Cibo

  • Toghe&Teglie: spatzle, che passione!

    Ben ritrovati, cari lettori! Sono Angela Masala, avvocato del Gruppo Toghe & Teglie: nonostante le mie origini “miste” sardo-lucchesi, questa settimana vi propongo un ghiotto piatto tipico trentino, gli spatzle, che ho imparato a realizzare perché sono sentimentalmente legata ad un altro appartenente al gruppo che è un miscuglio tosco-trentino e non gli garbano solo la ribollita e la chianina alla brace.

    Come tutti sapete si tratta di gnocchetti a base di spinaci, uova, farina e acqua e, se non avete occasione di andare in Trentino per acquistarne di eccellenti già pronti in qualche ottima gastronomia, sono semplici anche da fare, vi spiegherò subito come.

    Lessate degli spinaci in poca acqua salata (non ricominciamo con le lamentele sulle quantità esatte: pensate che io usi la bilancia? Si va ad occhio e sentimento), scolateli e strizzateli, poi tritateli aggiungendo uova e farina. Facciamo che per tre/quattro porzioni servono 900 grammi di spinaci, 300 di farina e tre uova; impastate il tutto fino a rendere il prodotto ben amalgamato.

    Ora passate il vostro impasto in uno schiacciapatate per dare più facilmente la forma “a gnocchetto” e siete pronti per andare ai fornelli.

    Come si fa con gli gnocchi normali, versate gli spatzle in acqua salata già a bollore, scolateli quando verranno a galla con una schiumarola e metteteli per cinque minuti in una padella dove avrete già fatto soffriggere bene, con abbondante burro di alpeggio, dello speck tagliato a listarelle non troppo spesse e lunghe; sfumate con vino bianco e regolate con sale, pepe, noce moscata ed erba cipollina.

    Impiattate e servite ben caldi non prima di aver asperso generosamente i piatti con formaggio grana…badate bene che vi è una eccellente produzione di grana trentino che può essere, come si dice, “la morte sua” ma anche un parmigiano con 24/26 mesi di stagionatura va benissimo.

    Un calice di Ferrari brut per brindare alla riuscita della ricetta e siete pronti per andare a tavola!

    A presto, un caro saluto

  • Toghe&Teglie: carbonara estiva

    Buona settimana a tutti i lettori, sono Ivan Vaccari del Gruppo Toghe & Teglie: romano e considerato un vero ayatollah della carbonara (in questa rubrica ho pubblicato la “mia” ricetta che è poi quella tradizionale), questa volta voglio proporvi una variazione sul tema, che ho definita “estiva” in mancanza di meglio e per fare onore all’ingrediente in più, i fichi, che a gennaio sono difficili da trovare.

    Allora, la premessa: ho “inventato” il piatto durante le vacanze ed ho messo a tavola cinque persone, in Salento, col guanciale trovato per miracolo già tagliato (io lo avrei fatto più spesso: non devono essere fettine o cubetti sottili) e pecorino romano già grattugiato: pazienza, non si può avere tutto lontano da casa…ma i fichi erano molto buoni.

    L’ideale è uno spaghettone e come per la carbonara classica suggerisco un formato ruvido che tenga bene il condimento: Voiello, senza dannarsi l’anima alla ricerca, ne propone di tipologia e qualità adeguata.

    Mettete a bollire l’acqua.

    Tostate del pepe e fate spurgare il guanciale, ovviamente senza olio, nella stessa padella e quando è rosolato, levatelo conservandolo in un contenitore con un po’ di grasso.

    Nel frattempo vi sarete occupati dei fichi: regolatevi in base a dimensione e dolcezza dei frutti alcuni dei quali serviranno come guarnizione: io ne ho impiegati quindici perché erano piccoli, tenendone da parte tre per l’impiattamento. Sbucciateli e tagliateli a pezzetti.

    Quando mancano alcuni minuti alla cottura al dente della pasta suggerita, considerando che dovrete scolarla prima perchè ne servono tre di “risottatura” e mantecatura, rimettete il guanciale ed i fichi nella padella a fuoco medio: è il tempo giusto di dar loro un legame.

    Ora scolate la pasta e, sempre a fuoco medio, risottatela nella padella con il suo condimento.

    Dimenticavo! Contemporaneamente, in una ciotola a parte, avrete preparato anche una salsina con il pecorino, il grasso tenuto da parte ed un poco di acqua di cottura della pasta (basta mescolare il tutto con un mestolo di legno per un minuto, amalgamando bene): è da aggiungere nell’ultimo minuto o poco più dedicato alla risottatura  per mantecare il tutto rendendo il piatto cremoso.

    A questo punto potete servire, decorando con i fichi tenuti alla bisogna e, magari con una spolverata finale di pecorino.

    In questa specie di carbonara manca l’ovo? Avete ragione…ma l’ovo con i fichi non ci sta bene per gnente (con la “g”): questo piatto è un gioco di sapori ed occhio a dosarli che si coprono facilmente. I fichi soprattutto se troppo maturi sono molto dolci e possono alterare l’equilibrio ed anche il pecorino – che aiuta molto – non deve essere troppo sapido.

    Dite che così sembra più una variazione della gricia? Chiamatela come vi pare, tanto una carbonara non è di sicuro però è molto buona: parola di Ivan Vaccari che della carbonara è “l’Ayatollah”.

  • Toghe&Teglie: tortino di alici

    Cari lettori, buona settimana da Francesco Maria Palomba, avvocato della vivace sezione reatina di Toghe & Teglie: questa volta la mia intenzione è quella di ingolosirvi con un sapido piatto che coniuga sapori di terra e di mare, non particolarmente difficile da preparare e di notevole effetto scenico se seguirete le regole di impiattamento.

    Questi i passaggi operativi e le dosi – una volta tanto, almeno in parte, indicate – sono per sei persone.

    Iniziamo dal tortino: procuratevi 1 kg. di alici fresche, pulite e diliscate, ½ litro di salsa di pomodoro leggermente salata (meglio se fatta in casa: quella che si conserva in bottiglia…), circa 250 grammi di pan grattato aromatizzato con un battuto di uno spicchio d’aglio, maggiorana fresca, timo fresco,  pepe macinato e olio.

    Ora oleate una teglia alta circa 5 cm. e disponete a strati alternati le alici, la salsa di pomodoro, il pan grattato aromatizzato ed un giro d’olio fino a comporre 4/5 strati e infornate a 180 gradi per circa quarantacinque minuti, poi terminate con cinque minuti a forno ventilato.

    Nel frattempo che il tortino è in forno, dedicatevi alla crema di broccoli: sbollentate un broccolo, scolatelo e tenete da parte un po’ di acqua di cottura; tagliatelo a pezzi e frullatelo con un minipimer aggiungendo un poco di olio evo, due acciughe dissalate e mezzo spicchio di aglio ed, all’occorrenza, sale ed acqua di cottura per rendere la crema fluida, morbida – come si vede nella foto – ma non liquida.

    Tostate adesso delle fette di pane integrale o di grano duro alte circa 1,5 cm e a breve sarete pronti per impiattare.

    Per l’impiattamento fate una base con la crema di broccolo tiepida, ponetevi sopra la fetta di pane integrale tostato e un pezzo di tortino della stessa misura della fetta, guarnite, infine, sbriciolandovi sopra del peperone crusco…non ne avevamo parlato? E va bene, serve anche quello…ve l’ho detto adesso.

    Buona fine d’agosto a tutti.

  • Toghe&Teglie: pici con guanciale, fave e pecorino

    Ben ritrovati, cari lettori gourmet de Il Patto Sociale! Sono Andrea Schietti. Avvocato milanese del Gruppo Toghe & Teglie, spesso – credo meritatamente – presente in questa rubrica; sto trascorrendo gli ultimi giorni di vacanza in Toscana e, dopo essermi dilettato a Panarea con gamberi di Mazzara ed altre delizie di mare, sto passando a preparazioni forse più adatte all’autunno che verrà. Appunto, verrà: ma a voi chi lo impedisce di prepararvi un piatto come quello che vi propongo anche adesso, alla fine di agosto? Facile e saporitissimo.

    Procuratevi, quindi, dei pici – un formato di pasta tipico dell’entroterra toscano – sostanzialmente degli spaghettoni fatti a mano – o un formato simile di pasta lunga che trattenga bene il condimento, scalogno, guanciale, fave e pecorino.

    Togliete la cotenna al guanciale e tagliatelo a listarelle o cubetti e mettetelo in padella a sfrigolare nel suo grasso senza aggiunta di olio; affettate sottilmente lo scalogno e buttatelo nella mischia facendo rosolare per qualche minuto a fuoco moderato/basso.

    Prima di ciò avrete tolto le fave dai baccelli, le avrete sbucciate e tuffate in abbondante acqua bollente per cinque minuti. Scolate e tenete da parte l’acqua che userete per cuocere la pasta, regolandola di sale grosso all’impiego successivo.

    Scolate al dente anche perché è necessario un passaggio finale nella padella del condimento, a fuoco acceso e vivace, diluendo con un poco di acqua di cottura al fine di facilitare la contestuale mantecatura con pecorino romano grattugiato, badando a non utilizzarne uno troppo sapido per evitare di coprire gli altri sapori.

    Impiattate senza dimenticare una seconda spolverata leggera di pecorino e di pepe macinato fresco al momento.

    Cosa evitare per evitare di trasformare il tutto in un piatto da mensa sottufficiali dell’Armata Rossa anni ‘50: spaghettini (buoni solo per una minestrina ospedaliera), fave in barattolo di età indefinibile, mix di formaggi ignoti grattugiati già pronto, l’aggiunta di odori non previsti (aglio, rosmarino, alloro ecc.) e, soprattutto, di annegare i pici stappando qualcosa che non sia un eccellente rosso:  non necessariamente un Chianti,  magari anche un Montefalco.

    Alla prossima, un caro saluto a tutti.

  • Toghe&Teglie: involtini agli agrumi

    Buon Ferragosto, cari lettori de Il Patto Sociale! Sono Manuel Sarno, fondatore del Gruppo Toghe & Teglie e questa settimana dovrete sopportarmi anche in questa rubrica oltre che “In attesa di Giustizia”. Un periodo di meritato riposo in Sicilia mi ha suggerito una preparazione che, essendo riuscita piuttosto bene, mi sento di segnalarvi: altro non è che una variante degli involtini alla palermitana dei quali, peraltro, ne esistono una quantità a partire dalla carne scelta per realizzarli. In origine è quella di vitello – che personalmente preferisco ed ho utilizzato anche questa volta – ma si può impiegare tranquillamente di pollo o suino.

    Premetto che i quantitativi sono “a muzzo” o “a sentimento”, secondo tradizione.

    Procedete acquistando delle fettine di carne che avrete cura di far tagliare molto sottili ed in modo da avere una lunghezza che consenta l’arrotolamento ed una larghezza di circa tre/quattro dita: dipende dalle dita di chi.

    Mettetevi, poi, ai fornelli fate intiepidire appena una padella prima di versarvi un cucchiaio di olio evo (non bisogna esagerare altrimenti si realizza un fritto e non un soffritto) facendolo leggermente scaldare  anch’esso per poi aggiungere della cipolla finemente tritata, uno spicchio d’aglio – che in seguito toglierete – e della mollica di pane sbriciolata (a scelta, vanno bene anche dei taralli ridotti quasi in polvere) aggiustando di sale e pepe.

    Fate andare a fuoco moderato finchè la mollica non risulterà abbrustolita e croccante e togliete dal fuoco versando il tutto a raffreddare in una ciotola inserendo poi del prezzemolo tritato, caciocavallo o formaggio simile, non troppo stagionato, sminuzzato e parmigiano max. 24 mesi.

    Prima di impastare quello che sarà il ripieno, grattugiatevi sopra della scorza di limone non trattato o di arancia, badando a non esagerare evitando che vada a coprire gli altri profumi e sapori.

    Impastate il tutto, stendete le fettine di carne sul piano di lavoro, posizionatevi sopra il ripieno, arrotolate e chiudete i bordi laterali, dopodichè passate ciascun involtino, senza intriderlo, in olio evo e poi nel pangrattato.

    Ora “infilzate” gli involtini a due a due, tre a tre…dipende dalle dimensioni (ma non devono essere troppo grandi: poco più che dei bocconcini) con degli spiedini di legno e adagiateli su carta forno in una teglia senza aggiunta di altri condimenti.

    In forno preriscaldato a 200° per un minimo di un quarto d’ora/venti minuti – regolatevi con il formarsi della crosticina – girandoli almeno una volta e nel frattempo dedicatevi a preparare una fresca insalata di contorno.

    Per dissetarvi suggerisco una eccellente “Birra dello Stretto” ghiacciata: non è facile da trovarsi al di là di Scilla e Cariddi ma val la pena ordinarne una cassa, ve la spediranno senza problemi.

    Buon proseguimento e buon appetito a tutti!

  • Toghe&Teglie: pollo marinato al miele

    Buona settimana e buone vacanze a tutti, buon rientro a chi le ha già fatte: sono Anna Paola Klinger, veneziana del Gruppo Toghe & Teglie e manco da qualche tempo in questa rubrica: devo il mio ritorno ad un piatto che può non sembrare estivo ma, prima di illustrarvelo, rispondete ad una domanda: voi in questa stagione vi cibate solo di insalata di riso, vitello tonnato, gigantesche coppe di frutti di bosco? La parmigiana di melenzane la freezate per scongelarla sotto Natale insieme al risotto con i frutti di mare?

    Fatta chiarezza con onestà intellettuale e buona pace degli esiti della prova costume, mettetevi alla prova con questo delizioso polletto: me lo dico da sola ma lo sperimenterete di persona, è proprio buono!

    Dunque, procuratevi, ovviamente, un pollo. Ho detto un pollo, non il cadavere di una creatura allevata con oscure miscele chimiche, trucidata, avvolta nel cellophane come in un sacco mortuario ed ostesa sugli scaffali di un supermercato con qualche marchio la cui pubblicità di una singola confezione costa di più della buon’anima.

    La creatura deve essere – o meglio, doveva essere in vita – ruspante e la carne, saporita e consistente, deve faticare a staccarsi dall’osso: quindi recatevi in una macelleria o polleria di buon livello e procedete con l’acquisto; già che ci siete potreste evitarvi la fatica facendovi tagliare il pollo a pezzi…

    …pezzi che, giunti a casa, metterete a marinare almeno una mezz’ora in una ciotola con due spicchi d’aglio, due o tre cucchiai di miele (io uso quello di acacia), abbondante curcuma e mezzo bicchiere di vino bianco (vige sempre il divieto assoluto di avvelenare le pietanze con Tavernello e simili).

    Il tutto va mescolato con le mani prima di lasciarlo ad insaporire.

    Per la cottura è perfetto un wok, come suggeriva Saverio La Grua la settimana scorsa è un utensile molto versatile, nel quale verserete un poco di olio evo ed un porro affettato sottile; inserite poi il pollo e fate rosolare la pelle, ricoprite con il sughetto della marinatura e procedete a fuoco moderato e con il wok coperto, per mezz’ora e inserendo, senza esagerare, della salsa di soia rabboccandola man mano che si consuma.

    Dopo la prima mezz’ora fate andare per altrettanto tempo con il wok scoperto ed a cottura ultimata impiattate cospargendo con scaglie di zenzero appena grattugiate.

    Non male eh? Avete messo un buon bianco a ghiacciare? Si accompagna perfettamente…

    A presto!

  • Coldiretti contesta pratiche sleali a Lactalis

    «Procederemo a denunciare il gruppo Lactalis per pratiche sleali all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero dell’agricoltura e della sovranità Alimentare per la violazione del contratto sul prezzo del latte» – ha annunciato il presidente nazionale della Coldiretti Ettore Prandini in occasione dell’Assemblea Nazionale della principale Organizzazione Agricola Europea.

    Il decreto legislativo in attuazione della Direttiva Ue sulle pratiche commerciali sleali, fortemente voluto dalla Coldiretti, prevede lo stop a 16 pratiche sleali che vanno dal rispetto dei termini di pagamento (non oltre 30 giorni per i prodotti deperibili) al divieto di modifiche unilaterali dei contratti e di aste on line al doppio ribasso, dalle limitazioni delle vendite sottocosto alla fine dei pagamenti non connessi alle vendite fino ai contratti rigorosamente scritti, ma anche che i prezzi riconosciuti agli agricoltori ed agli allevatori non siano inferiori ai costi di produzione.

    Le pratiche sleali che Coldiretti contesta a Lactalis consistono nell’aver modificato unilateralmente il contratto con gli allevatori fornitori di latte diminuendo i prezzi riconosciuti ed introducendo tra l’altro un nuovo indice collegato tra l’altro alle quotazioni del latte europeo non concordato e fortemente penalizzante per i produttori italiani.

    La multinazionale Lactalis ha acquisito i marchi nazionali Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani, Cadermartori e Nuova Castelli e controlla circa un terzo del mercato nazionale in comparti strategici del settore lattiero caseario.

  • Tughe&Teglie: spaghetti di riso all’orientale

    Buona settimana a chi rientra e buone vacanze a chi parte da Saverio La Grua, sezione siciliana del Gruppo Toghe & Teglie: i miei amici e colleghi hanno molto appezzato questa preparazione che vi suggerisco e ho realizzato con il supporto di mio figlio Maurizio che è versato nella cucina orientale.

    E’ molto semplice, in realtà la ricetta sta nell’elenco degli ingredienti, le dosi sono a piacere, o meglio q.b. o “a sentimento” che dir si voglia.

    Per l’occasione abbiamo utilizzato: quattro carote medie, due zucchine verdi, sei fiori di zucca (semplicemente lavati), 500 grammi di cavolo cappuccio, 450 grammi di petto di pollo a fettine sottili, tre uova (strapazzate dopo averle addizionate a 50 grammi di brodo vegetale, un cucchiaio di salsa di soia, un cucchiaino di zucchero), un peperoncino verde intero, prezzemolo tritato “a spiovere”, tre spicchi di aglio, una cipolla, 1/2 bicchiere di aceto di riso (o di mele o bianco).

    Iniziate saltando le verdure velocemente nel wok – l’uso di questo tegame tipico della cucina cinese è raccomandatissimo e va molto bene anche per altre ricette, non necessariamente orientaleggianti – con uno spicchio di aglio tritato e la cipolla sminuzzata, bagnando il tutto con un poco di soia, aceto, ed aggiungendo un cucchiaino di zucchero. Fatto questo, mettete da parte.

    Il cavolo dovrà essere tagliato grossolanamente e cotto nel medesimo utensile alcuni minuti insieme ai fiori di zucca interi usando poco olio ed aglio, sino ad ammorbidirsi. Aggiungete del peperoncino durante il processo e poi mettete da parte anche questi ingredienti.

    Il pollo, invece dovrà essere leggermente salato e pepato, passato nella farina 00, e cotto anch’esso nel wok con olio di semi di sesamo (o girasole o arachidi) e messo da parte a sua volta.

    Sempre nello stesso wok, per ultime e mentre “vanno” gli spaghetti di riso, strapazzate le uova lasciandole morbide e poi… da parte anche loro.

    Gli spaghetti di riso fateli cuocere in acqua bollente poco salata senza farli “ammosciare”, scolateli e saltateli subito nel wok unendo tutti gli altri ingredienti, in finale della salsa di soia, aggiustate di sale e spolverate di pepe nero e prezzemolo.

    Si tratta, chiaramente di un piatto unico, appetitoso, completo e – in fondo – leggero che si presenta molto bene al servizio, come mostrato in foto, per poi essere sporzionato a tavola dai commensali. Non avanzerà nulla, garantito.

    Un caro saluto a tutti.

  • Toghe&Teglie: dinner cocktail con lo spritz caprese

    Affezionati (spero…) lettori, buona settimana a tutti voi da Massimiliano D’Alessandro: ebbene sì, ancora io, l’avvocuoco tarantino del Gruppo Toghe & Teglie di ritorno con una proposta che, mi sembra, sia nuova per questa rubrica.

    L’idea mi è venuta dopo aver letto sul numero scorso la ricetta del tramezzino con insalata di gamberi di Giuseppe Barreca e dopo aver anche letto da qualche altra parte che è ideale da servire in occasione di un dinner cocktail: a questo punto io, che sono un ragazzo semplice, pescatore e cinofilo, mi sono chiesto cosa fosse scoprendo che è un aperitivo dove i partecipanti si abboffano come alla cena di Capodanno.

    E così ho pensato: “mo’ ve lo servo io il dinner cocktail” con la ricetta – semplice ma non è detto che sia velocissima – del beveraggio e qualche ispirazione per la parte “solida”.

    Parliamo dello spritz caprese, mai sentito? Eppure è una variante molto godibile, fresca, di quello classico.

    Procuratevi del limoncello di buona qualità, non pretendo che sia preparato in casa ma sarebbe meglio, in fondo per un litro circa bastano cinque limoni grandi, non trattati (preferibilmente della Costiera Amalfitana), alcool puro a 95°, 600 grammi di zucchero e 750 ml. di acqua.

    Ora pulite bene i limoni, asciugateli e spellateli con un pelapatate badando ad evitare la parte bianca inferiore, poi munitevi di un recipiente di vetro a chiusura ermetica e versatevi l’alcool e le scorze di limone, richiudete e lasciate macerare per un mesetto. Sì, un mesetto, trascorso il quale versate in un tegame l’acqua e lo zucchero. Raggiunto il bollore spegnete il fuoco, versate lo sciroppo così realizzato in una brocca e fatelo raffreddare per poi aggiungerlo nel contenitore in cui sono ancora in attesa, da settimane, le scorze di limone; a questo punto agitate bene e mettete a riposare al buio e lontano da fonti di calore per altri 30/40 giorni trascorsi i quali agitate di nuovo il barattolo e filtrate il liquore ottenuto con un colino raccogliendolo in una bottiglia che poi metterete in frigo o meglio ancora in freezer. Insomma, bastano un paio di mesi per avere la base giusta per il vostro spritz caprese. Il vostro dinner cockatil mettetelo in agenda per ottobre…

    Adesso viene la parte facile, soprattutto se il limoncello lo avete comperato già pronto e lo avete fatto ben ghiacciare: versatelo in una caraffa e diluite con acqua tonica o seltz; in mancanza è accettabile della Lemonsoda, e l’immancabile prosecco in quantità da misurare “a sentimento”, aggiungendolo gradualmente e verificando che il prodotto finale non sia troppo alcoolico. Potete guarnire, al servizio, con altre fette di limone.

    E la parte dinner del cocktail? Beh, stiamo parlando di una versione borbonica dello spritz e potrebbe essere un’insalata di riso con emulsione di prezzemolo, prosciutto crudo a dadini e cubetti di melone, un pesto di limoni (magari ne riparliamo un’altra volta per non complicarvi la vita) da spalmare sui crostini, un babaganousch di melanzane per dare un tocco di internazionalità, delle fise con crema di avocado e gianchetti… ah, sono vietati? Però si trovano, alla peggio vi difendo io. Insomma, sbizzarritevi: tanto, se avete distillato il limoncello in casa, di tempo ne avete avuto per pensare a cosa accompagnarlo.

    Alla prossima!

  • Carne sintetica: Coldiretti, bene lo stop del Senato per 3 italiani su 4

    Il via libera dell’aula del Senato al ddl sui cibi sintetici è sostenuto da 3 italiani su 4 (74%) che esprimono una opinione e si dichiarano contrari al consumo di latte, carne e pesce prodotti in laboratorio. E’ quanto afferma la Coldiretti, sulla base dei dati Notosondaggi, nel commentare positivamente l’approvazione a Palazzo Madama con 93 voti favorevoli, 28 contrari e 33 astenuti del disegno di legge che vieta la produzione, l’immissione sul mercato e l’importazione in Italia di alimenti e mangimi artificiali ma non la ricerca.

    Una risposta alla grande mobilitazione della Coldiretti che ha portato alla raccolta di oltre 2 milioni di firme a sostegno del provvedimento, con oltre 2mila comuni che hanno deliberato a favore spesso all’unanimità, tutte le Regioni di ogni colore politico ed esponenti di tutti gli schieramenti oltre a Ministri e Sottosegretari, Parlamentari nazionali ed europei e Sindaci.

    E’ nata peraltro una inedita, larga e composita alleanza per reclamare la difesa della cultura del cibo di qualità e spingersi contro quello artificiale e sintetico di cui fanno parte Acli, AcliTerra, Adusbef, Anpit, Asi, AssoBio, Centro Consumatori Italia, Cia, Cna, Città del Vino, Città dell’Olio, Codacons, Codici, Consulta Distretto del Cibo, Ctg, Coldiretti, Demeter, Ecofuturo, Ewa, Federbio, Federparchi, Fipe, Fondazione Qualivita, Fondazione Una, Fondazione UniVerde, Globe, Greenaccord, Gre, Italia Nostra, Kyoto Club, Lega Consumatori, Masci, Movimento Consumatori, Naturasi, Salesiani per il sociale, Slow food Italia, Unpli, Wilderness.

    Il voto del Senato – riferisce la Coldiretti – riprende anche i dubbi espressi nel primo rapporto Fao – Oms sul “Cibo a base cellulare”. Dalle allergie ai tumori sono 53 i pericoli potenziali per la salute legati ai cibi prodotti in laboratorio individuati nel documento.

    In particolare – precisa la Coldiretti – i rischi secondo gli esperti consultati da Fao e Oms riguardano la trasmissione di malattie, le infezioni animali e la contaminazione microbica oltre alla necessità di una particolare attenzione sull’uso di componenti come fattori della crescita e ormoni usati nei bioreattori (ma vietati negli allevamenti europei da oltre 40 anni) e su come queste molecole attive possono interferire con il metabolismo o essere associate allo sviluppo di alcuni tipi di cancro. Ma pesano le preoccupazioni anche sul piano ambientale. I risultati della ricerca realizzata da Derrick Risner ed i suoi colleghi dell’Università della California a Davis – prosegue la Coldiretti – hanno evidenziato che il potenziale di riscaldamento globale della carne sintetica definito in equivalenti di anidride carbonica emessi per ogni chilogrammo prodotto è da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina tradizionale.

    “L’Italia che è leader mondiale nella qualità e sicurezza alimentare ha la responsabilità di fare da apripista nelle politiche di tutela della salute e dell’ambiente” afferma il direttore di Coldiretti Piacenza Roberto Gallizioli nel sottolineare che “la diffusa diffidenza conferma la necessità di rispettare il principio di precauzione di fronte ad una nuova tecnologia con molte incognite che rischia di cambiare la vita delle persone e l’ambiente che ci circonda. Proprio per questo – conclude Prandini – la sfida che la Coldiretti lancia alle istituzioni europee è che i prodotti in laboratorio nei processi di autorizzazione non vengano equiparati a cibo ma bensì a prodotti a carattere farmaceutico”.

    Fonte: Federazione Provinciale Coldiretti Piacenza

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