Dal 1993 al 2016 è scomparso il 43% dei leoni africani e ne resta un numero variabile, a seconda delle stime, tra i 20mila e i 35mila. In Africa la loro presenza è ormai circoscritta all’8% del loro territorio storicamente abituale, soprattutto per via del bracconaggio. I leoni si sarebbero già estinti in ben 26 Paesi dell’Africa e sono presenti solo in 27 Stati del continente (e solo in 7 di questi Stati vi è un numero di esemplari superiore alle 1000 unità).
In quanto predatore ai vertici delle catene alimentari, il leone africano (Panthera leo) è fondamentale per l’integrità e la stabilità degli ecosistemi e la sua progressiva riduzione numerica, secondo il Wwf, può determinare effetti negativi a catena su diversi ecosistemi. La scomparsa dei leoni ha conseguenze dirette sulla vegetazione e sulla diffusione di malattie. Il degrado degli habitat riduce la capacità degli ecosistemi di fornire acqua e cibo. Gli habitat dove i leoni vivono contribuiscono infatti alla tutela delle sorgenti, vitali per la fornitura di acqua potabile alle comunità locali, così come il mantenimento degli habitat dei leoni, come foreste e savane alberate, contribuisce allo stoccaggio del carbonio. Analogamente, queste aree garantiscono il sostentamento alimentare delle comunità locali e contribuiscono alla protezione dagli eventi estremi causati dal cambiamento climatico. Alcuni studi stimano che le aree di presenza del leone forniscano circa l’11% dei servizi ecosistemici legati al controllo dell’erosione, alla protezione delle coste e alla mitigazione degli effetti delle alluvioni.
Sulla base del World Wide Fund for Nature il Wwf ha inserito il leone nella lista rossa degli animali a rischio di estinzione. Tra i motivi di allarme per le sorti di questo felino vi è anche il fatto che il progressivo ridursi degli esemplari riduce le possibilità di accoppiamento e porta quindi a un indebolimento genetico, con conseguenti aggravarsi del rischio di estinzione, dovuto al fatto che la scarsità di partner porta ad accoppiamenti tra esemplari consanguinei (il che produce appunto indebolimento genetico).
Nel 2022 la Banca Mondiale ha emesso il primo bond al mondo dedicato alla fauna selvatica (Rhino bond), raccogliendo 150 milioni di dollari destinati alla conservazione dei rinoceronti neri in due riserve in Sudafrica. Sulla stessa falsariga, una delle più grandi banche commerciali africane ha dichiarato di voler vendere 200 milioni di dollari di obbligazioni per contribuire alla reintroduzione dei leoni nel Parco Nazionale del Limpopo in Mozambico. Un altro importante strumento per la conservazione della biodiversità, che potrà presto andare in soccorso a specie in via d’estinzione, sono i Biodiversity credit, veri e propri crediti emessi contabilizzando un miglioramento dello stato di specie ed ecosistemi dovuto ad azioni di conservazione e di ripristino. I Biodiversity credit possono essere messi sul mercato per soddisfare il desiderio di attori privati (e non solo) di contribuire al miglioramento dello stato della biodiversità nel mondo.