Il 22 novembre di settanta anni fa nasceva il Parlamento europeo, l’unica assemblea che rappresenta i cittadini di tutti i Paesi membri dell’Unione attraverso parlamentari eletti in ogni Stato con elezione proporzionale.
Da allora molta strada è stata fatta, la comunità europea è diventata Unione, ai sei Paesi fondatori si sono via via aggiunti altri Stati fino alla realtà attuale di 27, dopo l’uscita del Regno Unito.
L’Europa, ancora incapace di diventare un’autentica Unione politica, è stata però in grado, in questi ultimi anni, di fronteggiare, tutti insieme, prima la pandemia ed ora la criminale guerra condotta da Putin contro l’Ucraina, di immaginare, finalmente, una politica comune per l’energia e di dare il via ad una prima ipotesi di esercito comune di difesa.
Restano ancora aperti i problemi legati all’immigrazione, per questo si deve rivedere il trattato di Dublino dandosi regole comuni per l’accoglienza e l’inserimento degli immigrati, nessun Paese europeo può rifiutarsi di assumersi la quota di profughi che le spetta.
Occorre una diversa politica per la cooperazione con i paesi in via di sviluppo perché è noto ed evidente che i primi e concreti aiuti vanno dati alle persone sul territorio nel quale vivono e questi aiuti devono arrivare alle popolazioni e non a quei governi che nulla hanno fatto per migliorare le condizioni di vita dei loro cittadini.
I deputati europei, nel corso dei decenni, si sono molto battuti per eliminare quel deficit democratico che ancora pesa sul Parlamento, terza istituzione dell’Unione e l’unica eletta direttamente dai popoli europei.
Certamente molti passi avanti sono stati fatti con il Trattato di Lisbona ma la strada è ancora lunga, infatti troppe volte il Consiglio europeo ha disatteso le decisioni votate dal Parlamento sfuggendo allo strumento della conciliazione che deve servire ad armonizzare il pensiero della tre Istituzioni: Consiglio, Commissione e Parlamento.
Il Parlamento europeo ha diritto, come i parlamenti degli Stati nazionali, di poter legiferare e di potersi confrontare a pieno titolo con il Consiglio, questo deficit democratico pesa anche sull’opinione e la fiducia che i cittadini hanno verso l’Europa e porta troppi parlamentari europei a sentirsi meno ascoltati, sia dai propri partiti che dalla stampa del loro Stato, dei parlamentari nazionali.
Come convinti europeisti crediamo che sia arrivato, e non più procrastinabile, il momento di nuove riforme sia per quanto riguarda il Consiglio che il Parlamento, il momento di una nuova Convenzione europea che ridisegnando compiti e ruoli porti finalmente all’Unione politica in senso pieno.