Città

  • Il nuovo film: “2023: fuga da …”

    Negli ultimi trent’anni, all’unisono, ceto politico e mediatico hanno sostenuto la presunta sostenibilità del turismo opposta ad ogni altra forma di economia bollata come “old economy”. Questa competenza strategica ha trovato espressione sia nelle classi politiche nazionali quanto regionali e nel complesso sistema mediatico, i cui effetti hanno raggiunto un nuovo terribile traguardo individuabile nello spopolamento di due tra le più importanti mete turistiche venete ed italiane come Venezia e Cortina d’Ampezzo.

    Proprio l’altro giorno, infatti, la città lagunare ha raggiunto il triste traguardo di offrire maggiori residenzialità turistiche rispetto agli stessi abitanti ormai al di sotto della soglia di sopravvivenza con 49.998 abitanti (nel 1981 erano 108.000).

    Da anni lo spopolamento di Venezia rappresenta l’inevitabile conseguenza della ponderata desertificazione industriale che ha coinvolto anche Porto Marghera. Uno smantellamento ideologico che ha distrutto una realtà complessa che aveva portato negli anni Settanta alla creazione di decine di migliaia di posti di lavoro.

    Da questa realtà si moltiplicarono le famiglie che si trasferirono in zona sostenendo una rinnovata domanda residenziale anche nell’entroterra della terraferma.

    Con le opportune proporzioni il medesimo processo sta interessando anche Cortina d’Ampezzo la quale ha perso negli ultimi vent’anni il 9% della popolazione. Un fenomeno molto preoccupante ma che va comunque inserito all’interno di un fenomeno più complesso relativo allo spopolamento di molte comunità montane.

    La mancanza, quindi, di una politica industriale e le scellerate opzioni di una economia basata solo ed esclusivamente sul turismo risulta la principale responsabile di questo spopolamento.

    In altre parole si sono invertiti i fattori di crescita demografica e sostegno alle città.

    Quasi nessuno aveva capito, ed ancora oggi esprime una certa difficoltà anche solo ad ammetterlo, come la sola economia industriale sia in grado di assicurare uno sviluppo economico ed occupazionale e quindi demografico e sociale di una città anche se meta di una forte domanda turistica.

    Nella attuale situazione, invece, esistono ed emergono tutte le responsabilità soprattutto dei sindaci degli ultimi trent’anni anni che hanno gestito, in particolar modo a Venezia, ma vale molto spesso per tantissime località turistiche italiane, le politiche economiche guidandone la desertificazione industriale e facendola diventare un luna park che alla sera spegne le luci e diventa un deserto (https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-presunta-sostenibilita-del-turismo/).

    Invertire ora questo trend rappresenta la vera ciclopica sfida con l’importante obiettivo di assicurare un futuro economico e sociale a queste splendide località, le quali meritano, proprio per la loro storia, una crescita demografica sostenuta da strategie economiche molto differenti dalla sola e semplice mercificazione turistica.

    Nel frattempo a giorni nelle sale cinematografiche il nuovo film “2023: fuga da Venezia e Cortina d’Ampezzo”.

  • Chi è responsabile del degrado di Milano?

    Apprendiamo con piacere la decisione del comune di provvedere direttamente alla riqualificazione e ristrutturazione della Palazzina Liberty in Largo Marinai d’Italia a Milano.

    Quello che però ci chiediamo e chiediamo all’amministrazione del sindaco Sala, sapendo già che non avremo risposta, è quali giustificazioni dà il Comune di Milano, l’amministrazione, per aver lasciato cadere la Palazzina Liberty in tale spaventoso stato di degrado.

    La palazzina era già stata restaurata anni fa, vi si tenevano incontri culturali e politici, anche dal Consiglio di Zona, per alcuni anni era tornata agli antichi splendori e poi? Chi ha deciso di abbandonarla al degrado?

    Quanto era costata la precedente ristrutturazione?

    Come mai ora il Comune parla di un intervento del valore di circa 5 milioni di euro quando nell’ottobre del 2021 l’allora assessore del sindaco Sala aveva pensato di darla in concessione a privati in cambio di una manutenzione stimata intorno a un milione e duecentomila euro!

    Nell’arco di un anno e mezzo il costo è lievitato portando un aumento di tre milioni e ottocentomila euro?

    Chi è responsabile del degrado se non la stessa amministrazione? Ma a pagare ovviamente saranno i milanesi non certo gli amministratori trasandati e indifferenti.

    L’assessore alla Cultura, Tommaso Sacchi, ha definito la palazzina “un bene culturale così importante e identitario per la nostra comunità”, non osiamo pensare che fine avrebbe fatto la Palazzina Liberty se non fosse stato così, probabilmente l’avrebbero abbattuta disperdendone i pezzi ad uno ad uno.

    Egregio Sindaco, è un po’ di anni che ti occupi di Milano, prima con la Moratti e ora per conto tuo per la seconda legislatura, fare ogni tanto un giro per vedere i monumenti cittadini forse ti aiuterebbe a salvaguardare meglio la città e se provi a fare a piedi qualche marciapiede e strada poi ci dici come li hai trovati tra crepe e rattoppi pericolosi.

  • La Commissione lancia il premio “Access City Award” 2023 per le città più accessibili dell’UE

    È stato lanciato il concorso “Access City Award 2023″ riservato alle città che hanno profuso i maggiori sforzi per diventare più accessibili alle persone con disabilità e hanno messo in cantiere ulteriori miglioramenti. La città vincitrice riceverà un premio finanziario di 150.000 €, mentre la seconda e la terza classificata riceveranno rispettivamente 120.000 € e 80.000 €. Il concorso, organizzato dalla Commissione europea in collaborazione con il Forum europeo sulla disabilità, è aperto alle città dell’UE con più di 50.000 abitanti. Le città premiate quest’anno saranno annunciate durante una conferenza che si terrà il 25 novembre in occasione della Giornata europea delle persone con disabilità. Le candidature per il premio di quest’anno sono aperte fino all’8 settembre sulla pagina web dell’ Access City Award 2023.

    Fonte: Commissione europea

  • Milano, Bologna, Torino ed altri capoluoghi tra le 100 città che parteciperanno alla missione dell’UE per creare città intelligenti e a impatto climatico zero entro il 2030

    La Commissione ha annunciato le 100 città dell’UE che parteciperanno alla missione “100 città intelligenti e a impatto climatico zero entro il 2030”, la cosiddetta “missione per le città”. Sono state selezionate 100 città dei 27 Stati membri, e altre 12 di paesi associati o che potrebbero associarsi a Orizzonte Europa, il programma di ricerca e innovazione dell’UE per il periodo 2021-2027.

    Milano, insieme a Bergamo, Bologna, Firenze, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino, è stata selezionata per partecipare alla missione dell’UE.

    Le nostre aree urbane ospitano il 75% della popolazione dell’Unione. A livello globale le città consumano oltre il 65% dell’energia mondiale, causando oltre il 70% delle emissioni di CO2. Perciò è importante che fungano da ecosistemi di sperimentazione e innovazione e aiutino tutte le altre a diventare climaticamente neutre entro il 2050.

    La missione per le città riceverà 360 milioni di euro di finanziamenti da Orizzonte Europa per il periodo 2022-2023, destinati ad avviare i percorsi di innovazione verso la neutralità climatica entro il 2030. Le azioni di ricerca e innovazione riguarderanno la mobilità pulita, l’efficienza energetica e l’urbanistica verde e offriranno la possibilità di realizzare iniziative comuni e potenziare le collaborazioni in sinergia con altri programmi dell’UE.

    Tra i vantaggi per le città vi sono la possibilità di ricevere consulenza e assistenza su misura da parte di un’apposita piattaforma della missione gestita da NetZeroCities, nuove opportunità di ottenere sovvenzioni e finanziamenti e la possibilità di aderire a grandi azioni di innovazione e progetti pilota. La missione offre inoltre opportunità di creare reti, consente lo scambio di buone pratiche tra le città e sostiene la partecipazione dei cittadini.

    La Commissione inviterà le 100 città selezionate a redigere “contratti cittadini per il clima”, che comprenderanno un piano globale per la neutralità climatica in tutti i settori, per esempio l’energia, l’edilizia, la gestione dei rifiuti e i trasporti, completo di piani di investimento. Il processo coinvolgerà i cittadini, gli organismi di ricerca e il settore privato. Gli impegni chiari e tangibili assunti dalle città nei contratti cittadini per il clima consentiranno loro di dialogare con le autorità europee, nazionali e regionali, e soprattutto con la popolazione, per conseguire questo ambizioso obiettivo.

    Inoltre, visto che ben 377 città hanno mostrato interesse ad aderire alla missione, la Commissione sta predisponendo anche un sostegno per quelle che non sono state selezionate, compreso un sostegno erogato tramite la piattaforma della missione e opportunità di finanziamento nell’ambito del programma di lavoro di Orizzonte Europa sulla missione per le città.

    Le città sono state invitate a manifestare il proprio interesse a partecipare alla missione a novembre 2021. Il termine ultimo per la presentazione delle domande era il 31 gennaio 2022. In una prima fase, ciascuna manifestazione di interesse è stata valutata da esperti indipendenti. Successivamente la Commissione ha applicato ulteriori criteri per garantire l’equa distribuzione geografica e selezionare un gruppo di città eterogeneo in termini di dimensioni, impatto e idee innovative. In totale 377 città hanno chiesto di partecipare alla missione. Le 100 selezionate oggi rappresentano il 12 % della popolazione dell’UE.

    La Commissione ha avviato la missione per 100 città intelligenti e a impatto climatico zero entro il 2030 a settembre 2021, con l’adozione di una comunicazione sulle missioni europee, dopo l’approvazione dei singoli piani di attuazione delle missioni nell’estate 2021. Oltre alla missione per le città ci sono altre quattro missioni dell’UE incentrate su sfide mondiali nei settori dell’adattamento ai cambiamenti climatici, del ripristino degli oceani e delle acque, della salute dei suoli e della lotta contro il cancro. Il 15 dicembre 2021 è stato pubblicato uno specifico programma di lavoro per le missioni di Orizzonte Europa.

    Le missioni sono un aspetto nuovo di Orizzonte Europa e sostengono le priorità della Commissione, come il Green Deal europeoUn’Europa pronta per l’era digitale, la Lotta contro il cancroUn’economia al servizio delle persone e il Nuovo Bauhaus europeo. Ad esempio, la missione concernente il clima è già un elemento concreto della nuova Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, la missione relativa al cancro rientra nel piano di lotta contro il cancro e la missione “Suoli” è un’iniziativa faro della Visione a lungo termine per le zone rurali dell’UE.

    Fonte: Commissione europea

  • Regioni europee in prima linea per l’emergenza profughi dall’Ucraina

    Le Regioni e le città europee passano come testimone al dibattito sul Futuro dell’Europa un Manifesto, approvato all’unanimità al Summit di Marsiglia: vuole sottolineare come per un miglior funzionamento democratico dell’Europa serva un maggior coinvolgimento delle regioni stesse, delle città e dei piccoli comuni. Più coesione, più sussidiarietà, si chiede, puntando anche a raggiungere così una maggior partecipazione dei cittadini. Tra le possibili riforme, anche maggiori poteri del Comitato europeo delle Regioni, che potrebbe venir dotato di un ruolo vincolante – e non solo consultivo – negli ambiti strategici con una chiara dimensione territoriale.

    Alla due giorni del Summit di Marsiglia, organizzato a inizio mese dal Comitato nella città francese nell’ambito della presidenza di turno Ue, si è imposta però l’attualità, con l’attacco della Russia all’Ucraina. E dalla sussidiarietà si è passati in un attimo alla solidarietà, stravolgendo l’agenda dell’evento, sia nel dibattito e sia per dar spazio ai collegamenti con gli esponenti dei territori ucraini, dal presidente del consiglio regionale di Kharkiv Serhiy Chernov, al vicesindaco di Mariupol’ Sergii Orlov, fino al sindaco di Kiev Vitali Klitschko, nominato membro onorario del Comitato europeo delle regioni dal presidente Apostolos Tzitzikostas. Tzitzikostas ha chiesto di “usare i fondi di coesione per l’accoglienza dei rifugiati ucraini”. A più riprese, del resto, è stato ricordato che saranno i rappresentanti degli enti sul territorio a dover gestire la crisi. “Non mi sarei mai aspettato tanta unità”, ha sintetizzato un esponente polacco del Comitato, il consigliere di Varsavia Mariusz Rafal Frankowski, con lo sguardo di chi è già in prima linea per i rifugiati ucraini (“Seicentomila sono già a Varsavia”). “Sento la solidarietà nel mio Paese e sono felice di vederla in tutta l’Unione”, ha detto Marius Ursaciuc, sindaco della città rumena di Gura Humorului, aggiungendo che gli arrivi più recenti di rifugiati sono di persone intenzionate a restare vicine al confine “perché si aspettano di poter tornare nelle loro case in Ucraina”. “Non scenderemo a compromessi, perché diamo per scontata la democrazia”, ha detto dell’attacco all’Ucraina la presidente del Parlamento europea Roberta Metsola. “Continueremo a lavorare insieme per garantire l’accoglienza dei profughi ucraini insieme, fedeli ai nostri valori”, ha fatto sapere in una dichiarazione per il Summit il presidente francese Emmanuel Macorn: “L’ideale umanistico europeo trova oggi un nuovo slancio. Insieme mostriamo il volto migliore dell’Europa, un’Europa solidale, vicina, giusta, democratica”.

    Nello choc per l’aggressione russa i vertici del Comitato hanno diffuso una dichiarazione di condanna: “Siamo pronti a presentare ai nostri rispettivi governi e al Consiglio dell’Unione europea la richiesta di imporre al governo della Federazione russa le sanzioni più dure possibili”, afferma tra l’altro, chiedendo poi “assistenza immediata ai cittadini dell’Ucraina attraverso la rapida attivazione del meccanismo di protezione civile dell’Ue per l’assistenza umanitaria”. Come presidente di Eurocities (200 le città europee aderenti), il sindaco di Firenze Dario Nardella, ha annunciato a Marsiglia che il 12 marzo ci sarà una manifestazione delle città europee. Hanno già aderito Milano, Roma, Bologna, Napoli, Braga, Marsiglia, Nizza e Rotterdam, Cluj-Napoca.

  • Studio della Ue: il rilancio della città produttive è la chiave per futuro

    Un catalizzatore di crescita, ricerca e innovazione, ma anche un elemento cruciale per garantire una maggiore resilienza di fronte a varie crisi. Negli ultimi anni i centri urbani europei hanno riscoperto l’importanza dell’industria per le economie locali, promuovendo iniziative volte ad attrarre talenti, investimenti e imprese o a preservarne la presenza in città. È quanto emerge dal progetto di ricerca Mista, realizzato dal programma di cooperazione europeo Espon, specializzato in analisi regionali.

    In questo contesto favorevole, spiegano i ricercatori, alcune attività industriali sono tornate negli agglomerati urbani e, sebbene la natura di tale ritorno differisca sostanzialmente da quanto avvenuto nei decenni precedenti, si può comunque riconoscere in esso un importante rilancio. In quest’ottica, le città metropolitane giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo di strategie industriali adeguate, sia costruendo visioni e scenari, sia mettendo a disposizione incentivi e strumenti per stringere un nuovo dialogo tra città e manifattura.

    Nello studio si riportano diversi esempi: dai programmi di Bruxelles che promuovono l’economia circolare, ai progetti che mixano industria, residenza, funzioni culturali, come a Rotterdam, ai piani per la costruzione di modelli urbani nuovi, come osservato a Parigi e Londra. Tra i casi presi in esame anche quello di Torino dove sono stati realizzati progetti che mirano a riusare aree dismesse in città per riportarvi funzioni produttive avanzate.

    “L’Ue è particolarmente attenta a questa sfida, come sottolinea la nuova Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili, approvata nel novembre 2020 – spiega Valeria Fedeli, docente di pianificazione e politiche urbane al Politecnico di Milano -. Nel documento si propongono tre chiavi per la città del futuro, tra cui proprio la ‘città della produzione’, e si chiede alle città di andare in questa direzione, superando l’idea che la manifattura non sia compatibile” con gli agglomerati urbani.

    Il progetto si conclude con una serie di raccomandazioni rivolte agli enti locali perché diventino protagonisti di questo rilevante processo di pianificazione strategica, suggerendo da un lato la necessità di osservatori più attenti sui processi in atto, e fornendo dall’altro strumenti che permettano di mantenere e rilanciare il ruolo dell’industria nelle città, di costruire spazi integrati, di rendere le aree urbane dei luoghi accoglienti.

  • Italia in fondo alla classifica europea delle green cities, Napoli ultima

    Italia maglia nera nella classifica europea delle città verdi per la mobilità urbana e la qualità dell’aria, con Napoli che è la peggiore delle 36 metropoli di 16 Paesi esaminate nella campagna “Clean cities” (Città pulite), promossa da una coalizione fra ong, associazioni e think tank ambientalisti (tra cui Legambiente, Cittadini per l’aria, Kyoto Club e Transport and Environment). Ma in fondo alla classifica si sono piazzate pure Milano (20esima), Torino (23esima) e Roma (32esima). Sul podio la scandinava Oslo, seguita da Amsterdam e Helsinki, ma anche le più virtuose non sono state promosse a pieni voti visto che il massimo del punteggio è stato 71,5% della capitale norvegese, dimostrando di essere ancora distanti da una mobilità a emissioni zero entro il 2030.

    “Le città italiane potevano uscire dalla pandemia trasformate in meglio: meno inquinamento dell’aria, meno auto in circolazione, più bici e trasporto pubblico. Purtroppo non hanno raccolto la sfida e spesso hanno fatto passi indietro”, commenta Claudio Magliulo, responsabile della campagna Clean Cities in Italia rilevando che invece alcune città europee hanno dimostrato che “si può reinventare lo spazio urbano nel tempo di una stagione”: Parigi, al quinto posto, “ha ad esempio investito nella riduzione drastica del traffico veicolare e nella promozione della mobilità pedonale e ciclistica”.

    Tra gli aspetti considerati nel rapporto “Pan-European City Rating and Ranking on Urban Mobility for Liveable Cities”, (Valutazione pan-europea delle città e classifica sulla mobilità urbana per città vivibili), ci sono, tra gli altri, lo spazio urbano dedicato a pedoni e biciclette, l’accessibilità ed economicità del trasporto pubblico locale, l’infrastruttura per la ricarica dei veicoli elettrici, le politiche di riduzione del traffico, dei veicoli inquinanti e l’offerta di servizi di sharing mobility. Tutto ruota attorno alla mobilità visto che il settore dei trasporti contribuisce a un quarto delle emissioni di gas serra in Italia e in Europa, ed è l’unico ad aver registrato un aumento delle emissioni dal 1990, ricorda il rapporto.

    Dal responsabile mobilità di Legambiente, Andrea Poggio, arriva un appello ai sindaci: “Misuriamoci con l’obiettivo di dimezzare auto e inquinamento e raddoppiare tram e treni, fermare i diesel e promuovere elettrico, biciclette e monopattini, ridisegnare e ridurre la velocità a 30 km/h nell’80% delle strade”.

    La presidente di Cittadini per l’aria, Anna Gerometta aggiunge: “Le mappe dell’inquinamento da biossido di azoto di Milano, Roma e Napoli dipingono città dove il traffico la fa da padrone” mentre la responsabile mobilità di Kyoto Club, Anna Donati, osserva che “questa è la dura lezione per le amministrazioni comunali italiane: serve visione, coraggio e determinazione costante”.

    Delle 30 città con la peggiore qualità dell’aria in Europa 10 sono italiane e questo costa molteplici procedure d’infrazione europee per l’assenza di politiche adeguate in materia.

  • Tel Aviv named as world’s most expensive city to live in

    Tel Aviv has been named as the most expensive city in the world to live in, as soaring inflation and supply-chain problems push up prices globally.

    The Israeli city came top for the first time in a survey by the Economist Intelligence Unit (EIU), climbing from fifth place last year and pushing Paris down to joint second with Singapore.

    Damascus, in war-torn Syria, retained its place as the cheapest in the world.

    The survey compares costs in US dollars for goods and services in 173 cities.

    The EIU said the data it collected in August and September showed that on average prices had risen 3.5% in local currency terms – the fastest inflation rate recorded over the past five years.

    Transport has seen the biggest price increases, with the cost of a litre of petrol up by 21% on average in the cities studied.

    Tel Aviv’s climb to the top of the EIU’s World Cost of Living rankings mainly reflected the soaring value of Israel’s currency, the shekel, against the dollar. The local prices of around 10% of goods also increased significantly, especially for groceries.

    The survey found Tel Aviv was the second most expensive city for alcohol and transport, fifth for personal care items, and sixth for recreation.

    Tel Aviv’s mayor, Ron Huldai, warned in an interview with the Haaretz newspaper that rising property prices – not included in the EIU’s calculations – meant the city was heading towards an “explosion”.

    “Tel Aviv will become increasingly more expensive, just as the entire country is becoming more expensive,” he said.

    “The fundamental problem is that in Israel there is no alternative metropolitan centre. In the United States, there is New York, Chicago, Miami and so on. In Britain, there’s Greater London, Manchester and Liverpool. There you can move to another city if the cost of living is too onerous.”

    Last year, Paris, Zurich and Hong Kong shared joint first place in the EIU’s survey. Zurich and Hong Kong were fourth and fifth this year, followed by New York, Geneva, Copenhagen, Los Angeles and Osaka.

    Tehran climbed the most in the rankings, jumping from 79th to 29th, as US economic sanctions continued to cause shortages of goods and rising import prices in Iran.

    The EIU said the rankings continued to be sensitive to shifts brought about by the coronavirus pandemic.

    “Although most economies are now recovering as Covid-19 vaccines are rolled out, the world’s major cities still experience frequent surges in cases, prompting renewed social restrictions. In many cities this has disrupted the supply of goods, leading to shortages and higher prices.”

    It added: “Fluctuating consumer demand has also influenced purchasing habits, while investor confidence has affected currencies, further fuelling price rises.”

    ìThe EIU said it expected price rises to moderate over the coming year as central banks cautiously increased interest rates to stem inflation.

    The five most expensive cities

    1 Tel Aviv

    2 Paris and Singapore in joint place

    3 Zurich

    4 Hong Kong

    The five cheapest cities

    1 Damascus

    2 Tripoli

    3 Tashkent

    4 Tunis

    5 Almaty

    Source: EIU’s World Cost of Living index

  • Senza casa: quanti sono e come aiutarli?

    In un recente articolo, sul settimanale Sette, Mario Volpe scrive del documentario Lead me home nel quale Job Shenk e Pedro Kos, attraverso storie vere, raccontano la tragedia di più di 500.000 americani che passano la loro vita senza avere una casa. Persone che vivono per strada, persone cadute in fondo per colpa delle più disparate situazioni e vicende, dalla tossicodipendenza all’infermità mentale, dalla perdita del lavoro a problemi famigliari. A tutto questo numero spaventosamente alto di emarginati la sanità americana non dà ancora oggi risposte, troppo alti i costi, troppo ingiusto un sistema che se non hai un’assicurazione non ti cura e che comunque ti abbandona quando le cure diventano troppo lunghe od onerose rispetto a quanto si è pagato. Anche le persone portatrici di handicap si trovano troppo spesso abbandonate a se stesse ed ai costi spropositati degli ospedali e delle cure sanitarie si aggiungono i prezzi troppo alti anche le più umili abitazioni. La corsa al nuovo porta ad abbattere catapecchie, rifugi, case obsolete per costruire quartieri moderni nei quali non c’è più spazio, possibilità di accoglienza per i più poveri. Per comprendere una parte di questo dramma che si ripropone di anno in anno basta ricordare come l’anno scorso, in piena pandemia, centinaia di emarginati furono radunati in un immenso parcheggio e lasciati lì per molto tempo, abbandonati sull’asfalto con le loro coperte sporche e le loro speranze perdute. Noi in Italia abbiamo una sanità che si occupa anche dei più poveri ma ormai sempre più spesso vediamo persone che vivono per strada e, nonostante l’aiuto ed il lavoro delle associazioni di volontariato, la loro vita è continuamente a rischio, specie nei mesi più freddi e in certe zone. La nostra è una democrazia molto più avanti di quella statunitense ma bisogna fare ancora molti passi avanti per impedire ingiustizia ed indifferenza e vorremmo che tra i compiti dei sindaci ci fosse anche quello di provvedere meglio alle persone senza casa e di rendere noto ai propri concittadini, di mese in mese, qual è il numero di persone che vive per strada e come si può dar loro una mano.

  • Sempre più boschi in Italia, in 10 anni Co2 abbattuta di 290 milioni di tonnellate

    Cinquecentottantasette ettari di aria più pulita: aumenta la superficie dei boschi in Italia e anche la capacità di assorbire anidride carbonica. In 10 anni la superficie boschiva nazionale è salita a 11 milioni di ettari, la biomassa forestale è cresciuta del 18,4%. E’ questo ha un deciso effetto positivo sull’aria. Alberi e legname consentono così di intrappolare e assorbire 290 milioni di tonnellate di Co2 in più.

    I Carabinieri Forestali, con l’aiuto dei droni, ma anche più prosaicamente di grandi strumenti di misurazione ‘fisica’ come i calibri, hanno realizzato un importante Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi forestali di Carbonio. Con il supporto scientifico del Crea hanno misurato lo stato di vitalità delle foreste e il loro contributo per mitigare la “febbre planetaria”. E per una volta le notizie che arrivano sul fronte ambientale sono positive. “La rilevazione evidenzia un dato oggettivamente confortante – afferma il comandante dei Carabinieri Forestali, il generale Antonio Pietro Marzo – L’inventario è uno strumento di conoscenza concreta a supporto delle politiche ambientali e forestali. Conoscere vuol dire comprendere e quindi agire di conseguenza, favorendo il cambiamento e i processi non solo di conservazione ma anche di sviluppo”.

    I boschi, calcola l”inventario’, coprono il 36,7% del territorio nazionale, i metri cubi di biomassa espressi in valori per ettaro sono passati da 144,9 a 165,4 metri cubi. Importanti i dati sulla quantità di Co2 sottratta all’atmosfera che passa da1.798 milioni di tonnellate a quota 2.088 milioni corrispondente a 569 milioni di tonnellate di carbonio organico trattenuto nella biomassa e nel legno morto. Gli alberi sono di fatto una vera e propria macchina biologica che cattura carbonio: un metro cubo di legno secco contiene circa 260 chili di carbonio, pari a circa metà del suo peso.

    Le Regioni che maggiormente contribuiscono al volume complessivo dei boschi italiani sono la Toscana, il Piemonte e la Lombardia, rispettivamente con il 10.4%, il 9.8% e l’8.7% del totale. I valori minimi regionali sono stati registrati per la Puglia, la Valle d’Aosta e il Molise, con contributi variabili tra l’1.0% e l’1.3% del totale, che ovviamente tiene conto anche dalla loro diversa superficie, oltre che della diversa composizione delle foreste. La fotografia mostra anche che le specie presenti sono 180 ma di queste ne bastano quattro per rappresentare il 50% del volume dei boschi: il faggio, l’abete rosso, il castagno e il cerro. Bisogna aggiungere poi altre sette specie per arrivare al 75%: il larice, la roverella, il carpino nero, il leccio, l’abete bianco, il pino nero e il pino silvestre.

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