Cibo

  • Toghe&Teglie: tramezzino con insalata di gamberi

    Buongiorno, buongiorno, amici lettori: sono Giuseppe Barreca, avvocato calabro-mantovano del Gruppo Toghe & Teglie. I miei amici, oltre a riconoscermi una seniority nelle preparazioni a base di baccalà, apprezzano molto le mie proposte di sandwich che possono essere uno spuntino spezza fame, la soddisfazione di una golosità ma anche un pasto leggero se non il componente di un aperitivo arricchito.

    Fatene ciò che volete con quello che vi presento questa settimana ma, soprattutto, fatelo! Facile, goloso, fresco ed adatto alla stagione estiva.

    Questa volta l’indicazione approssimativa delle dosi non sarà davvero un limite: procuratevi per prima cosa dei panini morbidi, possibilmente lunghi e larghi come quello che vedete in fotografa ma – in fin dei conti – saranno il contenuto e la “capienza” (oltre alla qualità del pane) a fare la differenza e non la forma.

    Serviranno inoltre dei cuori di insalata iceberg, basilico fresco, aglio in polvere, olio evo e code di gamberi in numero adeguato alle imbottiture ed al numero dei tramezzini, Heinz Yellow Mustard.

    Ora fate semplicemente bollire i gamberi, limitando la cottura a pochi minuti per mantenerne inalterata la consistenza ed una volta scolati raffreddateli subito con acqua fredda.

    Quindi tagliate il panino nella parte superiore, al centro, e togliete un po’ di mollica per far posto agli altri ingredienti.

    Condite l’insalata in una ciotola con olio, sale, basilico e poco aglio in polvere ed altrettanto fate con i gamberi da insaporire a loro volta inserendoli nella ciotola già usata per l’insalata ed aggiungendo – con la dovuta misura – olio, pepe e poco sale. Mescolate e fateli riposare brevemente nel condimento.

    A questo punto, posizionate uno strato di abbondante insalata nel panino ed al di sopra, con altrettanta generosità, le code di gamberi.

    Guarnizione finale con la Mustard, scelta assolutamente preferibile, in mancanza della quale potrebbe essere accettabile anche della mayo di qualità.

    La bevanda che si abbina perfettamente è un gin tonic leggero.

    Enjoy it

  • King of the Big Stomach: Chinese eatery in trouble over dumpling-eating race

    China is investigating a restaurant over a dumpling-eating contest that allegedly flouts anti-food waste laws.

    Those who finish 108 spicy dumplings at the fastest time win a free meal and the title “King of the Big Stomach”.

    But the viral challenge has “misled” people into ordering excessively, resulting in wastage, authorities say.

    China enacted laws in 2021 to tackle what leader Xi Jinping described as a “shocking and distressing” squandering of food.

    Two years on however, people are still adjusting to the regulations. After all, China is a country where hosts offering more food than their guests can stomach is regarded as a form of hospitality.

    At least 34 million tonnes of food are wasted in Chinese restaurants every year, according to a 2020 survey conducted by China’s national legislature.

    The eatery in Sichuan province is one of several under investigation for violating the laws.

    A hotel in Fujian province is also being investigated over a contest last March that challenged participants to finish a 3kg burger in 30 minutes.

    Eateries that “induce or mislead customers to order excessively to cause obvious waste” can be fined. Businesses can also collect a waste disposal fee from customers who leave large amounts of leftovers on their plates.

    China also banned the livestreaming of binge eating and competitive eating. Many online accounts that feature such eaters have been shut down.

    Some Chinese internet users have criticised the authorities’ recent investigations on restaurants as an overreach.

    “Why is this an issue policed by the government? Must it be?” a user wrote on China’s micro-blogging platform Weibo.

    “It would be better for the authorities to pay greater attention to food safety issues,” another wrote on video-sharing app Douyin.

    Several local authorities and individual eateries have also laid down their own policies to support the crusade against wasted food.

    For example, the Wuhan Catering Industry Association urges restaurants in the city to follow a system where groups must order one dish less than the number of diners.

    Some restaurants even weigh customers before their meals to determine how much food they should be given.

  • Inchiesta tedesca: la Fao è in mano alla Cina

    L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) è stata piegata dal suo direttore generale, Qu Dongyu, agli interessi della Cina. È quanto emerge da un’inchiesta delle emittenti radiotelevisive “Ard” e “Rbb”, secondo cui si tratta di consegne di pesticidi vietati in Europa, per la maggior parte provenienti da un’azienda agrochimica cinese, iniziative delle Nazioni Unite in linea con la Nuova Via della Seta e piani di investimento “discutibili”. Tutto è stato denunciato agli autori dell’inchiesta da funzionari della Fao, secondo cui “l’organizzazione è cambiata in maniera radicale” da quando il suo direttore generale Qu è entrato in carica nell’agosto del 2019. Già ministro dell’Agricoltura della Cina, il funzionario è oggetto di sospetti sin dalla sua elezione al vertice dell’istituto specializzato delle Nazioni Unite. Prima del voto, Perchino annullò un debito di 80 miliardi di dollari al Congo, che ritirò il proprio candidato alla direzione generale della Fao. All’elezione culminata con la vittoria del rappresentante cinese, prese parte anche Julia Kloeckner, ministra delle Politiche alimentari e dell’Agricoltura tedesca dal 2018 al 2021, che ora ricorda: “Prima che si svolgessero le votazioni, è emerso che gli Stati africani avrebbero dovuto per favore scattare una foto della loro scheda nella cabina”. Come nota “Ard”, si potrebbe trattare di una prova di voto di scambio della Cina per far eleggere Qu.

    Dal suo insediamento, il direttore generale della Fao ha legato più strettamente l’organizzazione alla Cina. Per esempio, Qu ha disposto lo sviluppo di un nuovo sito web dell’istituzione che dirige, con spese ingenti di cui “oltre 400 mila dollari sono andati a Pechino”. Inoltre, Qu ha assegnato importanti incarichi a funzionari del suo Paese di origine, che ha visto la propria quota di direttori della Fao aumentare da due a sei. Vi sono poi gli “ufficiali” cinesi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che vengono “rigorosamente” selezionati da Pechino per la loro “ideologia politica”. Questi funzionari devono riferire periodicamente sul loro operato all’ambasciata di Cina a Roma. Secondo fonti nella Fao, si tratterebbe di “spie”. Inoltre, durante la direzione generale di Qu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura ha autorizzato spedizioni di pesticidi in Africa, Asia e Oceania. Molti di questi fitofarmaci contengono principi attivi vietati nell’Uee a causa della loro tossicità. In particolare, la Fao ha concesso la quota più alta di autorizzazione alla fornitura ai pesticidi del gruppo agrochimico Syngenta, di proprietà di una società statale cinese dal 2017. Sotto Qu, l’istituto specializzato delle Nazioni Unite ha anche stretto un partenariato con CropLife, gruppo di interesse del settore agrochimico tra i cui membri vi è Syngenta. Dalle ricerche di “Ard” e “Rbb” è poi emerso che Qu avrebbe sfruttato il suo incarico di direttore generale della Fao per promuovere la Nuova Via della Seta, il progetto infrastrutturale su scala globale della Cina, in particolare a Sao Tomé e Principe e a Panama. All’inizio di luglio, Qu si candiderà per un secondo mandato come direttore generale della Fao, con tutti gli sfidanti che si sono già ritirati dalla corsa. Come evidenzia infine “Ard”, l’Europa e gli Stati Uniti non hanno presentato alcun candidato.

  • Toghe&Teglie: frisa ai tre sapori

    Buona settimana, cari lettori! Sono Massimiliano D’Alessandro, avvochef tarantino del Gruppo Toghe & Teglie: spero che abbiate di me un buon ricordo, ospitato di recente in questa rubrica, perché sono nuovamente a proporvi qualcosa di appetitoso per saziarvi e soddisfarvi in una estate che si va arroventando e cioè a dire un piatto freddo con ingredienti assai naturali.

    La frisa, innanzitutto, senza la quale nemmeno si può cominciare…cos’è? Ma dai, è quel tipico pane biscottato, chiamato anche frisella a base di grano duro e cotto al forno, si trova facilmente sia dal fornaio che nei supermercati; ecco procuratevene tante quante sono le porzioni e l’appetito (ce ne sono di dimensioni diverse) e bagnatela appena appena in acqua, asciugandola poi con un panno, quel tanto che basta per ammorbidirla senza renderla moscia ma evitando la gioia del vostro dentista, e ponetela al centro del piatto.

    Ora ricopritela con uno strato di guacamole, sapete quella salsina a base di avocado che potrete preparare da voi, è decisamente migliore e dà più soddisfazione di quella comperata già pronta: basta avere degli avocado ben maturi, delle cipolle bianche, succo di lime, coriandolo e sale q.b. Si comincia tritando finemente la cipolla ed il coriandolo, aprite poi l’avocado in due prelevandone la polpa e mettete il tutto in una ciotola o nel frullatore, aggiungete il lime ed il sale (anche un ombra di peperoncino o tabasco, se piace più piccante) e mescolate o frullate fino ad ottenere una crema. Punto, il guacamole è pronto e potrete stenderlo sulla vostra frisella. Volete aggiungere qualche pomodorino tagliato a pezzettini, fate pure: io non li ho messi ma ci possono stare. E così siete pronti per un salutare apporto di potassio, zinco, magnesio vitamina B5 e B6.

    Ora del tonno sott’olio sgocciolato ma non troppo: vi dirò una cosa, quello che vedete in foto l’ho fatto con le mie mani ma – per questa volta – vi risparmio l’onere della realizzazione casalinga che, magari, vi spiegherò in un’altra occasione; in commercio se ne trova di eccellente e deve privilegiarsi proprio la qualità. Tra i migliori suggerisco quello di Carloforte a tranci grossi con l’avvertenza che una confezione costa come una cena al ristorante.

    Sminuzzate il tonno e distribuitelo sopra la frisa già spalmata con la crema di avocado e ora, il tocco finale: mezzo uovo sodo su ognuna, da salare leggermente e tritandovi sopra un po’ di pepe profumato.

    Mi raccomando! Le uova sode non devono essere buone per una partita a bocce, ma avere l’interno morbido ed ancora leggermente cremoso, risultato che si ottiene mettendole a bollore per otto minuti secchi, non un secondo di più e facendole raffreddare un filo senza usare acqua fredda che comprometterebbe il risultato.

    Pronti, via!

    Noi ci rivediamo presto, almeno spero.

  • La Commissione approva una nuova indicazione geografica

    La Commissione ha approvato l’aggiunta del nome “Sebadas/Seadas/Sabadas/Seattas/Savadas/Sevadas di Sardegna” nel registro delle indicazioni geografiche protette (IGP).

    Le “Sebadas/Seadas/Sabadas/Seattas/Savadas/Sevadas di Sardegna” sono un dolce tipico sardo, secondo la tradizione culinaria dell’isola, il dolce deve essere fritto, cosparso di miele o zucchero e servito caldo. Il prodotto può recare uno o più nomi compresi nella denominazione protetta.

    La nuova denominazione sarà aggiunta all’elenco dei 1.639 prodotti agricoli già protetti.

  • Toghe&Teglie: lasagnette al pesto ricco

    Guardate un po’ chi si rivede, cari lettori: Enrico Ghezzi, detto il “Bolscevico”, del Gruppo Toghe & Teglie nel quale mi viene riconosciuta una certa seniority nella realizzazione di lasagne e lasagnette. Un po’ come quelle che descrivo questa settimana…è caldo, dite voi e a luglio non si mangiano lasagne? E chi l’ha detto, un santone della Weight Watchers? E se anche così fosse, sfatiamo il mito: saranno anche un piatto caldo e dall’aspetto invernale ma perché, in agosto, non mangiate il fritto di pesce che si fa con l’olio bollente?

    Quello che vi propongo, inoltre, è un piatto molto semplice e veloce per il quale non pretendo la tiratura della sfoglia di pasta in casa che nemmeno io faccio se non ho il tempo da dedicarvi…quindi va benissimo quella che trovate al supermercato o dal fornaio.

    Stesso discorso vale per la besciamella che – però – è più facile da fare: gli ingredienti ci sono sempre e non servono macchinari di alcun tipo; in più bastano solo un padellino, un mestolo e olio di gomito… ma andiamo avanti con quella già pronta e non se ne parli più.

    Iniziate facendo appena sbollentare in acqua salata dei fagiolini: questione di istanti, oserei dire, per impedire che si ammoscino, devono restare quasi croccanti e tanto finiscono di cuocere in forno.

    A parte, in una ciotola capiente, miscelate il pesto con la besciamella…già c’è anche il pesto che non è poi così difficile da fare nemmeno lui (senza la pretesa di usare un mortaio di marmo) se si ha un frullatore. Pazienza, avanti con il pesto già pronto: che sia, però, di qualità perché è l’ingrediente principale. Aborrite quelli già pronti pubblicizzati da qualche panzone le cui dimensioni denotano che non si alimenta in modo sano e procuratevi del buon pesto in una gastronomia.

    Riprendiamo dal mix besciamella/pesto ed in seguito proseguite con l’assemblaggio delle lasagne cospargendo ogni strato di pasta con pesto/besciamella, parmigiano non tropo stagionato, fagiolini, prosciutto cotto a listarelle ed un altro formaggio a scelta tra mozzarella (non di bufala che fa acqua), provola, Emmenthal o anche sottilette a base di parmigiano: avete capito perché si chiamano lasagnette al pesto ricco?

    L’ ultimo strato sarà ancora pesto e besciamella senza dimenticare una spolverata finale di parmigiano. Siate generosi con questo parmigiano che deve fare la crosticina in forno: non è perché il piatto è a base di pesto ligure dovete farvi venire il braccino con gli ingredienti!

    Forno preriscaldato a 200° e cottura a occhio finchè non vedete filare bene i formaggi e lo strato superiore si è dorato bene.

    Buona estate a tutti!

  • Toghe&Teglie: ‘u sciusceddu

    Cari lettori, con mio grande orgoglio, sto subito bissando la presenza della settimana scorsa su queste colonne: sono di nuovo Maurizio Condipodero del Gruppo Toghe & Teglie: passato indenne dagli strali dei puristi per la ricetta della “calabronara” questa volta sono a proporvi ‘u sciusceddu che è un piatto preparato tradizionalmente a Messina in occasione della Pasqua ma non necessariamente limitato a quel periodo e ne esistono due versioni. Senza dilungarci in una duplice illustrazione – anche perché le differenze non sono poi sostanziali, vi descrivo il procedimento che seguo abitualmente con indicazione sommaria dei quantitativi secondo la migliore regola di questa rubrica.

    INGREDIENTI:

    polpa di manzo macinata (facciamo un centinaio di grammi scarsi a porzione per quattro), ricotta fresca di pecora, parmigiano grattugiato, “mollica” (pangrattato) in quantità “a muzzo”, brodo di carne sgrassato, un ciuffo di prezzemolo, uova, sale e pepe q.b..

    PREPARAZIONE

    Mettete la carne in una ciotola, salatela, e impastatela con due uova, una manciata di parmigiano, il pangrattato, il prezzemolo tritato e pochissimo brodo e regolate di sale e pepe.

    Lavorate bene gli ingredienti e con il composto fate delle polpettine tonde della grandezza di un’oliva e lessatele al massimo per tre minuti nel brodo bollente.

    Nel frattempo preparate un impasto con 80 grammi di parmigiano, la ricotta, tre tuorli (tenete da parte gli albumi), sale, pepe e un trito di prezzemolo.

    Montate a neve ben ferma i tre albumi ed incorporateli delicatamente nella crema di ricotta, con un movimento dal basso verso l’alto.

    Ora versate il brodo e le polpettine in una teglia dai bordi alti, che possa poi andare in forno e mettetela sul fuoco, a calore basso, portando a bollore.

    A questo punto, senza rimescolare, versate con delicatezza la ricotta, in modo da ricoprire tutta la superficie della teglia e lasciate sobbollire per qualche altro minuto.

    Mettete, infine, “u sciuscieddu” in forno caldo a 200° per cinque minuti facendo formare una crosticina leggera.

    Va servito ben caldo.

    Fa già fin troppo caldo, dite voi? Eh, va bene, tenete la ricetta in serbo per quest’autunno e, mi raccomando: nella preparazione, non vorrei essere ripetitivo ma più che le dosi esatte vale il … sentimento.

    Ciao, ciao.

  • La filiera del food italiano vale il 31,8% del Pil

    L’alimentare in Italia è non soltanto un campione dell’export, ma è anche un colosso industriale che contribuisce alla qualità della vita degli Italiani e arriva ad esprimere il 31,8% del Pil. Un colosso industriale, dunque, che, secondo il rapporto Federalimentare-Censis, da solo conta 179 miliardi di euro di fatturato annuo, 60mila imprese, 464mila addetti, oltre 50 miliardi di euro di export, costituendo così un patrimonio di interesse nazionale. Del resto, ricordano Federalimentare-Censis, nelle graduatorie dei settori manifatturieri italiani, l’industria alimentare è al primo posto per fatturato, al secondo posto per numero di imprese, per addetti e per l’export in valore. E protagonista di rilievo all’interno dell’intera filiera del food italiano che conta in totale un fatturato totale di 607 miliardi di euro con 1,3 milioni di imprese e 3,6 milioni di addetti.

    “Siamo una grande forza al servizio del Paese – ha detto il presidente di Federalimentare Paolo Mascarino – e la fiducia espressa dall’86,4% degli italiani verso l’industria alimentare evidenzia un solido rapporto in una realtà estremamente competitiva perché siamo chiamati a soddisfare i consumatori più esigenti al mondo”. A giudizio di Mascarino “il saper fare dei nostri imprenditori, con numerose aziende storiche e ai vertici della migliore reputazione al mondo, è un vantaggio competitivo da tutelare. E da coltivare nelle scuole per promuovere la formazione di nuovi imprenditori del comparto. Nel frattempo il nostro cibo rimane un valido alfiere del made in Italy nel mondo, ma per superare le diverse minacce che spaziano dall’Italian sounding alle etichette al semaforo, dalle diete universali e omologanti alle politiche degli imballaggi, l’Italia ha bisogno di una grande alleanza per la crescita. Noi dell’industria alimentare ci siamo, pronti a fare la nostra parte per la competitività”. Un invito alla collaborazione raccolto dal sottosegretario agli Affari Esteri Maria Tripodi che ha ricordato la “Diplomazia della crescita” in corso alla Farnesina che da tempo peraltro promuove, grazie alla rete estera, la Settimana della cucina italiana nel mondo e della Dieta Mediterranea. “L’industria alimentare ha un valore strategico – conclude il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida – e il governo continua ad investire sulla crescita del settore attenzionando la qualità, ma anche incentivando l’esportazione e promuovendo le aziende all’estero”.

  • Toghe&Teglie: la calabronara

    Un caro saluto a tutti da Maurizio Condipodero del Gruppo Toghe & Teglia, specialista di pesantissime calabresità: sono stato ospite di questa rubrica in tempi recenti e – forse – ricorderete il mio ultimo suggerimento. Questa volta, ben sapendo che mi attirerò gli strali dei puristi, vi propongo la mia versione, calabresizzata anch’essa, della carbonara. Pazienza, credetemi, parlando di varianti è decisamente più accettabile di quella cafonata della pizza con il Pata Negra e, volendo, si può anche fare a meno di accostarne il nome alla carbonara. Chiamatela come vi pare e per iniziare procuratevi:

    – Cipollotti freschi, possibilmente di Tropea;

    – Peperoni cruschi;

    – Nduja;

    – Uova, pecorino e parmigiano.

    Ora stufate un kg. di cipollotti comprensivi del loro gambo.

    A metà della loro cottura aggiungete tre peperoni cruschi tagliati a pezzetti ed un cucchiaio di nduja sciolta precedentemente con un po’ di acqua calda (senz’acqua si brucia).

    Completata la cottura, separate le cipolle dal liquido prodotto e conservatelo in un recipiente.

    Siete pronti? Mettete a bollire l’acqua per la pasta ed a parte preparate le uova con pecorino e parmigiano, con le proporzioni classiche della carbonara.

    E’ fondamentale che si completi la cottura della pasta, dopo averla scolata molto molto al dente, in un’ampia padella, con il liquido rilasciato dalle cipolle aggiungendo l’intingolo peperoni cruschi, nduja e cipolle dopo averle sminuzzate.

    Spegnete il fuoco, inserite le uova già mixate con i formaggi, mantecate ed impiattate.

    N.B.: le quantità degli ingredienti per il numero di commensali sono sempre a sentimento, il dosaggio della pasta – sono perfetti degli spaghettoni – comunque non può essere inferiore ai 120 grammi a testa altrimenti si rientra nella categoria “razioni di guerra” e l’impiattamento è a valanga.

    Se si vuole vuoi ottenere un colore giallo più acceso basta aggiungere una bustina di zafferano: male non ci sta.

    Ora sono pronto a subire gli improperi degli amici della Sezione Romana al comando di Ivan Vaccari, ma voi mi ringrazierete.

    A presto su queste colonne con qualche altra golosità incompatibile con la prova costume.

  • Toghe&Teglie: tonnarelli con quello che c’è

    Ciao lettori, sono Ivan Vaccari, l’Ayatollah della carbonara, ovviamente della Sezione di T&T dell’Urbe, e questa settimana sono stato prescelto per intrattenervi con una ricetta frutto di arrangiamento causato dal vuoto torricelliano con cui mi sono ritrovato il frigorifero una delle sere scorse.

    I tonnarelli, per fortuna c’erano, non molti secondo il mio metro di misura (io sono un fanatico del formato “cofana”) ma me ne sono fatto una ragione: il problema poteva essere condirli ma con un po’ di inventiva ne è venuto fuori un prodotto degno anche della ribalta su Il Patto Sociale.

    Dunque, procuratevi dei tonnarelli (per le persone normali, a regola, ne bastano circa 80 grammi a porzione) e mettete, pronti all’uso, sul piano della cucina del burro, meglio se aromatizzato alle erbe, meglio ancora se fatto in casa, basilico, salvia, pepe profumato, pecorino (romano, ovviamente) e parmigiano: questa che sembra una regola per me era ciò che “passava il convento” e non azzardatevi a chiedermi le dosi soprattutto per un piatto preparato con queste premesse.

    Intanto che l’acqua va a bollore tritate basilico e salvia insieme e grattugiate i formaggi.  Riponete il tutto in due ciotole separate.

    Qualche minuto prima del termine di cottura, scolate i tonnarelli conservando un po’ della loro acqua (ingrediente sempre utilissimo) e metteteli in una padella facendoli saltare nel burro a fuoco moderato: ce ne vuole un bel po’, come nei tagliolini Alfredo (e come quando solo gli studenti di medicina sapevano cos’è il colesterolo) e mantecate con i formaggi e un saggio impiego dell’acqua di cottura. Non troppa, e aggiungetela gradualmente, se no, invece della cremina vi verrà fuori un’ acquerugiola.

    In finale, continuando a rimestare i tonnarelli nella padella, spegnete il fuoco aggiungete il trito di odori e macinatevi sopra il pepe. Il pepe, ricordatevelo, si macina al momento se si vuole che conservi al meglio aroma e profumo.

    Ora potete impiattare ed accomodarvi a tavola e chiamate questo piatto come vi pare: un nome non ce l’ha per i motivi che vi ho spiegato ma quando ho assaggiato la prima forchettata ho pensato che in cucina vale più che altrove la definizione del Melandri di Amici Miei: cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione.

    Dajeeeee, alla prossima.

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