Partita chiusa e vittoria netta per il premier britannico Boris Johnson. Mercoledì 30 dicembre la Camera dei Comuni ha infatti approvato l’accordo commerciale post-Brexit tra Regno Unito e Ue con 521 voti favorevoli e 73 contrari. A sostenere il ‘deal’ una maggioranza schiacciante di 448 deputati, in modo compatto il partito conservatore del primo ministro, e i laburisti di Keir Starmer, con una pattuglia di ‘ribelli’ che non si sono allineati. Contrari, per ragioni diverse, gli indipendentisti scozzesi, i libdem, i partiti nordirlandesi e il gallese Plaid Cymru. Il provvedimento è stato così indirizzato, già in giornata, verso la promulgazione reale (royal assent) dopo un passaggio procedurale alla Camera dei Lord. E BoJo esulta, parlando di “nuovo capitolo” nella storia del Paese.
L’estenuante maratona negoziale e politica (interna ed esterna al Regno) apertasi dopo il referendum del 2016 sull’addio all’Ue si è quindi conclusa con un accordo raggiunto in extremis e che riceve i fondamentali via libera, britannico ed europeo, a poche ore dalla fine del periodo di transizione post-Brexit. Se Westminster chiude in giornata i suoi lavori sul complesso dossier europeo, da Bruxelles arriva la firma al ‘deal’ dei presidenti del Consiglio Ue e della Commissione, Charles Michel e Ursula von der Leyen, per conto dei 27 leader europei. Lo stesso ha fatto Johnson a Downing Street, commentando così su Twitter: “Firmando questo accordo, soddisfiamo il desiderio sovrano del popolo britannico di vivere secondo le proprie leggi, stabilite dal proprio Parlamento eletto”. Mentre il Parlamento dell’Unione deve ancora ratificare il trattato ma il passaggio appare piuttosto scontato e non ci dovrebbero essere insidie lungo il cammino finale.
Dal primo gennaio, quando la Brexit entrerà nella sua piena fase, la Gran Bretagna lavorerà a stretto contatto con l’Ue all’insegna di una “nuova relazione tra eguali”, ha assicurato il premier Tory, spiegando che si andrà avanti “mano nella mano ogni volta che i nostri valori e interessi coincideranno”. Ai parlamentari Johnson ha ricordato che l’accordo di libero scambio con Bruxelles è stato negoziato a una “velocità sorprendente”. In meno di un anno, in piena pandemia, “perché creare certezza sul nostro futuro offre le migliori possibilità di battere il Covid e di riprendersi in modo ancora più forte l’anno prossimo”, ha aggiunto il primo ministro. In termini politici, il premier Tory può vantare di aver mantenuto le promesse, arrivando a una intesa con l’Ue entro la fine del periodo di transizione. Intesa che trova se non il plauso almeno il sostegno dell’opposizione laburista, finita col dividersi (ancora una volta) in materia di Brexit. Il loro leader Starmer ha parlato di un accordo “con molti difetti” ma l’alternativa sarebbe stata quella di lasciare il mercato unico e l’unione doganale senza alcun ‘deal’, facendo salire i prezzi e mettendo a rischio le imprese. La ribellione interna al Labour ha proporzioni comunque limitate: 36 deputati astenuti e uno solo contrario. Di avviso opposto, invece, gli indipendentisti scozzesi dell’Snp, la seconda forza di opposizione ai Comuni, e da sempre su posizioni anti-Brexit. Il loro leader a Westminster, Ian Blackford, ha condannato l’accordo come “un atto di vandalismo economico” e ha attaccato i laburisti per non essersi opposti.
I giochi comunque sono fatti e, come ha ricordato lo stesso Johnson nel suo intervento, è giunto il tempo della libertà, da un controllo legislativo esterno al Regno, ma anche della responsabilità, per quello che Londra potrà fare contando solo sulle sue forze.