concorrenza

  • Gli Stati membri dell’UE sostengono la proposta della Commissione di imporre dazi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina

    La proposta della Commissione europea di istituire dazi compensativi definitivi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina ha ottenuto il sostegno degli Stati membri dell’UE necessario per l’adozione dei dazi. Si tratta di un ulteriore passo in avanti verso la conclusione dell’inchiesta antisovvenzioni della Commissione.

    Parallelamente l’UE e la Cina continuano a lavorare intensamente per esplorare una soluzione alternativa che sia pienamente compatibile con l’Organizzazione mondiale del commercio, adeguata ad affrontare le sovvenzioni pregiudizievoli accertate dall’inchiesta della Commissione, monitorabile e applicabile.

    Un regolamento di esecuzione della Commissione contenente le conclusioni definitive dell’inchiesta deve essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale entro il 30 ottobre 2024.

  • La Commissione europea nomina un nuovo economista capo per la concorrenza alla direzione generale della Concorrenza

    La Commissione europea ha nominato Emanuele Tarantino economista capo per la concorrenza presso la direzione generale della Concorrenza (DG COMP). Questo dipartimento della Commissione si adopera per assicurare all’interno del mercato unico una concorrenza leale e in condizioni di parità tra tutte le imprese sulla base dei loro meriti, a vantaggio dei consumatori, delle imprese e dell’economia europea. La data in cui la nomina prenderà effetto sarà stabilita prossimamente.

    Tarantino, cittadino italiano, vanta una solida formazione accademica e 15 anni di esperienza nell’analisi economica e nella politica di concorrenza, grazie ai quali ha acquisito una profonda conoscenza delle dinamiche di mercato e dei quadri normativi.

  • TikTok si impegna a ritirare definitivamente dall’UE il programma TikTok Lite Rewards per conformarsi al regolamento sui servizi digitali

    La Commissione ha reso vincolanti l’impegno di TikTok a ritirare definitivamente dall’UE il programma “TikTok Lite Rewards”. Tale impegno era stato assunto da TikTok per venire incontro alle preoccupazioni espresse dalla Commissione nel procedimento formale avviato nei confronti della piattaforma il 22 aprile e per garantire il rispetto del regolamento sui servizi digitali.

    La decisione rende gli impegni di TikTok giuridicamente vincolanti: qualsiasi loro violazione costituirebbe immediatamente una violazione del regolamento sui servizi digitali e potrebbe comportare l’imposizione di sanzioni pecuniarie. Con tale decisione, la Commissione chiude inoltre il procedimento formale avviato nei confronti di TikTok il 22 aprile.

    Si tratta del primo caso che la Commissione chiude ai sensi del regolamento sui servizi digitali, a 105 giorni dall’apertura del procedimento.

  • La Commissione impone dazi compensativi provvisori sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina

    La Commissione europea ha istituito dazi compensativi provvisori sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina.

    Sulla base dell’inchiesta svolta, la Commissione ha concluso che la catena del valore dei veicoli elettrici a batteria in Cina beneficia di sovvenzioni sleali, dalle quali deriva una minaccia di pregiudizio economico ai produttori UE di veicoli elettrici a batteria.

    Le consultazioni con il governo cinese si sono intensificate nelle ultime settimane, a seguito di uno scambio di opinioni tra il vicepresidente esecutivo Valdis Dombrovskis e il ministro cinese del Commercio Wang Wentao. I contatti proseguono a livello tecnico al fine di giungere a una soluzione che sia compatibile con l’OMC e risponda adeguatamente alle preoccupazioni sollevate dall’Unione europea. Rispetto alle aliquote comunicate preventivamente il 12 giugno 2024, i dazi provvisori sono stati leggermente adeguati al ribasso tenendo conto delle osservazioni sull’esattezza dei calcoli presentate dalle parti interessate.

  • Bruxelles avvia verifiche sugli appalti della Cina per rifornirsi di apparecchiature mediche

    La Commissione europea ha deciso di avviare un’indagine su presunte misure e pratiche della Repubblica popolare cinese che danno luogo a gravi e ricorrenti restrizioni dell’accesso degli operatori economici, dei beni e dei servizi dell’Unione al mercato degli appalti pubblici dei dispositivi medici della Repubblica popolare cinese. È quanto si legge nella Gazzetta ufficiale dell’Ue.

    Le pratiche e le misure restrittive sulle importazioni “creano uno svantaggio significativo e sistemico per gli operatori economici, i beni e i servizi dell’Unione, in quanto favoriscono sistematicamente l’acquisto di prodotti nazionali a scapito di quelli importati o rendono soggetta a procedure discriminatorie la partecipazione degli operatori economici dell’Unione agli appalti, impedendo l’acquisto di dispositivi medici importati tranne quando, ad esempio, i dispositivi da acquistare non sono disponibili nel territorio della Repubblica popolare cinese. Tali restrizioni e pratiche all’importazione privano i produttori dell’Unione di dispositivi medici di qualsiasi opportunità commerciale, o almeno di opportunità significative, nel mercato degli appalti della Cina”, si legge ancora nella Gazzetta ufficiale dell’Ue.

    “Tale impatto negativo è ulteriormente inasprito dalla definizione di obiettivi di acquisto nazionale per le amministrazioni aggiudicatrici. Inoltre, anche quando è concesso l’accesso a tale mercato, vengono spesso imposte condizioni che privano i produttori dell’Unione di un’equa possibilità di partecipazione, come l’obbligo di dare accesso alle loro tecnologie. Infine le pratiche adottate nel quadro dell’appalto centralizzato di dispositivi medici inducono gli offerenti a presentare offerte anormalmente basse che non sono sostenibili per imprese a scopo di lucro”, continua l’analisi della Commissione europea. La valutazione preliminare della Commissione “è pertanto che le misure e pratiche di cui sopra danno luogo a gravi e ricorrenti restrizioni, di diritto e di fatto, dell’accesso degli operatori economici, dei beni e dei servizi dell’Unione al mercato degli appalti pubblici dei dispositivi medici della Repubblica popolare cinese”.

    L’indagine della Commissione determinerà adesso se le presunte misure e pratiche della Cina siano effettivamente esistenti e diano luogo a gravi e ricorrenti restrizioni dell’accesso degli operatori economici, dei beni e dei servizi dell’Unione al mercato degli appalti pubblici dei dispositivi medici della Repubblica popolare cinese. A norma del regolamento Ipi (lo strumento per gli appalti internazionali), il governo della Cina è adesso invitato a presentare il proprio parere e a fornire informazioni pertinenti in merito alle presunte misure e pratiche. Il governo cinese è inoltre invitato ad avviare consultazioni con la Commissione al fine di eliminare o porre rimedio alle presunte misure e pratiche. Se, a seguito dell’indagine, la Commissione concluderà che le misure applicate dalla Cina sono discriminatorie per il mercato, potrà adottare forme di riduzione della possibilità di aggiudicarsi la gara d’appalto o addirittura escludere le aziende cinesi dalle gare di fornitura europee.

  • Le pale eoliche cinesi finiscono nel mirino dell’Antitrust europeo

    La vicepresidente della Commissione europea Margrethe Vestager ha annunciato l’apertura di un’indagine sui sussidi cinesi all’aziende dell’eolico, sulla falsariga di quanto l’Antitrust europeo ha già fatto per le auto elettriche made in China.

    “La strategia di Pechino sui maxi-sussidi statali e le esportazioni è attuata in tutte le aree delle tecnologie pulite, dei microchip e oltre. Le nostre economie non possono assorbirla. Non è solo pericolosa per la nostra competitività: mette a repentaglio anche la nostra sicurezza economica”, ha sottolineato Vestager, prospettando come eventualità in cui non incorrere una dipendenza dell’Europa rispetto a quei prodotti cinesi: “Non possiamo permetterci di vedere accadere ad auto elettriche, energia eolica o chip essenziali quello che è successo ai pannelli solari”.

    Senza un cambio di rotta, questo il timore di Bruxelles, l’Ue rischia di sviluppare una dipendenza dalla Cina entro il 2030 per l’eolico simile a quella che aveva dalla Russia per il gas prima dell’invasione dell’Ucraina. Mentre le aziende europee dell’energia eolica, da Orsted a Siemens Energy a Vestas, sono in difficoltà i costruttori cinesi sono molto solidi. Le tre principali aziende cinesi del settore – Goldwind, Envision e Windey – hanno installato più della metà delle turbine eoliche in patria. Da sola la Cina rappresenta il 58% delle installazioni di energia solare e il 60% delle installazioni di energia eolica a livello globale.

    La crescita delle aziende cinesi, oltre alle tre grandi ci sono un’altra dozzina di realtà, è una consistente minaccia all’industria eolica europea, dato che le turbine made in China costano la metà di quelle occidentali e che potrebbero sempre più venire esportate all’estero. Nel 2018 le società europee controllavano il 55% del mercato eolico globale, ma nel 2022 sono calate al 42%; nello stesso periodo, quelle cinesi sono cresciute dal 37 al 56%.

  • Quale scenario di guerra

    L’escalation delle tensioni internazionali ha introdotto il concetto di “economia di guerra” nel lessico istituzionale all’interno del quale cambiano radicalmente le priorità di spesa dei governi, le quali si orientano ovviamente a favore del rafforzamento degli arsenali e all’aggiornamento degli armamenti uniti al mantenimento dell’esercito quali principali settori da finanziare attraverso le spesa pubblica.

    All’interno del contesto attuale a questo tipo di economia e soprattutto alle sue difficoltà si possono aggiungere le difficoltà di rifornimento e di approvvigionamento delle materie prime essendo venute meno proprio le filiere energetiche e produttive.

    Tuttavia, la leggerezza con la quale viene introdotto tanto dai politici quanto dai media il concetto di una inevitabile metamorfosi dell’economia attuale ad una ben più complessa da scenario di guerra non tiene assolutamente in conto della situazione che per i cittadini italiani una guerra sia decisamente cominciata oltre trent’anni addietro.

    Andrebbe ricordato come l’Italia rappresenti ad oggi l’unico Paese in Europa che ha visto ridurre il proprio reddito disponibile del -2,9% mentre contemporaneamente in Germania lo stesso risulti cresciuto del +33,7 ed in Francia di oltre +31%.

    Un andamento così disastroso delle retribuzioni, confermato anche della ennesima diminuzione del -0,1% nell’ultima rilevazione relativa all’ultimo trimestre 2023, espressione di una sintesi essenzialmente individuabile in due determinati e precisi motivi.

    Il primo è rappresentato dalla scelta monetaria che ha visto affidarsi sempre e solamente per la crescita dei fatturati alla svalutazione competitiva la quale ha favorito le esportazioni ma non i redditi come la domanda interna e tantomeno gli asset economici. Il secondo è individuabile nella scellerata strategia di abbandono di ogni politica industriale (definita old economy) negli ultimi trent’anni a favore di un’illusoria visione di economia dei servizi e legata al turismo.

    Il principale effetto di questa differenza dell’andamento delle retribuzioni determina, in più, una forbice tra le diverse tariffe e costi nei Paesi che può raggiungere il +40% a sfavore dell’utenza nazionale italiana.

    A questo scenario già di per sé drammatico si aggiungano i dati relativi alla povertà assoluta che è cresciuta dello +0,2% nel 2023, raggiungendo la cifra dell’8,5% di famiglie che vivono in assoluta povertà, cioè circa 5,7 milioni di italiani.

    Una crescita che ha come cause aggiuntive probabilmente l’annullamento di determinati ammortizzatori sociali ma soprattutto l’esplosione dei costi energetici, i quali, con la soppressione delle tariffe del mercato agevolata e lo scellerato aumento dell’Iva dal 5 al 22% (*), porteranno ad un maggiore costo di 1.700 euro a famiglia. Questi dati sono l’espressione di una economia di guerra all’interno della quale la spesa pubblica quanto il debito pubblico sono stati utilizzati non certo per rendere fruibili servizi alle fasce di reddito più basse, ma come sostegno delle diverse riserve elettorali sostenute finanziariamente da ogni governo dei più diversi orientamenti politici.

    Ora, qualsiasi possa dimostrarsi l’evoluzione della crisi internazionale sarebbe opportuno ricordare come l’Italia non abbia più risorse, in quanto una guerra la cittadinanza italiana la sta già combattendo contro la propria classe politica e dirigente da oltre trent’anni.

    (*) sconto Iva introdotto dal governo Draghi, come quello sulle accise per i carburanti anche questo azzerato dal governo in carica

  • L’Ue avvia un’indagine contro Apple, Alphabet e Meta

    Il 25 marzo la Commissione ha avviato un’indagine di non conformità ai sensi della legge sui mercati digitale (Dma) sulle norme di Alphabet relative al pilotaggio (steering) nell’App store di Google (Google Play) e all’auto-preferenziazione di Google Search, oltre ad un’indagine sul rispetto delle norme da parte di Apple riguardo l’indirizzamento nell’App Store e sulla schermata di scelta per Safari e il “modello di pagamento o consenso” di Meta. La Commissione sospetta che le misure messe in atto da questi gatekeeper non siano in grado di garantire un’effettivo rispetto degli obblighi prevsiti dal Dma. Inoltre, la Commissione ha avviato indagini sulla nuova struttura tariffaria di Apple per gli app store alternativi e su Amazon e sulle pratiche di classificazione di Amazon sul suo marketplace. Infine, la Commissione ha ordinato ai gatekeeper di conservare determinati documenti per monitorare l’effettiva implementazione e il rispetto dei loro obblighi. Riguardo il procedimento contro Apple e Alphabet, la Commissione vuole valutare se le misure messe in atto dalle due compagnie violini le norme del Dma sull’indirizzamento dei consumatori verso offerte al di fuori degli app store delle due compagnie a titolo gratuito.

    L’esecutivo Ue, si legge in una nota, teme che le misure adottate da Alphabet e Apple non siano del tutto conformi, in quanto impongono diverse restrizioni e limitazioni, tra cui, tra l’altro, la capacità degli sviluppatori di comunicare e promuovere liberamente le offerte e di concludere direttamente i contratti, anche imponendo vari oneri. “La Commissione europea ha avviato un procedimento nei confronti di Alphabet, per stabilire se la visualizzazione da parte di Alphabet dei risultati di ricerca di Google possa portare all’autoreferenzialità in relazione ai servizi di ricerca verticali di Google (ad esempio, Google Shopping, Google Flights e Google Hotels) rispetto ad analoghi servizi concorrenti”, si legge nella nota di Bruxelles. La Commissione europea teme infatti che le misure attuate da Alphabet per conformarsi al Dma non garantiscano che i servizi di terzi che compaiono nella pagina dei risultati di ricerca di Google siano trattati in maniera equa e non discriminatoria rispetto ai servizi di Alphabet.

    Riguardo a Apple, invece, la Commissione europea ha avviato un procedimenti in merito alle misure adottate per ottemperare agli obblighi di consentire agli utenti finali di disinstallare facilmente qualsiasi applicazione software su iOS; di modificare facilmente le impostazioni predefinite su iOS; e di proporre agli utenti schermate di scelta che devono effettivamente e facilmente di selezionare un servizio alternativo predefinito, come un browser o un motore di ricerca sul proprio iPhone. La Commissione teme che le misure adottate da Apple, tra cui la progettazione della schermata di scelta del browser web, possano impedire agli utenti di esercitare realmente la loro scelta di servizi all’interno dell’ecosistema Apple. Infine, la Commissione ha avviato un procedimento nei confronti di Meta per verificare se il modello “pay or consent”, recentemente introdotto per gli utenti dell’Ue, sia conforme all’articolo del Dma che impone ai gatekeeper di ottenere il consenso degli utenti quando intendono combinare o utilizzare in maniera incrociata i loro dati personali tra i diversi servizi della piattaforma principale.

    La Commissione teme che la scelta binaria imposta dal modello “pagare o acconsentire” di Meta non fornisca una reale alternativa nel caso in cui gli utenti non acconsentano, non raggiungendo così l’obiettivo di impedire l’accumulo di dati personali da parte dei gatekeeper. La Commissione sta inoltre intraprendendo altre azioni investigative per raccogliere fatti e informazioni al fine di chiarire se Amazon possa privilegiare i prodotti del proprio marchio sull’Amazon Store in violazione; e pe r valutare se la nuova struttura tariffaria di Apple e gli altri termini e condizioni per gli app store alternativi e la distribuzione di app dal web (sideloading) potrebbero non rispettare le norme della legge sui mercati digitali. La Commissione intende concludere il procedimento avviato oggi entro 12 mesi. Al termine dell’indagine, l’esecutivo Ue informerà i gatekeeper interessati dei suoi risultati preliminari e spiegherà le misure che sta pensando di adottare o che il gatekeeper dovrebbe adottare al fine di rispondere efficacemente alle preoccupazioni della Commissione. In caso di violazione, la Commissione può imporre multe fino al 10 per cento del fatturato mondiale dell’azienda. Tali ammende possono arrivare al 20% in caso di violazione ripetuta. Inoltre, in caso di violazioni sistematiche, la Commissione può adottare ulteriori misure correttive, come l’obbligo per un gatekeeper di vendere un’attività o parti di essa, o vietare al gatekeeper l’acquisizione di ulteriori servizi legati alla non conformità sistemica.

  • Nuovi sconti sul mercato cinese, Tesla incalza Byd in casa sua

    La casa automobilistica statunitense Tesla ha varato nuovi incentivi in Cina per fidelizzare e aumentare la quota di clienti nel mercato nazionale, dove è alle prese con una serrata guerra dei prezzi con rivali locali come Build Your Dreams (Byd). Come riferito dall’azienda di Elon Musk in una nota pubblicata sul social network Weibo, la casa automobilistica offrirà incentivi fino a 4.807 dollari a quanti acquisteranno esemplari invenduti di berline Model 3 e Suv Model Y entro la fine del mese. Tesla offrirà anche piani di finanziamento preferenziali a tempo determinato per l’acquisto di Model Y, che garantiranno agli acquirenti un risparmio fino a 2.306 dollari.

    Gli incentivi comprendono anche uno sconto di 1.111 dollari sui prodotti assicurativi e sconti pari a 1.389 dollari per modifiche alla colorazione dell’auto. A fronte del rallentamento della domanda e alla crescente concorrenza in Cina, Tesla ha tagliato i prezzi su alcune tipologie di Model 3 e Y a gennaio, offrendo sconti in contanti per alcune Model Y dal primo febbraio. Il suo più grande rivale locale, Byd, ha abbassato oggi il prezzo di lancio di una nuova versione del suo Suv ibrido Song Pro del 15,4%. Byd ha detronizzato Tesla come principale produttore di veicoli elettrici nel quarto trimestre.

    Sull’altra sponda del Pacifico, l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha mosso i primi passi verso la chiusura del mercato automobilistico statunitense ai veicoli elettrici connessi a Internet di produzione cinese, sulla base di considerazioni legate alla sicurezza nazionale. Il dipartimento del Commercio Usa ha avviato proprio un’indagine a carico dei veicoli elettrici cinesi connessi alla rete, argomentando che Pechino potrebbe utilizzarli come mezzo per appropriarsi di informazioni sensibili. L’indagine è il primo passo di un processo che potrebbe condurre a restrizioni sulle vetture elettriche importate dalla Cina, e fonti dell’amministrazione presidenziale citate dalla stampa Usa hanno evidenziato che l’indagine potrebbe sostenere “un’ampia gamma di risposte politiche” alle auto elettriche a basso costo cinesi, che stanno rapidamente guadagnando ampie quote del mercato globale della mobilità alternativa.

    In una nota diffusa ieri dalla Casa Bianca, Biden ha affermato che “la Cina è determinata a dominare il futuro del mercato dell’auto, anche tramite pratiche inique”. Secondo il presidente Usa, “le politiche della Cina potrebbero inondare il nostro mercato di veicoli, ponendo un rischio per la sicurezza nazionale. Non lascerò che accada sotto il mio sguardo”, afferma la nota.

  • La Commissione infligge ad Apple una multa di oltre 1,8 miliardi di euro per le norme abusive applicate dall’App store nei confronti dei fornitori di streaming musicale

    La Commissione europea ha multato Apple per oltre 1,8 miliardi di euro per aver abusato della propria posizione dominante sul mercato ai fini della distribuzione agli utenti iPhone e iPad (“utenti iOS”) di applicazioni di streaming musicale sul suo App store. In particolare, la Commissione ha constatato che Apple applicava restrizioni agli sviluppatori di app, impedendo loro di informare gli utenti iOS in merito alla disponibilità di servizi alternativi di abbonamento musicale meno costosi rispetto all’applicazione (“disposizioni anti-steering“): ciò è illegale ai sensi delle norme antitrust dell’UE.

    La decisione giunge alla conclusione che le disposizioni anti-steering di Apple costituiscono condizioni commerciali sleali che violano il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Tali disposizioni non sono né proporzionate né necessarie alla tutela degli interessi commerciali di Apple in relazione all’App Store sui dispositivi smart mobili di Apple e incidono negativamente sugli interessi degli utenti iOS, impossibilitati a prendere decisioni consapevoli ed efficaci su dove e come acquistare abbonamenti musicali in streaming da utilizzare sul proprio dispositivo.

    La Commissione ha deliberato che l’importo totale della multa, pari a oltre 1,8 miliardi di euro, è proporzionato alle entrate globali di Apple ed è necessario per ottenere un effetto dissuasivo, intimando ad Apple di eliminare le disposizioni anti-steering e di astenersi dal ripetere l’infrazione o dall’adottare in futuro pratiche dall’oggetto o effetto equivalente.

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