Cibo

  • Toghe&Teglie: paccheri al ragù di calamaro

    Buona settimana, cari lettori, sono Laura Antonelli, avvocato della sezione Toscana (sarebbe più preciso dire: Pisana) di Toghe & Teglie e sono stata selezionata per proporvi una ricettina davvero saporita per farvi inaugurare facilmente la stagione dei piatti estivi che, spesso, sono a base di pesce.

    Forse non è mia originale, certamente non l’ho letta da nessuna parte prima: ho avuto un’intuizione  trovando in pescheria i “tentacoli di calamaro gigante” che non avevo mai visto.

    Visti e presi! Cercateli anche voi oppure accontentatevi di quelli di calamari “regular”: saranno boni (senza la u, alla toscana) ugualmente, almeno credo.

    Tagliateli a pezzettini e metteteli in una larga bastardella in cui avrete fatto scaldare aglio, olio – rigorosamente evo – e peperoncino a piacimento: troppo piccante, però copre i sapori, non dimenticatelo.

    Inserite i tocchetti di tentacoli facendo andare a fuoco vivace per tre minuti e poi sfumate con vino rosso. Sì, rosso, con questo piatto ci sta benissimo e poi basta con codesta storia che il pesce vuole il bianco: dipende, da pesce a pesce e da ricetta a ricetta e qui ci vuole il rosso, magari non un Barolo o un Amarone ma qualcosa di meno impegnativo e con una gradazione minore.

    Appena sarà evaporato il vino aggiungete della passata di pomodoro a pezzettoni ed un cucchiaio di concentrato, abbassate il foco (anche questo senza la u) al minimo e lasciate andare dando una rimescolata di quando in quando.

    A metà cottura (circa mezz’ora) colorate ed insaporite con una generosa tritatura di prezzemolo fresco ed in tempo utile mettete a bollire l’acqua per la pasta: è preferibile un formato come i paccheri, comunque grossa.

    Scolate la pasta molto al dente e terminate la cottura “risottandola” nel condimento, allungando (se necessario, nel caso si sia un po’ ristretto) con acqua di cottura che va sempre bene tenere da parte prima di eliminarla tutta.

    Amalgamate badando a mantenere il foco sempre bassino e siete pronti per andare a tavola: volendo si può dare una ripassata di prezzemolo anche all’impiattamento di ogni porzione. Male non fa.

    Non lamentatevi né della difficoltà, perché è un piatto facilissimo, né della mancanza dei dosaggi, qui non si usa e nessuno dei commensali si lamenterà se il vostro occhio non vi avrà ingannato.

    A presto!

  • Il cibo a base insetti nella Ue contra 400 milioni di consumatori

    Dopo l’ok alla commercializzazione di farine di insetti da parte dell’Ue nei mesi scorsi, le stime parlano di un maggior impiego di insetti come ingredienti nei prodotti alimentari nel breve periodo. Ma anche di crescita di consumo. In base all’ultimo report Nomisma per Cia-Agricoltori Italiani, si stimano al 2030 quasi 400 milioni di consumatori di questi prodotti mentre sul fronte del mercato si parla di una crescita di 180 volte a partire dal 2019 fino al 2025, passando da 500 tonnellate a 90 mila per arrivare a 260 mila nel 2030. E se da qui ai prossimi tre anni si prevede un calo produttivo di insetti interi di quasi il 15%, di contro si stima una crescita in media anche del 5% delle vendite di pane, sostituti della carne e nutraceutici, a base di polvere di insetti.

    Farine di insetti, sottolinea Andrea Ghiselli, past president della Sisa, Società italiana di Scienze dell’Alimentazione, interessanti per le proteine. Ma, dice l’esperto, intorno a questi prodotti si sta creando uno “scalpore ingiustificato perché – spiega – tutto sommato sarà probabilmente un consumo di nicchia. Rimarranno un prodotto interessante, ma non di largo consumo, anche perché i costi sono molto elevati, almeno al momento”. Dal punto di vista nutrizionale “il valore è ottimo. Sono alimenti proteici che possono essere un’alternativa o una scelta in più. Generalmente servono per rinforzare qualche altro tipo di farina, per dare vita a cracker, biscotti”. “Si tratta – prosegue Ghiselli – di proteine di alta qualità, ma ha una sua ragione il fatto di riportare in etichettatura dei prodotti che tra gli ingredienti hanno farina di insetti, perché come qualsiasi alimento può dare delle allergie. Il consumatore deve sapere che se è allergico ai crostacei lo è probabilmente alle farine di insetto”. “Dedicare scaffali appositi può apparire come una ghettizzazione, ma nei supermercati vi sono corridoi dedicati ai cracker, alle patatine e al cibo etnico”. E sul rischio che possano togliere mercato ai prodotti italiani: “Direi che il problema non si pone». In particolare possono essere commercializzate in Ue larve del verme della farina minore (Alphitobus diaperinus), larve gialle della farina, locusta migratoria e grilli. Tutti in forma congelata, essiccata o in polvere. Altre otto domande sono in lista d’attesa.

    In Italia il dibattito sull’uso di insetti a scopo alimentare si è acceso dopo la barretta di grillo-mirtillo mangiata dall’astronauta Samantha Cristoforetti ma arrivano anche chips, patatine, pasta, mentre c’è chi alleva grilli. A Milano ha debuttato un burger con farina di grillo, e a Torino si sta sperimentando la possibilità di fare il pane mentre è da tempo in uso la cocciniglia un colorante ricavato dall’omonimo insetto appartenente alla famiglia della coccoidea, in particolare dalle femmine della specie. L’acido carminico, che è la molecola colorata, può essere estratto anche da batteri modificati a tale scopo.

  • Toghe&Teglie: tiella di polpo e patate “Bari Vecchia”

    Puglia uber alles, cari lettori, questa settimana: su Il Patto Sociale – oltre che in questa – se ne parla nella rubrica “In attesa di Giustizia”, ed io che firmo per voi una tradizionale preparazione barese sono Massimiliano Chico D’Alessandro, avvocato tarantino del Gruppo Toghe & Teglie!

    Sarà contento il conterraneo Direttore, Raffaella Bisceglia, anche se è certamente più digeribile la mia ricetta che il racconto di alcune vicende tranesi che troverete in un’altra pagina…

    Dunque, tiella di polpo e patate “Bari Vecchia”, dove tiella è il termine usato per indicare un tipico contenitore da cucina, la teglia che dà il nome anche al nostro Gruppo, e Bari Vecchia è il quartiere di origine del piatto: una delle zone più caratteristiche di Bari dove fino a qualche anno fa aveva timore ad entrare anche Don Salvatore Annacondia della Scara Corona Unita, luogo ora frequentabilissimo, pieno di fascino, ricco di eccellenti ristoranti di pesce e dove si trovano ancora anziane signore che preparano a mano le orecchiette e le mettono ad essiccare fuori dalla porta.

    Bando alle chiacchiere e procuratevi, ovviamente, una teglia, una cipolla che taglierete a fettine sottili, dei pomodorini da fare a tocchetti, tritate del prezzemolo fresco e tenete a portata di mano sale, olio evo e pepe.

    Ah, già! Prima di iniziare avrete pescato un bel polpo fresco…non avete il mare a portata di mano? Può succedere specialmente se si vive in riva all’Adda o al Ticino, ma un pescivendolo di fiducia lo avrete pure? Ecco, il polpo prendetelo da lui.

    Ora affettate sottilmente delle patate (sì servono anche quelle, non ve l’ avevo ancora detto ma dalla foto si capisce!) e stendetene uno strato nella tiella, ricoprite con abbondante pecorino grattugiato non troppo stagionato e sapido, poi uno strato di polpo tagliato a pezzi, coprite con altre patate a fette, insaporite con tre/quattro spicchi di aglio sminuzzati, ora una bella passata di prezzemolo, pomodorini, sale e pepe, abbondate con un giro d’ olio, allungate versando un mezzo bicchiere di acqua e coprite nuovamente il tutto con il pecorino grattugiato.

    Come avrete capito è un piatto multistrato da inserire in forno preriscaldato a 180 gradi e quando si forma la crosticina proseguite altri 5/10 minuti con distribuzione del calore solo inferiore…e poi…che ti mangi…

    Cosa volete, le dosi? Ma quali dosi, qui non si usa andate – come si suol dire in Toghe & Teglie – “ad occhio e sentimento”

    Buon appetito

  • Toghe&Teglie: Dubliners

    Buona settimana, cari lettori, da Giuseppe Barreca avvocato calabro-mantovano del Gruppo Toghe & Teglie: questa volta voglio proporvi un piatto che ho realizzato dopo una visita alla Guinness Storehouse a Dublino, in occasione della quale ho ricevuto in omaggio (come tutti gli ospiti) la ricetta del loro omonimo stufato, assolutamente delizioso. L’ho replicato e vi suggerisco caldamente di fare altrettanto.

    Avendo trovato dal mio macellaio dei bellissimi stinchetti di agnello, ho pensato “… perché non farli brasati con verdure con la Guinness secondo quella ricetta tipica dublinese?”.

    Dunque, per tre/quattro porzioni procuratevi un chilogrammo di stinchetti di agnello, 50 grammi di lardo di Colonnata (preferibile ad olio e burro, perchè insaporisce molto di più il piatto), una cipolla, cinque carote, due piccoli gambi di sedano, 400 grammi di patate piccole e una grande patata dolce, una bottiglietta di Guinness da 330 ml. e 150 ml. di acqua, 40 grammi di farina, aglio, sale, pepe nero e prezzemolo q.b..

    Mettete a scaldare preferibilmente una cocotte in ghisa per grandi cotture o un recipiente analogo con il lardo di Colonnata tagliato a pezzetti e una piccola pecca d’aglio, così da farlo sciogliere.

    Nel contempo mescolate farina, sale e pepe e poi infarinate gli stinchetti, lasciandoli con il loro grasso.

    Ora togliete l’aglio e mettete la carne nella cocotte iniziando a rosolarla su ogni lato (tale operazione non deve superare i cinque minuti e deve essere fatta al solo fine di sigillare la carne).

    A parte preparate un battuto di cipolla, sedano e una carota, quindi togliete gli stinchetti dalla pentola e fate leggermente soffriggere le verdure nella stessa cocotte.

    Una volta che queste saranno un po’ dorate, rimettete gli stinchetti in pentola per farli insaporire con le verdure.

    Quindi aggiungete l’intera bottiglietta di Guinness e l’acqua, dando inizio ad una lunga cottura nel forno olandese…non ce l’avete? Malissimo, è indispensabile in cucina: ben quattro ore (se vedete che si asciuga troppo, potete aggiungere un pochino di acqua calda) ma qui si deve andare un po’ a occhio e a seconda del risultato finale che si vuole ottenere.

    Quando si inizia a vedere che la carne si sta staccando dall’osso, ci siamo quasi ed è necessario rigirare gli stinchetti ogni mezz’ora.

    Dopo tre ore di cottura aggiungete le altre quattro carote insieme alla patata dolce dopo averle tagliate a pezzettoni e, dopo trenta minuti, aggiungete le altre patate.

    Dopo un po’ ancora togliete il coperchio alla pentola per far addensare l’intingolo e dopo avere spento aggiungete un bel po’ di prezzemolo fresco tagliato grossolanamente.

    Finito? Assolutamente no, mi spiace: è un piatto delizioso ma richiede tempo e attenzione.

    Dopo aver fatto riposare il tutto per un buon quarto d’ora, gli stinchetti saranno pronti da servire con la loro salsa alla birra che altro non è che il sughetto degli stessi con le verdure che nel frattempo avrete frullato dapprima con il minipimer (usando la lama per le creme) e, poi fatto addensare a parte con un po’ di amido di mais e una piccola noce di burro.

    In alternativa e finchè non vi sarete procurati un forno olandese, potete optare per una cottura lenta (almeno due ore) regolandovi a occhio, con fuoco al minimo badando a non fare rapprendere troppo il sughetto.

    Ovviamente, dissetatevi con una bella pinta di Guinness!

    Non disperate e mettetevi subito ai fornelli per sperimentare la vostra abilità con questo piatto.

    Alla prossima!

  • Why some in SA want to scrap VAT on chicken

    “South Africa is stumbling into a hunger pandemic” and needs to remove VAT on chicken so that families can feed themselves properly, a trade advocacy group has told the BBC’s Newsday programme.

    Francois Baird of the Fair Play Movement has warned that regular load shedding, or power blackouts, in South Africa was also contributing to the problem.

    “The real effect is on the health of the nation,” Mr Baird said, adding that rising inflation and unemployment meant many people could no longer afford to pay for food.

    He said that 27% of children under five were stunted in South Africa because mothers don’t get enough protein while pregnant and this carries on after the children are born, adding that the problem was worse in rural areas.

    “Everything possible must be done also to assist small farmers.”

    He said that reducing the cost of chicken by removing VAT would help address this, as chicken was a major source of protein for many people in South Africa.

    He added that food prices were outpacing people’s salaries, warning that an essential basket of food costs more than the minimum wage per month.

  • Chi mangia sano butta meno cibo

    Mangiare sano e bene, prima regola. Poi, fissare un menu dei 7 giorni, cuocere tutto una volta a settimana, fare la spesa con una lista per evitare di comprare cose inutili o doppioni, leggere attentamente le istruzioni riportate in etichetta, e se si mangia al ristorante chiedere senza esitazione la family bag, come ricorda il vademecum di federalimentare. Sono solo alcuni degli accorgimenti lanciati da organizzazioni e istituzioni con linee-guida, vademecum, appelli, indagini in vista della X Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare del 5 febbraio.

    Secondo una ricerca del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura), condotta su un campione di 2869 adulti, chi segue le linee-guida per una sana alimentazione butta via meno cibo e aiuta il pianeta, oltre a mangiare meglio. C’è da dire, però, che i consumatori sono diventati più oculati. Nelle case degli italiani lo spreco alimentare è sceso del 12% rispetto ad un anno fa, anche come risposta alla corsa dell’inflazione, per un valore complessivamente di 6,48 miliardi di euro. Una cifra, secondo il report ‘Il caso Italia’ 2023 di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability, che arriva a 9,3 miliardi considerando le perdite lungo la filiera, dal campo alla catena dell’industria alla distribuzione. E sulla base dei nuovi dati che si riferiscono al mese di gennaio 2023, gli italiani gettano in media 524,1 grammi pro capite a settimana di cibo contro i 595,3 grammi della scorsa indagine, o circa 75 grammi di cibo al giorno e 27,253 kg annui. Mentre secondo l’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market / Campagna Spreco Zero, nel report ‘Il caso Italia’ 2023, l’86% degli italiani si impegna a consumare tutto quello che cucina e a mangiare anche gli avanzi.

    Anche gli chef fanno la loro parte. La Federcuochi ha lanciato l’appello “Chef Spreco Zero”, rinnovando l’appello a tutti i suoi chef verso lo ‘spreco zero’, attraverso un utilizzo consapevole delle risorse alimentari, incentivando ricette basate sul recupero del cibo avanzato, sull’ottimizzazione degli ingredienti e su una gestione più razionale degli acquisti. La lotta allo spreco alimentare è anche un obiettivo del Governo “per favorire la distribuzione degli eccessi a chi ne ha bisogno”, ha detto il Ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida. “Sono necessarie un’attenta analisi scientifica alla base, una corretta informazione e una formazione ad hoc che parta dalle scuole”. E infine, fa sapere il fondatore Spreco Zero, l’agroeconomista Andrea Segrè, “non è lontano l’obiettivo Onu di dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030”.

  • Toghe&Teglie: insalata di gamberi all’orientale

    Buongiorno a voi, lettori golosi de Il Patto Sociale! Sono Attilio Cillario, avvocato milanese del Gruppo Toghe & Teglie che alla frequentazione delle aule di giustizia (?) abbino quella della distilleria di pregiato gin italiano di cui sono co-fondatore: Cillario & Marazzi Spirits…un po’ di pubblicità non guasta e – se lo proverete – vedrete che il mio gin vi gusta!

    Ovviamente, ho una passione anche per la cucina e così eccomi qua a proporvi una pietanza che potrà accompagnarvi durante la bella stagione: una fresca insalatina con gamberoni e germogli di bambù.

    Facile facile da preparare, il segreto, come al solito sono gli ingredienti.

    Iniziate raccogliendo i germogli di bambù freschi nel vostro boschetto…non avete un boschetto di bambù?! Questo è veramente un peccato ma non è un problema irresolubile: a Milano, a Chinatown, si trovano una quantità di negozietti etnici che ne offrono di ottima qualità.

    Non abitate a Milano e Chinatown risulta scomoda? Non disperate e soprattutto non virate sulla solita, banale, insalata di carciofi (sebbene, volendo, qualche cuoricino di carciofo affettato si possa aggiungere).

    Pazienza, cercate i germogli in qualche supermercato o negozio di alimentari ben fornito.

    Ora che vi siete procurati una parte importante della materia prima, pulite molto bene i vostri germogli eliminando tutte le foglie scure e “legnose” proprio come fosse un carciofo.

    Fatto questo tagliatene i cuori a fettine sottili e sbollentateli per trenta secondi in un pentolino d’acqua già a temperatura.

    E’ il momento dei gamberoni: sgusciateli, puliteli bene soprattutto dell’intestino e scottateli appena in padella con un filo d’olio: se piace, l’olio può essere prima insaporito unendovi uno spicchio d’aglio mondato da togliere quasi subito.

    Ah, questo è un passaggio fondamentale che stavo trascurando: in precedenza, in una ciotola avrete preparato e lasciato a riposare qualche tempo un’emulsione con olio (suggerisco uno ligure, perfetto per il pesce) limone o lime, sale – se trovate il sale Maldon, non è complicato, è tanto meglio – e pepe profumato macinato fresco.

    Ora unite i gamberoni ai germogli (ed ai carciofi, se avete utilizzato anche quelli), condite con la vostra emulsione e siete pronti per gustare una prelibatezza assoluta.

    Consiglio di accompagnare con un ottimo gin tonic…ovviamente.

  • Toghe&Teglie: paccheri con guanciale carciofi e fave

    Buona settimana a tutti i lettori da Vittorio Pacchiarotti della sezione laziale di Toghe & Teglie; mi definisco un artigiano delle padelle, mi avete già conosciuto seguendo questa rubrica, che predilige una cucina a base di prodotti del territorio e di stagione e questa volta il piatto, che ha suscitato anche l’interesse dei miei amici del Gruppo, è quella che potremmo definire una variazione della classica carbonara…che abbina equilibratamente i sapori di verdure di stagione fresche seguendo quella che può chiamarsi “proprietà transitiva del gusto”.

    Qualche esempio “mirato”: il pecorino con le fave ci sta bene? Allora se le fave stanno bene con i salumi anche il pecorino può esserne accompagnamento ideale. E così via.

    Procuratevi per prima cosa dell’ottimo guanciale (la pancetta va bene per fare le uova al bacon: lasciatela agli americani), tagliatelo a tocchetti e fatelo “sudare” nel suo grasso in una padella. il che basta e avanza senza aggiunta di altri condimenti. Toglietelo quando è diventato croccante all’esterno ed è ancora morbido all’interno e mettetelo da parte.

    Nella stessa padella, ove avrete lasciato il grasso rilasciato dal guanciale, inserite le fave, cui avrete tolto la pellicola esterna, ed i cuori dei carciofi tagliati fini: fate andare a fuoco moderato aggiungendo un po’ d’acqua di cottura della pasta, intanto che anche questa è sul fornello, un po’ di pepe tostato a parte, pochissimo peperoncino, sale quanto basta e proseguite fino a quando le verdure non saranno diventate morbidissime. Il tempo c’è perché il formato della pasta è preferibile che sia grosso: io ho usato dei paccheri che richiedono diversi minuti di bollitura con la raccomandazione di scolare molto al dente.

    Separatamente, sbattete in una ciotola un rosso d’uovo per ogni commensale conservando per il finale.

    Scolata la pasta, versatela nella padella con le fave e i carciofi – fuoco rigorosamente spento per evitare “l’effetto frittata” – aggiungete le uova e mantecate senza dimenticare una generosa spolverata di pecorino non troppo stagionato e sapido.

    Impiattate senza dimenticarvi del guanciale croccante in attesa e usatelo per guarnire.

    Tutto qui…ma il risultato ripagherà della attenzione e pazienza necessarie.

    A tavola e, a presto!

  • Toghe&Teglie: farinata di cavolo nero e fagioli borlotti

    Buona settimana a tutti! Sono Francesco Toschi Vespasiani, fiorentino del Gruppo Toghe & Teglie che questa rubrica ha ospitato anche di recente: torno a voi con un’altra delle preparazioni “storiche” della mia famiglia che – in passato – ha gestito una trattoria tipica toscana e la pentola che vedete in fotografia, insieme alla ricetta, è stata ereditata da mia nonna.

    Allora: un po’ a spanne come quantità per tre o quattro persone: tenete conto che è una zuppa saziante.

    250 grammi di fagioli borlotti, 300 grammi di farina di mais, un porro, due bei cespi di cavolo nero, olio e sale q.b..

    Pulite il cavolo nero e lessatelo in acqua bollente e salata e conservatela al termine.

    Cuocete anche i fagioli borlotti dopo averli lasciati a bagno almeno 8/10 ore (se avete fretta, in pentola a pressione, cuociono ottimamente in 14 minuti) e salateli leggermente appena si può aprire la pentola. Quelli già pronti non valgono.

    Qualora abbiate preparato i fagioli in pentola aperta, salate 10 minuti prima della fine cottura. Tenete da parte anche quest’acqua di cottura

    Ora tagliate il porro a rondelle sottili e fatelo stufare in un tegamino con l’olio sufficiente per condire tutta la farinata.

    Mettete in un’altra pentola capiente l’acqua di cottura del cavolo, unite quella dei fagioli e un po’ di acqua del rubinetto e portate a bollore, poi versate a pioggia la farina di mais, mescolando bene e fate cuocere a fuoco moderato.

    Dopo 10 minuti versate nella pentola sia il porro con il suo olio, sia il cavolo nero che avrete nel frattempo tritato; ricordatevi di mescolare ogni tanto (mestolo rigorosamente in legno) perché la farinata tende ad attaccarsi sul fondo.

    Proseguite la cottura per 40/50 minuti ed a 15 minuti dallo spegnimento, versate nella pentola anche i fagioli, aggiustando di sale.

    La farinata dovrà risultare densa, ma morbida: quindi, in caso di necessità, diluite con acqua bollente durante la cottura.

    Ultimo passaggio: potrebbe piacere un po’ di pancetta o dello speck a dadini saltati in padella per renderli croccanti (senza bruciarli: devono restare morbidi all’interno) per insaporire la zuppa.

    E’ un’aggiunta che si può certamente fare: non io perché penso che, tutto sommato, stoni un poco con un piatto tradizionale dei contadini delle campagne toscane…ma male non fa e potrete provare entrambe le versioni.

    Un caro saluto, a presto!

  • Toghe&Teglie: pasta con cozze e cannellini

    Buongiorno a tutti da Paola Porzio della sezione padovana di Toghe & Teglie: vi è mai capitato di ritrovarvi un gruppetto di amici a cena, più o meno all’improvviso? Che fare? Per esempio iniziare a saziarli con un primo appetitoso e ricco, possibilmente non complicato da preparare…a me è successo ed ecco la soluzione adottata (ed apprezzata) per circa 12 persone…le dosi indicate sono quelle per la pattuglia che ho dovuto sfamare, quindi regolatevi per un numero minore di commensali.

    Fate cuocere per circa un’ora 500 grammi di fagioli cannellini, freschi e quindi tenuti a bagno dalla sera prima, con una carota, una gamba sedano, cipolla e sale: in seguito separate, filtrando, le altre verdure dai fagioli. Servono, ora, 3 kg. di cozze: pulitele e mettetele in grande padella, bassa e preferibilmente di alluminio come quella in foto, con olio, aglio mondati, un po’ d’acqua e vino bianco (in dose più generosa). Tenete da parte il brodo di verdure utilizzato per i cannellini.

    Saranno pronte per i passaggi successivi quando si apriranno ed – a questo punto – toglietele dalla pentola e sgusciatele tenendo da parte il sughetto.

    Ora, nella stessa padella, rosolate con olio e aglio dei pomodorini maturi tagliati a pezzettini (almeno 300 grammi); potete aggiungere un cucchiaio scarso di bicarbonato per togliere l’acidità, ricordando che lo zucchero la maschera ed altera un po’ il gusto del pomodoro.

    Dopo qualche minuto, togliete l’aglio e sostituitelo con i fagioli. Se non vi serve subito, mettete da parte il condimento e quando sarete pronti per sfamare i vostri ospiti, mettete a bollire il brodo di verdure e nel frattempo calate la pasta (è perfetta quella mista, come nella foto, in ogni caso pasta corte ed è ottima anche quella di semola fresca, tipo scialatielli o trofie, che ha tempi di cottura rapidi) direttamente nella pentola con il condimento e fatela risottare, un metodo di preparazione che garantisce il migliore assorbimento dei sughi, aggiungendo di tanto in tanto l’acqua delle cozze tenuta da parte ed il brodo di verdure, opportunamente portati a temperatura.

    A metà cottura, inserite anche le cozze ed a fuoco spento una spolverata di prezzemolo fresco, mentre un tocco di originalità può derivare dall’aggiunta di un velo o scagliette di pecorino purchè non troppo stagionato. Dipende sempre tutto da gusti e fantasia.

    Alla prossima!

Pulsante per tornare all'inizio