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  • L’Economia della Bellezza vale un quarto del Pil

    Vale un quarto del Pil italiano l’ “Economia della Bellezza” in Italia. Se si sommano alle imprese legate alle bellezze culturali e ambientali, nonché a quelle del made in Italy di qualità, anche le aziende che puntano ad essere impegnate in progetti di responsabilità sociale e ambientale, si raggiunge infatti una quota pari al 24,1% del Pil nazionale. E non basta, quest’ultime dimostrano di essere più resilienti rispetto alla crisi. Del resto per il 58% degli italiani i valori dell’azienda sono un parametro “decisivo” nella scelta di brand e prodotti e per il 33% sono “importanti”, evidenziando quanto le tematiche ESG abbiano acquisito centralità per i consumatori.

    Banca Ifis ci riprova e per il secondo anno mette a punto un market watch sull’Economia della Bellezza. Con una premessa di fondo. Il concetto di bellezza non può essere solo estetico, ma anche valoriale. “Quest’anno la ricerca si arricchisce e considera una nuova dimensione, quella delle imprese guidate da uno scopo – ha commentato il vice presidente di Banca Ifis, Ernesto Fürstenberg Fassio – Il nostro studio dimostra, infatti, che la Bellezza, alla luce delle nuove e sempre più diffuse sensibilità rispetto ai temi della sostenibilità sociale, ambientale ed economica, conferisce alle aziende maggiore resilienza”.

    Il concetto di economia si è così ampliato. E, mettendo a punto una serie di criteri di selezione stringenti, le aziende ‘purpose driven’ – con sorpresa degli stessi analisti che hanno lavorato allo studio – sono risultate 46.000 e il loro impatto economico è indubbio: producono 650 miliardi di euro all’anno e hanno un fatturato medio di 14 milioni di euro, riflettendo pienamente la struttura del sistema produttivo italiano caratterizzata da un ricco parterre di Pmi.

    Ma prima di questo lo studio parte dalla prima ‘anima’ dell’Economia della Bellezza, senza le aziende purpose driven. Queste hanno passato due anni difficili e la loro quota di Pil è scesa dal 17,2% del 2019 al 15,7% del 2021. Una flessione dovuta soprattutto al calo dei flussi turistici derivanti dalle restrizioni sulla mobilità. Ma l’indagine conferma comunque la resilienza di queste aziende che hanno contribuito al recupero del Pil nazionale, con un calo dei ricavi dal 2019 al 2021 dello 0,7%, molto più contenuto dunque rispetto al 4,6% delle altre imprese fuori perimetro.

    La scelta di costruire un’attività fondata sui valori oltre che sul profitto – rileva l’indagine – ha un impatto positivo sulla capacità di resiste alle crisi. Del resto la richiesta di obiettivi di responsabilità sociale arriva dai consumatori. Una sezione dello studio, gestita con la collaborazione della multinazionale della ricerca Yougov, offre uno scenario in cui per il 58% degli italiani i valori sono ‘decisivi’ nella scelta di brand e prodotti mentre un altro 33% li ritiene ‘importanti’.

    Ecco allora che guardano con attenzione anche le modalità di comunicazione che l’azienda usa per veicolare il proprio impegno sociale o ambientale: il 31% degli italiani ascolta la voce dei dipendenti dell’impresa; il 30% consulta bilanci di sostenibilità e altri report e rendiconti; un altro 29% si affida alle certificazioni di organismi indipendenti.

  • L’Oréal si aspetta un boom del beauty una volta superato il Covid

    L’uscita dalla pandemia porterà un’esplosione di voglia di bellezza, a partire dai prodotti dedicati alla persona. Tanto quanto nel Dopoguerra, quando sostanzialmente per la prima volta l’Occidente ha visto l’uso massiccio di belletti. Parola del ceo di L’Oréal, Jean-Paul Agon: “Come nei ruggenti Anni Venti, il dopo Covid sarà una festa del trucco e del profumo”. Lo ha detto nella conferenza finanziaria, il giorno dopo che il gruppo ha diffuso i conti 2020, portando ad esempio il fatto che in Cina con la fine delle restrizioni si sia registrato un nuovo boom per i rossetti. Facile da spiegare se si pensa all’obbligo o meno di indossare mascherine. Un ragionamento analogo a quello di molti analisti nell’indicare proprio nelle scarse possibilità e occasioni di uscire di casa, causa i lockdown e le norme restrittive in vari Paesi, il calo di vendite subito da settori quali abbigliamento e beauty.

    L’attesa, come ha spiegato l’ad del gruppo è di una crescita del mercato del beauty nel 2021. “Non c’è motivo di credere che l’Oréal non dovrebbe crescere in questo primo trimestre” ha detto, prospettando un miglioramento più a lungo termine anche nella categoria del lusso. E tra le aree trainanti il vice-ceo, Nicolas Hieronimus, designato ceo con decorrenza da maggio 2021, ha segnalato la Cina, con la provincia di Hainan in particolare. Un Paese, proprio la Cina, che già ha sostenuto i conti nel 2020 e dove comunque “la spesa per la bellezza è molto più bassa rispetto al Giappone” ha sottolineato, sostenendo: “C’è spazio per crescere in Asia Pacifico”.

    Altro capitolo da guardare per il futuro è l’e-commerce, che l’anno scorso ha visto un +62%, facendo così arrivare il suo apporto al 26% delle vendite totali del gruppo. “Nel tempo – ha affermato Hieronimus – arriverà a rappresentare il 50% delle vendite negli Usa”, oltre a esprime la convinzione che “la categoria della cura della pelle, che nel 2020 ha rappresentato il 39,5% delle vendite totali, continuerà progressivamente a crescere”.

    Per il 2020 intanto il gruppo ha chiuso con dati superiori alle previsioni, col fatturato a 27,99 miliardi di euro (-4,1%), ma col quarto trimestre in crescita (+4,8%). Per l’anno l’utile operativo è stato di 5,2 miliardi di euro (-6,1% e pari al 18,6% delle vendite, una quota stabile sul 2019), con un dividendo proposto dal Cda a 4 euro (+3,9%). Arriva così da Goldman Sachs un’analisi che evidenzia i buoni risultati 2020 su vendite e margini, con il titolo che in Borsa a Parigi ha fatto segnare un rialzo del 3% a 318,3 euro.

  • L’economia della bellezza con prudenza ed audacia

    Creatività, innovazione e bellezza i temi che hanno cateterizzato la 75esima assemblea di Confcommercio a Piacenza, con la partecipazione del Presidente nazionale Carlo Sangalli il quale, ancora una volta, pur in un periodo così difficile come quello che anche la categoria sta vivendo per il Covid, ha saputo ridare fiducia e speranze concrete agli imprenditori ed esercenti. Nel più rigoroso rispetto delle regole anti Covid, nella bella sede della Banca di Piacenza a Palazzo Galli, presente anche Corrado Sforza Fogliani, Presidente del Comitato esecutivo della Banca di Piacenza, vicepresidente Abi e presidente di Assopopolari, il Presidente provinciale e consigliere nazionale di Confcommercio Raffale Chiappa, coadiuvato dagli interventi di Nadia Bragalini Presidente provinciale e consigliere regionale di Terziario Donna, di Michela Gandolfi, Presidente provinciale e consigliere nazionale Giovani Imprenditori e del direttore Alberto Malvicini, ha ricordato come sia arrivato il momento di andare oltre, di lavorare insieme per creare dalle difficoltà nuove opportunità.

    Il concetto di bellezza non è un concetto astratto perché il cambiamento passa proprio da un diverso rapporto con il territorio, un territorio che si allarga all’intera Italia quando chi lavora è capace di immaginare il futuro per costruire ogni giorno una realtà migliore. Bellezza e rispetto della qualità di ciò che si produce e si vende con un’attenzione sempre volta all’ambiente ed al contesto che ci circonda. Non basta rinnovare bisogna innovare non solo utilizzando i nuovi strumenti tecnologici ma anche dando maggiore attenzione alla cultura del territorio, alle esigenze sociali, comprendendo che la nuova cultura produttiva nasce proprio dalla nuova economia della bellezza che, come ha ricordato il presidente Chiappa, deve essere la rinascita, dal centro alla periferia, in ogni realtà. “La nostra attività ha un importante valenza sociale e noi vogliamo dare un contributo alla comunità”. Il Presidente Sangalli, ricordando la frase di Albert Einstein “la mente è come un paracadute, funziona se si apre”, ha rimarcato la necessità di una riforma fiscale, di utilizzare le risorse che l’Europa mette a disposizione e l’urgenza di interventi mirati, interventi che devono realizzarsi e non essere solo annunciati. Un grande pericolo, in assenza di questi, è l’espandersi dell’usura e della criminalità organizzata, si corre il rischio che troppe imprese chiudano o siano svendute per debiti e disperazione ed acquisite dalla malavita. L’innovazione deve essere sostenibile nel rispetto dell’ambiente, bisogna sapere coniugare prudenza ed audacia.

    L’augurio è che queste parole dette a Piacenza, una delle città più martoriate dal Covid, possano giungere a tutti coloro, qualunque sia il loro colore politico, che ad ogni livello hanno ruoli di responsabilità e decisione affinché le loro scelte siano indirizzate da prudenza ed audacia, da coscienza delle realtà territoriali e sociali, dalla capacita di coniugare le innovazioni tecnologiche con il rispetto dell’ambiente e con i tempi di adattamento necessari a ciascuno affinché  nessuno resti indietro o colpevolmente escluso.

  • For Women In Science, il premio al talento nella ricerca declinato al femminile

    400 candidature arrivate da tutta Italia per sei borse di studio e proseguire così, nel proprio Paese, il percorso di ricerca scientifica. Anche quest’anno, nella splendida cornice della Sala di Rappresentanza dell’Università Statale di Milano, si è tenuto il Premio L’Oréal – UNESCO “Per le Donne e la Scienza”, giunto alla sedicesima edizione in Italia, ventesima da quando è stato istituito, che premia sei ricercatrici under 35 selezionate dalla giuria, presieduta dalla scienziata Lucia Votano, sulla base dell’eccellenza riconosciuta ai loro progetti di ricerca. Le vincitrici di questa edizione sono: Gabriella Giancane, Margherita Mauri, Giulia Pasqual, Maria Principe, Gloria Ravegnini, Daniela Rosso, tutte appassionate di scienza sin da bambine e caparbie per aver portato avanti i loro sogni che salvano vite e contribuiscono al benessere di tutti.

    Dal 1998 l’Oréal e UNESCO con ‘For Women in Scienze’ hanno conferito un riconoscimento a 3.100 scienziate (82 in Italia), 3.022 sono state le giovani donne di talento che hanno ottenuto una borsa di studio per realizzare progetti di ricerca promettenti, oltre 50 sono state le istituzioni scientifiche di alto livello coinvolte in tutto il mondo, 102 le laureate premiate per avere raggiunto l’eccellenza nelle scienze, incluse tre scienziate che hanno vinto il Premio Nobel, 53 i programmi di borse di studio a livello nazionale e regionale in 117 Paesi, oltre 400 le scienziate coinvolte nel processo di selezione nell’ambito di programmi a livello nazionale e regionale. Un progetto vincente che dimostra quanto la scienza abbia bisogno delle donne  e quanto le donne siano in grado di dare un apporto concreto alla scienza.

    I numeri farebbero pensare ad un grande passo in avanti rispetto al ruolo che le donne hanno nel campo della ricerca e delle tecnologia ma, come spesso è stato sottolineato anche nelle altre edizioni del premio, è ancora troppo evidente il gap che esiste tra i risultati e i successi ottenuti, al termine del corso di studi e specializzazione, dagli uomini rispetto a quelli delle donne, sebbene, statistiche alla mano, le giovani laureate superino il numero dei colleghi maschi e i voti ottenuti durante il percorso accademico raggiungano medie molto alte. Se si potesse fotografare la statistica si vedrebbero due linee che per un po’ corrono parallele e poi, di colpo, una si arresta e l’altra prosegue verso ambitissime mete. Naturalmente il discorso, questa volta, non è tipicamente italiano, ma europeo e mondiale perché persiste ancora una certa cultura secondo la quale esistono ‘cose che le donne possono o non possono fare’. E spesso, purtroppo, la società fa sì che certi pregiudizi si trasformino in realtà concreta che porta molte ragazze ad accarezzare il sogno di una carriera scientifica per ripiegare, poi, verso mestieri tranquilli e più tradizionali, che concilino lavoro e famiglia.

    Certo, le cose stanno cambiando e sono lontani, per fortuna, i tempi di Marie Curie e Rita Levi Montalcini in cui, a livello nazionale, le donne che studiavano medicina o fisica erano tante quante le dita di una mano. La consapevolezza verso gli studi scientifici sta crescendo ma è il mondo della ricerca che forse predilige adoperare ancora il singolare maschile (parlare al plurale, come in tutti i campi del lavoro, è faticoso!). Il numero delle donne che intraprendono una carriera scientifica è aumentato, dal 1998, del 12% sebbene solo l’11% delle donne scienziate raggiunga ruoli apicali nell’ambito universitario, meno del 30% dei ricercatori è donna e soltanto tre premi Nobel per la scienza sono stati assegnati alle donne. L’Italia, poi, è un paese che ha la più bassa istruzione rispetto agli altri paesi europei e mondiali. A questo infelice primato deve aggiungersi anche un altro dato che sottolinea come il Vecchio Continente non punti molto sulla ricerca: su 220 milioni spesi, infatti, l’Europa si attesta al 20% di spesa, USA e Canada al 30%, il resto è speso dai Paesi asiatici. Una dimostrazione di come non sia un caso se molte innovazioni e sperimentazioni arrivino dai paesi orientali. Alla luce di questi numeri è comprensibile come l’iniziativa di L’Oréal e UNESCO sia preziosissima perché dimostra come, se si vuole davvero cominciare ad abbattere il ‘soffitto di vetro’, ossia il pregiudizio attorno al binomio donna-scienza, si debba valorizzare con convinzione e costanza l’impegno di tante giovani donne. Una goccia nel mare, si direbbe, che sta producendo, però, risultati significativi visto che il numero record di 400 candidature arrivate da tutta Italia sottolinea quanto il riconoscimento sia ambito, apprezzato e soprattutto concreto. Un impegno che, visti i frutti che sta portando, non potrà che continuare, come ha dichiarato il Presidente e AD di L’Orèal Italia, Francois-Xavier Fenart che, introducendo i lavori, ha affermato: “Da molti anni lavoriamo senza tregua affinché le donne nella scienza siano riconosciute, e non smetteremo. Noi vogliamo una società in cui le disparità di genere vengano superate e dimenticate. E’ semplicemente nell’interesse di tutti volere che questo accada poiché in gioco c’è qualcosa che va ben oltre la mera questione della parità di genere: il futuro di tutti noi”.

    Anche Milano e la Lombardia si stanno muovendo, come istituzioni, affinché tutti possano usufruire del bello della scienza e non è un caso che il Comune abbia istituito il progetto ‘Steam in the City’ per promuovere la diffusione delle discipline tecnico-scientifiche e delle nuove tecnologie digitali come base formativa necessaria ad assicurare un futuro professionale alle nuove generazioni, mente la Regione abbia puntato sul Nobel per la Ricerca, con l’assegnazione di un milione di euro al miglior progetto di ricerca scientifica che verrà consegnato  durante la manifestazione che si svolgerà il prossimo 8 novembre.

    L’Europa sta puntando sempre più alla valorizzazione di scienza e tecnica tanto che il Progetto ‘Horizon 202’0 sarà riproposto insieme al progetto Erasmus, perché rivelatosi importante ogni oltre aspettativa. Come ha sottolineato l’eurodeputata Patrizia Toia adesso si chiamerà ‘Horizon Europe’ e lo stanziamento sarà di 100 miliardi di euro. “Se scienza è tecnica sono centrali per il futuro, quello della donna è un tema molto sentito in Europa perché esistono troppi stereotipi, quali quelli sulla mobilità professionale delle donne, che le fanno sentire ancora delle eccezioni”.

    In occasione del 20° anniversario del programma L’Oréal – Unesco For Women in Science è stata lanciata una nuova iniziativa, ‘Male Champions for Women in Science’, che coinvolgerà leader uomini attraverso una carta degli impegni volta a favorirne la collaborazione con le loro colleghe per cambiare il sistema e sfruttare il potenziale delle donne, a beneficio di tutti.

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