Cibo

  • Toghe&Teglie: la lovellutata di ceci

    Buon Anno a tutti i lettori: sono Ornella Lovello del Gruppo Toghe & Teglie ed è un piacere particolare condividere proprio in questo periodo ed in questa rubrica una ricetta a cui i miei amici e Colleghi hanno dato un nome che richiama il mio.

    Vedrete, è facile e “di bella presenza”: i vostri commensali inizieranno a mangiarsi con gli occhi questa vellutata leggera ma saporita e ricca di proteine.

    Incominciate mettendo a bagno i ceci (ma, se avete poco tempo, vanno bene anche quelli già precotti in barattoli) e metteteli a bollire fino a cottura quasi ultimate e poi fateli insaporire a fuoco moderato in un tegame di coccio dove si è già fatta rosolare una cipolla tritata finemente.

    Dopo cinque minuti aggiungete del brodo vegetale – tanto meglio se fresco e fatto in casa: non ci vuole molto –  e lasciare cuocere fino a parziale riduzione del liquido. A piacere si può aggiungere un rametto di rosmarino durante la cottura.

    Spegnete il fuoco, togliete il rosmarino, se lo avete messo, frullate il tutto generando una crema omogenea e mettetela da parte riponendola nel suo contenitore iniziale mantenendola a temperatura.

    Nel frattempo fate saltare in padella con olio evo, aglio, sale e pepe q.b. dei gambi di funghi porcini tagliati a tocchetti mentre in altro padellino dovrete far “crispare”  del prosciutto crudo tagliato a julienne.

    La parte finale è un po’ convulsa ma non complicata e richiede solo alcuni minuti durante i quali vi destreggerete tra tegamini e il coccio in cui la vellutata starà riposando a fuoco minimo.

    In ultimo farete delle cialde di parmigiano mettendo cucchiaiate di parmigiano in un terzo ed ultimo padellino facendo andare con fuoco moderato sino a doratura.

    Impiattate assemblando tutte le singole preparazioni come da foto (in più ci sono dei crostini integrali presi dal fornaio…)e buon appetito.

    Dite che non ho messo le quantità esatte? Beh, lo sapete come va in questa rubrica: siamo spannometrici e lo sarete a vostra volta perchè con l’occhio e qualche assaggio misurato in cucina non si sbaglia.

    Felice 2023 a tutti voi!

  • Toghe&Teglie: tartare di ricciola e avocado

    Buon Natale da Manuel Sarno a tutti i lettori di questa rubrica! Anche questa settimana tocca a me farvi una proposta che – nel rispetto di un menu a base di pesce (almeno per la vigilia) – consiste in una facile e gustosa tartare.

    Esteticamente piacevole anche da vedersi (io sono un disastro ad impiattare, ma c’è il trucco e verrà svelato alla fine) questa tartare di ricciola è perfetta da proporre sia come piatto principale che come antipasto.

    Procuratevi, dunque, della ricciola già sfilettata – se questa non è una delle vostre abilità – e tagliate i filetti a tocchetti: per le porzioni regolatevi in base alle dimensioni e se per caso non si intenda arricchire il piatto con delle code di gamberi.

    Tagliate a tocchetti anche dell’avocado, qualche pomodorino e, se avete scelto questa opzione, anche le code di gamberi dopo ave tolto il carapace e averle pulite dall’intestino.

    In una ciotola, preparate la base per la successiva marinatura, procedimento rapido e facile anche questo: olio evo (in alternativa si può provare anche la salsa di soia), succo di limone o di lime, scorza d’arancia grattugiata, un pizzico di sale Maldon, pepe rosa in grani. Mescolate bene questi ingredienti.

    Ora siete pronti per inserire i filetti sminuzzati, e le code di gamberi se ci sono, nella base per la marinatura: mescolate nuovamente, ricoprite con un panno e lasciate, appunto, a marinare per un’ora, al massimo un paio: eccedere nei tempi non farà insaporire la tartare ma – anzi – finirà con il coprire il sapore ed il profumo del pesce.

    Separatamente condite, ma solo poco prima di andare a tavola, pomodorini ed avocado, vanno benissimo sale, olio e aceto di vino bianco: il tutto in quantità moderate per non rischiare di eccedere in sapidità tenuto conto della base per la marinatura.

    Ed ecco il banale trucco per l’impiattamento: dopo aver mescolato tutti gli ingredienti è sufficiente posizionare un coppapasta su ogni piatto e versarvi la tartare: l’effetto finale sarà quello della foto.

    Ancora auguri, arrivederci con il nuovo anno e con altre golosità dal Gruppo Toghe & Teglie.

  • Toghe&Teglie: pizza di scarola

    Buona settimana a tutti, sono Andrea Schietti – il “Gambero Rozzo” del Gruppo Toghe & Teglie – specializzato in piatti a base di pesce, sebbene le mie origini siano tutt’altro che marinare, e di alcune mie preparazioni apparse in questa rubrica spero che  vi sarete già impratichiti restandone soddisfatti; questa volta intendo proporvi una specialità campana, in continuità con la Nerano di Claudia Stefanelli pubblicata la settimana scorsa: la pizza di scarola, una delizia cui mi sono dedicato durante giorni di forzata permanenza a casa causa Omicron 2.

    Ovviamente, avendo tempo, avrei potuto preparare a mano l’impasto – che è quello per il pane o la pizza –  ma, avendo in dispensa quello già pronto mi sono risparmiato la fatica: l’importante, in entrambi i casi (la realizzazione domestica non è complicata, soprattutto se si dispone di una impastatrice), la corretta lievitazione per evitare che avvenga in seguito nello stomaco con le immaginabili e sgradevoli conseguenze.

    Risolto il problema della base, occorre dedicarsi al ripieno (dosaggio sempre spannometrico, come da tradizione di questa rubrica): suggerisco, io almeno ho fatto così, della scarola liscia tagliata a pezzi di ridotte dimensioni fatta poi soffriggere in padella con olio evo, aglio e acciughe schiacciate che andranno a sciogliersi amalgamandosi alla verdura.

    Aggiungete, subito dopo che le acciughe si saranno disfatte,  pinoli tostati, uvette, capperi, olive nere denocciolate e fate cuocere non più di un quarto d’ora a fuoco moderato.

    Quasi finito: spegnete il fuoco e trasferite il ripieno su una base di pasta che avrete stirato dandole la classica forma tonda, ricoprite con un altro disco di pasta (volendo si può leggermente insapidire spolverando qualche grano di sale grosso) e infornate per mezz’ora a 220 gradi.

    Pronti per andare a tavola? La pizza di scarola è un altro piatto assai versatile: può accompagnare un aperitivo, costituire un primo, un contorno o essere anche un piatto unico. E se optate per la formula brunch va bene anche a colazione…e non lasciatevi tentare da bizzarre variazioni con il pata negra o altri ingredienti che non c’entrano nulla.

    Ah, dimenticavo: intanto che preparate la vostra pizza alla scarola, mettete in frigo una bottiglia di Falanghina, un Falerno o una Lacryma Christi e vedrete che, ben freddo, un vinello così è l’accompagnamento perfetto.

    Alla prossima!

  • Toghe&Teglie: la Nerano

    Buone Feste – sì, ormai ci siamo – a voi lettori: sono Claudia Stefanelli, avvocata casertana del Gruppo Toghe & Teglie prescelta questa settimana per proporvi la “mia” versione degli spaghetti alla Nerano. Si tratta di un piatto tradizionale della Costiera la cui ricetta originale – oggetto di leggendarie ed immaginifiche ipotesi – continua ad essere gelosamente custodita nelle cucine del ristorante “Maria Grazia”, dove è nata, a Marina del Cantone che è, appunto, la spiaggia di Nerano. In qualche modo, però, ci si riesce ad avvicinare: almeno come risultato finale sia dal punto di vista ottico che del gusto.

    Proprio in questa rubrica, mesi addietro, è stata pubblicata una squisita ed innovativa variazione della Nerano a firma dei miei straordinari amici e colleghi Massimo Schirò e Marco de Scisciolo che vi suggerisco di andare a ricercare; quella che andrò ad illustrarvi è più aderente alla classica…o, almeno, spero.

    Per prima cosa procuratevi il provolone del Monaco perché è l’ingrediente principe: si trova anche al nord, tranquilli, sebbene non dappertutto e più difficilmente nei supermercati. Meglio orientarsi verso qualche gastronomia ben fornita di prodotti caseari.

    Poi passiamo al secondo componente essenziale: le zucchine, andando ad occhio, come al solito, per tre/quattro porzioni friggetene un paio (dipende anche dalla dimensione) tagliate a rondelle sottili e intanto grattugiate 100/150 grammi di provolone del Monaco cui va aggiunto un cucchiaio di parmigiano stagionato 24 mesi.

    Calate in abbondante acqua la pasta (perfetti degli spaghettoni: suggerisco quelli dell’Antico Pastificio Gaetano Inserra – lui è uno di noi, un avvocato del Gruppo – di Gragnano e li potete ordinare via internet o telefonicamente), e nel frattempo eliminate, asciugandole, l’eccesso di olio dalle zucchine riponendole in una capiente ciotola di coccio.

    A tre quarti di cottura scolate la pasta conservando un po’ di acqua di cottura che aggiungerete alle zucchine insieme agli spaghettoni che, così, continueranno a cuocere delicatamente e, verso il finale, mantecate con il mix di provolone, il parmigiano ed una spruzzata di pepe profumato.

    A scelta si può guarnire il piatto con del basilico fresco.

    Auguri a tutti e…buon appetito!

  • Toghe&Teglie: gli arancini di alici

    Nella vita c’è sempre una prima volta e per me lo è questa sulle colonne de Il Patto Sociale, in questa rubrica! Buongiorno a tutti i miei (nuovi) lettori da Francesco Spampinato, catanese del Gruppo Toghe  & Teglie, oggi pronto ad affrontare gli strali dei puristi con questa preparazione che degli arancini ha – praticamente – solo il nome e la forma.

    Per una buona riuscita, le alici devono essere perfettamente spinate: un lavoraccio che potete anche evitarvi lasciandolo fare alla pescheria.

    Fatto l’acquisto principale, potete procedere preparando un semplice impasto di patate bollite con della  buccia di limone grattugiata fine, sale e pepe q.b. ed un po’ di cipolla caramellata.

    Ora non sgomentatevi per via della cipolla caramellata che è facilissima da preparare (e l’avrete preparata prima, ovviamente): tagliatela ad anelli e fatele andare in padella scoperta a fuoco lento con una tazzina d’acqua, zucchero di canna, sale e – se piace – un goccio di aceto balsamico; fondamentale è la cottura dolce che evita che la cipolla bruci, mentre deve glassare. Il tempo necessario è variabile, dovrete andare un po’ ad occhio e assaggio:  il minimo sono una ventina di minuti durante i quali sarà necessario mescolare spesso con un cucchiaio di legno, rabboccando con un cucchiaio d’acqua se necessario ed aggiungendo in finale l’aceto balsamico.

    Avendo tutto pronto, lavorate ogni alice con la mano concava come per fare gli arancini che poi andrete a comporre con tutti gli ingredienti unendole all’impasto di patate: le alici per ogni forma sono tre e nel  ripieno ci sta molto bene un tocchetto di edamer.

    Non c’è il riso, non c’è il ragù, allora non sono arancini? Finitela con le polemiche, chiamate come volete questa delizia (perché tale è): crocchette di alici può andar meglio? Contenti voi…ma soprattutto i vostri ospiti, che stupirete, contenti tutti.

    Alla prossima, buon appetito!

  • Made in Italy da record: la Dop economy vale 19 miliardi

    Record per la Dop economy italiana che chiude il 2021 con un valore alla produzione di 19,1 miliardi in crescita del 16,1% su base annua e un export da 10,7 miliardi con +12,8%. Un sistema di eccellenze composto da 845 prodotti, di cui 319 Dop/Igp/Stg nel settore cibo, e 526 Dop/Igp nel settore vino, da difendere e valorizzare. Tanto che c’è l’impegno del ministro Francesco Lollobrigida a tradurre in fatti concreti la sovranità alimentare con un fondo specifico per rendere più indipendente questa nazione. È il risultato della giornata di presentazione della XX edizione del Rapporto Ismea-Qualivita, che porta a quota 21% il contributo del comparto Dop Igp al fatturato complessivo del settore agroalimentare.

    Si tratta di espressione di un patrimonio economico non delocalizzabile, frutto del lavoro coeso di un sistema complesso e organizzato che in tutto il territorio coinvolge 198.842 operatori e 291 Consorzi di tutela autorizzati dal ministero. Quattro le new entry 2022: Vincisgrassi alla Maceratese (Igp); Lenticchia di Onano (Igp), Finocchio di Isola Capo Rizzuto (Igp) e Castagna di Roccamonfina (Igp).

    “L’Italia non può competere sulla quantità ma saper investire sulla qualità”, ha detto il ministro Lollobrigida intervenuto alla presentazione del Rapporto, precisando che “in Ue rispetto alla Francia non abbiamo nulla da invidiare ma sicuramente la loro capacità di difendere i loro prodotti”. E propone di creare un doppio binario di promozione, i prodotti nei musei e i musei rilanciati attraverso i prodotti. “Ne parlerò con il ministro della Cultura, Sangiuliano”, ha detto Lollobrigida.

    Tanti i numeri che tratteggiano questo tesoro fatto di qualità diffusa su tutto il territorio, dalle Regioni alle province. In particolare il comparto cibo Dop Igp sfiora gli 8 miliardi di euro (+9,7%), mentre il settore vitivinicolo supera gli 11 miliardi di euro (+21,2%): più di 1 euro su 5 di cibo e di vino è generato da prodotti a denominazione.

    Sul fronte delle esportazioni, i prodotti certificati pesano per il 21% sulle vendite totali dell’ agroalimentare, un risultato che somma il cibo con 4,41 miliardi (+12,5% su base annua) e il vino con 6,29 miliardi (+13%). In particolare si registrano crescite a 2 cifre per le principali categorie, dai formaggi (+15%) agli aceti balsamici (+11%) ai prodotti a base di carne (+13%). A  trainare il vitivinicolo sono i vini Dop (+16%), con in testa gli spumanti (+25%). Relativamente agli impatti economici delle filiere, crescono in 18 regioni su 20. Le quattro del Nord-Est rafforzano il ruolo di traino, superando per la prima volta i 10 miliardi di euro; salgono anche Nord-Ovest (+10,8%) e Centro (+15,5%). Particolarmente significativo il dato per Sud e Isole, unica area che segna +13,2% dopo +7,5% del 2020.

    Ottimi risultati economici che si riflettono sui territori. Veneto e Emilia-Romagna sono le prime regioni in assoluto per valore, con +28% e +11% sul 2020. Le regioni del Nord-Ovest registrano 3,8 miliardi di euro, grazie a Lombardia (+7,2%) e Piemonte (+15,4%), mentre quelle del Centro raggiungono 1,7 miliardi di euro, guidate dalla Toscana (+18,6%). L’area Sud e Isole totalizza 3 miliardi, in ascesa per Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna. Tra le prime 20 province per valore, di cui ben 12 nel del Nord-Est, si parte da Treviso, Verona e Parma.

    Ed è lotta al cibo sintetico. Bene, ha detto il ministro, la Campania con l’ok alla delibera contro la carne sintetica. Altre Regioni, come Abruzzo e Marche, e decine di comuni sono sulla stessa linea. “Chi vuole mangiare la bistecca prodotta da bioreattori vada in Usa”, ha rincarato Lollobrigida intervistato da Milena Gabanelli a DataRoom sul CorriereTv. “La prima opposizione che faremo sarà in contesto Ue” per scongiurare ogni approvazione di commercializzazione. Nessun arretramento neanche sul fronte Nutriscore. L’etichetta nutrizionale a semaforo, calcola la Coldiretti, “colpisce ingiustamente quasi l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine (Dop/Igp) che la stessa Ue dovrebbe invece tutelare e valorizzare”.

  • Toghe&Teglie: il gattò

    Buona settimana a voi lettori da Angela De Cristofaro, avvocata della sezione brindisina di Toghe & Teglie meglio nota come Muffin per una riconosciuta competenza nella preparazione di quel dolcetto; peraltro, me la cavo benino anche con altri piatti, anche con i salati come questo che non è – sebbene lo si possa temere – tipico della tradizione vicentina bensì di quella napoletana: ed io sono di origine campana.

    Nome originale, gateu, per la tendenza di fine settecento ad affidare le cucine della Corte Borbonica a cuochi francesi cui dobbiamo questa ricetta gustosa e semplicissima per realizzare la quale – pensando a tre/quattro commensali – serviranno 700/800 grammi di patate di ottima qualità che fanno la differenza, tre/quattro uova, prosciutto cotto a piacere e assai parmigiano ed emmenthal a fette (o provola affumicata).

    Cominciate lessando le patate e poi passatele allo schiacciapatate, da lì ad un contenitore adatto per  aggiungervi le uova intere, il parmigiano, sale q.b. e amalgamate ben bene il tutto aiutandovi con mestoli rigorosamente di legno.

    Ora recuperate uno stampo, io uso quello da soufflè ma la scelta è varia, e ungetelo riccamente con burro per poi versarvi una metà del composto di patate da ricoprire con prosciutto cotto a fette ed emmenthal, anch’esso a fette, o provola affumicata.

    Aggiungete il restante composto, aspergetelo di tocchetti di burro ed infornate a 180 gradi per una quarantina di minuti fino a che non si forma la crosticina.

    Ed ora, a voi la scelta: il gateau è molto versatile e può arricchire un aperitivo, fare da pietanza o da contorno. Ecco, forse solo come dessert non è l’ideale…

    A presto!

  • Toghe&Teglie: gnocchi alle melanzane del pescatore

    Uuuuuh, che sorpresa! Sono Massimiliano D’Alessandro, avvocato per necessità con il piede marino e dunque pescatore, cinofilo oltre che – naturalmente – membro di Toghe & Teglie, sezione tarantina, e sono inaspettatamente al mio esordio in questa rubrica. Dunque, buongiorno a tutti e cominciamo ad illustrare questo piatto, assai più facile da realizzare di quanto sembri (serve solo un po’ di tempo da dedicare), che è di mia personale ispirazione.

    Passiamo, allora, a confezionare, per prima cosa gli gnocchi di melanzane…questi non li trovate facilmente!

    Per tre/quattro persone di buon appetito fate appassire in padella 500 grammi di melanzane tagliate a cubetti, aggiungendo acqua se necessario, e poi frullatele sino ad ottenere una crema omogenea che andrete ad impastare con 400/500 grammi di farina 00 mista a semola, dando all’impasto la forma di un panetto. Tenete pronto, e pulito, il frullatore perché servirà a ancora più avanti.

    Ora avvolgete il panetto nel cellophane e riponetelo in frigo per qualche ora, dopodichè estraetelo e tagliatelo a coltello in lunghezza ricavandone strisce dello spessore e di un dito circa e – a loro volta – tagliatele a tocchetti per ottenere gli gnocchi, mettendoli da parte in attesa di cottura.

    Per il cremoso condimento, decapitate delle mazzancolle (calcolatene due/tre a commensale, dipende dalle dimensioni) e fate andare le teste a fuoco moderato, preferibilmente in un coccio, con uno spicchio d’aglio, olio, sfumando con un goccio di vino bianco e aggiungendo infine una lattina di pomodori pelati e del concentrato. Tutto, sempre, ad occhio…

    Preparatevi per il gran finale mettendo a bollire l’acqua adeguatamente salata  per gli gnocchi e preparate una tartare con le code delle mazzancolle sminuzzate – senza il carapace, mi raccomando! – e messe ad insaporirsi con olio, lime (o limone) e pepe.

    A questo punto prima frullate e poi setacciate con mandolina il sugo che sarà venuto pronto trasformandolo in una crema, tenendolo al caldo il tempo che basta a mettere gli gnocchi in acqua, scolarli appena emergono ed impiattarli  ricoprendo con il condimento di teste ed aggiungendo in ultimo la tartare su ogni porzione. Come si vede dalla foto, una Falanghina ghiacciata è l’accompagnamento perfetto.

    Mica male, eh?

    Alla prossima.

  • Toghe&Teglie: risotto zucca e zola

    Cari lettori de Il Patto Sociale, questa settimana rischiate di dovermi sopportare in due rubriche: quella in cui vengono trattati temi di giustizia e legislazione e questa – più leggera – dedicata ai golosi: sono Manuel Sarno, fondatore del Gruppo Toghe & Teglie e “selezionatore” delle più gustose ed originali ricette che i membri propongono ed io trasmetto alla redazione.

    Qualche volta, però, indulgo ad una contenuta autocelebrazione: in questo caso sottoporrò al vostro giudizio un risottino preparato a quattro mani con mia moglie, Tania Mannino, anche lei togategliata, per una cena a casa e che è stato assai apprezzato dai nostri ospiti.

    Procuratevi, innanzitutto, del riso di buona qualità: Acquerello o Riserva San Massimo sono tra i migliori, zucchine, carote, cipolle e della zucca, preferibilmente mantovana, ma se ne sono rimaste dai festeggiamenti di Halloween vanno bene lo stesso; serve, inoltre, del gorgonzola “a cucchiaio”, del parmigiano 18/24 mesi di invecchiamento, un rametto di rosmarino, qualche castagna da arrostire – va benissimo su una bistecchiera cosparsa di sale grosso – e un limone bio di cui utilizzerete solo le zeste. 100 grammi a persona di riso (non aspettatevi altre quantità: qui si va “ad occhio” per tradizione), più “un pugno” per la pentola, un po’ di vino bianco di buona qualità, del burro chiarificato a portata di mano e siamo pronti a cominciare.

    Per prima cosa preparate del brodo vegetale con zucchine, carote e cipolla bianca (una parte conservatela per il soffritto) e nel frattempo sbucciate e tagliate a fette la zucca infornandola a 200° per 15/20 minuti salando q.b., aspergendola con un filo d’olio e accompagnandola con un po’ di rosmarino. Mentre questi ingredienti affrontano il loro destino grattate la buccia di limone mettendola da parte insieme alla crema di gorgonzola ed alla zucca appena sarà pronta.

    Pronto il brodo, avviate la cottura del risotto in maniera tradizionale: soffritto con cipolla, sfumate con vino bianco e poi ricoprite con i brodo gradualmente: a metà cottura inserite la zucca precedentemente schiacciata con una forchetta per renderla un crema densa e procedete fino alla fine mescolando di quando in quando per amalgamarla in modo ottimale al riso e diluendo con il brodo se necessario.

    A fuoco spento mantecare energicamente con la crema di gorgonzola il parmigiano e il burro chiarificato aggiungendo le zeste di limone e…colpo di teatro finale, meramente decorativo, una castagna arrostita (e sbucciata) a guarnire ogni porzione.

    Lès jeux sont faits.

     

  • Toghe&Teglie: anelletti alla palermitana

    Buona settimana e ben ritrovati, lettori de Il Patto Sociale; sono Ivana Anomali, del Gruppo Toghe & Teglie, chiamata a rappresentarlo in questa rubrica – non è la prima volta e ne vado orgogliosa – con una ricetta che non è di mia creazione bensì una personale versione di un classico della cucina palermitana,  piuttosto aderente all’originale. Fantasia e disponibilità di cambusa, poi, come si sa possono fare le differenze.

    Il passaggio più complicato è la preparazione del ragù che precede tutto il resto  costituendo l’ingrediente principale del piatto ed è vietatissimo ricorrere ad intrugli già pronti.

    Parliamo di un ragù  – a scelta può essere solo di manzo o meglio un mix al 50% con carne di  maiale, complessivamente un centinaio di grammi abbondanti  per quattro persone ed un mezzo chilo di pasta – e, dunque una trita di prima scelta da inserire in un soffritto in olio evo lasciato andare per una decina di minuti a fuoco lento di sedano, carota e cipolla. Alzate un po’ la fiamma e fate cuocere per una mezz’ora abbondante finchè la carne non avrà cambiato colore ed evaporato la sua acqua, regolando di sale e pepe.

    Sfumate con vino rosso ed aggiungete concentrato di pomodoro diluito in poca acqua, successivamente unite della passata di pomodoro e dei piselli e lasciate cuocere per un’ora e mezza circa…e il vostro ragù sarà finalmente pronto. E’ necessario prestare attenzione che non asciughi troppo o addirittura bruci, diluendo, nel caso e con misura, con acqua o brodo di carne.

    Procuratevi, ovviamente, degli anelletti che a cottura ultimata del ragù metterete a bollire per sette minuti, il tempo esatto per far anche rassodare delle uova.

    Trascorsi i sette minuti (è l’unico dato esatto che vi offro: le quantità,  come da tradizione di questa rubrica, sono spannometriche e lasciate all’estro del momento), scolate e mettete in una ciotola gli anelletti con il ragù, pezzi di uova,  scaglie di caciocavallo e pecorino non troppo stagionato e sapido e cubetti o listarelle  di prosciutto cotto. Mescolate bene e versate il tutto in una teglia imburrata e cosparsa di pangrattato ovvero in una forma per dolci per dare al timballo una presentazione più originale come si può vedere dalla foto.

    Infornate per 35 minuti a 180 gradi e sarete pronti per andare in tavola…con il suggerimento di fare dei vostri anelletti un piatto unico per una forma minima di rispetto del giro vita.

    Buon appetito a tutti.

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