Clima

  • L’UE approva la dichiarazione internazionale su clima e salute in occasione della Giornata della salute della COP28

    Domenica 3 dicembre la Commissione ha approvato ufficialmente, a nome dell’UE, una dichiarazione internazionale su clima e salute. L’approvazione ha avuto luogo negli Emirati arabi uniti nel contesto della Giornata della salute della COP28, durante la quale si è tenuta la prima conferenza ministeriale in materia di clima e salute, con la partecipazione del Vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, le relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, Maroš Šefčovič.

    Si stima che l’ondata di calore dell’estate del 2022 abbia causato 62 000 decessi in Europa. L’aumento delle temperature sta inoltre generando nuove minacce per il nostro continente, tra cui le malattie trasmesse dalle zanzare e dall’acqua. A titolo di esempio delle azioni volte ad affrontare questa sfida, l’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) della Commissione sta investendo 120 milioni di € per migliorare l’accessibilità alle contromisure mediche per le malattie trasmesse da vettori.

    La dichiarazione sul clima e sulla salute è un appello internazionale su base volontaria ad agire per affrontare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla salute umana. Si tratta di un impegno di tutti i firmatari ad adoperarsi a favore di sistemi sanitari più resilienti ai cambiamenti climatici, a basse emissioni di carbonio e sostenibili e a fare di più per proteggere le persone più vulnerabili e colpite dalla crisi climatica.

  • Brazil records its hottest ever temperature

    Brazil has recorded its hottest ever temperature – 44.8C (112.6F) – as parts of the country endure a stifling heatwave.

    The record was hit on Sunday in the town of Araçuaí, in Brazil’s south-eastern state of Minas Gerais.

    The unprecedented weather has been attributed to the El Niño phenomenon and climate change.

    Forecasters say some of the heat is likely to ease this week.

    According to the National Institute of Meteorology (Inmet), only three state capitals will see temperatures approaching 40C, CNN Brasil reported.

    The government agency said Araçuaí’s high of 44.8C had beaten the country’s previous record of 44.7C, measured in 2005.

    The heat has seen red alerts issued across the country, weeks before the beginning of summer in the southern hemisphere. Brazil’s energy consumption has soared to record levels as people try to keep themselves cool.

    The high temperatures led to Taylor Swift cancelling one of her concerts in Rio de Janeiro after a fan fell ill and died before a show on Friday.

    According to the organisers, 23-year-old Ana Clara Benevides Machado had sought help at the stadium after feeling unwell. She was transferred to hospital but died one hour later.

    Official research released two weeks ago showed that the average temperature in the country had been above the historical average from July to October.

    Extreme weather is becoming more frequent and more intense in many places around the world because of climate change.

    According to scientists, heatwaves are becoming longer and more intense in many places and this is expected to continue whilst humans keep releasing planet-warming greenhouse gases.

    Meanwhile, the Earth is currently in an El Niño weather phase, during which time global temperatures typically increase.

  • Il dilemma africano tra fossili e rinnovabili

    L’Africa paradiso mondiale delle energie rinnovabili, che attraverso i “crediti di carbonio” si fa finanziare i suoi progetti green dai paesi più ricchi. Oppure l’Africa nuova frontiera delle fonti fossili, petrolio e gas, sempre più ricercate da un mondo in crisi energetica. Quindi, puntare sulle rinnovabili o sulle fossili per sostenere lo sviluppo del continente? E’ questo il dilemma intorno al quale ruota il primo Africa Climate Summit, che si è aperto a Nairobi. Un vertice sul clima al quale partecipano gli stati africani, ma anche leader dei Paesi ricchi che nel continente possono e vogliono investire.

    Al summit di Nairobi va in scena lo scontro fra i Paesi che non hanno grossi giacimenti di idrocarburi, e quindi puntano sulle rinnovabili, come Kenya, Sudafrica, Egitto ed Etiopia, e quelli che invece hanno ricche riserve di gas e petrolio, e vogliono sfruttarle per sostenere il loro sviluppo, come Nigeria, Senegal, Angola e Mozambico. I primi vogliono sviluppare in Africa il mercato dei Carbon Credit, cioè il finanziamento di progetti green nel continente per compensare le emissioni dei paesi ricchi, e vogliono imporre una carbon tax a livello globale, per sostenere la finanza verde. Gli stati africani ricchi di oil&gas invece non vogliono perdere questa bonanza, e chiedono vincoli meno stringenti sulle emissioni e nessuna carbon tax.

    I Paesi africani producono solo il 4% della CO2 mondiale, ma sono i più colpiti dagli effetti del riscaldamento globale, cioè desertificazione ed eventi climatici estremi. Fenomeni che in quei paesi provocano morte, miseria, guerre, e migrazioni. L’Africa, continente assolato e ricco di foreste, ha enormi potenziali per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, che potrebbero dare energia a buon mercato e milioni di posti di lavoro ai suoi abitanti. Alla Cop27 di Sharm el-Sheikh dell’anno scorso, Paesi africani e istituzioni finanziarie hanno lanciato la Africa Carbon Markets Initiative: un’alleanza per arrivare nel 2030 all’emissione nel continente di 300 milioni di crediti di carbonio all’anno, per generare 6 miliardi di dollari di reddito annui. Ma al tempo stesso, molti Paesi africani galleggiano su gas e petrolio, ricercatissimi dai paesi ricchi, e ancora più da quelli emergenti. Fonti fossili che peggiorano l’effetto serra, ma che generano ricchezza immediata. Una ricchezza che permette di far uscire dalla miseria larghi strati della popolazione africana, e quindi generare consenso politico ai governanti.

  • Nuovo strumento per prevenire e gestire rischi significativi di alluvione

    La Commissione ha pubblicato un nuovo strumento che fornisce dati sulle alluvioni e contribuisce alla valutazione del rischio. Lo strumento è stato elaborato nell’ambito della direttiva dell’UE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, che stabilisce i meccanismi di gestione del rischio. Per la prima volta, lo strumento fornirà una mappa unica delle zone a potenziale rischio significativo di alluvione e un portale di accesso a tutte le informazioni correlate, fornendo ai decisori una visione d’insieme dei dati necessari per gestire il rischio. Lo strumento di visualizzazione online mette in luce che oltre 14 000 zone dell’UE sono a rischio significativo di alluvioni.

    I dati sul rischio di alluvioni sono forniti dagli Stati membri con il sostegno della Commissione e dell’Agenzia europea dell’ambiente. I dati comprendono le valutazioni preliminari del rischio di alluvioni redatte dagli Stati membri, le mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni e i piani di gestione del rischio di alluvioni.

    Le alluvioni sono le catastrofi naturali più comuni e più costose in Europa e sono sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici. Le loro conseguenze sono devastanti, in quanto mettono in pericolo vite umane e la biodiversità, oltre a provocare gravi perdite economiche. Nei prossimi decenni si assisterà probabilmente a un aumento del rischio di alluvioni in Europa, con le gravi perdite economiche che ne conseguono. Migliori informazioni e una gestione integrata del rischio di alluvioni possono ridurre la probabilità che tali catastrofi si verifichino e, con le opportune misure, rafforzare la resilienza della società e della natura nei confronti di fenomeni meteorologici estremi.

  • Il clima spinge sempre più tartarughe marine in Italia

    La crisi climatica influenza anche le tartarughe marine che si sono spinte verso i nostri mari. Con l’aumento delle temperature delle acque del Mediterraneo (1,4 gradi in più dalla media dell’800), si è verificato un numero crescente di nidificazioni sulle coste tirreniche italiane (84,5%), seguite da quelle di Spagna (13,9%) e Francia (1,5%) raggiungendo nelle ultime 2 stagioni il numero record di 146. Sono i dati diffusi da Legambiente in occasione della Giornata delle tartarughe marine celebratasi il 16 giugno.

    Ma se i cambiamenti climatici spingono le tartarughe verso nuove aree, purtroppo, spesso queste spiagge non possono essere considerate adatte ad accogliere la specie, tanto che tra il 2021 e il 2022 sono stati registrati ben 115 tentativi falliti di nidificazione. Spagna, Francia e Italia sono, infatti, tra i primi 7 Paesi mediterranei con la più alta pressione turistica con conseguenti problemi di inquinamento luminoso e acustico.

    Per far fronte a questo fenomeno è nato Life Turtlenest, un progetto cofinanziato dall’Unione Europea attraverso il programma LIFE e coordinato da Legambiente, finalizzato al miglioramento della conservazione della tartaruga marina comune in Italia, Spagna e Francia, attraverso attività di monitoraggio, messa in sicurezza dei nidi, ricerca scientifica. Infatti, l’87% dei nidi scoperti nel Mediterraneo occidentale si trova su spiagge con un alto impatto antropico (ossia all’interno o in prossimità di stabilimenti balneari o strutture costruite sulle spiagge), l’88% dei litorali è anche esposto all’inquinamento luminoso e quindi quasi un terzo dei nidi è stato trasferito perché le femmine hanno deposto troppo vicino all’acqua o in luoghi non adatti (ad esempio sabbia mista a terra e ciottoli) come possibile risposta agli ostacoli presenti sulla spiaggia e all’intenso inquinamento luminoso o acustico.

  • Nuovi orientamenti per aiutare i paesi dell’UE ad aggiornare le loro strategie di adattamento ai cambiamenti climatici

    La Commissione europea ha adottato una nuova serie di orientamenti per assistere gli Stati membri nell’aggiornamento e nell’attuazione di strategie, piani e politiche nazionali di adattamento complete, in linea con legge europea sul clima e con la strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici.

    Dalle ondate di calore estremo alle siccità devastanti, dai rovinosi incendi boschivi all’innalzamento del livello dei mari, con la conseguente erosione delle coste, gli inevitabili impatti dei cambiamenti climatici incontrollati sono ben noti e stanno ormai iniziando a manifestarsi concretamente. Le ultime conclusioni della relazione del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) sottolineano l’urgenza di adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici. Gli orientamenti pubblicati oggi intendono aiutare gli Stati membri a migliorare i preparativi per questa realtà emergente, caratterizzata da un rapido aumento della frequenza con cui si manifestano tali fenomeni.

    La Commissione punta a sostenere gli Stati membri nell’adozione di un approccio globale all’elaborazione delle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici grazie a un coordinamento e a un’integrazione multilivello, sia sul piano orizzontale che a tutti i livelli degli enti subnazionali. Gli orientamenti comprendono anche un elenco completo delle principali caratteristiche della politica di adattamento. Per migliorare le strategie e i piani di adattamento degli Stati membri, gli orientamenti propongono inoltre nuovi temi e settori strategici di cui tenere conto all’atto di elaborare politiche volte a garantire risultati migliori.

  • Will the Gulf Stream really collapse by 2025?

    The Gulf Stream system of warm ocean currents could collapse as early as 2025, a scientific study has warned.

    The end of the system, which drives the Atlantic’s currents and determines western Europe’s weather, would probably lead to lower temperatures and catastrophic climate impacts.

    But leading scientists have reservations about the study and say it is not established science.

    It is far from certain the system will shut down this century, they say.

    The most recent assessment by the Intergovernmental Panel on Climate Change concluded that Amoc would not in fact collapse so quickly.

    The latest study’s author, Prof Peter Ditlevsen at the University of Copenhagen, told BBC News that other scientists had warned about the potential for collapse of the system, known as the Atlantic Meridional Overturning Circulation (Amoc).

    “There’s been worries that this current is weakening for as long as we have had measurements of it – since 2004,” he said.

    The Amoc is a complicated set of currents that bring warm water north towards the pole, where it cools and sinks.

    But as global temperatures rise with global warming, fresh water is pouring into the Amoc from the melting Greenland ice cap and other sources.

    It if collapses, it could lower temperatures by up to 10 or 15 degrees in Europe and lead to rising sea levels in the eastern US. It would also disrupt rain that billions rely on for agriculture.

    The last time Amoc stopped and restarted was during Ice Ages about 115,000 to 12,000 years ago.

    The new study, published in Nature Communications, used sea surface temperature data stretching back to 1870 as a way of assessing the change in strength of Amoc currents over time.

    It estimates Amoc could collapse between 2025 and 2095.

    The analysis is based on greenhouse gas emissions rising as they have done so far. If emissions started to reduce, the world would have more time to keep temperatures below the point at which Amoc would collapse.

    But scientists including Ben Booth at the Met Office Hadley Centre say the paper’s conclusions “are far from settled science”.

    “We just don’t have the evidence to state that it has declined,” says Prof Penny Holliday at the National Oceanography Centre.

    “We know that there is a possibility that Amoc could stop what it’s doing now at some point, but it’s really hard to have certainty about that,” she says.

    “If my neighbour asked me if I should worry about heatwaves or the Amoc collapse, I’d say worry about temperatures. We know that is already happening and will get worse,” she said.

    The reasons for many scientists’ reservations is that they say the study’s authors made a series of assumptions about how to understand Amoc.

    But the climate system is extremely complex and experts do not have all the evidence they need to fully understand the Amoc.

    The predictions that it could collapse as early as 2025 or by 2095 should be taken with a large grain of salt, says Jon Robson at the National Centre for Atmospheric Science, University of Reading.

    But It does not mean that the study is not important or that the possibility of Amoc shutting down should be dismissed, they say.

    “We do still have to take the idea seriously that there could be abrupt changes in the North Atlantic climate system,” says Prof Robson.

    “But the exact predictions that it will happen and within this time frame – you have to take that with some scepticism,” he adds.

  • A Bologna l’Università dell’Onu per studiare clima

    Il dipartimento dell’Università delle Nazioni Unite che attraverso i big data e l’intelligenza artificiale studierà il cambiamento climatico e il riscaldamento globale, nascerà a Bologna. A fine 2022 il consiglio dell’Università delle Nazioni Unite ha infatti accettato la proposta arrivata da Regione Emilia-Romagna e Ministero degli Esteri per istituire a Bologna il dipartimento Ibahc dell’ateneo internazionale: si tratta del 12esimo aperto nel mondo, il primo nell’area Mediterranea.

    La Regione Emilia-Romagna, come ha annunciato il presidente della Regione Stefano Bonaccini, ha già stanziato 5 milioni nel triennio necessari a garantire l’avvio dell’istituto e mettergli a disposizione una sede che sarà nel tecnopolo di Bologna, dove già ci sono il centro di calcolo con il supercomputer Leonardo (il quarto più potente del mondo) e il Centro meteo dell’Unione Europea. Le tre realtà del tecnopolo agiranno in sinergia, come pure con l’Università di Bologna che sarà un partner tecnico, ma metterà a disposizione anche la sua rete. Bonaccini ne ha già parlato con il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, visto che la Farnesina dovrà impegnarsi per altri 40 milioni, per dare continuità al progetto realizzato con il precedente governo.

    Quella che sorgerà a Bologna sarà un’Università vera e propria, con corsi di laurea specifici, docenti e ricercatori che verranno selezionati per approfondire le questioni del cambiamento dell’habitat umano grazie alle tecnologie che si trovano al tecnopolo. Il rettore dell’ateneo delle nazioni unite David M. Malone ha inviato una lettera non solo per approvare, ma anche per elogiare il progetto che si occuperà, appunto, di indagare i cambiamenti climatici attraverso i big data e l’intelligenza artificiale. Il prossimo passaggio formale sarà un accordo bilaterale fra l’Onu e le autorità italiane nel quale si formalizzerà l’accordo e si darà il via operativo alla nascita dell’Ibahc (acronimo dell’istituto che sta per Big Data e Intelligenza artificiale per la gestione del cambiamento dell’habitat umano).

    «A Bologna e in Italia – ha detto Bonaccini – arriveranno ricercatori, esperti e conoscenze davvero uniche, che si aggiungeranno a infrastrutture già oggi di portata internazionale assoluta come il supercomputer Leonardo e il Data Center del Centro Meteo europeo. Un risultato di squadra, raggiunto grazie all’approfondito lavoro svolto con le tante istituzioni coinvolte e con il fondamentale supporto dell’United Nations University, e che conferma ancora una volta l’Emilia-Romagna come centro d’eccellenza a livello internazionale per le attività di ricerca, scienza, intelligenza artificiale e big data. E con la nostra regione il Paese».

  • Un inverno eccezionalmente secco e mite colpisce il sud e l’ovest dell’UE

    In vista della Giornata mondiale dell’acqua, della conferenza delle Nazioni unite sull’acqua che si terrà a New York, e della prossima relazione di sintesi del gruppo di esperti intergovernativi sui cambiamenti climatici, il Centro comune di ricerca della Commissione ha pubblicato una nuova relazione sulle siccità in Europa, da cui emerge che la maggior parte dei paesi del sud e dell’ovest dell’UE sono colpiti da una siccità causa di preoccupazioni crescenti per l’approvvigionamento idrico, l’agricoltura e la produzione di energia.

    A causa di un inverno eccezionalmente secco e mite, si riscontrano anomalie già considerevoli nell’umidità del suolo e nella portata dei fiumi, specialmente in Francia, in Spagna e nel Nord Italia. L’accumulo di neve nella regione alpina è stato ben al di sotto della media, persino a quella dell’inverno 2021-2022. Il risultato sarà una riduzione sostanziale del contributo dello scioglimento delle nevi alle portate dei fiumi nella regione perialpina nella primavera e all’inizio dell’estate 2023.

    Le precipitazioni delle prossime settimane saranno cruciali per determinare l’andamento della siccità attuale e dei suoi effetti. L’Europa e la regione mediterranea potrebbero andare incontro a un’estate estrema, simile a quella del 2022. La relazione raccomanda un monitoraggio attento e un uso appropriato dell’acqua, come pure l’attuazione di strategie di adattamento settoriali mirate e una cooperazione rafforzata, in quanto si prevede che tali modelli climatici e metereologici saranno più frequenti in futuro.

    Condizioni climatiche più calde e secche del normale si manifestano anche nel sud e nell’est della regione mediterranea, dove una grave carenza di precipitazioni colpisce il Maghreb e la Turchia, come evidenziato nel bollettino MARS del Centro comune di ricerca sull’Africa del Nord..

    Durante la prossima conferenza delle Nazioni unite sull’acqua, l’UE unirà gli sforzi per fronteggiare la crisi mondiale dell’acqua e garantire la sicurezza idrica a tutti, annunciando 33 impegni ad agire subito, compreso quello sulla resilienza alla siccità.

  • Il turismo della neve in Italia vale più di 10 miliardi

    La mancanza di neve è solo l’ultima delle grandi difficoltà nell’impegnativo slalom affrontato in questi ultimi anni dal turismo della neve. Dopo la stagione ‘nulla’ dovuta al Covid-19 nel 2020-2021 e un’altra – lo scorso inverno – in cui non si è riusciti a tornare sui livelli pre pandemia, quest’anno a colpire duro ci si sono messi l’esplosione dei costi energetici e appunto la neve latitante. Se il primo problema è stato in parte alleviato da un generalizzato rialzo dei prezzi contro il meteo la battaglia è assai più dura. Sulla mancanza di neve nell’Appennino la ministra aveva convocato un tavolo con gli operatori del settore delle regioni coinvolte, che sarà riconvocato a breve.

    Nonostante queste difficoltà le performance del settore sono state però buone, come ha spiegato all’Ansa Massimo Feruzzi, amministratore unico di Jfc e responsabile di Skipass Panorama Turismo, osservatorio italiano del turismo montano. «Le previsioni di inizio stagione – ha detto – indicavano un fatturato di 9 miliardi 514 milioni di euro di fatturato, ma il pre-consuntivo (ad oggi) porta tale valore a 10 miliardi 120 milioni in crescita del +15,7% sullo scorso e molto vicino ai dati della stagione 2018/2019. Nell’ultimo inverno pre pandemia, infatti, il fatturato arrivò a 10 miliardi 409 milioni. La riduzione dei costi energetici permetterà alle aziende della filiera di ottenere margini superiori rispetto alle previsioni di inizio stagione».

    Secondo Feruzzi è determinante mettere a punto una strategia decisa e precisa per i prossimi anni in quanto il turismo invernale è in rapido cambiamento. «Credo che per la ‘montagna del domani’ – ha detto – siano indispensabili cinque azioni strategiche. In primo luogo la specializzazione: non tutto per tutti, ma destinazioni tematizzate per tipologia di cliente, disciplina sportiva, etc. La seconda è la socializzazione, ovvero uno sviluppo delle destinazioni montane come luoghi di relazione umana, anche con la comunità locale. Terza strategia è lo sviluppo verticale, ovvero la creazione di nuove emozioni in quota (dalla ristorazione al benessere, dall’alloggio agli eventi, etc.). Importantissima sarà la sostenibilità autentica: fruizione dell’ambiente, qualità dei servizi e accessibilità per tutti. Infine la strutturazione del prodotto: il ‘bianco/neve’ come motivazione primaria, ma tutto il resto come offerta ancillare».

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