Bari

  • In attesa di Giustizia: in assenza di giustizia

    Da qualche settimana a questa parte si parla molto – lo abbiamo fatto anche qui – di legittima difesa, contrasto alla corruzione, prescrizione, riforma del processo penale e molti altri argomenti – come sempre, come tutti quelli che riguardano il settore giustizia forieri di polemiche.

    Giustizia, appunto: è ciò di cui tratta questa rubrica, un po’ polemicamente richiamandone un’attesa che non di rado è assai lunga, talvolta addirittura vana come nel caso, che sembra dimenticato, del Tribunale di Bari.

    Proprio per questo motivo, vale la pena rinfrescare la memoria anche dei lettori: alle soglie dell’estate scorsa, il Tribunale del capoluogo pugliese è stato dichiarato inagibile, pericolante, qualcuno ha parlato anche di edificazione abusiva (!) della struttura che  – peraltro  – avrebbe dovuto originariamente ospitare tutt’altri uffici pubblici. Infissi cadenti, infiltrazioni di umidità, impianti elettrici allo scoperto e forse neppure a norma, buchi nei muri e quant’altro possa identificare una costruzione fatiscente erano ormai una realtà sotto gli occhi di tutti da anni ma nessuno ha fatto nulla fino a quando non si è raggiunto il punto di non ritorno che ne ha determinato la chiusura.

    Ma se il Tribunale è chiuso, le udienze dove si fanno e la Giustizia come si amministra? Dapprima fu  l’obbrobrio della tendopoli installata dinanzi al tribunale e le udienze celebrate, a seconda, sotto il solleone piuttosto che i temporali estivi…intanto è arrivato un decreto legge: si faranno solo i processi con detenuti, tutti gli altri no fino a che non si troverà una sistemazione, sospendendo il corso della prescrizione sebbene la responsabilità del rinvio sia della Pubblica Amministrazione. Decreto incostituzionale ma passato indenne dal visto del Quirinale.

    Sono passati mesi nei quali una soluzione non sembra neppure abbozzata: i processi di cui è prevista la celebrazione non si fanno più sotto le tende ma dove capita, secondo le disponibilità di altri edifici come il vecchio Tribunale (che ospita ancora la Corte d’Appello e uffici giudiziari diversi) o quelli di sedi distaccate. Nel frattempo si registrano smarrimenti continui di fascicoli, deterioramento e perdita di parte degli atti contenuti, i servizi di cancelleria funzionano con i limiti che si possono immaginare e l’arretrato sta incrementando a livelli insostenibili e richiederà anni ed anni per essere smaltito una volta tornati – chissà quando –  alla normalità: l’intero settore logistico legato al settore è semi paralizzato.

    Intanto, le Forze dell’Ordine non sanno nemmeno come regolarsi con gli arresti perché non si sa chi se ne possa interessare con la tempestività dovuta: il tutto in un territorio ad alta densità criminale ma anche interessato da attività imprenditoriali rilevanti e massicci flussi turistici. Si è posto il focus sull’area penale perché è quello che ostenta le più evidenti criticità ma, va da sé, anche quello civile risulta coinvolto nel disastro.

    Di Bari e della sua condizione di assenza di Giustizia sembra davvero che tutti si siano dimenticati e l’impatto è micidiale sotto il profilo economico anche in considerazione del fatto che a questo sfacelo sopravviveranno solo alcuni studi legali, sia pure a costo di ridurre significativamente la struttura con perdita di posti di lavoro: soprattutto gli avvocati più giovani sono destinati a chiudere l’attività con conseguente perdita di anzianità ai fini contributivi e pensionistici e a rimettersi in gioco ricercando un’occupazione diversa e per la quale non dispongono della inclinazione e professionalità di base.

    Come dire, altre centinaia di persone senza futuro, non meno della giustizia, travolti da un incomprensibile oblio.

  • In attesa di Giustizia: l’uovo di Colombo

    Nelle scorse settimane abbiamo segnalato – e siamo stati tra i primi, dianzi che diventasse uno scandalo nazionale – la situazione in cui versa il Tribunale di Bari, a rischio crollo che ha costretto gli operatori a ricercare non facili soluzioni alla criticità.

    Dopo avere ipotizzato di trasferire le attività in una sede distaccata dismessa dopo la soppressione si è arrivati all’allestimento di una tendopoli a fungere da aule in cui si celebrano processi; il tutto mentre ancora si discuteva sulla formazione di un esecutivo e, quindi, con un Ministro sul piede di partenza e uno non ancora insediato. Non potendo – anche per motivi di sicurezza – portare i detenuti nel campeggio giudiziario, per questi ultimi si sono riutilizzate aule della vecchia struttura anni trenta (perfettamente agibile e stabile) situata in centro città e ancora adibita a sede della Corte d’Appello.

    Intanto, la situazione nella tendopoli mostra tutti i suoi limiti, sia per la logistica destinata all’utenza che per il clima che arroventa ogni giorno di più, sia perché è complesso avere la fornitura di energia elettrica che serve per il funzionamento di microfoni e impianti di registrazione. Così si è tornati all’impiego a tutto tondo degli amanuensi.

    Giustamente, l’Unione delle Camere Penali ha deliberato una astensione di protesta – lunedì, martedì e mercoledì di questa settimana – e una manifestazione a Bari per denunciare una situazione che oscilla tra il paradossale e, amaramente, il ridicolo. Nel frattempo, però, si è formato il nuovo Governo e…voilà, la tanto agognata soluzione è subito stata trovata: un bel decreto legge che sospende tutti i processi (e il corso della prescrizione) a Bari fino a settembre quando – almeno questo – farà più fresco e, nelle more, si auspica l’individuazione di un immobile in cui trasferire gli uffici in condizioni di sicurezza. Sicurezza che deve intendersi anche con riguardo ai fascicoli non solo per evitarne l’esposizione ai fattori atmosferici ma proprio per la conservazione con il dovuto rispetto dei dati sensibili che contengono. Perderli del tutto, poi, vorrebbe dire non celebrare mai più i processi corrispondenti.

    Non può certo farsi carico all’Esecutivo attuale di una emergenza ignorata o addirittura non conosciuta (ma nel Tribunale di Bari già anni addietro vi erano preoccupanti buchi e crepe nei muri, infissi cadenti, macchie di umidità ovunque) dai Governi precedenti o dalle Autorità preposte alla manutenzione e segnalazione. Il rimedio, tuttavia se non è peggiore del male non convince, come non convincono le parole del Guardasigilli che critica la protesta dei penalisti perché aggiunge altri rinvii di processi in tutta Italia a quelli baresi.

    Vero senonché lo stato di agitazione dell’Avvocatura è l’unico strumento disponibile per denunciare un degrado inaccettabile e sollecitare interventi. A tacere del fatto che è stato proclamato prima delle decisioni del Governo, che tre giorni – sebbene a livello nazionale e con molte eccezioni circa le udienze rinviabili –  non sono tre mesi in una sede come Bari.

    Magari questo “sciopero” non si sarebbe fatto se si fosse potuto preconizzare l’autorevole intervento proposto da via Arenula. E non sarebbe stato difficile, in fondo, chiudere del tutto un tribunale che crolla senza averne un altro a disposizione che non sia una tendopoli è come la scoperta dell’uovo di Colombo, magari un po’ bollito. E la Giustizia può attendere.

  • In attesa di Giustizia: giustizia senza tetto

    Se a Parigi ci fosse il mare sarebbe una piccola Bari: è un vecchio modo di dire che sottende la bellezza del capoluogo delle Puglie: che è anche una importante sede giudiziaria e come tale deve essere dotata di uffici adeguati e funzionali…senonché, di recente, il Tribunale ha dovuto chiudere i battenti perché a rischio crolli e – a quanto si dice – anche affetto da problemi di abuso edilizio nella edificazione.

    Questa la storia, di cui difficilmente troverete traccia anche cercando in internet.

    A Bari, dagli anni Trenta, la Giustizia veniva amministrata in una struttura costruita senza lesinare né gli spazi, né la qualità dei materiali.

    Ad un certo punto, verso fine millennio, si decise che nella originaria struttura sarebbero rimasti solo alcuni uffici, in particolare la Corte d’Appello, trasferendo gli altri in un edificio originariamente destinato ad ospitare l’INAIL: poco comprensibili le ragioni di una simile scelta che – oltretutto – determinava il problema dello spostamento da un luogo all’altro (neppure vicini) agli avvocati che avessero nello stesso giorno udienza in Corte e in Tribunale con aggravio di gestione degli impegni. Per gli  scaramantici, poi, il fatto che la nuova sede fosse antistante un cimitero non costituiva certo motivo di allegrezza.

    Per diversi anni si è andati avanti con crepe che si aprivano nei muri, macchie di umidità, infissi insicuri; infine, pochi giorni fa, la indifferibile decisione di chiudere per le ragioni che si sono illustrate all’inizio.

    E le udienze, dirà il lettore? Semplice, non si fanno poiché vengono rinviate d’ufficio tranne quelle del settore penale con detenuti che sono state ritrasferite temporaneamente nel “vecchio” palazzo in attesa che la situazione si normalizzi: ma come?

    Una soluzione sembra essere stata individuata nella riapertura della sede distaccata di Modugno – dunque, non lontano ma pur sempre in un altro comune – che dispone di uffici giudiziari nuovi di zecca e praticamente mai usati perché poco dopo l’inaugurazione la sede era stata soppressa per legge e restava vuota ed inutilizzata. Sarà, tuttavia, necessario organizzare il trasloco che non è impresa agevole tenendo anche conto della delicatezza del trasferimento di migliaia di fascicoli cartacei: che non ne vada perso nessuno è pura utopia.

    Le notizie su questo ennesimo dissesto della giustizia arrivano frammentariamente e solo grazie a rapporti personali e racconti sussurrati: quanto sin’ora appreso, tuttavia, non può che determinare un comprensibile turbamento.

    Incompetenza e miopia gestionale, spreco di risorse, approssimazione: un corollario differente da questi accadimenti è difficile trarlo: e se la giustizia (la g minuscola è ancora una volta voluta) mostra ancora una volta il suo volto peggiore, non può essere motivo di consolazione il pensiero della fortuna toccata all’INAIL ed ai suoi impiegati che sono rimasti nella loro originaria ubicazione ed a quella di Giudici e Avvocati della vicina Trani che continuano a fare udienza nella splendida (e solida) sede di Palazzo Torres, risalente alla prima metà del XVI secolo, prospicente il mare, immune da vizi di costruzione e con certezza realizzato su licenza edilizia.

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