Un allarme per le imprese più a rischio, a partire da ristorazione, alloggi, arte. Un’esortazione alle banche a restare prudenti anche dopo che dovesse scadere la stretta della Vigilanza sui dividendi: aumenteranno gli Npl, che richiederanno “un pronto riconoscimento” e peseranno sugli istituti con tassi di copertura “molto inferiori alla media”. E un messaggio di rassicurazione sul debito pubblico ormai in zona 160%, “sostenibile” ma che, se non verrà ridotto, “può determinare in prospettiva l’esposizione a rischi derivanti da tensioni sui mercati finanziari o da nuovi shock macroeconomici”. E’ il quadro dei rischi delineato dal Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia: un Paese rassicurato dai vaccini, ma con il fisico spossato dalla seconda ondata. Con bastioni di difesa sempre più europei: l’intervento di Bankitalia e Bce su liquidità, Qe, spinta al credito, e dell’Unione sul recovery fund. Un Paese con un asset’ dato dalla resilienza delle famiglie italiane, con “rischi circoscritti” e quota di debito “contenuta” delle più vulnerabili. Ma con un tessuto produttivo mandato al tappeto dalla crisi.
L’espansione della Cassa integrazione, la moratoria sui prestiti, il posticipo degli adempimenti fiscali, i contributi a fondo perduto e gli schemi di garanzia sui nuovi finanziamenti – scrive Bankitalia – “hanno contribuito ad attenuare” il colpo per le imprese. Ma è comunque qui che si concentrano i rischi, che a ricaduta si scaricano su banche e bilancio pubblico. Il primo, quello di uno shock quando misure come le moratorie verranno rimosse: “va evitata un’uscita anticipata”, avvertono i tecnici di Via Nazionale. A fine anno, 32.000 imprese si ritroveranno ancora con un fabbisogno residuo di liquidità per 17 miliardi. Che sarebbe ben peggiore, con 100.000 imprese e 33 miliardi di ‘buco’, se non fosse per le garanzie pubbliche. Ma anche così, a fine anno il 12% delle imprese, il doppio di prima del Covid, avrà patrimonio netto inferiore ai limiti legali. Con una probabilità d’insolvenza in rapida ascesa, specie per ristorazione e alloggio (quasi al 6%) e attività artistiche (oltre 4%). E il 16,4% delle imprese divenute ‘molto rischiose’ (con probabilità di default oltre il 5%): a febbraio erano il 10%.
L’appello, per i prossimi mesi anche dopo l’uscita dalla pandemia, è dunque a muoversi con grande cautela. E a favorire in ogni modo la patrimonializzazione delle imprese sulla scia delle misure del ‘Decreto rilancio’, con incentivi, sottoscrizione di azioni da parte di società veicolo pubbliche. Non sarà facile per le migliaia di pmi che fanno il grosso del tessuto produttivo italiano.