Comuni

  • Il governo stanzia 18 milioni per la manutenzione delle strade da parte dei Comuni

    Con decreto del capo del Dipartimento per le opere pubbliche e le politiche abitative del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è stata approvata la graduatoria, per l’anno 2023, degli interventi di messa in sicurezza e manutenzione di strade comunali, ammessi al finanziamento a valere sul “Fondo interventi stradali nei piccoli Comuni”. E’ quanto si legge in una nota del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Si tratta di 18 milioni di euro con i quali saranno finanziati 142 progetti, fino a un importo massimo di 150.000 euro ciascuno. Secondo quanto stabilito dalla norma istitutiva del Fondo, limitatamente all’anno 2023, le risorse sono state prioritariamente assegnate ai Comuni, fino a 5.000 abitanti, per i quali, nel medesimo anno, sia stato dichiarato lo stato di emergenza.

    I finanziamenti saranno poi erogati in due soluzioni – continua la nota -. La prima quota, pari al 50 per cento all’atto della stipula del contratto relativo ai lavori. La restante quota solo a seguito della verifica da parte del Dipartimento per le opere pubbliche e le politiche abitative del ministero di tutta la documentazione presentata per la rendicontazione. Matteo Salvini ha espresso “grande soddisfazione” per una scelta concreta “nell’interesse dei territori”.

  • Emergenza casa: ricominciare dalle politiche di edilizia agevolata

    Mentre l’Europa non trova soluzioni concrete, efficienti e celeri per risolvere, almeno in parte, il problema immigrazione e decine di migliaia di persone, in Italia, sbarcano e non trovano una collocazione, aumenta in modo esponenziale anche il problema casa per gli italiani.

    La mancanza cronica di case popolari, per il degrado di vecchi stabili e per l’assenza, da decenni, di una politica abitativa, e l’aumento degli sfratti per la mancanza di denaro sufficiente a pagare l’affitto, dopo aver comperato il cibo, rendono sempre più evidenti i ritardi dei tanti governi che si sono succeduti e l’incapacità di troppi amministratori locali, a partire dalle grandi città.

    Per fornire un dato come esempio in Francia l’edilizia polare è il 16% del patrimonio abitativo complessivo mentre in Italia raggiunge appena il 3%.

    Agli sfratti bisogna poi aggiungere il gran numero di famiglie, di persone, che restano senza casa perché, non riuscendo a pagare le rate del mutuo, sempre più alte insieme all’aumento delle bollette di luce e gas, subiscono la messa all’asta della loro abitazione.

    Basta scorrere le pagine dei quotidiani, sia nazionali che locali, per trovare centinaia di annunci di aste giudiziarie.

    Il trauma di chi perde la casa è gravissimo ma diventa una inesorabile corsa verso il baratro se coloro i quali dovrebbero essere preposti alla soluzione del problema, che si trascina fin dagli anni 70 del secolo scorso e che si è acuito per l’arrivo di tanti migranti, non daranno indicazioni tassative ai comuni, alle regioni ma anche agli enti a capitale pubblico o misto.

    Un tempo, ad esempio, si costruirono le case a riscatto, per i dipendenti delle poste, per i ferrovieri, per diverse categorie di lavoratori, perché non ricominciare con politiche di edilizia che aiutino le persone a ritrovare serenità in una casa a canone agevolato o a riscatto, perché lasciare degradare ancora quel patrimonio abitativo e pubblico che potrebbe, risanato in breve tempo, risolvere i problemi di tante persone?

    La mancanza di una casa è una vera tragedia per ogni persona così come diventa una tragedia vivere in certi quartieri come Caivano dove la criminalità organizzata e la delinquenza giovanile spadroneggiano.

    Tutti i sindaci dovrebbero fornire al governo una mappa dettagliata delle situazioni a rischio, del patrimonio pubblico utilizzato o non messo a frutto, di quanto è ancora in attesa di ristrutturazione e di quali sono i tempi per renderlo agibile o per l’affitto o per la vendita ed il governo dovrebbe agire di conseguenza prendendo quelle iniziative che non hanno bisogno di dichiarazioni ad effetto ma di passi celeri e concreti.

  • La percezione della guerra dimostrata dagli enti locali

    Nel mezzo di questi disastrosi tempi di guerra, con le terribili conseguenze umane sociali ed economiche, e dopo due anni di pandemia che hanno  messo in ginocchio buona parte delle attività economiche, le quali con le proprie tasse sostengono la spesa pubblica e quindi anche quella degli enti locali, emergono le ridicole priorità di molti Comuni in assoluto delirio come quello di Venezia che reintroduce, dal primo di aprile, il divieto di circolazione per gli euro 4 o quello della giunta di Milano che estende il divieto agli euro 5 per la zona B dal prossimo ottobre.

    Parallelamente, nel comune di Padova si cerca di avviare il folle allestimento della seconda linea del tram il cui costo calcolato al 2018 risulta essere di 335 milioni dei quali 235 forniti gentilmente del PNRR. Ovviamente ai sostenitori dell’impresa cittadina nella città del Santo sfugge la necessità di un ricalcolo dei costi ai valori attuali, quindi con una stima complessiva approssimativa molto vicina adesso ai 460/480 milioni di euro.

    Questo delirio delle istituzioni comunali, che si manifesta con l’assoluta sordità e distonia dei vertici politici e tecnici degli enti locali come a Venezia, Padova e Milano alle spesso drammatiche realtà economiche cittadine, dimostra come lo scollamento tra il mondo della politica e la vita quotidiana dei cittadini non possa venire più indicato molto semplicemente nella sola lontananza geografica tra i soggetti politici e le complesse realtà cittadine.

    In altre parole, la distanza tra la Roma centralista e le periferie amministrate non viene superata dalla semplice vicinanza geografica tra amministratori degli enti locali ed i propri cittadini. Troppo spesso, infatti, i vertici politici ed amministrativi dimostrano una assoluta incapacità culturale ed umana nella mancata sintonizzazione con il sentiment locale, tanto a livello nazionale quanto, e forse ancor di più, a livello locale.

    La volontà di persistere, anche all’ingresso nel terzo anno della peggiore crisi economica dal dopoguerra ad oggi, con i medesimi progetti di spesa come nell’applicazione dei protocolli restrittivi, ora assolutamente anacronistici, riguardanti la circolazione testimonia una presunzione ideologica senza limiti ed ovviamente impermeabile ad ogni circostanza emergenziale. In più emerge chiaro come sia stato assolutamente illusorio credere che la semplice vicinanza tra cittadini ed enti locali potesse rappresentare la via maestra per assicurare una buona amministrazione.

    Le giunte comunali e i quadri tecnico-amministrativi dei comuni di Venezia, Padova e Milano dimostrano esattamente il contrario e si delineano cristallina espressione di una volontà assolutamente autoreferenziale basata sulla disponibilità di risorse pubbliche destinate al finanziamento di opere lontane dalle priorità attuali dei cittadini così come attraverso le imposizioni di divieti finalizzati alla semplice certificazione della prova di esistenza in vita politica ed amministrativa.

    La crisi della politica, come qualcuno ha erroneamente indicato, non può essere attribuita solo ed esclusivamente alla lontananza tra le priorità di Roma Capitale e quelle dei propri amministrati ma trova una avvilente espressione anche nella insufficiente statura politica in primis dei sindaci e del management degli enti locali, i quali assieme rappresentano la peggiore sintesi politica, ideologica e amministrativa contemporanea.

Pulsante per tornare all'inizio