Bullismo

  • Cyberbullying: One in six teenagers report harassment online

    Nearly one in six adolescents have experienced cyberbullying, an international study has found.

    More school-aged children have reported being cyberbullied than before the pandemic, according to the report by the World Health Organization (WHO).

    The study surveyed more than 279,000 young people from 44 countries and regions.

    In Wales, where nearly 37,000 young people were surveyed, 17% reported experiencing cyberbullying.

    The Health Behaviour in School-aged Children (HBSC) survey suggests the proportion of adolescents who reported being cyberbullied has increased since 2018, from 12% to 15% for boys and 13% to 16% for girls.

    In England, where more than 4,200 young people were surveyed, nearly one in five (19%) reported being cyberbullied at least once or twice in the past couple of months, and 11% reported cyberbullying others.

    In Scotland, where more than 4,300 young people were surveyed, 18% said they had experienced cyberbullying and 11% reported cyberbullying others.

    The report said there was an “urgent need” to educate young people, families and schools of the forms of cyberbullying and its implications.

    Dr Hans Henri P. Kluge, WHO regional director for Europe, said: “As young people’s social engagement switched to the online environment during the Covid-19 pandemic lockdowns, so it appears that perpetration and experience of cyberbullying increased.

    “Focusing on virtual types of peer violence is now an urgent priority to safeguard the health and wellbeing of populations of adolescents and young people, and cyberbullying must be viewed as a major issue for societies.

    “With young people spending up to six hours online every single day, even small changes in the rates of bullying and violence can have profound implications for the health and wellbeing of thousands.

    “This is both a health and a human rights issue, and we must step up to protect our children from violence and harm, both offline and online.”

    ‘A real concern’

    Sarah Hannafin, senior policy adviser for school leaders’ union NAHT, said: “These figures showing an increase in cyberbullying among children are a real concern, and while schools work hard to help keep pupils safe, online bullying can take place anywhere, at any time.

    “Schools alone cannot tackle the issue and the government must ensure the Online Safety Act is implemented swiftly and properly enforced, while social media platforms must do much more to provide a safe online environment.”

    A UK government spokesperson said: “The Online Safety Act will make the UK the safest place in the world for children to be online, requiring companies to take robust action to protect children from harmful content, illegal activity, and abuse – including keeping children safe from bullying.

    “Companies that do not comply with the new can face fines of up to 10% of their global annual revenue, potentially up to billions of pounds.”

  • Un bambino su cinque vittima di bullismo

    Secondo i dati di una ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità e quelli raccolti dalle Forze dell’Ordine sono veramente allarmanti i numeri che riguardano le violenze, fisiche e psicologiche, che colpiscono i minori.

    Un bambino su cinque risulta aver subito almeno un episodio di bullismo ed un’alta percentuale ha avuto esperienze di sopraffazione.

    Non è più un mistero, i dati scientifici e clinici lo dimostrano, che chi ha subito atti di bullismo e sopraffazione ha poi episodi, anche molto gravi, di depressione e ansia, in altri casi vi sono manifestazioni di iperattività o disattenzione. Se gli episodi di bullismo si ripetono più volte chi li ha subiti può entrare in una spirale negativa che richiederà cure mediche inoltre i disturbi si possono verificare anche dopo anni.

    D’altra parte anche chi compie azioni di bullismo ha problemi irrisolti come ansia di apparire, desiderio di farsi notare per problemi ignorati di insicurezza, anaffettività, percezione sbagliata sulle conseguenze delle sue azioni.

    Gli adulti, specialmente genitori ed insegnanti, devono essere particolarmente attenti ad identificare episodi di irascibilità e violenza ma anche di isolamento perché nel primo caso ci può essere un ragazzo che può diventare un bullo e nel secondo che si siano già verificati e subiti atti di bullismo.

    Bisogna essere capaci di fare uscire, sia il bullo che la vittima, dall’ombra ed affrontare subito i problemi, Anche per questo la Polizia di Stato ha un app, Youpol, che permette di mettersi in contatto con esperti ed avere i consigli più indicati.

    Particolare attenzione va data al bullismo cibernetico, secondo un’indagine del Movimento italiano genitori, in collaborazione con l’Istituto Piepoli, il 30% dei 1316 giovani intervistati, di età tra i 6 e i 18 anni, ha subito atti di cyberbullismo e sappiamo bene come in alcuni casi le situazioni si siano tramutate in vere tragedie.

    Le violenze che i minori subiscono da altri minori, o da adulti, sono in costante aumento, è il momento di occuparsene seriamente senza porre ulteriori indugi, inutili elucubrazioni o falsi distinguo, siamo in una società dove è sempre più evidente quel disagio giovanile che porterà ad avere prossimamente adulti disturbati. Le famiglie vanno aiutate a comprendere, gli insegnanti sensibilizzati e la stessa comunicazione via Rete deve essere controllata con maggiore attenzione.

  • L’umiliazione “educativa”?

    Il bullismo rappresenta sicuramente un aspetto problematico dell’area adolescenziale. Una complessità che nasce proprio in ragione della difficoltà di crescita dei giovani, all’interno della quale, oltre alla famiglia, la scuola dovrebbe proporre un quadro valoriale aggiuntivo di riferimento. In questo contesto, poi, sicuramente la maggiore tutela andrebbe assicurata alle vittime di queste violenze, fisiche e psicologiche, delle quali purtroppo molto spesso porteranno per tutta la vita i segni.

    Come in ambito penale, così anche in quello scolastico, dovrebbe valere il principio della certezza di una sanzione adeguata all’atto di bullismo come espressione, per quanto possibile, di una tutela a favore della vittima. Contemporaneamente si dovrebbe permettere all’autore del gesto non solo di pagare, ma anche magari di comprenderne la gravità e gli effetti del proprio comportamento.

    In questo contesto, quindi, anche l’introduzione dell’obbligo di aderire da parte del “bullo” a dei programmi di lavori socialmente utili potrebbe rappresentare una sanzione adeguata rispetto alle classiche sospensioni dalla frequentazione dell’istituto scolastico. In più si potrebbe interpretare soprattutto un primo atto “educativo” in grado di riconnettere il soggetto all’ambito sociale. Nello specifico, però, il Ministro dell’Istruzione indica la scelta dei lavori socialmente utili come una forma di deterrente per il compimento di altri atti di bullismo in quanto questi determinano una umiliazione per i soggetti aderenti a questo programma di pena alternativa.

    In un sol colpo non solo viene snaturata completamente la funzione stessa dei lavori socialmente utili, i quali rappresentano un’alternativa ad altre pene, ma offrono contemporaneamente la possibilità ai soggetti di riconnettersi con il contesto sociale proprio attraverso la consapevolezza del proprio operato.

    A maggior ragione nel caso dei ragazzi colpevoli di spregevoli atti di bullismo i lavori socialmente utili, proprio per la loro essenza, dovrebbero rappresentare un modo per riposizionarsi nella realtà circostante anche in considerazione della percezione della propria azione nell’attività alla quale verrebbero inviati.

    Viceversa, se questi vengono considerati semplicemente come uno strumento finalizzato ad umiliare uno studente, anche se colpevole di atti di bullismo, non solo vengono snaturati nella loro essenza ma in più determinano una crescita del distanziamento tra la realtà circostante ed il ragazzo, rendendo vana ogni speranza di un possibile o anche parziale recupero.

    Un sistema educativo può e deve proporre i più diversi valori educativi di riferimento, anche come espressione delle diverse ideologie declinate nell’ambito formativo.

    Viceversa nessuna “umiliazione educativa” di un giovane studente, anche se reo di gravi atti di bullismo, potrà mai rappresentare l’espressione di un modello educativo e tanto meno valoriale quando manifesta, in modo inequivocabile, la povertà intellettuale di una società e del ministro della Pubblica Istruzione che la propone.

  • A Piacenza convegno sugli aspetti sinistri del web

    Secondo una ricerca nazionale del 2016, dell’Osservatorio nazionale sull’adolescenza, risulterebbe che circa 20 ragazzi su 100 compiono sporadicamente atti di autolesionismo mentre l’11% li compie in modo ripetitivo. In questo 11% prevalgono le femmine.

    In continuo aumento le difficoltà coi coetanei, il bullismo, una ridotta autostima che portano ad abuso di alcool e droghe e a tentativi di suicidio, purtroppo spesso di successo. Come abbiamo avuto più volte occasione di affermare, l’influenza negativa sia di giochi violenti su internet che l’uso della rete senza conoscere come decodificare i messaggi e come utilizzarla incrementano le imitazione di gesti negativi e i messaggio violenti che, nei soggetti più deboli, hanno la conseguenza di portare a vere e proprie tragedie.

    Il 18 maggio a Piacenza si terrà il convegno ‘Comportamenti autolesivi in adolescenza’ condotto dall’educatore Marco Maggi, consulente educativo e formatore del metodo Gordon. Nell’incontro si parlerà dell’autolesionismo, del suicidio, dell’eutanasia del fine settimana e cioè dello sballo tramite consumo di stupefacenti ed alcool, per maggiori informazioni mau.21@libero.it.

     

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