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  • Addii senza fine, Piazza Affari sempre più magra

    Non si arresta l’emorragia di società in uscita da Piazza Affari. La tendenza che il disegno di legge Capitali, una volta approvato dal Parlamento, proverà a fermare incoraggiando le aziende a quotarsi in Borsa e a restarci, ha toccato il suo record negativo l’anno scorso quando la Borsa di Milano ha registrato il maggior numero di addii e il peggior saldo tra entrate e uscite dal 2010.

    In 15 hanno lasciato il listino principale a fronte di solo 6 nuovi ingressi. Il dato è contenuto nella relazione annuale della Consob e conferma il ‘dimagrimento’ della Borsa. Se nel 2010 poteva contare su 272 quotate italiane, nel 2022 sono scese a 220 (-19%).

    Dalla fotografia sull’attività svolta nell’ultimo anno dall’authority di vigilanza sui mercati finanziari emerge poi che le sanzioni irrogate dalla Commissione sono state pari nel complesso a 5,2 milioni di euro, il valore più basso dal 2005.  Ridotta anche la platea dei destinatari, nel complesso 65 soggetti, il minimo dal 2001. Si tratta di numeri lontani dal record di multe da 43 milioni del 2007 per sanzionare i ‘furbetti del quartierino’ protagonisti della stagione delle scalate bancarie e di quella a Rcs, nonché l’equity swap Ifil-Exor sulle azioni Fiat. Se si guarda all’ultimo anno le sanzioni più salate sono invece legate al crac dell’ex unicorno delle bioplastiche Bio-on (1,67 milioni) e all’insider trading nell’opa Snaitech (1,05 milioni).

    Sul calo delle multe incide fra l’altro il mutato approccio della Consob per disinnescare in anticipo, attraverso il dialogo con i soggetti vigilati, i comportamenti illeciti. In linea peraltro con l’idea promossa anche dal governo di una vigilanza non solo sanzionatoria.

  • La Consob pone fine alla trasparenza rafforzata in Borsa

    Passato il crollo e soprattutto la turbolenza della Borsa causata dalla prima ondata della pandemia da Covid 19, in Piazza Affari si torna alla normale soglia degli obblighi di trasparenza nell’azionariato. Lo ha deciso la Consob, che un anno fa era intervenuta anche alla luce del rischio di scalate ‘selvagge’, favorite da quel momento di eccezionale nervosismo dei mercati.

    La Commissione di controllo sulla Borsa e sulle società ha infatti disposto a partire dal 14 aprile la fine del regime di trasparenza rafforzata sulla comunicazione delle partecipazioni rilevanti nelle società quotate ad azionariato diffuso. Il 9 aprile del 2020, grazie anche ai poteri che le furono conferiti col ‘decreto imprese’, il provvedimento Consob aumentò il numero delle aziende, da 48 a 104, quasi la metà dell’intero listino, per cui vi è l’obbligo per gli investitori di comunicare le quote detenute, che scesero dal 3 all’1% per le grandi società e dal 5 al 3% per quelle di minore dimensione.

    Un provvedimento rinnovato fino a oggi ogni tre mesi, mentre ora torna in vigore la sola normativa ordinaria. L’obbligo di comunicazione delle variazioni delle partecipazioni rilevanti detenute nelle società italiane quotate in Borsa scatta quindi di nuovo al superamento della soglia del 3% per le imprese a capitalizzazione medio-alta e al superamento della soglia del 5% per quelle a bassa capitalizzazione. Restano invariati gli obblighi relativi al superamento delle soglie successive. Quanto alla trasparenza sulle dichiarazioni degli obiettivi investimento, da mercoledì l’obbligo di comunicazione scatta al superamento della soglia del 10% dell’azionariato e non più della soglia del 5%.

    Per la Consob è stato un giorno importante anche per lo svolgimento di un convegno a lungo rimandato per l’emergenza Covid e ora tenuto on line in memoria del già direttore generale della Commissione, Angelo Apponi. Esponenti della finanza, regolatori, docenti universitari e componenti della Commissione hanno fatto il punto sull”evoluzione dell’informativa finanziaria negli ultimi 30 anni’, con Stefano De Polis, segretario generale dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, che ha spiegato tra l’altro come il modello coi 2 comitati, strategico e tecnico, sia “stato confermato nel recente ampliamento del protocollo di collaborazione tra Banca d’Italia e Consob” e come la sua applicazione sia “in predicato anche per la rivisitazione degli accordi di collaborazione tra Ivass e Consob”.

  • Tre pretendenti per Borsa Italiana

    E’ come previsto una corsa a tre per l’acquisizione di Borsa Italiana, il gruppo che gestisce Piazza Affari e anche lo strategica piattaforma del mercato telematico dei titoli di Stato Mts, di proprietà del London Stock Exchange (Lse). Le manifestazioni di interesse di Deutsche Borse, degli svizzeri di Six e della cordata Euronext-Cdp sono arrivate. Ora il venditore deve decidere i tempi limite di presentazione delle proposte vincolanti, che probabilmente saranno posti attorno alla metà di ottobre.

    Il mercato apprezza i movimenti dei possibili acquirenti, con il titolo di Deutsche, la prima a comunicare l’avvenuta consegna dell’offerta, che a Francoforte è salito dell’1,8% a 2,78 euro tenendo i massimi recenti, così come si trova ai prezzi massimi anche Euronext a Parigi, cresciuta dell’1,7% a quota 101,7. Le mosse del governo italiano, che ritiene Borsa un asset strategico per il Paese, fanno pensare a una preferenza per la cordata Euronext-Cdp, ma anche Deutsche è molto determinata ed è una società dell’area euro, con Six che potrebbe mettere sul piatto un’offerta molto consistente. L’eventuale acquisizione da parte della cordata con Cassa depositi e prestiti, porterebbe Euronext alla creazione della prima società di gestione di Borsa europea con circa 1.900 società quotate nei diversi listini. Secondo i primi calcoli, Borsa Italiana peserebbe in ricavi per circa il 30% nel nuovo gruppo.

    Gli analisti vedono l’operazione in una forchetta di prezzo che va da 3,3 miliardi fino a 3,8, ma i ‘rilanci’ potrebbero superare facilmente quota quattro miliardi. Non è solo una questione di soldi, ma su questo piano Six ha le mani piuttosto libere, non essendo quotata e avendo dimostrato di saper raccogliere una notevole liquidità. Non a caso ha da poco investito 2,8 miliardi per la Borsa spagnola e sta iniziando una forte campagna in Italia per compattare anche investitori locali.

    Il ‘pacchetto’ completo dovrebbe comprendere il 63% di Mts, con Lse che ha tempi meno stretti per la cessione dopo che l’Antitrust Ue ha rinviato al 16 dicembre la nuova scadenza sulla decisione per l’acquisizione da parte di Londra di Refinitiv, il fornitore globale di dati e infrastrutture del mercato finanziario, partecipata da Blackstone e Thomson Reuters. L’Antitrust aveva sospeso l’esame a luglio per consentire alle parti di fornire informazioni rilevanti sull’operazione, ma comunque Lse per completarla deve comunque cedere Borsa Italiana.

  • Brexit anche a Piazza Affari, Borsa Italiana è in cerca di acquirenti

    Borsa Italiana è ufficialmente sul mercato. Il London Stock Exchange di cui Piazza Affari fa parte dal 2007, dopo mesi di rumors, esce allo scoperto e in occasione della semestrale, conferma di aver avviato discussioni esplorative che potrebbero tradursi nella potenziale cessione di Borsa Italiana o della quota in Mts, la piattaforma telematica riservata ai titoli di Stato.

    Una mossa, quella dell’Lse, per agevolare l’approvazione da parte dell’Antitrust europeo dell’acquisizione, da 27 miliardi di dollari di Refinitiv provider di dati finanziari e gestore di piattaforme di trading. Sull’operazione che è stata annunciata un anno fa, Lse si aspetta di chiudere per la fine di questo anno a inizio 2021. “Stiamo facendo buoni progressi assicurando una serie di approvazioni normative e impegnandoci costruttivamente con le autorità sulle autorizzazioni rimanenti”, spiega l’ad del London Stock Exhange, David Schwimmer.

    La Commissione europea ha avviato a giugno un’indagine approfondita temendo che possa ridurre la concorrenza. La notifica dell’operazione è stata inviata alla Commissione Competitività dell’Ue il 13 maggio scorso, il 22 giugno l’Antitrust europeo ha comunicato di voler andare alla Fase 2 per approfondire il dossier e, dal 13 luglio, la deadline prevista per una decisione è stata sospesa.

    Quanto a Borsa Italiana o alla piattaforma Mts “non ci sono certezze che Lse deciderà di procedere con un’operazione in relazione a uno o l’altro di queste attività”, spiega lo stesso London Stock Exchange. Tuttavia, la conferma di Londra offre nuovo carburante alle speculazioni degli ultimi mesi con Borsa Italiana nel mirino tanto di Deutsche Boerse (Francoforte) che di Euronext, quest’ultima già controlla i listini di Parigi, Amsterdam, Bruxelles e Lisbona.

    Milano si può blindare con la Golden Power. Lo ricorda anche il deputato del Movimento 5 Stelle e componente della Commissione finanze, Davide Zanichelli. Insieme ad altri quattro deputati, peraltro, ha depositato una risoluzione in Commissione “per impegnare il Governo – spiega – ad intraprendere ogni iniziativa al fine di concertare un’offerta competitiva in grado di riportare Borsa Italiana all’interno dei confini del Paese”. In questo senso “è bene” che l’esecutivo “lavori attivamente – sottolinea – per la nascita di una proposta tutta italiana che eventualmente contempli anche la Cdp insieme ad un pool di banche e istituzioni finanziarie del Paese”.

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