Ogni governo negli ultimi vent’anni ha elaborato il proprio condono fiscale presentandolo sempre come “l’ultimo, quello definitivo e magari quello tombale”. La titolazione ha visto la fantasia della politica esprimersi ai massimi livelli con proclami del tipo “rottamazione delle cartelle” o “voluntary disclosure” per far rientrare capitali all’estero. L’obiettivo era sempre quello di racimolare un minimo di risorse finanziarie, spesso unite a nuovo deficit che, insieme, dovevano offrire la copertura per nuove spese considerate irrinunciabili per caratterizzare l’azione del governo ed espressione della “rinnovata centralità della politica” rispetto alla bieca e cinica finanza, anche per questo varato dal governo in carica. Tuttavia si pone una questione estremamente importante, soprattutto nell’ottica del rispetto dell’istituzione, che il governo comunque rappresenta, ma anche per tutte le istituzioni che in nome e per lo Stato operano.
Al di là della terminologia utilizzata e del peso delle percentuali applicate per “chiudere i contenziosi”, emerge evidente il senso della beffa per chi ha sempre pagato il dovuto allo Stato come per chi, in difficoltà economica, abbia chiesto una rateizzazione rinunciando ad ampie fette del proprio benessere e stile di vita per far fronte a quanto richiesto dal sistema fiscale e dallo Stato.
Questo senso di forte frustrazione si può ovviamente trasformare in una progressiva perdita di rispetto e considerazione per le istituzioni stesse le quali, ancora una volta, come negli ultimi vent’anni, premiano, e neppure troppo implicitamente, chi abbia deciso di mantenere una posizione debitoria penalizzando parallelamente i “poveri e regolari” contribuenti che invece regolarmente o attraverso un accordo con Equitalia hanno deciso di ottemperare alle proprie incombenze fiscali anche con grandi sacrifici.
Questo sentimento sempre più radicato nella sempre meno considerata classe dei “contribuenti onesti e tempestivi” dovrebbe invece trovare una approfondita valutazione e non scientemente ignorata da tutto il ceto politico, se non altro per le sue gravissime ripercussioni sotto il profilo anche della tenuta della credibilità delle stesse istituzioni democratiche.
Si pone quindi a questo punto la necessità di indicare una soluzione per rendere accettabile o per lo meno non insultante per i contribuenti regolari un qualsiasi tipo di condono fiscale che oltre alla beffa non penalizzi ancora più chi invece ha pagato nei termini stabiliti dalla legge le proprie incombenze fiscali.
La storia dei governi degli ultimi vent’anni ci insegna come i condoni fiscali rappresentino “l’estrema ratio” con l’obiettivo appunto di reperire le risorse finanziarie aggiuntive, e quindi una tantum finalizzate alla copertura finanziaria di scelte di politica specifiche del governo per l’anno in corso, e probabilmente per quello successivo, che dovrebbero caratterizzare l’unicità come l’espressione della politica del governo in carica regolarmente eletto.
Quindi, al di là della sterilità di una norma finanziaria una tantum, che successivamente vede poi spesso riaprirsi i termini per l’adesione ai nuovi parametri temporali del condono, l’unica soluzione possibile per evitare che buona parte degli italiani che invece regolarmente paga le incombenze fiscali percepisca il senso della beffa dal condono stesso è semplicemente rappresentata dalla decisione di destinare tutte le risorse reperite attraverso la lotta all’evasione fiscale e la chiusura di posizioni fiscali debitorie dei vari contribuenti interamente destinate alla diminuzione della pressione fiscale complessiva.
In altre parole l’opportunità di fornire un supporto normativo alle persone che non fossero in grado di pagare le proprie incombenze fiscali dovrebbe rivelarsi un vantaggio o quanto meno non una beffa anche per la maggioranza dei contribuenti che invece hanno sempre rispettato le regole il cui contenuto finanziario si possa tradurre, negli anni a seguire, in un alleggerimento della pressione fiscale stessa. Tale decisione strategica di trasformare una scelta prettamente politica (condono fiscale) in un vantaggio generale per tutti i contribuenti, destinando le risorse all’alleggerimento della pressione fiscale stessa, rappresenterebbe un primo passo verso quella riduzione della pressione fiscale promessa, essa stessa legata a proclami vuoti e privi di copertura finanziaria, ma invece espressione di una strategia di impiego di risorse innovativa.
Sottovalutare l’aspetto beffardo della lunga serie di condoni fiscali nei confronti di chi ha sempre ottemperato ai propri obblighi rappresenta uno dei più grossi errori dei governi degli ultimi vent’anni come di quello attuale.