coronavirus

  • Raffreddore e covid

    Abbiamo assistito e stiamo ancora vivendo l’esplosione di una catena di contagi impressionanti dovuti alla variante omicron. Curiosamente si rilevano alcuni cluster famigliari in cui, nonostante la positività di più elementi del nucleo famigliare, alcuni soggetti non sviluppano la malattia dovuta a Sars Covid 2. La scienza si interroga su questo fenomeno cercando di capire quali sono (e se ci sono) i meccanismi che rendono alcune persone più resistenti o completamente resistente alla infezione da omicron.

    Uno spunto interessante da condividere viene da una recentissima pubblicazione di studiosi inglesi (apparsa su Nature Communications) che riporta come il semplice raffreddore possa ridurre il rischio di contrarre l’infezione da Sars Covid 2: ciò sarebbe spiegabile dal fatto che alti livelli di linfociti T (dati dal raffreddore, spesso sostenuti da altri coronavirus umani) proteggerebbero in modo crociato dalla possibile successiva infezione da covid. Questi linfociti T “attivati e sensibilizzati” hanno come bersaglio di elezione non la proteina “spike” esterna tipica del Sars Covid 2, ma delle proteine interne al virus. Questo aprirebbe scenari molti interessanti nella possibile ricerca di nuovi vaccini che attualmente comunque rimangono l’arma più efficace nella prevenzione della malattia grave da covid, ma il cui perfezionamento potrebbe dare maggiori future protezioni.

  • Il Parlamento europeo chiede un pacchetto di recupero di 2000 miliardi di euro per il coronavirus

    I legislatori europei hanno appoggiato una risoluzione che chiede un pacchetto da 2 trilioni di euro per finanziare la ripresa dell’economia del blocco che è stata colpita dalla pandemia di Coronavirus. Invita la Commissione europea a istituire il fondo di “recupero e trasformazione” che dovrebbe essere finanziato attraverso l’emissione di obbligazioni di recupero a lungo termine e dovrebbe essere erogato attraverso prestiti e sovvenzioni “principalmente”, nonché attraverso pagamenti diretti per investimento ed equità.

    Gli eurodeputati hanno avvertito che useranno il loro potere di veto se le loro proposte non saranno ascoltate, e in particolare se il bilancio a lungo termine del blocco, vale a dire il quadro finanziario pluriennale (QFP) per il 2021-2027, non sarà aumentato, e hanno chiesto che il massiccio pacchetto economico sia in cima al QFP. “Non staremo seduti ad aspettare o semplicemente timbrare qualsiasi accordo”, ha dichiarato David Sassoli, presidente del Parlamento europeo.

    Nel loro progetto di testo, i membri del Parlamento dell’UE hanno anche sottolineato che la Commissione dovrebbe astenersi dall’utilizzare “moltiplicatori dubbiosi per pubblicizzare cifre ambiziose”, poiché è già in gioco la credibilità dell’UE. Hanno inoltre richiesto un ruolo inclusivo per il Parlamento nella definizione, nell’adozione e nell’attuazione del fondo di risanamento.

    La pandemia di Coronavirus ha costretto la Commissione europea a rinviare la presentazione della sua proposta di QFP aggiornata, che dovrebbe essere presentata alla fine il 27 maggio.

  • Un segnale forte per evitare l’agonia

    All’inizio di questa tragedia che ha colpito il mondo e ha visto, e vede, l’Italia detenere in Europa, e non solo, il triste record di morti e contagiati avevamo pensato che dal pericolo comune del virus  potesse nascere quella Unione europea che fino ad ora non ha realizzato i veri obiettivi per i quali era nata. Ancora una volta ci siamo illusi, dopo avere per 25 anni cercato di dare un contributo di impegno, studio, proposte e attività parlamentare per aiutare, finalmente, a dare concretezza, dopo tante parole e promesse spese negli anni, ad azioni comuni quali la realizzazione di una politica comune, dal terrorismo all’immigrazione, dalla lotta all’emarginazione alle nuove malattie, dalla divisione del sistema bancario ed alla sua maggiore trasparenza alla tutela degli interessi produttivi dei paesi dell’Unione.

    In verità nulla è stato raggiunto, da un lato l’Europa si è allargata in tempi troppi rapidi, dall’altro sono  aumentate divisioni che hanno portato o all’immobilismo o a scelte riduttive se non addirittura sbagliate. Il Regno Unito se ne è andato e cittadini di molti paesi europei hanno dimostrato crescente indifferenza, addirittura repulsione in certi casi, verso il gigante con il paraocchi, l’Europa. E la sua principale istituzione, il Consiglio europeo, ha dimostrato tutti i limiti di un organismo superato e teso a difendere interessi di alcuni rispetto all’interesse complessivo. In queste ultime settimane purtroppo, mentre la crisi sanitaria, economica e politica ha cominciato a travolgere tutti e tutto ci eravamo, una volta ancora, illusi che da tanto dolore e davanti ad un così grave pericolo le Istituzioni europee potessero essere capaci di quel colpo di reni necessario a dare vita, da subito, ad azioni comuni sia per sostenere gli Stati, cominciando dai più colpiti, sia per creare una task force comune per l’assistenza alle urgenze sanitarie e per la ricerca di cure e vaccini, mettendo insieme tutte le risorse per andare sul campo ed agire concretamente. Salvando il Parlamento europeo, che ha fatto quello che era in suo potere, un potere troppo debole rispetto alla rappresentanza  dei cittadini che lo hanno eletto, Commissione e Consiglio hanno una volta ancora perduto l’occasione, forse l’ultima, di salvare l’Unione dall’implosione che parte  dal suo stesso cuore.

    Anche le dimissione dal CER (Centro europeo ricerche) del prof Ferrari, lo scienziato italiano che da gennaio ne era responsabile, sono un altro significativo esempio del “cupio dissolvi” che anima da tempo l’Unione. Il prof. Ferrari si è dimesso perché è stata rifiutata, dall’ente di governo del CER, e senza neppure discuterla, la proposta di un programma scientifico comune che consentisse ai migliori scienziati di lavorare insieme per combattere il virus. Certo una scelta diversa dalle funzioni normali dell’ente ma in emergenze globali o si ha il coraggio di uscire dagli schemi della burocratica quotidianità o si rischia di morire e di lasciar morire tanti altri. Senza  una cabina di regia unica non di può sperare di trovare soluzioni comuni che ci mettano al riparo dal continuo e futuro espandersi del virus e la Commissione europea, con il commissario alla sanità, ha dimostrato di non poter o di non voler essere il polo unificante e propulsivo. Gli Stati sono andati in ordine sparso sia sui modi per contrastare l’epidemia che nelle scelte necessarie, dalla chiusura delle frontiere nazionali al sostegno alle vittime. Sotto gli occhi di tutti sono le scelte e le non scelte in tema di economia, lavoro, welfare. Siamo all’ultimo appello, all’ultimo segnale, se ancora nelle prossime ore non vi saranno adeguate e comuni decisioni per combattere e curare il covid l’Europa avrà decretato la sua agonia, non sappiamo quanto lenta, infatti se alcuni paesi non prenderanno le misure necessarie sarà inevitabile che chi le ha prese non si fidi ad avere contatti con altri, ad aprire le sue frontiere, a contribuire e lavorare con chi invece che aiutare ha fatto distingui ingiustificabili mentre si perdeva tempo prezioso al prezzo di vite umane.

  • In attesa di Giustizia: il giorno dello sciacallo

    Secondo taluni economisti una crisi non è totalmente negativa ma offre delle opportunità; in effetti può essere vero, si tratta di una condizione sfidante che può stimolare nuove iniziative volte ad affrontarla, superarla, generando virtuosi effetti e conseguenze sul piano sia della produzione che della occupazione e – quindi – della ripresa anche finanziaria di singoli e imprese.

    Ma la crisi è anche occasione propizia per far arricchire speculatori od intentare operazioni di mercato non sempre del tutto commendevoli e ciò ad ogni livello: quanto avvenuto recentemente con riguardo al mercato delle mascherine protettive è paradigmatico.

    Triste a dirsi ma qualcosa di analogo sta accadendo anche tra gli avvocati: categoria professionale di cui sullo scorso numero di questa rubrica è stata pubblicata la toccante elegia scritta da un magistrato.

    Qualche settimana addietro, “In attesa di Giustizia” si era interessata ad offrire un’interpretazione ragionata sui comportamenti consentiti per rispettare le iniziali limitazioni di movimento declinate per decreto; la scelta era stata dettata non solo da spirito di servizio ma anche per fare chiarezza dopo che si erano realizzati i primi esempi di “consulenze” in argomento diffuse da taluni avvocati tramite i social media ed altri possibili mezzi di comunicazione disponibili.  Promozioni di sé basate su interpretazioni della legge tutt’altro che puntuali, corrette e dignitose per la trasparente finalità di accaparrarsi clientela cui, in seguito, non fare omaggio di nessun consiglio, buono o inaffidabile che possa rivelarsi ma di farselo pagare facendo leva su timori e confusione.

    Spesso, se non quasi sempre, in questa rubrica vengono trattati errori giudiziari, malfunzioni del sistema, incoerenze della legislazione ma bisogna fare sempre attenzione nello scagliare pietre sui tetti altrui se i nostri hanno di tegole di vetro o, quantomeno, bisogna averne consapevolezza e prendere atto con equidistanza e correttezza  dei problemi che riguardano l’avvocatura.

    Come in questi casi di cui si stanno già occupando gli Ordini Professionali e i Consigli di Disciplina che successivamente adotteranno i provvedimenti più opportuni.

    Tra gli altri, l’Unione Lombarda degli Ordini Forensi ha preso una posizione molto determinata con un comunicato nel quale viene dato atto della propalazione di video e messaggi di avvocati che si autoattribuiscono competenze offrendo la propria opera professionale per fronteggiare le più disparate problematiche derivanti dalla emergenza epidemiologica, talvolta promuovendosi con l’usbergo di associazioni con finalità più o meno solidaristiche, altre ancora attraverso una sorta di intermediazione di realtà aziendali conniventi che non hanno nell’oggetto sociale la assistenza legale.

    Non mancano le sollecitazioni ai congiunti di vittime del convid 19 ad intraprendere azioni nei confronti dei medici curanti e delle strutture ospedaliere a fronte di ipotizzabili casi di responsabilità medica non meno delle offerte di assistenza legale, anche gratuita, al personale sanitario per contrastare tali azioni nei loro confronti.

    Comportamenti inaccettabili di alcuni che non intercettano i bisogni di una utenza tanto vasta quanto allarmata bensì ne alimentano le ansie a proprio vantaggio. Comportamenti che meritano di essere sanzionati con rigore anche perché gettano discredito sulla intera categoria della quale tratteggiano un volto che non è quello dei moltissimi professionisti che si pongono come interlocutori necessari e competenti nella tutela dei diritti dei cittadini.

    Doveva accadere anche questo e, in fondo, c’era da aspettarselo: nell’ attesa di Giustizia è arrivato anche il giorno dello sciacallo.

     

  • Servizio di ascolto psicologico nell’emergenza “Coronavirus”

    Si moltiplicano le iniziative per fornire un servizio di sostegno psicologico nell’emergenza Coronavirus.

    L’Arca mette a disposizione degli operatori della Cooperativa e non solo, delle persone in quarantena e di chi è vicino ai malati una psicologa psicoterapeuta che telefonicamente, tramite videochiamata o via Skype, può aiutare ad affrontare paure, preoccupazioni, tristezze. Per informazioni la psicologa è raggiungibile al 3277023235.

    ‘Pronto soccorso psicologico’ è invece un servizio gratuito erogato dall’Azienda Socio Sanitaria Territoriale Valtellina e Alto Lario che fornisce un sostegno psicologico ai familiari dei pazienti affetti da Covid-19 e a chiunque vive una difficoltà emotiva legata a questo periodo di restrizioni imposte dall’emergenza. Si può telefonare o inviare un messaggio sms o whatsapp al numero 3356442920

  • Piacenza sempre più in emergenza, escalation contagi

    Sono numeri da incubo quelli di Piacenza rispetto all’emergenza coronavirus. “Siamo la Bergamo emiliana”, scrive nell’editoriale di prima pagina il direttore del quotidiano Libertà, il giornale della città, Pietro Visconti. La “terra di passo”, la provincia emiliano-romagnola più vicina (non solo geograficamente) alla Lombardia, continua a pagare un tributo altissimo, di gran lunga superiore al resto della regione. Oggi (18 marzo n.d.r.) 12 morti che portano il totale a 201 con un’escalation da pelle d’oca: 13 deceduti mercoledì 11 marzo, 15 giovedì, 14 venerdì, 24 sabato, altri 24 domenica, 23 lunedì e 26 ieri. Piacenza piange in sostanza metà delle vittime dell’intera Emilia-Romagna. E c’è perfino chi si è peritato di confrontare questo macabro bollettino, con quello delle vittime piacentine della Grande Guerra che, nel suo anno più tragico, il 1917, fece registrare 33 morti a febbraio e 100 a marzo. Molti gli amministratori pubblici e i sindaci contagiati, compreso il primo cittadino del capoluogo Patrizia Barbieri, mentre l’ultimo della serie è quello di Gossolengo, Gabriele
    Balestrieri. I sindaci, ieri, dopo 25 giorni di battaglia hanno rilanciato l’accorato appello ai cittadini “restate a casa” con una locandina condivisa da tutti e 46 i comuni della provincia e con una frase rubata ai Tre Moschettieri di Dumas: “Tutti per uno e uno per tutti. Uniti noi resistiamo, divisi noi cadiamo”.
    Nel suo ennesimo appello ai cittadini Patrizia Barbieri, che è anche presidente dell’amministrazione provinciale, ha fatto riferimento alle durissime parole pronunciate da un medico dell’ospedale di Piacenza, la dottoressa Raffaella Bertè, che ha definito “farabutti, persone senza cuore, egoisti” coloro i quali continuano a fare la propria vita nonostante divieti e raccomandazioni. Eppure nei giorni scorsi le forze dell’ordine hanno fermato e denunciato altre 38 persone (che vanno ad aggiungersi alle 154 finite nei guai in precedenza) che circolavano senza un giustificato motivo, soprattutto giovani: chi si è radunato per fumare hashish, chi per estemporanei aperitivi, chi (dopo aver scavalcato la recinzione di un impianto sportivo) per giocare a calcetto, senza contare una decina di prostitute in attesa di clienti nel quartiere a luci rosse della Caorsana. Intanto si aspetta la realizzazione di un ospedale da campo nell’area dell’ex Arsenale dell’Esercito, interamente riservato ai contagiati. L’annuncio era stato dato dal commissario regionale alla Sanità, Sergio Venturi nella videoconferenza di lunedì 16 marzo e in base a quanto si è potuto informalmente sapere fino ad ora, i posti-letto saranno circa 40, non tutti di terapia intensiva. Dopo i sopralluoghi è iniziato oggi l’allestimento e la struttura dovrebbe essere pronta entro il prossimo weekend.

     

  • Il coronavirus e il comportamento della finanza

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di di Mario Lettieri e Paolo Raimondi apparso su ItaliaOggi il 18 marzo 2020

    In un momento in cui la pandemia da coronavirus impone delle riorganizzazioni e dei limiti di comportamento al singolo cittadino e alle istituzioni politiche, sociali ed economiche dei vari Paesi, è grave e inaccettabile che la finanza si comporti in modo irresponsabile. Proprio come ha sempre fatto sia prima che dopo la grande crisi del 2008. È fuorviante dare la responsabilità per gli sconquassi finanziari in corso solo al coronavirus. La pandemia è l’equivalente di un disastroso evento geopolitico che può scatenare una nuova e pericolosa crisi in una situazione già precaria.

    Negli ultimi 10 anni l’intero sistema economico-finanziario ha peggiorato la sua situazione, in tutti i settori. In rapporto al Pil mondiale e regionale i debiti pubblici e quelli corporate, delle imprese private, sono, purtroppo, aumentati di molto. Varie bolle finanziarie, soprattutto negli Usa, ma anche altrove, Cina compresa, sono cresciute. Si tratta dei derivati otc e delle bolle dei mutui immobiliari, per l’acquisto di auto e in generale dei debiti per i consumi, persino quelli per i prestiti agli studenti. Anche la borsa di Wall Street, e in misura minore le altre, è cresciuta a dismisura, in modo ingiustificato e per niente proporzionale al reale andamento delle imprese quotate.

    Per esempio, nel giro di poche ore il prezzo del petrolio è sceso del 30% portando il costo del barile intorno ai 30 dollari. È stato chiaramente provocato da una mossa geopolitica dell’Arabia Saudita contro la Russia, l’Iran e la Cina. Ovviamente con l’appoggio americano. Sarebbe sciocco pensare che sia dovuto soltanto alle contrazioni produttive in Cina o agli annunci relativi alla domanda e l’offerta del mercato. L’operazione, invece, è stata condotta attraverso «preparate» operazioni finanziarie speculative, futures e altri derivati, mirate al ribasso. Una mossa che, nell’intenzione di chi l’ha pensata, avrebbe dovuto piegare in brevissimo tempo le resistenze russe. Così non è stato e non è, in quanto la Russia, ci sembra, da tempo si è preparata a simili evenienze.

    La conseguenza sembra colpisca, invece, il mondo delle obbligazioni americane. Infatti, titoli per oltre 140 miliardi di dollari emessi da imprese energetiche americane minori, potrebbero in breve tempo finire tra i junk bond ad alto rischio, cioè diventare «obbligazioni spazzatura». Perderebbero lo status di «investment grade», per cui i possessori istituzionali, come le assicurazioni e i fondi pensione, dovrebbero disfarsene.

    Se l’attuale andamento del mercato petrolifero dovesse prolungarsi, altre obbligazioni, già con il penalizzante rating della tripla B, per 320 miliardi di dollari, potrebbero cadere nel famoso bidone della spazzatura. Si consideri che nel settore dell’energia degli Usa vi sono altre obbligazioni a rischio ammontanti a circa 2.000 miliardi di dollari, che potrebbero fare la stessa fine. Se ciò avvenisse, si potrebbero «infettare» altri 3.000 miliardi di dollari di obbligazioni del settore corporate che già galleggiano malamente nella palude della tripla B.

    Secondo noi questi «giochi» hanno un effetto distruttivo maggiore della peggiore pandemia perché possono far saltare l’intero sistema economico. Nel frattempo le banche centrali sarebbero chiamate a far fronte ai vari salvataggi per centinaia di miliardi di dollari o di euro. I grandi operatori della finanza, in verità, sanno che non basterà. Adesso chiedono il cosiddetto «helicopter money», l’inondazione di liquidità per tutti, come se si dovessero gettare banconote da un elicottero. Si tratta di un’idea proposta inizialmente dal monetarista Milton Friedman e poi rilanciata nel 2002 dal governatore della Fed Ben Bernanke per prevenire i rischi di una deflazione.

    L’uso dell’«elicottero» proverebbe che le banche centrali, dopo il 2008, invece di riformare il sistema finanziario, hanno usato tutti i mezzi monetari convenzionali e non convenzionali a loro disposizione. Adesso sarebbero disarmati di fronte ad una crisi di gravità e dimensioni maggiori. In Italia ben venga la decisione della Consob di proibire le operazioni allo scoperto in borsa. Dovrebbe essere una norma di divieto duraturo da adottare a livello globale.

    Di fronte ai crolli e alle incontrollabili evoluzioni finanziarie, le autorità centrali devono intervenire. Se lo Stato è chiamato a rispondere in tutti i settori, come quelli sanitari, occupazionali, economici e ambientali, non può essere consentito che i mercati finanziari restino fuori da ogni controllo e influiscano negativamente sugli andamenti dell’economia e degli assetti sociali. In un mondo dove tutte le ideologie sembrano siano state superate, di fatto, resta ancora dominante il neoliberismo, che sparge il virus della «magia del mercato perfetto» della domanda e dell’offerta, senza regole e senza un ruolo dello Stato.

    Emblematico è il coronavirus: muoversi in ordine sparso, non coordinato e centralizzato non risolve il problema. Vale ancor di più per la finanza e la speculazione. Non è più procrastinabile una riforma del sistema. Serve una nuova e moderna Bretton Woods. Se Wall Street e la City continuano a resistere, allora l’Unione Europea, magari insieme ai Paesi Brics, dovrebbe farsene carico e non in tempi biblici.

    *già sottosegretario all’Economia  **economista

  • Coronavirus, il vademecum per la raccolta rifiuti di soggetti positivi, in quarantena e non

    L’Istituto Superiore della Sanità ha diramato un “vademecum”, rivolto a tutti i cittadini, per la raccolta e la gestione dei rifiuti per persone positive al Coronavirus, in quarantena e non.

    Se sei POSITIVO o in quarantena obbligatoria…
    Non differenziare più i rifiuti di casa tua.
    Utilizza due o tre sacchetti possibilmente resistenti (uno dentro l’altro) all’interno del contenitore utilizzato per la raccolta indifferenziata, se possibile a pedale.
    Tutti i rifiuti (plastica, vetro, carta, umido, metallo e indifferenziata) vanno gettati nello stesso contenitore utilizzato per la raccolta indifferenziata.
    Anche i fazzoletti o i rotoli di carta, le mascherine, i guanti, e i teli monouso vanno gettati nello stesso contenitore per la raccolta indifferenziata.

    Indossando guanti monouso chiudi bene i sacchetti senza schiacciarli con le mani utilizzando dei lacci di chiusura o nastro adesivo.
    Una volta chiusi i sacchetti, i guanti usati vanno gettati nei nuovi sacchetti preparati per la raccolta indifferenziata (due o tre sacchetti possibilmente resistenti, uno dentro l’altro). Subito dopo lavati le mani.

    Fai smaltire i rifiuti ogni giorno come faresti con un sacchetto di indifferenziata.
    Gli animali da compagnia non devono accedere nel locale in cui sono presenti i sacchetti di rifiuti.

    Se NON sei positivo al tampone e NON sei in quarantena…
    Continua a fare la raccolta differenziata come hai fatto finora.

    Usa fazzoletti di carta se sei raffreddato e buttali nella raccolta indifferenziata.
    Se hai usato mascherine e guanti, gettali nella raccolta indifferenziata.
    Per i rifiuti indifferenziati utilizza due o tre sacchetti possibilmente resistenti (uno dentro l’altro) all’interno del contenitore che usi abitualmente.

    Chiudi bene il sacchetto.
    Smaltisci i rifiuti come faresti con un sacchetto di indifferenziata.

     

  • European Commission’s latest response to COVID-19

    After having faced sharp criticism from within the EU over its inactivity in assisting the country’s within the bloc that have been the hardest hit by the coronavirus pandemic, the European Commission is still struggling to find its footing when it comes to enacting far-reaching and legally enforceable measures that will help reduce the threat of the ongoing outbreak.

    Christine Lagarde, the European Central Bank’s (ECB) President, has come under fire for saying that the national governments, and not the ECB, are responsible for protecting highly indebted Eurozone countries.

    The European Commission, however, is viewing the crisis as an opportunity to try and prove that it can act quickly and effectively. To that end, the Commission has been signalling that Brussels is ready to make a last-ditch effort to secure itself an important role in the fight against the pandemic.

    “It is not possible to stop the virus, but it is of utmost importance to slow its spread,” Ursula von der Leyen, the EU Commission President said on March 13, comments that came just before the EU executive formed a Corona response team and pledged to provide medical equipment and funds for research and the development of a coordinated European response to COVID-19.

    Team of experts

    In order to form a coordinated medical response to the COVID-19 emergency, the Commission launched on March 17 an advisory panel comprised of epidemiologists and virologists which will be chaired by von der Leyen and EU’s health chief, Stella Kyriakides.

    The panel of scientific experts is charged with creating EU guidelines for science-based and coordinated risk-management measures that will be used to advise the EU executive including identifying and mitigating any scientific or medical gaps that may hinder the containment of the virus to recommending policy measures for handling the long-term consequences of the COVID-19 pandemic.

    “The panel’s work will complement and capitalise on the work of the European Centre of Disease Prevention and Control,” Kyriakides said just the panel was set to hold its first official meeting on March 18.

    Border management

    After several of the EU’s 27 members opted to close their borders, which restricted the freedom movement, von der Leyen slammed the unilateral shutdown as a violation of the bloc’s open border principles before adding that the measures may be ineffective.

    For countries having imposed unilateral border checks, von der Leyen noted that although “certain controls may be justified” such measures could threaten the EU’s supply chain and could lead to shortages across the whole of Europe. She has urged the countries to ensure that flow in the internal market “remains open”.

    On March 16, the Commission presented its guidelines for what it called “effective border management”, the aim of which is to protect the public’s health while preserving the integrity of the internal market to prevent medical equipment and food shortages. According to the Commission, strict border controls “should be applied in a proportionate manner and with regard to people’s health”.

    “The members of the EU should designate priority lanes for freight transport,” tweeted Thierry Breton, Commissioner for Internal Market, tweeted on March 16.

    Produce more protective equipment, keep in the EU and share

    In a video released on March 15, von der Leyen highlighted the main issues that the bloc is facing as a result of the outbreak, which is spreading rapidly across the continent.

    The Commission is working closely with industries to speed up the production of protective equipment and is pushing its constituent members to keep all essential equipment inside the EU and share to it with other European nations. Brussels said it wanted to push for more cooperation after France, Germany and the Czech Republic restricted exports of medical supplies to other EU countries. As a result, the EU’s executive body adopted on March 16 an export authorisation scheme to protect the bloc’s supply of medical equipment in the event that the COVID-19 outbreak worsens.

    “Medical goods can only be exported to non-EU countries with the explicit authorisation of Europe’s governments,” the Commission said.

    Von der Leyen stressed the need for protecting those fighting against the spread of the virus and noted that ant measure taken by an individual country can only be effective if they are coordinated with neighbouring states.

    Mitigating the socio-economic impact

    A €37 billion boost from the EU budget under the Cohesion Policy is one of the key measures that have been announced by the European Commission as part of the campaign to help mitigate the economic impact of the COVID-19 outbreak.

    “We will do whatever is necessary to support Europeans and the European economy,” von der Leyen said after the Commission predicted that the Eurozone will most likely go into a deep recession this year.

    The EU’s executive body is likely to ease the bloc’ fiscal rules by partially suspending budget commitments for countries that have been severely hit by COVID-19. “We are not suspending the stability and growth pact. We are using the flexibility that is there in the stability and growth pact,” Valdis Dombrovskis, EU Vice President and the Commissioner for Economic Affairs, said.

    In order to avoid a negative lasting impact on the economy from the “temporary shock” of the COVID-19 outbreak, the Commission’s priorities include the provision of liquidity in companies, and in particular in SMEs, through the Coronavirus Response Investment Initiative.

    On March 17, the Commission said it had sent a proposal to the EU27 for a temporary framework for state aid approval, one that would enable each EU member to use the full flexibility foreseen under state aid rules to tackle the situation. To avoid “serious disturbances across the EU economy,” the Commission will pre-authorise some countries’ operations that are aimed at supporting companies and SMEs.

    Research on COVID-19

    With the number of confirmed Coronavirus cases across the bloc on the rise, the  Commission has secured an additional €37.5 million for research on vaccine development, treatment, and diagnostics.

    “We are providing an extra €37 million for new research to fight COVID-19. This will enable 17 projects to tackle the outbreak on several fronts: vaccines, diagnostics, treatments, and medical systems,” said Stella Kyriakides, EU’s health chief.

     

  • Il virus avanza tra notizie confuse e regole poco rispettate

    Poliziotti, infermieri, vigili, volontari, farmacisti, addetti alle attività di prima necessità, tutti quelli che sono a contatto diretto con gli altri, quelli che devono salvare, curare, nutrire, controllare, alimentare sono per la maggior parte sprovvisti del principale presidio: la mascherina, per evitare il diffondersi del virus. Fino a qualche giorno fa ci dicevano  che non era necessario portarla, ora se ne è compresa la necessità, che  diventa più o meno obbligatorio usarla per uscire, ma le mascherine non ci sono neppure per i molti che sono al fronte, una guerra in trincea ma senza protezioni. In questi giorni abbiamo visto un fai da te di tutti i tipi, mascherine per dare il verderame alle viti, per muratori, per puericultura, mascherine fatte di plastica, il materiale sul quale vive più a lungo il virus, mascherine di stoffa di vario tipo, mascherine fatte con la carta forno dietro la sciarpa o ricavate da pannolini per bambini o da assorbenti femminili. Sarebbe comico se non fosse tragico, a Malpensa dicono ci sono 5 milioni di mascherine da sdoganare, sarà vero? Di chi sono veramente? Un importante commerciante mi segnala che ne potrebbe avere in pochi giorni un milione ma non sa  e né come proporle chi contattare perché è difficile comunicare con gli enti preposti all’acquisto e comunque il costo è di 8,30 euro l’una, i costi sono molto alti e rimane il fatto che,nonostante donazioni varie i privati non ne trovano e molti sanitari non ne hanno!

    Difficile capire qual è la realtà tra cose dette con il contagocce e altre notizie che arrivano da canali diversi, sta di fatto che, di giorno in giorno, la situazione si aggrava se, come dicono alcuni ricercatori della società italiana di medicina ambientale, in collaborazione con le università di Bologna e Bari, i virus possono rimanere nell’aria per diverso tempo utilizzando come vettore di trasporto e diffusione il particolato atmosferico. Il che potrebbe valere anche per il Covid-19. A loro avviso esiste una relazione tra la forte diffusione del virus a fine febbraio inizi marzo e il i superamento dei limiti stabiliti di concentrazione di PM 10.

    Il virus ha colpito ovunque ma mentre abbiamo qualche notizia su alcuni paesi europei, sugli Stati Uniti e la Cina, tutto tace sull’Africa e il Sud America e l’Africa preoccupa per la sua vicinanza, per l’immigrazione, per le gravi carenze sanitarie, per i turisti italiani, europei che fino a ieri sono andati e venuti. II virus non si ferma e non si fermano neppure troppe persone che non hanno capito la realtà, la vita è cambiata e sopravviverà solo chi avrà la capacità di adattarsi, come è sempre stato. Anche oggi, la mattina presto, la metropolitana di Milano era affollata, altro che metro di distanza gli uni dagli altri, chi non ha capito, chi deve comunque trovare il modo di guadagnarsi da vivere e il contagio continua. Poi ci sono i senza tetto, le persone senza documenti che per questo non possono ancora essere accolte nei ricoveri, quanto virus viaggia libero sulle nostre false libertà e norme inadeguate?

    A Bergamo è ufficiale: non ci sono più letti negli ospedali, le persone muoiono a casa, qualunque cifra di decessi o contagiati è relativa rispetto alla realtà. In Emilia Romagna nuovi comuni blindati, nuove zone rosse per contenere il contagio, perché non si è chiusa Bergamo quando si era ancora in tempo? Il virus scende verso sud anzi e già lì pronto ad esplodere mentre la Calabria ha tremato sotto le scosse di un nuovo terremoto.

    Continuano le trasmissioni di approfondimento, qualcuna è lo spettacolo dell’ovvio e dell’orrore, ripetizioni di cose dette e ridette, scenari tristi di piazze e vie vuote e deserte dove solo qualche giorno fa camminavamo. Se dobbiamo stare in casa è ovvio che siano vuote le città, perché continuare a farci vedere la desolazione, a farci rimpiangere un mondo perduto? Perché darci notizie inutili o farci ascoltare commenti di chi ne sa meno di noi? Anche la morte, il dolore, la paura sono spettacolo, non capiremo mai? Non possiamo accompagnare i nostri morti, non possiamo essere vicini a chi ci sta lasciando, possiamo applaudire da lontano tutti coloro che sono sul campo per salvare vite o per essere di supporto a chi salva vite e anche chi fa le pulizie negli ospedali o riempie i banchi del supermercato si occupa della nostra vita. A tutti il nostro Grazie e ciascuno di noi faccia quello che gli compete, prima di tutto rispettare le regole.

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