Cibo

  • Rischia l’obesità un bimbo su tre, Campania al 44%

    In Italia un terzo dei bambini è già in sovrappeso o obeso e questa percentuale raggiunge il 44% in Campania, rendendola regione maglia nera, subito seguita con il 42% dalla Calabria. Tutt’altro che un’innocua ‘pancetta’, l’obesità infantile spesso continua in età adulta, mettendo a rischio di sviluppare diabete, tumori, malattie del cuore e ictus. Portare tra i banchi di scuola l’ora di prevenzione, con un accento sull’alimentazione sana e la dieta mediterranea, è l’obiettivo di un tavolo di lavoro avviato dal Ministero della Salute insieme a quelli dell’Agricoltura, dello Sport, dell’Istruzione.

    “L’attenzione verso gli alimenti di cui ci nutriamo – sottolinea Annamaria Staiano, presidente della Società Italiana di Pediatria (Sip) – ha effetti diretti sul benessere, degli adulti come dei bambini”, soprattutto in un momento in cui la pandemia ha peggiorato le abitudini quotidiane di gran parte della popolazione. “Per esempio, 1,2 milioni di persone hanno iniziato o ripreso a fumare e il 32% degli adulti è aumentato di peso”, sottolinea Francesco Cognetti, presidente Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi (Foce). Spesso sottovalutata, l’obesità nei bambini “non significa solo ‘avere un po’ di pancia’ – sottolinea Giuseppe Morino, pediatra e dietologo – ma grasso al fegato, pressione alta, livelli di colesterolo elevati, disregolazione di insulina. E spesso bimbi obesi saranno anche adulti obesi”.

    Nella sola Europa, una dieta malsana, ovvero troppo ricca di zuccheri, grassi saturi e cibi ultraprocessati, causa più di un milione di morti ogni anno, secondo l’Oms Europa che ha appena annunciato nuove linee guida nutrizionali per proteggere i bambini dal marketing alimentare malsano e dalla pubblicità di cibi e bevande non salutari. Di contro, “la dieta mediterranea – ha detto il ministro della Salute Orazio Schillaci – è strategica per la prevenzione di malattie ed è uno strumento di rafforzamento di valori culturali come l’importanza della qualità dei prodotti, il rispetto per il territorio e la biodiversità”. Per questo “sto lavorando insieme al Ministero dell’Istruzione, dell’Agricoltura e dello Sport per inserire la prevenzione, con un focus sull’alimentazione, nei programmi didattici delle scuole, affinché già da piccoli si apprendano i benefici dei corretti stili di vita”. “Dobbiamo educare le nuove generazioni a un consumo più attento – conferma il ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida – anche per contrastare l’effetto dei social media, che spingono verso l’acquisto di alcuni prodotti”. A questo scopo, ha aggiunto, è giusto che “il sistema scolastico accolga tra le materie anche l’educazione alimentare e spieghi cosa fa bene e cosa fa male, in modo da fornire quella ‘alfabetizzazione’ che per tante generazioni è stata affidata alle mamme e alle nonne”.

    L’alimentazione sana sarà anche protagonista del ‘Festival dei 5 colori’ che si terrà dal 17 al 21 maggio a Napoli, per proseguire in Calabria. In calendario incontri, giochi e eventi, per portare anche tra i banchi e nelle famiglie, l’importanza di frutta e verdura, rigorosamente di stagione e Made in Italy.

  • TogheTeglie: la pizza rentorta

    Cari lettori de Il Patto Sociale, buongiorno a tutti da Giusi Aguzzi, avvocato reatino del Gruppo Toghe & Teglie; passata la festa gabbato il Santo? Ma per nulla! Trascorse la Pasqua e Pasquetta vi propongo una preparazione che, alle nostre latitudini, è tipica per le festività in generale ma va benissimo sempre: infatti l’ho realizzata anche di recente ed ai miei amici avvochef è tanto piaciuta che mi hanno chiesto la ricetta da condividere con voi.

    Sto alludendo alla pizza rentorta, originaria del Cicolano (cos’è il Cicolano? Una regione storico-geografica situata nella bassa provincia di Rieti), che prende il nome dalla sua forma attorcigliata che, appunto, in dialetto si dice rentorta.

    Come ho anticipato si cucina soprattutto in occasione delle feste comandate ma non meno che per le gite fuori porta visto che è molto buona da mangiare anche fredda.

    Passiamo alla realizzazione (dosi spannometriche, come di consueto in questa rubrica, salvo qualche lodevole eccezione).

    Iniziate, ovviamente, con la classica sfoglia, o ‘stesa’ come si dice qui a Rieti: per una pizza rentorta di medie dimensioni bisogna utilizzare tre uova intere e tutta la farina che raccolgono sino a diventare un impasto omogeneo.

    Dopo averlo fatto riposare per una mezz’ora in una ciotola coperta con un panno, stendete l’impasto provvedendo che la sfoglia rimanga un po’ spessa perché deve contenere il ripieno senza rompersi.

    A questo punto si può farcire con diversi ingredienti a vostro piacimento: io, in questa occasione, ho scelto – come si vede dalla foto – salsicce nostrane mondate della pelle e sbriciolate, stracchino da stendere come base sulla sfoglia, scamorza a tocchetti e della cicoria ripassata, rigorosamente di campo.

    Salumi, verdure e formaggi, scelti ed assortiti variamente facendo attenzione alle migliori combinazioni di sapore, sono le opzioni ideali.

    Ora, con delicatezza per evitare rotture dell’impasto e fuoriuscita del ripieno, si arrotola il tutto formando un rotolo che poi si attorciglia ulteriormente dandogli la forma di una girella. Se preferite potrete anche evitare quest’ultimo passaggio, un filo più complesso per non provocare rotture della sfoglia proprio all’ultimo…ma con il tempo e un po’ di esercizio non riuscirà difficile: tanto quello che conta è il sapore.

    Si mette in forno per circa mezz’ora, preriscaldato a 180 gradi, e se tutto va secondo i piani ne uscirà una delizia…difficile che duri anche solo fino a sera per verificare se è davvero buona anche a temperatura ambiente.

    Buon appetito, a presto.

  • Toghe&Teglie: risotto asparagi e mazzancolle

    Buona Pasqua, Pasquetta e tutti i giorni appresso ai lettori di questa rubrica: sono Giuseppe Barreca, noto come l’Accademico del Baccalà del Gruppo Toghe & Teglie e questa settimana vorrei proporvi un piatto di notevole effetto sia scenico che gustativo.

    Iniziate procurandovi degli asparagi piccoli, simili a quelli selvatici, e scottateli leggermente in acqua bollente. Poi separate le punte, mettetele a parte e sminuzzate finemente i gambi.

    In precedenza avrete preparato un buon brodo di verdure con il tradizionale mix di carote, cipolla, zucchine, sedano e quant’altro gusto personale e dispensa suggeriscano.

    A questo punto tostate il riso (io ho usato un carnaroli della Tenuta San Massimo) in una padella ampia e bassa, ma non sfumatelo con il vino bianco. Quindi proseguite a preparare il risotto nel modo tradizionale, aggiungendo i gambi degli asparagi.

    Intanto che il riso procede nella cottura, regolando con il brodo secondo le necessità, per tre o quattro porzioni sgusciate e pulite una decina di piccole mazzancolle che andranno aggiunte al riso cinque/sei minuti prima da fine cottura.

    Per la guarnizione finale preparate delle mazzancolle grandi, una a porzione va bene, in una padella con olio profumato all’aglio ed, a fine cottura, flambatele con del whisky, aggiungendo una piccola noce di burro di capra per raccogliere i succhi.

    Con un po’ dello stesso burro, inoltre, rosolate le punte degli asparagi e  caramellateli con un cucchiaino di miele di agrumi.

    Pronti tutti gli ingredienti, il risotto sarà nel frattempo arrivato al punto giusto di cottura: mantecatelo impiegando sempre  burro di capra  ghiacciato ed un po’ di pecorino fresco grattugiato.

    Aiutandovi con un coppapasta impiattate come nella fotografia.

    Per viziarvi un pochino, dissetatevi abbinando un flûte di Billecart-Salmon – Champagne Brut Rosé. O anche più di uno se non dovete guidare.

    P.S. Mazzancolle a parte, come di consueto, le quantità degli ingredienti saranno ad occhio e sentimento.

    Enjoy it!

  • Toghe&Teglie: fregola ricca

    Buona Pasqua a tutti i lettori da Marco Marino della Sezione Ligure del Gruppo Toghe & Teglie: è noto che tra la mia regione e la Sardegna vi siano forti legami sino all’estremo di Carloforte – meglio noto per la qualità straordinaria del tonno – che è da considerare una vera e propria enclave in cui si parla tutt’ora dialetto ligure.

    Non stupirà, dunque, la proposta culinaria che offro alla vostra attenzione: un ricco primo piatto incentrato sulla fregola, pasta di semola (praticamente un cous cous a grana grossa) tipica della Sardegna; bando agli indugi e passiamo alla preparazione.

    Per prima cosa mettetevi all’opera per realizzare un robusto soffritto con olio evo, carote, sedano e cipolla al quale aggiungere anche dello scalogno e della salsiccia al finocchietto a grana grossa.

    Sfumate con vino bianco di buona qualità ed a questo punto aggiungete un bicchiere d’acqua, un cucchiaino di rosmarino fresco tritato e un rametto di santoreggia; non la conoscete? Beh, è l’occasione buona per farlo: è un’erba aromatica ricca di principi attivi e vitamine con (tra le molte) proprietà anti ossidanti e antibatteriche.

    Coprite e fate andare a fuoco lentissimo (io uso addirittura la fiamma pilota). A parte, nel frattempo, preparate un brodo vegetale, oppure utilizzare un mestolo di quanto appena preparato, con un paio di litri d’acqua.

    E’ il momento di mondare e tagliare dei carciofi: mentre i gambi puliti e affettati con una mandolina andranno inseriti subito nel sugo (così si scioglieranno e conferiranno sapore), gli spicchi sottili del cuore è preferibile metterli a cuocere poco prima di buttare la fregola.

    Ci siamo quasi, è una ricetta per nulla complicata ma richiede pazienza: allungate il sugo con il brodo e aggiungere la fregola tostata (media o grossa) facendola risottare per non meno di 20 minuti ed avendo l’accortezza di assaggiare ogni tanto per verificare la sapidità.

    Aggiungete una bustina di zafferano e, terminata la cottura, mantecate con ricotta salata (oppure con quella affumicata).

    Per gustare al massimo tutti gli aromi è bene aspettare che si intiepidisca, ma addirittura il giorno dopo è ancora meglio…e per far scuocere la fregola ci vuole un impegno fuori dal comune.

    Buon appetito ed ancora auguri!

  • Toghe&Teglie: spaghetti alla moda di Maurizio

    Cari amici lettori, buona settimana a tutti da Maurizio Condipodero, della sezione calabra di Toghe & Teglie: è per me un privilegio proporvi questo piatto – che può considerarsi anche “un piatto unico” – insolito, facile da realizzare e leggero nei limiti in cui la cultura del Sud lo consente.

    Bando agli indugi: In una padella mettete del burro (tanto e di ottima qualità), alici sott’olio (abbondanti), crema di alici (di questa non molta, altrimenti si eccede in sapidità), una grattugiata di scorza di limone e fate cuocere a fuoco moderato facendo amalgamare bene gli ingredienti.

    Nel frattempo, preparate un pentolino dove verranno cotte delle uova in camicia. Vi devo spiegare come si fanno, no vero?

    Dopodiché, in un padellino fate tostare del pane di grano duro tagliato a tocchetti con olio ed un po’ di crema di alici.

    Infine, fate bollire in un infuso di bucce di limone (preparato il giorno prima mettendo a macerare le bucce di due limoni in un paio di litri di acqua) e quando inizia il bollore salate l’acqua (attenzione a non esagerare perché ci sono già le alici) e mettetevi a cuocere gli spaghetti (io ho usato quel formato che si chiama struncatura, tipico della zona di Palmi e Gioia Tauro) e, in ogni caso, occorre una pasta ruvida che trattenga bene i condimenti.

    Un paio di minuti prima del termine suggerito, scolate, unite la pasta alla padella ove sono in attesa burro ed alici completate la cottura amalgamando il tutto mentre, a latere, vi occuperete delle uova in camicia regolandovi sui diversi tempi di cottura e renderli uniformi alla fine.

    Impiattate, sistemate sulla sommità di ogni porzione di pasta un uovo in camicia, aggiungete il pane abbrustolito e con un taglio delicato create  “l’effetto lava” facendo colare un po’ di tuorlo.

    Dimenticavo: per le dosi vale sempre il sentimento.

    Datevi da fare ai fornelli e…buon appetito!

  • Toghe&Teglie: pane con farina di riso integrale

    Buona settimana agli appassionati di cucina e di questa rubrica. Sono Artana Dauti, avvocata di origine albanese del Gruppo Toghe & Teglie, naturalmente; ho pensato che, con tutto il companatico che i miei amici allestiscono in tavola e propongono, la ricetta di un pane piuttosto originale potesse essere interessante. Così eccomi qui con i suggerimenti per un pane a base di farina di riso integrale, semi di lino e curcuma.

    Iniziate mettendo in un contenitore capiente questi ingredienti e mescolate bene:

    750 grammi di farina di riso integrale e 600 ml. di acqua tiepida, otto gr. di lievito di birra secco e un pizzico di zucchero per attivare il lievito, otto  cucchiai di olio d’oliva.

    Volendo potete aggiungere anche una noce di burro, male non sta.

    A tutto ciò aggiungerete un cucchiaino di sale, due di curcuma e un pizzico di pepe nero che esalta le proprietà della curcuma, due cucchiaini colmi di semi di lino e, se graditi, se ne possono aggiungere anche due di semi di sesamo.

    Mescolate nuovamente molto bene e mettete tutto in una pirofila precedentemente foderata con carta da forno: io ne ho usata una con queste misure: 20 X 29 X 4

    Lasciate a lievitare l’impasto nella pirofila per non meno di due ore, massimo tre, meglio se coperto con un panno.

    Terminata la lievitazione e stando attenti a non mescolare o toccare la superficie infornate a 170 gradi per 90 minuti. Con un coltello si può saggiare il vostro pane prima di estrarlo dal forno e capire se è cotto al punto giusto o ha bisogno di un po’ di tempo in più.

    A cottura ultimata deve essere lasciato a raffreddare completamente prima di tagliarlo, altrimenti rischia di sbriciolarsi. Le fette possono, poi, essere in seguito tostate o riscaldate sia in tostapane che in forno o nel microonde, meglio se con la funzione dualcrisp.

    Per realizzare questo pane servono un po’ di pazienza e magari qualche prova per affinare le tecniche di impasto ma il risultato finale non vi deluderà e, dopo la pandemia, quella del pane fatto in casa è una riscoperta ed un’esperienza che vale la pena coltivare.

    Saluti a tutti, a presto!

  • Toghe&Teglie: zuppa di cipolle di Montoro

    Ciao ciao a tutti da Napoli e da Marco de Scisciolo del Gruppo Toghe & Teglie. Questa settimana tocca a me solleticarvi le papille gustative con una ricetta che – per quanto risalente all’Antica Roma – nella versione moderna viene attribuita ai francesi. Probabilmente perché i francesi a Napoli li abbiamo avuti e qui hanno sicuramente imparato ad apprezzare le cipolle ramate di Montoro, che sta in provincia di Avellino. Il resto ve lo potete immaginare…Ma quelle non le hanno e la loro zuppa non sarà mai come una preparata all’ombra del Vesuvio. In cambio ci hanno lasciato il babà, per quanto “inventato” dal cuoco polacco di Corte del Re Luigi…ma questa è un’altra storia.

    Procuratevi, tanto per cominciare, 500 grammi di cipolle ramate di Montoro e preparate un litro di brodo (io preferisco quello di carne più saporito ma basta del brodo anche vegetale, preferibilmente fatto fresco, in casa), una patata che prima lesserete e poi schiaccerete, sale e pepe q.b., formaggio emmenthal grattugiato in grana grossa (io utilizzo la grattugia a mano buchi larghi), pane di grano duro abbrustolito in forno e tagliato a cubetti, mezzo bicchiere di vino bianco, una noce di burro, olio evo.

    Preparato il brodo, sbucciate, lavate e tagliate le cipolle a fette abbastanza sottili; in un recipiente alto (ottimo il wok) mettete un filo generoso di olio e la noce di burro, versate le cipolle e cominciate a farle appassire a fuoco moderato girando ogni tanto per non farle bruciare.

    Dopo qualche minuto, versate il vino e farlo evaporare del tutto. Ora aggiungete la patata lessa schiacciata e poi il brodo fino a coprire il tutto continuando a fare cuocere a fuoco lento, aggiungendo altro brodo all’occorrenza se il composto tende a seccare o bruciare.

    Quando le cipolle saranno cotte (devono passare da un aspetto trasparente ad un colore leggermente brunito) aggiustate di sale e pepe e mettete il tutto in una terrina da forno aggiungendo senza risparmio il formaggio emmenthal grattugiato in grana grossa, infornate a 180 gradi combinato forno/grill fino a che l’emmenthal si sarà sciolto del tutto cominciando a fare la crosticina dorata.

    Servire con i cubetti di pane abbrustolito al forno preferibilmente in una ciotola a parte (se messi nella terrina rischiano di ammollarsi).

    Buona zuppa di cipolle, a presto.

  • Toghe&Teglie: paccheri mantecati ai carciofi e cavolo cappuccio

    Buongiorno a tutti, mi presento: sono Antonino Gucciardo da Alcamo, new entry del Gruppo Toghe & Teglie: tradisco un po’ l’emozione dell’esordiente perché quello che vi propongo non solo è il primo (e spero non l’ultimo) dei miei piatti destinati a questa rubrica ma è stato il primo in assoluto che ho condiviso con gli amici dei T&T. Evidentemente è piaciuto molto e spero che incontri anche il vostro apprezzamento.

    Ricetta, oggettivamente, facile: procuratevi dei carciofi (con le quantità qui si va ad occhio, secondo tradizione), puliteli dalle foglie più esterne e privateli delle punte: sostanzialmente tenete solo la parte più tenera, il cuore, e non se ne parli più.

    Ora tagliateli molto sottili e la medesima cosa fate con il cavolo cappuccio. Rosolate burro e aglio (senza farlo annerire) in padella e, secondo il gusto, aggiungete pure dei porcini secchi sminuzzati.

    A rosolatura ultimata inserite carciofi e cavolo; sale, pepe q.b. e mettete un coperchio lasciando cuocere lentamente con l’aggiunta di un po’ d’acqua alla bisogna.

    Verso la fine, quando il condimento sarà anche e più asciutto, aggiungete un po’ di latte e terminate così la cottura.

    E’ il momento della pasta, come formato sono perfetti i paccheri, possibilmente non fatti con farina di grilli ma con quella di grano duro di qualche ottimo produttore di Gragnano: mettetela a bollire e mentre cuoce (in previsione di scolarla al dente…) nel mixer mettete un po’ di noci sgusciate, parmigiano, Philadelphia e una parte del condimento e frullate il tutto.

    Gran finale usando la crema che ne risulterà per mantecare la pasta nella padella contenente il residuo del condimento di carciofi.

    Grazie per la vostra attenzione, penso che non ve ne pentirete, alla prossima!

  • Toghe&Teglie: risotto con zucca, topinambur e gorgonzola

    Ben ritrovati, affezionati lettori: già mi conoscete, sono Francesco Toschi Vespasiani, fiorentino del Gruppo Toghe & Teglie con ascendenze famigliari nel settore della ristorazione ed alle cui tradizionali ricette spesso mi affido quando metto mano a pentole e fornelli. Questa è particolarmente gustosa e le dosi che – approssimativamente – fornirò sono per quattro porzioni.

    Iniziate affettando finemente mezzo porro e tritatelo, sbucciate il tobinambur (circa tre  etti), affettandolo sottilmente. Una parte tritatela come il porro ed una parte tenetela da parte a fettine.

    Preparate  un  zucca gialla riducendola a dadini e schiacciatene una parte con la forchetta in modo da farne una purea grossolana: tutto questo dopo averle dato una prima “ripassata” in forno.

    Ora passate a preparare brodo vegetale in una pentola separata con gli odori soliti (zucchine, carote, sedano, cipolla).

    Soffriggete lentamente il porro con olio q.b. e aggiungete  subito il topinambur tritato e la zucca a purea.

    Fate stufare il tutto per un qualche minuto, se necessario aggiungendo poco brodo vegetale, e versate il riso.

    Aggiungete alcune delle fettine di topinambur in modo che cuociano con il riso ma non si disfino del tutto rimanendo percepibili  come consistenza  proprio alla fine.

    Fate  tostare un po’ il tutto e dopo aggiungete la zucca a dadini; unite un po’ di brodo vegetale, man mano che si assorbe e fino a che il riso non sia vicino a cottura.

    A questo punto aggiungete il gorgonzola e mantecate il tutto, lasciando asciugare a fuoco spento in modo da rendere il risotto cremoso e non liquido.

    Impiattate con granella di noci e, se gradite, delle fettine di topinambur fritte in una padellina a parte, in modo da farne delle piccole chips croccanti. Fiori edibili a guarnizione.

    Buon appetito!

  • Toghe&Teglie: la sfoglia alla marmellata d’arance

    Buongiorno ai lettori di questa rubrica, siamo le avvocate pisane Laura Antonelli e Tania del Colletto; ebbene sì, questa settimana siamo in due a rappresentare il Gruppo Toghe & Teglie con una ricetta a quattro mani: la marmellata, ovviamente, è fatta in casa da Tania e la sfoglia in cui racchiuderla è di Laura. Cominciamo dalla confettura che è un classico: occorre solo materia prima buona e pazienza.

    Le arance sono tarocchi siciliani non trattati: procuratevene due kg. e lavateli bene, metteteli in una grande pentola dopo aver bucherellato con una forchetta la buccia. Ricoprite d’acqua e fate bollire solo qualche secondo. Una volta raffreddati cambiate l’acqua e lasciate in ammollo per un giorno e mezzo, cambiandola un paio di volte. Al termine sbucciate le arance (se piace un gusto un po’ più amarognolo lasciate la buccia di due arance) aggiungete il succo di un limone, un kg. di zucchero e 3-4 mele sminuzzate e non trattate. In mancanza,  o secondo  i gusti, in alternativa alle mele si può aggiungere un po’ più zucchero. Mettete ora a cuocere a fuoco basso fino alla densità voluta. Ancora a bollore, travasate il composto in barattoli di vetro, chiusi e tenuti capovolti fino a che la marmellata non raffredda. E voilà la marmellata è pronta…per essere passata a Laura.

    La mia parte di ricetta è più veloce: tante parole ma in mezz’ora o poco più si fa. Dunque: mescolate (con una spatola e non con le mani per non scaldare troppo il composto) 30 gr. di farina con 100 gr. di burro per ottenere un bel parallelepipedo della forma di un panetto da riporre in frigo tra due fogli di carta da forno.

    Mentre questo preparato si raffredda, impastate 120 gr. di farina 00, un pizzico di sale e 75 gr. d’acqua e stendete l’impasto ottenuto con il mattarello. Ottenuta una sfoglia non troppo sottile (circa 3 mm.)  appoggiate al centro il panetto estratto dal frigo con qualche anticipo per ammorbidirlo e schiacciatelo con le mani in modo da fargli assumere lo stesso spessore della pasta sottostante. Ora piegate la pasta su due lati (non su quattro altrimenti si rischia che rimangano delle bolle d’aria) e stendete nuovamente con il mattarello. Raggiunto lo spessore di 2-3 mm., piegate all’interno due lati opposti e stendete una volta di più con il mattarello: l’operazione va ripetuta 4-5 volte (lasciando il preparato qualche minuto in frigo tra un giro e l’altro) fino ad ottenere la pasta “definitiva”. A questo punto stendetela fino a quando avrà raggiunto lo spessore di circa 3 mm. e  spalmatala senza risparmio con la marmellata  (lasciando libero un contorno di 1,5 cm) e, con il pelapatate,  grattugiate sopra qualche cubetto di cioccolata fondente.

    Infine, piegate a metà l’impasto e, aiutandovi con la carta da forno, sigillate i bordi con i rebbi di una forchetta, spennellate con rosso d’uovo e spolverate zucchero di canna su cui – per dargli più sprint – potreste anche sbriciolare delle bacche di pepe rosa. Infilato in forno  già caldo a 180° per una ventina di minuti scarsi.

    Dite la verità: due pisane all’uscio come noi chi non le vorrebbe?

    Un caro saluto

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