26 ottobre, all’Istituto dei Ciechi di Milano, il convegno Oltre l’idea di fare da soli per celebrare il ventennale del Centro FM per le Malattie mitocondriali pediatriche presso l’Istituto Neurologico C. Besta della ‘Fondazione Mariani’.

    All’incontro hanno partecipato Lodovico Barassi e Maria Majno, rispettivamente presidente e vicepresidente di Fondazione Mariani (FM); Luisa Bonora, vicepresidente e nipote della fondatrice di FM Luisa Mariani; Andrea Gambini, presidente della Fondazione Besta; Eleonora Lamantea, ricercatrice e Barbara Garavaglia, direttrice del Centro Fondazione Mariani (FM) per le Malattie mitocondriali pediatriche che quest’anno appunto celebra il suo ventennale.

    La ‘Fondazione Mariani’ è nata nel 1984 da un ingente lascito per volere della benefattrice Luisa Mariani alla morte del marito Pierfranco, imprenditore milanese. Oggi mostra i frutti della sua evoluzione. Da realtà che sostiene e ha sostenuto progetti di assistenza, ricerca e formazione a favore della Neurologia infantile e di una migliore qualità della vita dei bambini e delle loro famiglie, è cresciuta così da realizzare e promuovere nuovi progetti, sul filo di strategie innovative che si rivolgono a obiettivi sempre più alti.

    In vent’anni numerosi sono stati gli studi e gli esperimenti che hanno consentito al Centro di offrire eccellenza nella ricerca e nella diagnosi, per decifrare le malattie neurologiche rare nonché per trovare migliori terapie farmacologiche per i piccoli pazienti.

    Ad oggi sono oltre 300 gli studi scientifici pubblicati negli ultimi 20 anni dal Centro FM per le Malattie mitocondriali pediatriche per studiare patologie genetiche rare, malattie che raggruppano forme molto eterogenee e causate da alterazioni nel funzionamento dei mitocondri: un contributo fondamentale per la ricerca, grazie al quale il Centro FM è riuscito a “dare un nome” alla malattia in circa il 40% dei casi.

    All’Istituto Besta, centro di eccellenza nel nostro Paese, ogni anno vengono ricoverati circa 1.200 bambini (il 45% dei quali provenienti da fuori Regione Lombardia) e sono 14mila le prestazioni annue soltanto per l’area infantile. Il Dipartimento di Neuroscienze Pediatriche è centro di riferimento per diverse patologie pediatriche e per la diagnosi e il trattamento delle malattie neurologiche rare.

    In prospettiva, nel futuro del Centro FM, ci si attende un aumento dello score diagnostico. Inoltre, grazie alle nuove tecniche di biologia cellulare, sarà possibile mettere a punto delle terapie sia di tipo genico che farmacologico, per poter finalmente arrivare a terapie efficaci per questi piccoli pazienti.

    Insieme al Centro FM per le Malattie mitocondriali pediatriche, vi è un altro storico centro di ricerca intitolato alla Fondazione: il LAMB – Laboratorio per l’Analisi del Movimento nel Bambino “Pierfranco e Luisa Mariani”.

    Ai centri di ricerca si affiancano quelli dove si svolge l’attività clinica. Sono stati creati di recente tre nuovi “Centri Fondazione Mariani” dedicati a specifiche patologie e si sta già lavorando per costituirne un altro a breve, affinché si realizzi una Rete di centri che operino come punti di riferimento a livello nazionale per le patologie trattate. In più di 30 anni di attività oltre 20mila bambini e le loro famiglie hanno ricevuto cure e assistenza attraverso i Centri FM.

    ‘Fondazione Mariani’ è oggi partner strategico dei Centri di ricerca, per sviluppare network e strumenti di lavoro condivisi che contribuiscano a curare in modo ancora più incisivo i piccoli pazienti affetti da malattie neurologiche. Nel 2021 sono sorte cinque Reti Fondazione Mariani per lo sviluppo di piattaforme-registri multicentrici per gruppi di patologie.

    Nella storia della Fondazione, più di 18mila medici e operatori sanitari hanno frequentato corsi di specializzazione, formazione e aggiornamento promossi da FM sulla neurologia pediatrica. A livello internazionale ‘Fondazione Mariani’ è referente di primo piano con il suo progetto “Neuromusic” che pone in relazione le neuroscienze e la musica, a favore dell’armonia della crescita nei bambini verso uno sviluppo migliore.

     

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