Tutto cominciò quando Mario Draghi comprese perfettamente che solo attraverso il proprio intervento sul mercato secondario, con l’acquisto dei titoli del debito pubblico italiani invenduti, avrebbe potuto riportare lo spread a livelli accettabili con le conseguenti riduzioni dei costi della gestione del debito pubblico.
La sua decisione di Presidente della Bce fu aspramente criticata dalla Germania tanto da renderla addirittura oggetto di un dibattito presso il Bundestag, ma alla fine, nonostante il governo Monti, gli effetti di questa politica di finanza straordinaria diventarono duraturi e la nostra credibilità internazionale espressa attraverso lo spread non tornò a livelli accettabili ma semplicemente si avvalse del salvagente finanziario della Bce.
Da allora, quindi fino al 2020 con l’esplosione della inaspettata pandemia e successivamente della guerra in Ucraina, ed in considerazione della stagnazione economica complessiva che riguardava l’intero continente europeo la stessa Bce si rese protagonista di una serie di ulteriori interventi di finanza straordinaria fino a renderla “istituzionale” nel 2016 con l’adozione del Quantitative Easing, il quale se da una parte forniva strumenti finanziari alla ripresa economica dall’altra prorogava la sospensione dalla realtà oggettiva di ogni valutazione dei fondamentali economici del nostro Paese.
La straordinarietà di questa situazione politico-finanziaria risulta bruscamente finita dall’8 giugno 2022 a causa delle avventate dichiarazioni del nuovo presidente della Bce Christine Lagarde.
Durante questi lunghissimi undici anni uno degli effetti collaterali si rivelò sicuramente la discesa dei tassi di interessi ridotti prima allo zero ed addirittura negativi proprio per questa politica monetaria fortemente espansiva.
Un’occasione, quindi, più unica che rara in considerazione dei conseguenti minori costi di servizio al debito proprio grazie alla riduzione dei tassi di interesse offrendo la possibilità ai governi di attuare anche solo una parziale e minima ma comunque politicamente fondamentale riduzione del debito utilizzando quelle risorse prima destinate al semplice pagamento degli interessi.
Nessun governo, invece, da Monti al Conte 1, quindi dal 2011 al 2019, fino alla pandemia, ha mai dimostrato la responsabilità di adottare una politica economica e finanziaria finalizzata a riportare in equilibrio il nostro debito anche in rapporto con il Pil (*) in considerazione dell’eccezionale situazione favorevole legata all’attività della BCE. Basti pensare come nel 2011 il debito pubblico risultasse di 1.987 miliardi e alla fine del 2019 la sua cifra monstre segnava i 2400 miliardi.
L’assoluta sconsideratezza ed irresponsabilità delle forze governative succedutesi alla guida del nostro Paese partiva dalla presunzione che la sospensione della valutazione dei fondamentali economici, quindi in buona sostanza uno degli aspetti di questa politica monetaria straordinaria, potesse durare sine die grazie all’attività della Bce.
Il nuovo presidente della BCE in carica, il quale avrebbe potuto attendere e ripensare le tempistiche per una dichiarazione di arresto di tale politica monetaria espansiva, non ha neppure considerato il contesto internazionale e neppure tenuto nella debita considerazione l’esempio della politica monetaria della Cina, ora in una fase di rallentamento dell’economia, la quale ha preferito diminuire i tassi di interesse.
Si è scelto, invece, di adottare il modello di politica monetaria degli Stati Uniti i quali si trovano alle prese con un’esplosione dell’inflazione (8,6%), espressione di un’economia di piena occupazione ma con un peso sempre maggiore dei mutui immobiliari passati dal 22% sul reddito medio ad oltre il 33% legato alla crescita delle retribuzioni del +6/8% non certo in grado di sostenere quella degli immobili che segnano un +20%.
Il presidente della Bce, al di là delle tempistiche, ha ora definitivamente suonato la campanella chiudendo dopo undici anni la ricreazione dell’italico ceto politico di irresponsabili, sicuri di non dovere mai un giorno rispondere della propria leggerezza ed irresponsabilità.
Risulta, poi. decisamente paradossale come questa illusione monetaria fosse cominciata con Mario Draghi Presidente della BCE e finisca ora con lo stesso Draghi ma alla guida del Paese chiamato a fronteggiare le conseguenze delle proprie politiche finanziarie.
(*) addirittura il ministro dell’economia Padoan ed il suo vice Calenda del Governo Renzi spingevano per l’aumento dell’iva e elemento inflattivo considerato positivo per un aumento della base statistica del Pil e così migliorare il rapporto debito/PIl