Corruzione

  • Un dittatore corrotto e disposto a tutto

    …Chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o

    prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto.

    Sandro Pertini

    Sì, proprio così dichiarava Sandro Pertini, noto e stimato uomo politico italiano, ex presidente della Camera dei Deputati (1968-1976) ed ex presidente della Repubblica (1978-1985). Lo dichiarava durante una lunga intervista rilasciata ad Oriana Fallaci e pubblicata dal settimanale L’Europeo il 27 dicembre 1973. La stessa intervistatrice presentava così l’intervistato: “L’uomo non ha bisogno di presentazioni. Si sa tutto su Sandro Pertini, presidente della Camera. Si conosce il suo bel passato di antifascista condannato all’ergastolo e a morte, il suo bel presente di socialista privo di fanatismi e di dogmi, il suo coraggio, la sua onestà, la sua dignità, la sua lingua lunga. Nessun segreto da svelare su questo gran signore che della libertà ha fatto la sua religione, della disubbidienza il suo sistema di vita, del buon gusto la sua legge”. E poi aggiungeva: “È noto che ama la moglie, i quadri d’autore, le poesie, la musica, il teatro, la cultura, che è un uomo di cultura e uno dei pochissimi politici di cui possiamo andar fieri in Italia”. Oriana Fallaci sottolineava, sempre riferendosi a Sandro Pertini, che: “…È anche un uomo che ha tanto da dire, senza esser sollecitato. Infatti non si intervista Sandro Pertini. Si ascolta Sandro Pertini. Nelle sei ore che trascorsi con lui, sarò riuscita sì e no a piazzare quattro o cinque domande e due o tre osservazioni. Eppure furono sei ore di incanto”. E durante quelle sei ore trascorse insieme, l’ex presidente della Repubblica raccontò anche parte di un colloquio che egli aveva avuto con un altro uomo politico italiano, dicendogli: “Senta, la politica se non è morale, non m’interessa. Io, se non è morale, non la considero nemmeno politica. La considero una parolaccia che non voglio pronunciare”. La risposta del suo interlocutore era: “Ma caro Pertini! In politica, fare i morali è un’ingenuità!”. Al che Sandro Pertini rispose: “Senta, mi dia pure del sentimentale o dell’ingenuo. Tanto non me ne offendo, per me anzi è un onore. Ma non esiste una moralità pubblica e una moralità privata. La moralità è una sola, perbacco, e vale per tutte le manifestazioni della vita. E chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto”. E poi rivolgendosi ad Oriana Fallaci, le disse: “Gli ho detto proprio così, cara Oriana, e aggiungo: se li esamina bene, questi che affermano in politica essere onesti è un’ingenuità, scopre che sono disonesti anche nella vita privata. Ladri di portafogli. Oh, la politica io l’ho sempre vista come una missione da assolvere nell’interesse del popolo, al servizio di una fede”. E siccome Sandro Pertini non era un credente, ha ritenuto necessario aggiungere e specificare che egli aveva scelto la politica “…come una fede, come un lavoro, nello stesso spirito dei preti che dicono sacerdos sum in aeternum (siamo sacerdoti per sempre; n.d.a.). Lo capiva anche mia madre. Mia madre non condivideva le mie idee: era una cattolica, lei, una credente. Però era fiera di me e ripeteva: “Ah, se il mio Sandro fosse stato un soldato di Cristo, che bel soldato di Cristo sarebbe!”. E aveva ragione. Perché io non avrei fatto il parroco o il cardinale. Avrei fatto il missionario, il…”. E poi Sandro Pertini, durante la lunga conversazione con Oriana Fallaci, durata per circa sei ore, aveva trattato e parlato di molti altri argomenti e fatti accaduti e vissuti da lui in prima persona.

    Tutto quanto è stato detto durante quella conversazione è stato ed è un buon insegnamento per tutti coloro che scelgono la politica come la loro attività. Ma purtroppo non tutti hanno avuto e hanno lo stesso intendimento che Sandro Pertini aveva della politica e delle responsabilità che comporta essere attivo/attiva in politica e rappresentare anche molte altre persone che, con il loro voto, hanno permesso a loro una simile attività. Sono stati e sono purtroppo tanti i casi che lo testimoniano. Casi che sono stati verificati e che tutt’ora si verificano in diverse parti del mondo. Italia compresa. Ma anche quanto sta accadendo da anni in Albania ne è un’ulteriore conferma dove, invece di rispettare la Costituzione e servire le istituzioni, lo Stato, nonché proteggere e gestire nel migliore dei modi il bene pubblico, abusa consapevolmente del potere conferitogli. L’operato dell’attuale primo ministro albanese rappresenta proprio una testimonianza molto significativa e inconfutabile. Lui è un individuo al quale calza a pennello quanto diceva Sando Pertini durante il colloquio con Oriana Fallaci. E cioè che: “…chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto”.

    Anche durante queste ultime settimane sono stati denunciati altri casi clamorosi e sono stati resi pubblici diversi documenti ufficiali, riguardanti quello che da anni è ormai noto come lo scandalo dei tre inceneritori. Si tratta di documenti che coinvolgono direttamente sia il primo ministro albanese e/o il sindaco della capitale, sia altri loro stretti collaboratori. Il nostro lettore è stato informato di questo scandalo ormai da qualche anno e a tempo debito. L’autore di queste righe, riferendosi allo scandalo degli inceneritori, informava il nostro lettore tre settimane fa che “Ormai le notizie sui continui e clamorosi abusi del bene pubblico in Albania sono diventate una “normalità” quotidiana. […]. Ma quando i casi di abuso, resi pubblici, sono veramente tanti, inevitabilmente tali abusi si sovrappongono e non lasciano tempo neanche per riflettere. Si tratta di abusi che, da anni, stanno svuotando in un modo allarmante e pericoloso le casse dello Stato. E tutto ciò in uno dei Paesi più poveri dell’Europa” (Misere bugie per nascondere clamorosi abusi quotidiani ed altro, 27 novembre 2023 ecc…).

    Quello degli inceneritori è veramente un clamoroso scandalo milionario, tutt’ora in corso. Uno scandalo che testimonia non solo il diretto coinvolgimento del primo ministro, del sindaco della capitale, del segretario generale del Consiglio dei ministri, nonché altri alti funzionari del governo, ma anche il diretto controllo delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia da parte del primo ministro albanese. Un allarmante e preoccupante fatto, visto che lui controlla altresì il potere esecutivo e quello legislativo. Un fatto che purtroppo testimonia l’annientamento del ben noto principio della separazione dei poteri in uno Stato democratico, definito da Montesquieu già nel 1748. Il che dimostra e testimonia che in Albania ormai lo Stato non può essere più considerato uno Stato democratico, bensì un regime autocratico, una dittatura. E la realtà vissuta e sofferta in Albania in questi ultimi anni lo dimostra, fatti accaduti e che stanno accadendo anche in questi ultimissimi giorni alla mano. L’autore di queste righe spesso deve ripetere che in Albania ormai è stato restaurato e si sta consolidando, ogni giorno che passa, un nuovo regime autocratico, una nuova dittatura sui generis, come espressione di una pericolosa alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata locale ed internazionale e certi raggruppamenti occulti, ben potenti finanziariamente; soprattutto uno di oltreoceano.

    Sempre da molti fatti pubblicamente denunciati, anche in questi ultimissimi giorni ,alla mano, molti dei quali depositati ufficialmente, da parte dell’opposizione politica, presso una delle strutture del nuovo sistema “riformato” della giustizia, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, il vanto sia del primo ministro albanese che di certi “rappresentanti internazionali”, risulterebbe che quello degli inceneritori sia veramente uno scandalo clamoroso. Uno scandalo, di fronte al quale il primo ministro, per salvare se stesso ed alcuni suoi fedelissimi collaboratori, da alcuni mesi è stato costretto a “scaricare” man mano i suoi collaboratori coinvolti nello scandalo, consegnandoli a quella Struttura Speciale. Non è difficile capire che lo fa per dimostrare che i veri colpevoli sono alcuni suoi collaboratori, coloro che “hanno abusato della sua fiducia alle sue spalle”. Lo fa anche per ingannare l’opinione pubblica, cercando di dimostrare che le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia e soprattutto la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata fanno il proprio dovere istituzionale, senza essere condizionate da niente e da nessuno, primo ministro compreso. Un suo lapsus freudiano, che dimostrerebbe proprio il contrario. Gli “eroi dei [vostri] bambini ed il terrore dei criminali” li definiva nel 2021, con  gioia ed entusiasmo, l’ex ambasciatrice statunitense, in presenza anche del rappresentante della Delegazione dell’Unione europea in Albania, i procuratori di quella Struttura Speciale. E tutti e due loro non hanno mai nascosto il palese sostegno al primo ministro albanese. Quegli “eroi dei bambini” però, i procuratori della Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, diventano il terrore degli alti rappresentanti politici ed istituzionali, nonché dei noti criminali, solo dopo il nullaosta arrivato dall’alto, da molto alto.

    Ma non è solo lo scandalo degli inceneritori ed, in generale, l’abuso del potere che genera simili scandali in Albania. Quello che veramente dovrebbe allarmare e preoccupare tutti, comprese anche le istituzioni dell’Unione europea e le cancellerie di alcuni singoli Paesi membri dell’Unione, Italia compresa, è la confermata irresponsabilità istituzionale e personale del primo ministro albanese. Di colui che ogni giorno che passa fa di tutto, e purtroppo ci riesce, per annientare l’opposizione, per poi non avere nessuno che possa denunciare il suo clamoroso e testimoniato abuso del potere conferitogli e soprattutto usurpato. Come da anni anche il nuovo zar russo, un altro dittatore al potere, sta facendo con l’opposizione in Russia. Il primo ministro albanese lo ha fatto anche lunedì scorso, 18 dicembre. La commissione dei mandati del parlamento, ubbidiente a tutti i suoi ordini, ha approvato il permesso per l’arresto del dirigente del maggior partito dell’opposizione, ex presidente della Repubblica (1992-1997) ed ex primo ministro (2005-2013). Tutto ciò partito da una richiesta anticostituzionale di un procuratore della Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, il quale, guarda caso è stato procuratore anche nel periodo del regime comunista. E solo per questa ragione lui non doveva essere in quella Struttura per legge. Una richiesta con la quale si chiedeva l’obbligo d’apparizione e si confiscava il passaporto proprio del dirigente del maggior partito dell’opposizione. Il nostro lettore è stato informato di questo fatto (Inconfutabili testimonianze di una dittatura in azione, 23 ottobre 2023; Preoccupante ubbidienza delle istituzioni al regime dittatoriale, 7 novembre 2023). Mentre ieri, martedì 19 dicembre, un’altra commissione del parlamento ha approvato un disegno di legge che prevede il controllo delle attività parlamentari da parte della maggioranza governativa, e cioè del primo ministro. Molto presto quel disegno di legge sarà approvato definitivamente dal parlamento. Lo ha fatto alcuni anni fa anche un altro autocrate, il “fratello ed amico” del primo ministro albanese, il presidente turco che nell’aprile 2017 cambiò la Costituzione per aumentare i propri poteri. Bisogna sottolineare che solo durante questi ultimi mesi il parlamento in Albania, tra l’altro, non ha permesso la costituzione di otto commissioni parlamentari che dovevano indagare proprio sugli abusi del bene pubblico da parte del primo ministro, lo scandalo degli inceneritori ed altri scandali. Si è trattato di decisioni prese in piena violazione della Costituzione, E se questa non è un’ulteriore, preoccupante ed inconfutabile testimonianza di una dittatura in azione, allora cos’è?!

    Chi scrive queste righe è convinto, dati e fatti accaduti e che tutt’ora stanno accadendo alla mano, che il primo ministro ha usurpato ormai tutti i poteri ben definiti da Montesquieu già nel 1748. Anche il primo ministro albanese fa parte di quella combriccola di individui, per i quali Sandro Pertini diceva “..Chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto”. Ed uno che conosce l’attuale realtà vissuta e sofferta in Albania avrebbe aggiunto che lui, il primo ministro, è un dittatore corrotto e disposto a tutto. Proprio a tutto.

  • Inconfutabili testimonianze di una dittatura in azione

    La giustizia senza la forza è impotente; la forza senza la giustizia è tirannica.

    Blaise Pascal

    Quanto è accaduto la scorsa settimana in Albania dimostra la megalomania e la falsità di quell’innato bugiardo, imbroglione e buffone, qual è il primo ministro e delle propaganda governativa. Ma quanto è accaduto la scorsa settimana in Albania evidenzia chiaramente anche la vera, vissuta e sofferta realtà in cui si trovano i cittadini. Quanto è accaduto la scorsa settimana testimonia, in modo convincente ed esaustivo, quello che da anni si sta cercando con tutti i modi di nascondere da parte dei veri e diretti responsabili di una simile e preoccupante realtà. E cioè la restaurazione ed il continuo consolidamento di un regime autocratico. Di una dittatura sui generis, che si cerca di camuffarla dietro una fasulla parvenza di pluripartitismo. Una dittatura come espressione di una pericolosa alleanza tra il potere politico, rappresentato dal primo ministro, la criminalità organizzata locale e/o internazionale e alcuni raggruppamenti occulti. E soprattutto uno in particolare, di oltreoceano, che da anni ha scelto l’Albania per mettere in atto degli occulti e pericolosi obiettivi regionali, ma non solo. E purtroppo, tutto ciò da anni ormai accade anche in presenza di certi “rappresentanti internazionali” i quali, stranamente, non vedono non sentono e non capiscono nulla di tutto quello che, in realtà, è ben evidente. E da anni ormai, le cattive lingue dicono che alcuni di loro ne hanno beneficiato non poco per un simile atteggiamento, nell’ambito e grazie a delle determinate attività lobbistiche. Quanto è accaduto all’inizio della scorsa settimana in Albania è stata una ghiotta opportunità per il primo ministro di realizzare la sua ennesima ingannatrice messinscena. Ed anche in questo caso, come sempre, la potente e ben organizzata propaganda governativa ha fatto egregiamente il suo dovere. Ma quanto è accaduto all’inizio della scorsa settimana in Albania ha evidenziato purtroppo anche l’ipocrisia, l’irresponsabilità ed il consapevole e dannoso coinvolgimento di alcuni alti rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea e di singoli Paesi membri.

    Invece, quanto è accaduto alla fine della scorsa settimana in Albania ha messo in evidenza tutte le falsità delle messinscene di alcuni giorni prima. Ha messo in evidenza sia le buffonate del primo ministro, sia, nel migliore dei casi, la mancata conoscenza della realtà locale da parte di alcuni importanti rappresentanti istituzionali internazionali. Si, perché quanto è accaduto sabato scorso in Albania è stata una inconfutabile testimonianza del consolidamento di una pericolosa dittatura in azione. E una simile, grave e molto preoccupante realtà non poteva essere presente senza la messa in atto di una ben ideata e realizzata “strategia” che, come obiettivo, aveva e ha tutt’ora l’ottenimento di una garanzia per la stabilità, a scapito dei principi della democrazia. Una “strategia”, per l’attuazione della quale, da anni hanno insistito e lavorato certi “rappresentanti internazionali”. Una “strategia” quella che permetteva però agli autocrati locali di fare i loro comodi e di diventare sempre più potenti. Come è accaduto anche in altre parti del mondo e con tutte le derivanti e ben note ripercussioni. Una “strategia” le cui dirette conseguenze purtroppo le stanno soffrendo i cittadini albanesi. Ma non solo loro, perché la criminalità organizzata locale con la quale collabora strettamente il primo ministro albanese, ormai sta creando serie preoccupazioni anche in altri Paesi e non solo europei. Una “strategia” quella di garantire ed ottenere la stabilità, applicata precedentemente anche in altri Paesi del nord Africa ed altrove in zona e altresì nel centro e sud America, di cui ormai si conoscono pubblicamente le gravi e preoccupanti conseguenze. Una “strategia” che permette la costituzione di un sistema che viene ormai considerato non più come una democrazia, ma come una “stabilocrazia”, proprio per evidenziare quello che si perde dalla democrazia per permettere la “garanzia” della stabilità. Che, in realtà, quella “stabilità” non viene poi neanche ottenuta, perché non ci si può mai fidare di coloro ai quali è stato consapevolmente permesso di gestire e approfittare dalla “stabilocrazia”. Spesso un simile sistema  viene nominato anche “democratura”, per indicare una dittatura attiva, che opera dietro una facciata di democrazia. L’autore di queste righe ha trattato anche questi argomenti per il  nostro lettore.

    All’inizio della scorsa settimana, lunedì 16 ottobre, nella capitale dell’Albania si è svolto il vertice organizzato dalla Commissione europea e dedicato al Processo di Berlino. L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore a tempo debito, sia di quest’iniziativa europea, che di una iniziativa concorrente, nota come Open Balkans (Balcani aperti; n.d.a.), promossa e fortemente sostenuta solo dal presidente serbo, il primo ministro albanese ed il primo ministro macedone. Un’iniziativa, guarda caso, fortemente appoggiata anche dalla Russia. Ma boicottata però da tutti gli altri Paesi dei Balcani occidentali. Riferendosi all’iniziativa europea nota come il Processo di Berlino l’autore di queste righe scriveva già nel novembre 2021: “…Si tratta di un’iniziativa tramite la quale si permette l’attuazione di una cooperazione intergovernativa sul tema delle infrastrutture e degli investimenti economici in Sud Est Europa. Un’iniziativa ufficializzata il 28 agosto 2014 a Berlino, proposta e fortemente sostenuta da allora in poi, non solo dalla Germania, ma anche da altri Paesi dell’Unione europea e dalle istituzioni dell’Unione. L’iniziativa “Processo di Berlino” prevede, come obiettivo fondamentale, la costituzione di un Mercato Comune Regionale sostenuto economicamente e finanziariamente dall’Unione europea. In più, visto il promotore e quali appoggi istituzionali e governativi ha avuto e continua ad avere l’iniziativa “Processo di Berlino”, tutti gli analisti sono concordi che questa iniziativa rappresenta maggiori e durature garanzie anche per l’attuazione delle quattro cosiddette libertà europee. E cioè la libertà della circolazione delle merci, dei servizi, del capitale e delle persone. Ragion per cui l’iniziativa Open Balcan non è mai stata sostenuta ufficialmente né da molti governi degli Stati membri dell’Unione Europa e neanche dalle stesse istituzioni dell’Unione” (Preoccupanti avvisaglie dai Balcani; 8 novembre 2021). Per analizzare, trattare ed informare il nostro lettore di tutto quello che si è visto e/o detto il 16 ottobre scorso nella capitale albanese, durante il vertice sul Processo di Berlino, ci sarebbero volute molte pagine. Sia per evidenziare le messinscene puramente propagandistiche realizzate con il diretto coinvolgimento personale dell’anfitrione, il primo ministro albanese, sia per analizzare e trattare quanto è stato detto durante il vertice dagli ospiti, i massimi rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea e dei singoli Paesi membri. E purtroppo per evidenziare, in determinati casi, anche la loro ipocrisia. Bisogna sottolineare però che il primo ministro albanese, da alcuni mesi, ha usato la scelta dell’Albania come Paese ospitante del vertice sul Processo di Berlino. Lui, addirittura, dal luglio scorso, quando è stato annunciato lo svolgimento di questo vertice in Albania, ha pubblicamente “ripudiato ed abbandonato” l’iniziativa Open Balkans, tanto preferita e fortemente sostenuta fino a pochi giorni prima da lui, dal suo amico, il presidente serbo e dal suo omologo macedone. Il primo ministro albanese, da buon bugiardo ed imbroglione qual è, ha cominciato subito, dall’inizio del luglio scorso, a presentarsi come un convinto sostenitore del Processo di Berlino. In più ha abusato del fatto di essere stata scelta l’Albania come Paese ospitante del vertice, presentandolo pubblicamente con tanto vanto come un suo merito e successo personale, come una conferma dei “successi” raggiunti dall’Albania nell’ambito del suo percorso europeo. Ovviamente la sua potente e ben strutturata propaganda governativa che controlla la gran parte dei media, gli ha fatto eco. Si, perché non si poteva perdere una simile opportunità, visto che di veri meriti e successi lui, il primo ministro albanese, fatti accaduti alla mano, non può presentare niente, proprio niente! In realtà non si è saputo mai il perché della scelta dell’Albania come Paese ospitante del vertice sul Processo di Berlino. Forse una simile decisione è dovuta all’ordine alfabetico dei nomi dei Paesi balcanici. Oppure la decisione di svolgere in Albania il vertice del Processo di Berlino è frutto delle attività lobbistiche, dietro pagamenti di ingenti somme di denaro, fatti da determinati raggruppamenti occulti, uno soprattutto da oltreoceano, che, come risulterebbe da documenti resi ormai pubblici, riescono a “convincere” anche le istituzioni dell’Unione europea. Perché altrimenti non si spiegherebbe la scelta dell’Albania, almeno non per le ragioni che sta sbandierando il primo ministro albanese. Si perché non possono essere stati l’abuso di potere, la corruzione ben radicata, partendo dai più alti livelli istituzionali e il preoccupante ed allarmante riciclaggio del denaro sporco, che ha inserito l’Albania nella cosiddetta “zona grigia” dal 2020, i veri motivi che hanno permesso la scelta dell’Albania come Paese ospitante del vertice del Processo do Berlino. E neanche i continui e ben evidenziati brogli elettorali, in collaborazione con la criminalità organizzata. Non possono essere stati i traffici illeciti dei vari tipi di droghe, che hanno fatto dell’Albania sia un importante centro di produzione, sia di smistamento, i motivi per cui è stata fatta una simile scelta. Ma l’anfitrione, il primo ministro albanese cerca di far credere quello che a lui conviene ed interessa, ma che non ha niente a che fare con la vera, vissuta e sofferta realtà. E nel frattempo, durante tutto il periodo del vertice, lui ha cercato di attirare l’attenzione degli ospiti con delle messinscene, con delle danze popolari e con dei piatti di pizza che portavano il suo nome! Purtroppo anche alcuni degli ospiti, con le loro dichiarazioni ufficiali, hanno sostenuto i “successi” raggiunti dall’Albania durante il suo percorso europeo. E così facendo hanno agito, nel migliore dei casi, da persone non informate. Perché se no, il loro comportamento sarebbe stato ipocrita e anche irresponsabile. L’autore di queste righe continuerà a trattare ed analizzare per il nostro lettore cosa è accaduto durante il vertice del Processo di Berlino, svolto in Albania il 16 ottobre scorso

    Ma le buffonate del primo ministro albanese, nonché l’ipocrisia di alcuni degli ospiti durante quel vertice sono state smentite subito, dopo qualche giorno. Sabato scorso la decisione di una giudice della Corte Speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, ha attirato tutta l’attenzione politica, mediatica e pubblica. Una decisione, in seguito ad una richiesta fatta dai procuratori della Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, con la quale si comunicava al dirigente del maggior partito dell’opposizione e della stessa opposizione l’ordine di apparizione e si confiscava il suo passaporto. Una decisione in piena e palese violazione dell’articolo 73 della Costituzione della Repubblica dell’Albania e di quanto prevede il Regolamento del Parlamento, visto che il dirigente dell’opposizione, che è stato presidente della Repubblica (1992-1997) e primo ministro (2005-2013), è anche un deputato. Una decisione che ha palesemente dimostrato fino a che punto il primo ministro albanese controlla personalmente il sistema “riformato” della giustizia.

    E tenendo presente i principi di Montesquieu sulla separazione dei poteri, quanto è accaduto sabato scorso rappresenta anche una inconfutabile testimonianza di una pericolosa dittatura in azione. Il diretto interessato, accusato di corruzione passiva, ha denunciato, documenti alla mano, tutta la falsità della decisione. Adesso si attendono degli inevitabili  e significativi sviluppi politici.

    Chi scrive queste righe seguirà tutti gli attesi sviluppi che riguardano la decisione contro il dirigente dell’opposizione ed informerà il nostro lettore già la prossima settimana, sempre con la dovuta oggettività. Tenendo presente la vera realtà vissuta e sofferta in Albania, egli però ricorda agli albanesi che ribellarsi ai tiranni significa ubbidire a Dio. Ne era convinto Benjamin Franklin. Chi scrive queste righe trova significativa e condivide l’affermazione di Blaise Pascal, secondo cui la giustizia senza la forza è impotente e la forza senza la giustizia è tirannica.

  • Corruzione, abuso di potere e molto altro

    E’ una esperienza che sempre si ripete nella storia il fatto

    che qualsiasi uomo abbia del potere è portato ad abusarne.

    Montesquieu

    Nei primi giorni di questo mese la Commissione europea ha pubblicato il rapporto ufficiale sull’Albania per il 2022. Nei precedenti rapporti si evidenziavano sempre “i successi ed i positivi risultati raggiunti”. Si evidenziava e si sottolineava anche “il massimo impegno del governo albanese”, grazie al quale erano stati conseguiti dei “continui progressi” nel percorso come Paese candidato per l’adesione nell’Unione europea. Ma, diversamente dai precedenti, il rapporto per il 2022 sull’Albania, per la prima volta dal 2014, evidenzia alcune problematiche. Problematiche dalle qualli, nonostante il “linguaggio diplomatico” usato da coloro che hanno redatto il rapporto, si capisce che non possono essere solo quelle elencate. Si capisce, in base ad un sano ragionamento, che quelle sono causate da altre problematiche, non evidenziate nel rapporto, ma che, purtroppo, sono ben presenti, gravi e preoccupanti. Si, perché, se si afferma che “…Le misure contro la corruzione continuano ad avere, in generale, un limitato impatto”, si capisce che la corruzione è stata ben presente in Albania anche prima. Era presente anche negli anni precedenti, quando non risultava per niente nei rapporti della Commissione europea sull’Albania. Chissà perché?! Si sa però, in base a molte esperienze da altri Paesi, che la corruzione non può nascere e diventare un problema solo in pochi mesi. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito e a più riprese di certi rapporti “molto positivi”, zuccherati e per niente realistici della Commissione europea sull’Albania. Così come è stato informato anche dei palesi “atteggiamenti protettivi” dei massimi rappresentanti istituzionali della Commissione europea nei confronti del primo ministro albanese (Era troppo presto per dimenticare, 6 marzo 2017; Irresponsabili falsità e fandonie da Bruxelles, 11 dicembre 2017; Di nuovo falsità e fandonie da Bruxelles, 26 marzo 2018; Soltanto per merito, 23 aprile 2018; Patti con Satana e irritanti bugie, 3 giugno 2019; Ciarlatani e corrotti di alto livello istituzionale; 19 dicembre 2022 ecc..). Ma qualcosa dovrebbe aver costretto coloro che hanno redatto ed approvato il rapporto della Commissione europea sull’Albania per il 2022 ad elencare alcune delle problematiche, ma certamente non tutte. Forso i clamorosi scandali milionari che si susseguono e che coinvolgono direttamente i massimi livelli del potere politico ed istituzionale, primo ministro compreso. Scandali che non possono più “sfuggire” all’attenzione di chi di dovere anche nella Commissione europea. O forse si tratta di una nuova “strategia d’approccio”? Chissà. Sarà il tempo però, quel perenne galantuomo, che chiarirà tutto e ce lo farà sapere. A proposito di “strategie”, l’autore di queste righe ricorda e cita spesso una frase molto significativa e sempre attuale, tratta dal noto romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Una frase detta da Tancredi allo zio, il principe di Salina, mentre in Sicilia stavano avanzando i garibaldini. “Zio, se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”!

    Nel sopracitato rapporto, per il 2022, della Commissione europea sull’Abania si afferma, altresì, che “Nei confronti degli alti rappresentanti (delle istituzioni governative e statali; n.d.a.) ci sono state alcune condanne definitive per delle accuse di corruzione, ma fino ad adesso nessuna condanna si riferisce alla qualifica degli atti di corruzione come un crimine grave”. Una simile constatazione evidenzia però una ben più grave realtà, sull’esistenza della quale sono direttamente responsabili sia le strutture specializzate del governo, che quelle del sistema “riformato” della giustizia. Si capisce perciò che chi ha l’obbligo costituzionale, legale ed istituzionale di combattere la corruzione non ha fatto ancora il proprio dovere. Lo afferma, sempre con il solito “linguaggio diplomatico”, anche il rapporto per il 2022 sull’Albania, quando si riferisce alla Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Una struttura, quella costituita nel novembre 2019, nell’ambito della ristrutturazione del sistema “riformato” della giustizia, che è presentata come un “vanto” sia dal primo ministro albanese che dai soliti “rappresentanti internazionali” in Albania. Nel rapporto per il 2022 della Commissione europea sull’Albania si afferma che quella struttura “deve avere un approccio proattivo per lottare contro la corruzione negli alti livelli”. E poi, sempre riferendosi alla stessa struttura, si evidenzia che ci sono dei “disaccordi tra l’alto numero delle indagini e il numero delle condanne definitive”. Soprattutto quando le persone ufficialmente denunciate e indagate sono molto altolocate. Primo ministro in testa. Anzi la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata sarà veramente e realmente credibile, sarà un vanto per tutti, quando, in base alla legge e solo alla legge, aprirà e svolgerà delle indagini incondizionate, serie e professionali proprio a carico di quelle persone altolocate, partendo dal primo ministro. Anche perché quanto sta accadendo in Albania durante questi ultimi anni porta direttamente al primo ministro! Almeno istituzionalmente.

    Nel sopracitato rapporto si evidenzia anche che “L’aumento del numero delle condanne definitive dei funzionari di alto livello deve essere una priorità importante”. Ma, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti documentati e denunciati pubblicamente testimoniano che, purtroppo, la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata sia stata molto selettiva nei casi trattati, “mettendo in soffitta” tanti casi molto sensibili e pubblicamente denunciati. Le cattive lingue da tempo stanno dicendo che quella struttura è direttamente controllata dal primo ministro e/o da chi per lui. Elencando anche molti casi significativi e pubblicamente noti. E, come sempre, le cattive lingue difficilmente sbagliano in Albania. Si capisce però che la corruzione esiste ed è diffusa, partendo dai più alti livelli del potere politico, dell’amministrazione pubblica, centrale e/o locale e delle istituzioni governative e statali e si sta cercando, da chi di dovere, di trattarla non con la dovuta responsabilità e serietà. In più, non essendo qualificata la corruzione “un crimine grave” in nessuna delle condanne fatte, come si evidenzia nel rapporto, testimonia una perfida e ben ideata “strategia protettrice” per tutti, nel malaugurato caso ci si dovesse affrontare con l’accusa di corruzione. E potrà capitare a molti, visto che si tratta di un fenomeno così diffuso.

    Ma la corruzione non è e non poteva essere, purtroppo, la sola seria preoccupazione in Albania. Si, perché fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti documentati e pubblicamente denunciati alla mano, testimoniano palesemente che è altrettanto grave e preoccupante anche l’abuso del potere conferito, partendo sempre dai più alti livelli del potere politico ed istituzionale, per poi diffondersi, gerarchicamente, su tutti i livelli subordinati. Purtroppo, nel rapporto ufficiale della Commissione europea sull’Albania per il 2022 non si fa nessun chiaro e dovuto riferimento al abuso del potere. Così come non si fa nessun chiaro e dovuto riferimento neanche ad un’altra grave, preoccupante e pericolosa problematica, come quella del riciclaggio del denaro sporco. Denaro proveniente non solo dalla diffusa corruzione, ma anche e soprattutto dalle attività della criminalità organizzata locale ed/o internazionale. Così come non si fa nessun chiaro riferimento neanche ad altre gravi, preoccupanti e pericolose problematiche, vissute e sofferte quotidianamente in Albania. Alcune delle quali contestate in precedenza anche da alcuni rappresentanti della stessa Commissione europea. Come il disegno di legge sull’amnistia fiscale, ma anche sui cosiddetti “passaporti d’oro”, oppure sugli appalti del tutto non trasparenti, in palese violazione con le leggi in vigore in Albania. E anche con quanto è previsto nell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione dell’Albania con l’Unione europea, entrato in vigore nell’aprile 2009. Il caso del porto di Durazzo ne è una palese e molto significativa dimostrazione e testimonianza di una simile violazione di quell’Accordo. Il nostro lettore, anche di tutti questi casi è stato sempre e a tempo debito informato durante questi ultimi anni. Chissà perché non sono stati evidenziati tutti questi casi però nel rapporto per il 2022 della Commissione europea sull’Albania?!

    Nel 1989, durante il vertice G7 di Parigi, è stata costituita una struttura ormai nota come FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, n.d.a.), nota anche come GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria; n.d.a.). Gli Stati membri del G7, preoccupati dalle simili realtà con le quali si dovevano affrontare, decisero di combattere insieme i reati dovuti ai finanziamenti delle attività illecite, al riciclaggio del denaro sporco ed al finanziamento delle attività terroristiche, dovunque si presentassero. Perciò FATF rappresenta e funziona come una struttura intergovernativa. Partito con soli 7 membri nel 1989, attualmente FATF annovera 39 membri. Ci sono anche altri Paesi e organizzazioni specializzate internazionali che figurano come membri associati e come membri osservatori. Nel 1997 è stato costituito un’altra struttura nota come MONEYVAL (Committee of Experts on the Evaluation of Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism – Comitato d’Esperti per la Valutazione delle Misure contro il Riciclaggio di Denaro e il Finanziamento del Terrorismo; è una struttura di monitoraggio del Consiglio d’Europa; n.d.a.). Si tratta di una struttura specializzata del Consiglio d’Europa che ha come compito principale quello di combattere il riciclaggio del denaro. In più MONEYVAL collabora strettamente con FATF, usando ed applicando i suoi stessi standard. Ebbene, sia FATF che MONEYVAl da anni hanno rapportato l’Albania come uno dei Paesi problematici per il riciclaggio del denaro sporco. Ragion per cui hanno inserito l’Albania nella cosiddetta “zona grigia” dal 2020. Il che significava che l’Albania deve essere un Paese “sorvegliato e sotto un allargato monitoraggio”. Bisogna sottolineare che secondo le normative che regolano il funzionamento di MONEYVAL, si stabilisce che “Gli Stati possono essere messi sotto sorveglianza allargata nel caso in cui si identificano delle serie incompatibilità con gli standard….”. Ma niente di tutto ciò è stato evidenziato nel rapporto per il 2022 della Commissione europea sull’Albania! Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe è convinto che la corruzione, l’abuso di potere conferito, a tutti i livelli, il riciclaggio del denaro sporco e molto altro sono, purtroppo, delle realtà preoccupanti e pericolose non solo per l’Albania, ma anche per altri Paesi. Italia compresa. Chi scrive queste righe è altresì convinto, sempre fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, che il primo ministro albanese è, almeno istituzionalmente, il diretto responsabile di queste realtà. Lui che è il rappresentante istituzionale di una pericolosa alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti locali ed internazionali. Il nostro lettore, è stato informato di molti fatti inconfutabili, che portano ad una simile conclusione.

    Chi scrive queste righe pensa che di queste realtà gravi, preoccupanti e molto pericolose devono essere ben informati anche tutti i rappresentanti statali, governativi ed istituzionali europei ed altri quando programmano di incontrarsi, anche per poco, con il primo ministro albanese. Chi scrive queste righe pensa che doveva essere stata ben informata anche la Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, che nei giorni scorsi ha accettato “l’invito amichevole” proprio del primo ministro albanese per passare alcuni giorni insieme nella costa ionica dell’Albania. Un’occasione ghiotta quella per l’anfitrione che, come sempre quando si trova in difficoltà, cerca di approfittarne. E lui, bugiardo e ingannatore innato e senza nessun freno morale, si è sentito in questi giorni un “fratello d’Italia”, riferendosi al partito della presidente Meloni. Mentre con il suo operato dà ragione alla convinzione di Montesquieu cheè una esperienza che sempre si ripete nella storia il fatto che qualsiasi uomo abbia del potere è portato ad abusarne”.

  • Autocrate irresponsabile, corrotto, bugiardo, delirante e vigliacco

    Un tiranno troverà sempre un pretesto per la sua tirannia

    Esopo

    Si dice che una ciliegia tira l’alta. Un noto proverbio questo che, nonostante qualche piccola differenza nelle parole usate, come significato rimane comune in diversi Paesi del mondo. Un proverbio che si riferisce alla tentazione di non riuscire a fermarsi di mangiare, una dopo l’altra, le stuzzicanti, saporite e dolci ciliege. Comunque si tratta di ciliege che non fanno male, anzi! Ma c’è anche un altro detto, purtroppo di uso sempre più comune nell’attuale realtà quotidiana in diversi Paesi del mondo, che si riferisce a fatti clamorosi, dannosi e condannabili, sia moralmente che penalmente. Il detto è “uno scandalo tira l’altro”. Da anni purtroppo quanto è accaduto e sta accadendo in Albania, fatti noti, documentati e denunciati alla mano, permette di acconsentire che uno scandalo tiri l’altro. E più passa il tempo e più frequenti sono gli scandali. Scandali che hanno a che fare con l’abuso di potere a tutti i livelli, da parte dei rappresentanti politici ed istituzionali. Scandali derivanti dalla diffusa e molto preoccupante corruzione. Scandali milionari legati allo sperpero, con la consapevole appropriazione della cosa pubblica in uno dei Paesi più poveri dell’Europa. Sì, in Albania purtroppo, uno scandalo tira l’altro. E si tratta di scandali che, nolens volens, non ci si riesce a nasconderli. Ma anche di scandali che si generano “volutamente”, per spostare l’attenzione da altri, ben più gravi e clamorosi. Proprio quelli che non ci si riesce a nascondere, che sfuggono di mano e che coinvolgono i rappresentanti politici ed istituzionali ai massimi livelli, primo ministro in testa.

    In Albania, da alcune settimane, lo scandalo dei tre inceneritori, sta attirando tutta l’attenzione politica, mediatica e pubblica. Il nostro lettore è stato informato anche in queste tre ultime settimane, come lo è stato anche nei mesi e negli anni precedenti, di questi clamorosi sviluppi che stanno creando un forte grattacapo al primo ministro, ad alcune persone a lui molto vicine, nonché a molte altre coinvolte in questo scandalo tra i più abusivi di questi tre decenni, dopo il crollo della dittatura comunista (Governo che funziona come un gruppo criminale ben strutturato, 17 luglio 2023; Inganna per non ammettere che è il maggior responsabile, 24 luglio 2023; Continua ad ingannare per coprire una grave e scandalosa realtà, 31 luglio 2023). Ma mentre continuano ad uscire nuovi significativi, inconfutabili e clamorosi dati che testimoniano il diretto coinvolgimento del primo ministro e di altre persone in questo scandalo, due altri scandali, sono stati resi noti nello stesso giorno, sabato scorso, 5 agosto. Scandali che, comunque, nonostante la loro gravità e molto altro, non riescono ad offuscare e, magari, annientare l’eco dello scandalo dei tre inceneritori.

    Il primo scandalo reso noto sabato scorso, 5 agosto, riguarda la coltivazione di una grande quantità di piante di cannabis dentro il territorio di una delle basi militari più sicure e più importanti dell’esercito albanese. Una base delle forze scelte dell’esercito. Ed essendo l’Albania, dall’aprile 2009, un Paese membro della NATO (North Atlantic Treaty Organization, l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord; n.d.a.), allora la base è anche una base della NATO. Ed in realtà in quella base di alta sicurezza, che si trova molto vicino alla capitale, sono state organizzate in precedenza delle esercitazioni comuni dei contingenti dell’esercito albanese e quelli degli altri Paesi membri dell’organizzazione. Ebbene, proprio dentro il territorio di questa base sono state coltivate piante di cannabis. E per il momento non si sa da quanto continuava questa attività illecita. Si sa però, come viene confermato da molti rapporti di strutture internazionali specializzate, che l’Albania da anni è diventato uno dei Paesi con la maggiore quantità di cannabis prodotta. Il nostro lettore è stato informato della diffusa coltivazione della cannabis su tutto il territorio nazionale, soprattutto dal 2015 in poi. Così come è stato informato del ministro degli Interni dal settembre 2013, da quando fu costituito il primo governo dell’attuale primo ministro, fino a marzo 2017, quando lui ha “presentato” le sue dimissioni, perché era direttamente coinvolto, con alcuni suoi cugini, proprio nella coltivazione e nel traffico illecito del cannabis. E tutto è stato scoperto ed indagato non in Albania, ovviamente, bensì in Italia, dalle apposite istituzioni del sistema della giustizia. E anche la scoperta della coltivazione della cannabis all’interno di un territorio di una delle poche basi militari di alta sicurezza in Albania non è stata fatta dalle strutture della polizia di Stato, neanche dai servizi segreti locali e/o dalle strutture del sistema “riformato” della giustizia. Tutto è stato scoperto dal personale della Guardia di Finanza, presente da molti anni in Albania, come previsto da accordi comuni bilaterali. Mentre il nuovo ministro degli Interni, nominato poche settimane fa, guarda caso ha “dimenticato” questo particolare e, di fronte ad un simile scandalo, ha dichiarato che tutto era dovuto alle forze della polizia di Stato albanese! Ma mentire ormai è normale, visto che lo fa sempre il primo ministro, mentre gli altri suoi subordinati lo imitano. Soprattutto quando bisogna affrontare situazioni difficili, come lo scandalo della coltivazione della cannabis nella base militare di alta sicurezza molto vicina alla capitale albanese. Nel frattempo anche il ministro della Difesa ha fatto una breve dichiarazione, affermando che tutto era dovuto alla “collaborazione tra la polizia di Stato e la polizia militare”! Proprio lui, che almeno moralmente, doveva presentare le sue dimissioni, come avrebbero fatto i suoi simili in qualsiasi Paese normale e democratico.

    Il secondo scandalo reso noto sempre sabato scorso, 5 agosto, ha a che fare con un intervento del tutto abusivo ed illecito nel sistema TIMS (Total Information Management System; Sistema di gestione delle informazioni generali; n.d.a.); un importante e sensibile sistema gestito da strutture specializzate della polizia di Stato. Da credibili fonti mediatiche si è saputo che un alto dirigente della polizia di Stato, nominato, guarda caso, solo pochissime settimane fa come direttore del dipartimento della tecnologia dell’informazione della stessa polizia, è responsabile di un simile atto. Chissà perché e chissà chi ha nominato in quella importante posizione istituzionale una simile persona, visto che proprio lui prima era stato accusato di aver rubato dati sensibili dal sistema fiscale albanese. Non solo, ma circa un anno fa è stato costretto a dare le dimissioni, dopo che molti dati personali e sensibili, gestiti dall’Agenzia nazionale della società d’informazione, dove lui lavorava, sono stati resi pubblici. Una persona perciò, specializzata in simili interventi. E chi lo aveva scelto e poi nominato, solo pochissime settimane fa, come direttore del dipartimento della tecnologia dell’informazione presso la Direzione generale della polizia di Stato ne sapeva molto e sapeva anche cosa si doveva fare. Si è saputo in seguito che il dirigente aveva ordinato ad alcuni suoi dipendenti di entrare nel sistema TIMS e di esportare tutti i dati del sistema in una potente memoria esterna. Un ordine quello suo che è stato contestato da alcuni suoi colleghi, ma non da tutti. Perciò il dirigente incriminato è riuscito ad impossessarsi dei dati del sistema TIMS. Ma mentre lo faceva è stato fermato da altri poliziotti. Per il momento non si sa per conto di chi aveva fatto un simile intervento criminale. Dalle stesse fonti mediatiche viene confermato che lo stesso giorno presso le redazioni di alcuni media, nonché presso la Direzione generale della polizia di Stato e dei servizi segreti è stata mandata una e-mail con la quale si avvertiva dell’accaduto. Ma i dirigenti della polizia hanno deciso di mantenere il massimo silenzio e hanno chiesto anche alle redazioni dei media, elencati nella mail come destinatari, di fare lo stesso. Ma per fortuna che alcuni giornalisti coraggiosi hanno reso noto tutto. Nel frattempo le cattive lingue vanno un po’ oltre e cercano di collegare la nomina del dirigente ladro con la nomina del nuovo ministro degli Interni, che sono state fatte quasi nello stesso tempo. Bisogna sottolineare però che il nuovo ministro degli Interni è una persona che è stata denunciata spesso per i suoi legami con alcuni capi della criminalità organizzata in Albania. Si sa però anche che nonostante simili e pesanti accuse il diretto interessato non ha contestato niente. La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato che il nuovo ministro degli Interni era “…il capo del gruppo parlamentare del partito/clan del primo ministro, una persona a lui “fedele”, per quanto un leccapiedi possa essere fedele”. In seguito l’autore di queste righe aggiungeva che quella nomina aveva fatto scalpore soprattutto “…perché lui, la persona scelta, fatti documentati e denunciati alla mano, è molto legato a certi gruppi della criminalità organizzata. Ebbene dal 13 luglio lui è diventato il nuovo ministro degli Interni!”. (Continua ad ingannare per coprire una grave e scandalosa realtà; 31 luglio 2023).

    La scorsa settimana il nostro lettore veniva informato della pubblicazione del rapporto annuale del Dipartimento di Stato statunitense per l’anno 2022. In quel rapporto c’era anche il capitolo sull’Albania. L’autore di queste righe scriveva per il nostro lettore che “… quanto si legge in quel capitolo del rapporto è diverso da ciò che cercano di far credere e di convincere il primo ministro albanese e la sua propaganda governativa”.  E poi evidenziava che “… diversamente da tutti i precedenti rapporti, quest’ultimo, reso pubblicamente noto la scorsa settimana, considera la corruzione in Albania come “sistemica” e non più come “endemica”, termine che è stato usato nei precedenti rapporti”. Nel sopracitato rapporto veniva sottolineato che “Gli investitori (stranieri; n.d.a.) rapportano frequentemente dei casi di corruzione a livello governativo che tardano o impediscono gli investimenti in Albania” (Continua ad ingannare per coprire una grave e scandalosa realtà; 31 luglio 2023).

    Circa un mese fa, il 12 luglio, il Parlamento europeo approvava il rapporto sull’Albania per il 2022. Tra le tante constatazioni riguardo il problematico percorso europeo dell’Albania come Paese candidato all’adesione nell’Unione europea, si potrebbero evidenziare alcune affermazioni. Nel comma 6 del rapporto si chiede al governo albanese di “…intensificare i suoi sforzi per migliorare il funzionamento dello Stato di diritto e del sistema giudiziario, combattere la corruzione e la criminalità organizzata, garantire la libertà dei media, responsabilizzare la società civile…”. Solo in questo paragrafo sono stati sintetizzate molte delle gravi problematiche in Albania. Problematiche che il primo ministro e la sua potente e ben organizzata propaganda governativa hanno sempre cercato di camuffare con bugie ed inganni. E che spesso ha avuto anche il beneplacito ed il supporto di alcuni alti rappresentanti della Commissione europea. Le cattive lingue dicono che sono stati usati anche ingenti somme di denaro per riuscirci. Una realtà questa, della quale il nostro lettore è stato spesso informato in questi ultimi anni. Ma sono tante, molto serie e spesso gravi e di dominio pubblico le problematiche con le quali ci si affronta quotidianamente in Albania che, guarda caso, neanche il rapporto per il 2022 sull’Albania della Commissione europea, reso noto la scorsa settimana, non poteva non evidenziare. Come mai prima in questi ultimi anni, dal 2014 in poi, quando i rapporti della Commissione europea sull’Albania erano tutti sempre “rose e fiori”. Rapporti dei quali si vantava il primo ministro e che la sua propaganda governativa li usava per coprire la preoccupante e pericolosa realtà albanese, vissuta e sofferta quotidianamente. Nel rapporto, anche se con un linguaggio “diplomaticamente corretto”, si afferma che “…Le misure contro la corruzione continuano ad avere, in generale un limitato impatto”. E poi si elencano anche i settori colpiti dalla corruzione.

    Chi scrive queste righe tratterà questo argomento anche nel prossimo futuro. Egli però è convinto, sempre fatti accaduti, documentati, denunciati alla mano e mai smentiti dal diretto interessato, che il primo ministro albanese è un autocrate irresponsabile, corrotto, bugiardo e delirante. Ma è anche un vigliacco. Esopo però ci insegna che un tiranno troverà sempre un pretesto per la sua tirannia.

  • Continua ad ingannare per coprire una grave e scandalosa realtà

    I malvagi e gli imbroglioni andranno di male in peggio, seducendo ed essendo sedotti.

    Dalla seconda lettera di San Paolo a Timoteo (3/13)

    La scorsa settimana è stato reso pubblicamente noto il rapporto annuale del Dipartimento di Stato statunitense per l’anno 2022. E parte integrante di quel rapporto era anche il capitolo sull’Albania. Ebbene quanto si legge in quel capitolo del rapporto è diverso da ciò che cerca di far credere e di convincere il primo ministro albanese e la sua propaganda governativa. Ma anche da quanto cercava di far credere fino a poche settimane fa, prima di finire il suo mandato, l’ambasciatrice statunitense in Albania. E non poteva essere diversamente, perché lei, da quando è stata accreditata come tale purtroppo, fatti accaduti alla mano, è stata sempre una dichiarata sostenitrice del governo e soprattutto del primo ministro albanese. E così facendo ha continuamente violato quanto previsto dalla Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche. E soprattutto quanto prevede l’articolo 41, comma 1 della Convenzione in cui si stabilisce che: “Tutte le persone che godono di privilegi e immunità sono tenute, senza pregiudizio degli stessi, a rispettare le leggi e i regolamenti dello Stato accreditatario. Esse sono anche tenute a non immischiarsi negli affari interni di questo Stato”. Il nostro lettore è stato spesso informato di tutto ciò. Il contenuto però del capitolo sull’Albania del rapporto del Dipartimento di Stato, i cui dipendenti sono anche l’ormai ex ambasciatrice statunitense in Albania ed alcuni altri funzionari incaricati dei Balcani occidentali in questi ultimi anni, è ben diverso e molto critico. Chissà perché un simile sostegno al governo e soprattutto al primo ministro albanese da parte dell’ex ambasciatrice e di alcuni suoi colleghi?! Ebbene, diversamente da tutti i precedenti rapporti, quest’ultimo, reso pubblicamente noto la scorsa settimana, considera la corruzione in Albania come “sistemica” e non più come “endemica”, termine che è stato usato nei precedenti rapporti. In più si legge che “Gli investitori (stranieri; n.d.a.) rapportano frequentemente dei casi di corruzione a livello governativo che tardano o impediscono gli investimenti in Albania”. In più nel rapporto si legge che “Gli investitori stranieri considerano l’Albania come un Paese dove difficilmente si può lavorare. Loro citano la corruzione continua che comprende il settore pubblico, quello giudiziario, gli appalti pubblici, la concorrenza sleale e deformata, l’economia informale a vasta scala, il riciclaggio del denaro sporco, il continuo cambiamento della legislazione fiscale, nonché il problematico trattamento dei contratti in vigore, come le perpetue sfide per [continuare a] lavorare in Albania”. Un altro paragrafo molto critico è quello che riguarda il riciclaggio del denaro sporco. “In Albania c’è un vasto settore informale e delle attività per il riciclaggio del denaro. Il FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, nota anche come il Gruppo di Azione Finanziaria (GAFI); n.d.a.) ha inserito l’Albania nel suo elenco grigio nel 2020 ed il Paese continua a rimanere in quell’elenco anche nel 2023 a causa delle incapacità strategiche ad affrontare delle problematiche legate al riciclaggio del denaro”. In più la comunità degli imprenditori constata e dichiara che “…il grande flusso degli introiti illeciti provenienti dal traffico delle droghe, dal contrabbando, dall’evasione fiscale e dalla corruzione deforma la concorrenza del mercato”. Nel rapporto si evidenzia che “Le accuse sulla corruzione sono correnti e gli investitori spesso rapportano che loro sono obiettivo di abusi da parte dell’amministrazione pubblica, dei media e di gruppi criminali”. Bisogna sottolineare che questo paragrafo è stato inserito per la prima volta quest’anno nel rapporto annuale sull’Albania del Dipartimento di Stato statunitense.

    Il nostro lettore è stato spesso informato, durante questi ultimi anni, anche delle preoccupazioni le quali si elencano nel sopracitato rapporto del Dipartimento di Stato. Così come è stato spesso informato delle problematiche molto preoccupanti, non solo par l’Albania, legate al riciclaggio del denaro. Si tratta di problematiche che sono state ben evidenziate anche dai rapporti annuali di MONEYVAL (nome comunemente riconosciuto al Committee of Experts on the Evaluation of Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism – Comitato d’Esperti per la Valutazione delle Misure contro il Riciclaggio di Denaro e il Finanziamento del Terrorismo; è una struttura di monitoraggio del Consiglio d’Europa; n.d.a.) e del sopracitato FATF (Abusi e corruzione anche in tempi di pandemia, 4 maggio 2020; Realtà malavitose che preoccupano, 23 maggio 2022; Una perfida proposta in sostegno del riciclaggio dei milioni sporchi, 13 settembre 2022; Ciarlatani e corrotti di alto livello istituzionale, 19 dicembre 2022 ecc..). Bisogna evidenziare che il denaro sporco che da anni si ricicla in Albania proviene dalla ormai ben radicata e diffusa corruzione nel Paese, dall’abuso di potere dei politici corrotti, partendo dai più alti livelli istituzionali e/o di rappresentanza in Albania. Ma una grande quantità di denaro sporco, che si ricicla come se niente fosse in Albania proviene dalle attività della criminalità organizzata, sia in Albania che in altri Paesi, Italia compresa. Una simile grave, preoccupante e molto pericolosa realtà è stata evidenziata anche dalle due sopracitate e ben note organizzazioni specializzate internazionali, MONEYVAL e FATF. L’autore di queste righe informava il nostro lettore più di un anno fa che “…dal 2018 ad oggi, tutti i rapporti annuali di MONEYVAL sono molto critici con l’Albania per quanto riguarda il riciclaggio del denaro sporco”.  E poi aggiungeva che si trattava di una situazione, quella albanese, che “…invece di essere stata presa seriamente in considerazione dalle autorità, è stata ulteriormente peggiorata”. Ragion per cui “…l’Albania è stata addirittura declassata e messa nella cosiddetta “zona grigia”. Il che significava che l’Albania doveva rimanere “sorvegliata e sotto un allargato monitoraggio”. Secondo quanto previsto dalle normative che regolano il funzionamento di MONEYVAL, si stabilisce che “Gli Stati possono essere messi sotto sorveglianza allargata nel caso in cui si identificano delle serie incompatibilità con gli standard. […] L’Albania, anche secondo l’ultimo rapporto ufficiale del MONEYVAL per il 2021 e pubblicato nel marzo scorso, dopo le apposite verifiche fatte dal FATF, continua ad essere nella sopracitata ‘zona grigia!” (Realtà malavitose che preoccupano; 23 maggio 2022).

    In Albania il mese di luglio, oltre alle giornate caldissime ed afose, come in tutti gli altri paesi circostanti del Mediterraneo, è stato “caldissimo” anche per gli sviluppi clamorosi legati allo scandalo milionario dei tre inceneritori. Uno scandalo, quello, sul quale il nostro lettore è stato informato durante queste ultime settimane e che continua ad attirare tutta l’attenzione politica, mediatica e dell’opinione pubblica, nonostante tutti gli sforzi diversi del primo ministro e della propaganda governativa per tergiversarla. Il nostro lettore veniva informato due settimane fa che “Quanto sta accadendo in questi ultimi giorni in Albania testimonierebbe alcuni fatti importanti e, allo stesso tempo, molto preoccupanti. Risulterebbe, documenti e denunce rese pubbliche alla mano, che il governo albanese stia funzionando come un gruppo criminale ben strutturato. In più risulterebbe che il primo ministro, per salvare se stesso da scandali milionari che lo vedono direttamente e/o indirettamente coinvolto, […], stia “sacrificando” uno dopo l’altro, molti dei suoi “amici” e “stretti collaboratori”. Risulterebbe altresì e purtroppo che lui, il primo ministro albanese […], per riuscire in tutto questo si serva delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia che controlla personalmente, e/o chi per lui, con un pugno di ferro.” (Governo che funziona come un gruppo criminale ben strutturato; 17 luglio 2023). Mentre la settimana scorsa il nostro lettore è stato informato su clamorosi fatti accaduti e che stavano accadendo, legati allo scandalo degli inceneritori. Scandalo che sta dimostrando inconfutabilmente chi sono i veri ideatori, attuatori, proprietari e beneficiari dei tre inceneritori che dal 2015 stanno “bruciando” solo milioni di denaro pubblico. Riferendosi proprio allo scandalo dei tre inceneritori, l’aurtore di queste righe scriveva che si tratta di “…Uno scandalo tramite il quale coloro che lo hanno ideato e messo in atto hanno abusato dei soldi pubblici. Da una provvisoria valutazione finanziaria risulterebbero sperperati milioni in uno dei Paesi più poveri dell’Europa. Ma […] risulta che tutti e tre gli inceneritori non sono in funzione. Mentre per quello della capitale, nonostante non sia stato mai costruito, si pagano dei milioni, come se stesse bruciando i rifiuti. Invece sta “bruciando” tantissimi soldi pubblici ogni giorno”. In seguito l’autore di queste righe aggiungeva che “…Nel frattempo il primo ministro sta facendo di tutto per far sembrare e convincere tutti che lui è incolpevole. Cioè che lui, il puro, l’innocente “saggio e visionario”, l’incolpevole dirige purtroppo e a sua insaputa una banda di colpevoli che abusano del potere, della “ingenuità” e della fiducia che il primo ministro ha avuto per loro. Ma comunque sia, il primo ministro non deve più esercitare questo importante incarico istituzionale. O perché lui è cosi “ingenuo” che con la sua “ingenuità”, che è anche incapacità, non merita di fare il primo ministro. Oppure perché lui mente ed inganna e perciò non deve più fare il primo ministro. Le cattive lingue sono convinte che lui menta” (Inganna per non ammettere che è il maggior responsabile; 24 luglio 2023).

    E mentre tutta l’attenzione dell’opinione politica, mediatica e pubblica era attirata dallo scandalo degli inceneritori, altre cose gravi sono accadute ed altri scandali sono resi noti. Alla fine della prima settimana di luglio famigliari stretti di un deputato ed “amico” del primo ministro hanno assalito ed aggredito con spranghe delle persone che avevano denunciato spesso ed invano abusi con esplosioni da loro fatti in una cava vicino alle loro abitazioni. Si tratta di persone, riferendosi ai famigliari del deputato ed “amico’ del primo ministro, con una ben nota attività criminale, ma mai però condannati dal sistema “riformato” della giustizia. Chissà perché?! Dopo quella barbara aggressione attuata dai suoi famigliari, al deputato che non ha mai preso la parola nell’aula del parlamento è stato “consigliato” di consegnare il suo mandato. In seguito e siccome quanto era accaduto ha causato una forte indignazione e reazione pubblica, il primo ministro è stato costretto a destituire il ministro degli Interni. Ma quello che ha fatto subito scalpore è stata la scelta del successore del ministro destituito. Si trattava del capo del gruppo parlamentare del partito/clan del primo ministro, una persona a lui “fedele”, per quanto un leccapiedi possa essere fedele. Ma soprattutto ha fatto scalpore perché lui, la persona scelta, fatti documentati e denunciati alla mano, è molto legato a certi gruppi della criminalità organizzata. Ebbene dal 13 luglio lui è diventato il nuovo ministro degli Interni! In seguito, per dare credito all’appena nominato ministro, non poteva mancare una nuova messinscena ideata dal primo ministro e/o da chi per lui ed attuata dalle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia. Il 26 luglio scorso sono state arrestate alcune persone legate alla criminalità organizzata. Due di loro parte delle strutture della Polizia di Stato. Un altro, anche lui legato alla criminalità organizzata, era stato dichiarato precedentemente dal primo ministro “imprenditore strategico”. Persone che però, durante le elezioni amministrative del 14 maggio scorso, hanno portato molti voti per il partito/clan del primo ministro. Bisogna sottolineare che l’arresto di quelle persone e di altre che sono riuscite a “fuggire in tempo” era stato chiesto più di un anno fa dalle strutture della giustizia della Francia, del Belgio e dell’Olanda e mai eseguito dalle strutture del sistema riformato della giustizia in Albania. Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe è convinto che il primo ministro albanese continua ad ingannare per coprire una grave e scandalosa realtà della quale lui è il diretto responsabile. Nel frattempo i malvagi e gli imbroglioni [come lui] andranno di male in peggio, seducendo ed essendo sedotti.

  • Inganna per non ammettere che è il maggior responsabile

    Niente provoca più danno in uno Stato del fatto che i furbi passino per saggi.

    Francis Bacon

    Timoteo è stato uno dei fedeli compagni dell’apostolo San Paolo durante il suoi viaggi missionari nei territori dell’Asia Minore e della Grecia antica per evangelizzare le popolazioni locali. Questo ci confermano le Sacre Scritture. L’apostolo Paolo considerava Timoteo come il “suo vero figlio nella fede”. Nel Nuovo Testamento sono state inserite anche le due lettere scritte da San Paolo a Timoteo. Lettere che, riferendosi agli Atti degli Apostoli e a testimonianze di storici dell’epoca, risulterebbero essere state scritte nel periodo in cui San Paolo si trovava a Roma, mentre Timoteo era ad Efeso, dove divenne anche il primo vescovo. Lo afferma Eusebio, consigliere e biografo del’imperatore Costantino I, nella sua opera “Storia ecclesiastica”. Secondo Eusebio Timoteo, sarebbe morto lapidato per aver pubblicamente condannato il culto di Dionisio, il dio dei greci antichi che si identificava come il “dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi”.

    Nella sua prima lettera l’apostolo Paolo consiglia al suo discepolo cosa si doveva fare per la nuova Chiesa che lui e i suoi compagni, Timoteo compreso, stavano costituendo. Mentre nella seconda lettera, San Paolo consigliava a Timoteo di essere molto attento alle preoccupanti situazioni che potevano essere causare dai corrotti e dagli imbroglioni, i quali andavano affrontati con coraggio e anche con abnegazione. In quella lettera, tra l’altro, l’apostolo consigliava al suo giovane amico di diventare testimone e di trasmettere le verità da lui vissute e sofferte. L’apostolo Paolo scriveva a Timoteo: “Le cose che hai udito da me in presenza di molti testimoni trasmettile a persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro volta anche altri.” (Seconda lettera di San Paolo a Timoteo; 2/2). Nel terzo capitolo della seconda lettera inviata a Timoteo, San Paolo si riferiva anche alla corruzione e ad altre serie e gravi realtà verificatesi in quel periodo in diverse parte dei territori, le cui popolazioni loro stavano cercando di evangelizzare. San Paolo iniziava quel capitolo scrivendo: “Or sappi questo: che negli ultimi giorni verranno tempi difficili, perché gli uomini saranno amanti di se stessi, avidi di denaro, vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, disubbidienti ai genitori, ingrati, scellerati, senza affetto, implacabili, calunniatori, intemperanti, crudeli, senza amore per il bene, traditori, temerari, orgogliosi, amanti dei piaceri invece che amanti di Dio, aventi l’apparenza della pietà, ma avendone rinnegato la potenza; da costoro allontanati” (Idem; 3/1-5). Poi, in seguito, l’apostolo avvertiva e anche consigliava Timoteo: “…i malvagi e gli impostori andranno sempre di male in peggio, ingannatori e ingannati nello stesso tempo. Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l’hai appreso” (Idem; 3/13-14).

    San Paolo scriveva quelle due lettere piene di constatazioni, di utili consigli e di avvertimenti a Timoteo circa venti secoli fa. Ma il contenuto di quelle lettere è attuale ed assume un valore molto importante anche nel periodo in cui viviamo. Quanto sta accadendo in Albania in questi ultimi anni lo conferma. Basterebbe rileggere i versetti sopracitati della seconda lettera per accorgersi. La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato degli ultimi sviluppi di uno dei più abusivi e clamorosi scandali tuttora in corso in Albania. Si tratta di quello che, da alcuni anni, è noto come lo scandalo dei tre inceneritori. Uno scandalo tramite il quale coloro che lo hanno ideato e messo in atto hanno abusato dei soldi pubblici. Da una provvisoria valutazione finanziaria risulterebbero sperperati milioni in uno dei Paesi più poveri dell’Europa. Ma, dati e fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, risulta che tutti e tre gli inceneritori non sono in funzione. Mentre per quello della capitale, nonostante non sia stato mai costruito, si pagano dei milioni, come se stesse bruciando i rifiuti. Invece sta “bruciando” tantissimi soldi pubblici ogni giorno. L’autore di queste righe scriveva lunedì scorso che “…Per tutta la scorsa settimana, l’attenzione dell’opinione pubblica in Albania è stata attirata dalla richiesta d’arresto di uno dei più stretti collaboratori del primo ministro, Si tratta del suo vice che è stato anche ministro delle finanze e di altri ministeri importanti, dove si gestiva il denaro pubblico, nonché deputato”. E poi alla fine dell’articolo affermava che egli era “convinto che il sistema ‘riformato’ della giustizia risulta essere agli ordini del primo ministro. E non vale a niente la richiesta per l’arresto dell’ex-vice primo ministro […] se non viene ancora indagato lui, il primo ministro albanese.” (Governo che funziona come un gruppo criminale ben strutturato; 17 luglio 2023).

    Lunedì scorso, 14 luglio, il parlamento ha approvato la richiesta firmata dal dirigente della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, una nuova istituzione del sistema “riformato” della giustizia. Richiesta che era arrivata il 7 luglio scorso a destinazione ma che è stata resa nota dal parlamento con tre giorni di ritardo, il 10 luglio scorso. Giorni molto utili per il vice primo ministro sotto accusa per lasciare indisturbato il territorio albanese. Una notizia quella confermata in seguito dal suo avvocato.

    L’ex vice primo ministro è stato accusato di abuso d’ufficio, di corruzione passiva, di illegittimo vantaggio di interessi e di riciclaggio di denaro. Accuse che secondo il materiale della Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata sono tutte basate. Ma, guarda caso, lui, l’ex vice primo ministro, che è stato anche ministro delle finanze e di altri ministeri importanti, dove si gestiva il denaro pubblico, fatti accaduti, documentati, testimoniati, resi pubblici e denunciati ufficialmente alla mano, non risulta essere accusato della violazione delle leggi in vigore che regolano le procedure seguite nel caso dei tre inceneritori e gli obblighi istituzionali del ministro. Violazioni delle procedure che porterebbero poi direttamente al primo ministro. Come mai e chissà perché?! Nel materiale che la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata ha consegnato al parlamento non risulta un clamoroso fatto accaduto, documentato e ormai noto al pubblico. Un fatto che riguarda la “straordinaria prontezza delle istituzioni”. Era il 16 dicembre 2014. Si stava preparando tutto per dare il nullaosta alla firma del contratto tra il governo albanese ed una società che doveva costruire ed operare il primo dei tre inceneritori. Ebbene, si è trattato di una procedura “estremamente veloce”. Si, perché nello stesso giorno sono state avviate presso 17 ministeri ed istituzioni governative le richieste previste dalla legge, per avere in seguito le opinioni ufficiali da parte degli stessi ministeri ed istituzioni governative. Normalmente la risposta arriva entro alcune settimane. Grazie a quella procedura “estremamente veloce” però tutte le 17 risposte ufficiali sono arrivate lo stesso giorno, il 16 dicembre 2017, all’ufficio del segretario generale del Consiglio dei ministri, l’eminenza grigia del primo ministro. In quel 16 dicembre 2014 è stata svolta la gara d’appalto con una sola società interessata. Mentre il periodo delle probabili contestazioni, previsto dalla legge, è stato ridotto da sette giorni a un solo, il 16 dicembre 2014. Tutto in violazione della legge! Lo stesso giorno è stata preparata la bozza del contratto. Bozza che poi, lo stesso giorno e dopo aver avuto le sopracitate 17 risposte, è stata presentata come il testo del contratto vero e proprio. Testo che è stato poi presentato l’indomani, il 17 dicembre 2014 alla riunione del Consiglio dei ministri che lo ha approvato! Tutto firmato, prima della riunione dal segretario generale del Consiglio dei ministro e, dopo la riunione dello stesso Consiglio, dal primo ministro, lo stesso allora come oggi. Questo caso dovrebbe, con ogni probabilità, essere un caso unico in tutto il mondo per la procedura “estremamente veloce” svolta in un solo giorno. Il primo ministro ha, nel gennaio 2015, riunito il Consiglio nazionale del territorio per approvare la licenza per la costruzione dell’inceneritore. Anche quella licenza porta la sua firma. In seguito si è saputo e reso anche pubblico, che la società vincitrice però risultava priva delle capacità finanziarie necessarie per la costruzione dello stesso inceneritore. E non solo. In seguito si è saputo e reso anche pubblico, che la società vincitrice non aveva neanché le capacità professionali e la dovuta esperienza, prevista e richiesta dalla legge, per svolgere l’attività approvata dalla riunione del 17 dicembre 2014 del Consiglio dei ministri. Ma nonostante tutto ciò la società ha avuto tutto. E non solo; gli stessi proprietari di quella società, in seguito, hanno “vinto” anche le licenze per costruire ed operare i due altri inceneritori! Chissà perché e chissà come?! Ma certamente lo sanno sia il segretario generale del Consiglio dei ministri, l’eminenza grigia del primo ministro, che il primo ministro stesso. Lo sanno anche coloro che si sono presentati come i “proprietari” degli inceneritori. E lo sa anche l’ex vice primo ministro ormai ricercato per essere arrestato. Ma lui, ormai in esilio e “scappato” alle istituzioni “specializzate” del sistema “riformato” delle giustizia, cercherà di ricattare e trattare. Perché lui sa e potrebbe creare grandi preoccupazioni e problemi per i veri ideatori e beneficiari degli inceneritori non funzionanti e addirittura non esistenti in Albania. Come quello della capitale che è stato un vanto del primo ministro e del sindaco. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di questo e di altri “particolari” che riguardano lo scandalo milionario dei tre inceneritori

    Durante queste ultime settimane, dagli “analisti ed opinionisti a pagamento” si sta cercando di far credere che gli ideatori e i proprietari dei tre inceneritori sono i loro proprietari. Tutto ciò solo per spostare l’attenzione da coloro che, fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo, fatti documentati e pubblicamente denunciati alla mano, sono i veri responsabili dello scandalo. Cioè di nascondere chi sono i veri ideatori ed i diretti approfittatori dello scandalo degli inceneritori. Ma le cattive lingue da tempo stanno parlando ed additando come tali il primo ministro, il segretario generale del Consiglio dei ministri, il sindaco della capitale, alcuni ministri ed ex ministri, ma non solo.

    Nel frattempo il primo ministro sta facendo di tutto per far sembrare e convincere tutti che lui è incolpevole. Cioè che lui, il puro, l’innocente “saggio e visionario”, l’incolpevole dirige purtroppo e a sua insaputa una banda di colpevoli che abusano del potere, della “ingenuità” e della fiducia che il primo ministro ha avuto per loro. Ma comunque sia, il primo ministro non deve più esercitare questo importante incarico istituzionale. O perché lui è cosi “ingenuo” che con la sua “ingenuità”, che è anche incapacità, non merita di fare il primo ministro. Oppure perché lui mente ed inganna e perciò non deve più fare il primo ministro. Le cattive lingue sono convinte che lui mente.

    Chi scrive queste righe avrebbe avuto bisogno di molto più spazio per evidenziare altri clamorosi fatti riguardanti lo scandalo degli inceneritori, ma seguirà questo scandalo, tuttora in corso, per poi informare con la dovuta oggettività il nostro lettore. Egli pensa che quanto scriveva San Paolo a Timoteo nella sua seconda lettera si adatta benissimo alla grave e preoccupante realtà albanese. Basterebbe rileggere i versetti sopracitati della seconda lettera per accorgersi. Chi scrive queste righe è però convinto che il primo ministro albanese sia colpevole, sia il diretto responsabile per il clamoroso scandalo degli inceneritori. Ma lui inganna per non ammettere che è proprio il maggior responsabile. Così come per tutti gli altri abusi che stanno continuamente sperperando il denaro pubblico in Albania, uno dei Paesi più poveri dell’Europa. Chi scrive queste righe è altresì convinto che nessuno, proprio nessuno dei suoi ministri e degli alti funzionari coinvolti nello scandalo degli inceneritori, fatti documentati di tutto quello che è accaduto alla mano, poteva fare niente senza che il primo ministro lo sapesse, desse la sua approvazione e/o lo chiedesse. Lui adesso non può fare il furbo, presentandosi come un innocente visionario, come un “saggio”. Aveva ragione Francis Bacon, niente provoca più danno in uno Stato del fatto che i furbi passino per saggi.

  • La messinscena con un ‘sostegno’ avuto in un periodo difficile

    Nel teatro si vive sul serio quello che gli altri recitano male nella vita.

    Eduardo De Filippo

    La saggezza secolare ci insegna che nei momenti di difficoltà si sente anche il bisogno del sostegno degli amici. Ed è proprio nei momenti di difficoltà che si distinguono i veri amici. Una saggezza che ci viene trasmessa anche dalle favole, che sono una fonte di insegnamento non solo per i bambini. Tra le tante favole sulla vera amicizia c’è anche quella di una scoiattolina ed una volpe. Era inverno ed una mattina la scoiattolina si svegliò presto perché doveva andare al mercato. Ma siccome il tempo non era buono, pensò che non era il caso di andare da sola. Perciò andò dalla sua amica, la volpe, che ancora stava dormendo, avvolta da calde coperte. Dopo averla svegliata, la scoiattolina le chiese di accompagnarla al mercato. Ma visto che quella giornata d’inverno non prometteva niente di buono, la volpe non voleva uscire di casa e cercò di dissuadere anche la sua amica di non andare al mercato quel giorno. La scoiattolina però si sentì offesa ed abbandonata dalla sua amica e decise di andare da sola al mercato, nonostante il tempo minaccioso. Così partì ed entrò nel bosco. Il vento soffiava forte e poco dopo cominciò a nevicare. Trovatasi in difficoltà la scoiattolina riuscì a mettersi sotto un grande ramo caduto dall’albero ed accese un piccolo fuoco per scaldarsi. E solo allora si pentì di non aver ascoltato quanto le aveva detto la volpe. Sperava, però, che qualcuno potesse arrivare ad aiutarla. Nel frattempo la volpe, avendo visto il tempo che stava diventando sempre più minaccioso, chiamò altri amici ed andarono nel bosco, dove doveva essere entrata la scoiattolina per andare al mercato. Perché si sa che i veri amici si riconoscono nel momento del bisogno. Entrati nel bosco, nonostante il vento forte e la neve, la volpe riuscì ad intravedere il fuocherello acceso dalla scoiattolina per riscaldarsi. Tutti corsero subito in quella direzione e, per fortuna, trovarono la scoiatollina tremante sotto il grosso ramo caduto dall’albero. Si può immaginare la grande gioia che provarono tutti. Uscirono insieme dal bosco e si diressero verso le loro abitazioni calde e sicure. Appena arrivati, la scoiattolina invitò tutti ad assaggiare un dolce e si mise subito a cucinare una deliziosa torta per festeggiare la loro amicizia. Si perché, come ci insegna la favola, gli amici veri non solo si riconoscono nel momento del bisogno, ma sanno condividere i momenti di gioia insieme.

    La saggezza secolare ci insegna però che l’amicizia non è interesse. Mentre la storia, quella grande maestra, ci insegna che, purtroppo, sempre ci sono state e ci saranno delle persone che abusano consapevolmente della parola amicizia, usandola per camuffare ben altro. Ne era convinto il noto filosofo romano Seneca, circa duemila anni fa, quando affermava che “Chi è diventato amico per convenienza, per convenienza finirà di esserlo. Se nell’amicizia si ricerca un utile, per ottenerlo si andrà contro l’amicizia stessa”. E ne era convinto anche il noto filosofo e scienziato dell’antica Grecia, Aristotele, il quale ventitrè secoli fa pensava che “Si fa in fretta a decidere di essere amici, tuttavia l’amicizia è un frutto che matura lentamente”. Invece per il noto scienziato e filosofo Galileo Galilei un amico è colui che sta dalla tua parte quando hai torto, non quando hai ragione. Perchè quando hai ragione sono capaci tutti”. Perciò bisogna distinguere sempre i veri amici da quelli che cercano di apparire come tali. Da quelli che usano le parole amico ed amicizia con una tale facilità e sconsideratezza semplicemente per convenienza e per ingannare. Purtroppo ci sono tante, tantissime tali persone, che per leggerezza, per interesse e/o per imbroglio fanno questo, E tra queste persone c’è anche l’attuale primo ministro albanese. Lui, soprattutto quando parla e/o si riferisce ad alcuni dirigenti politici ed istituzionali di altri Paesi, ma anche a delle persone che hanno ed esercitano delle influenze di vario tipo, usa facilmente ed intenzionalmente la parola ‘amico”. Un sacerdote e storico britannico del Seicento, Thomas Fuller, affermava però che “Chi è amico di tutti non è amico di nessuno”. E si potrebbe aggiungere anche che non ha nessun vero amico. Parole che calzano a pennello al primo ministro albanese!

    Quanto è accaduto in Albania all’inizio della scorsa settimana ne è una dimostrazione di come un “amichevole sostegno”, avuto in un periodo molto difficile che sta attraversando il primo ministro, possa diventare come una messinscena dove si cerca di focalizzare tutto sulla sua persona, sui suoi “indiscussi meriti” e sulle sue “eccezionali e riconosciute capacità”. Quel’“amichvole sostegno” è stato offerto da un ex presidente statunitense, il quale è arrivato per una “visita privata” in Albania nel pomeriggio del 3 luglio scorso. Lui, l’ex presidente statunitense, era però accompagnato dalla sua famiglia, figlia e genero compresi. E parte di quello stretto “gruppo famigliare” era anche il figlio di George Soros, noto multimiliardario e speculatore di borsa statunitense, E guarda caso, padre e figlio sono dei “cari amici” del primo ministro albanese. Nel frattempo le cattive lingue, che ne sanno tutto su tutti, hanno subito detto che la visita ed il discorso dell’ex presidente statunitense sono stati profumatamente ricompensati finanziariamente dalla “dinastia Soros”, Si sa anche che George Soros ha sempre sponsorizzato finanziariamente, ma non solo, sia l’ex presidente statunitense, sia sua moglie. Come si sa che il figlio di Soros è anche “amico” del genero dell’ex presidente statunitense e parte del gruppo che lo accompagnava. Chissà perché?!

    L’ex presidente statunitense che, per due giorni, è stato all’inizio della scorsa settimana in Albania per una “visita privata” è Bill Clinton, il 42o presidente degli Stati Uniti d’America, (1993 – 2001). Durante la sua presidenza, lui, insieme con il premier britannico Tony Blair sono stati tra i più noti sostenitori di quell’insieme di teorie e posizioni politiche note come Third Way (Terza via; n.d.a.).

    A proposito, l’ex-premier britannico Tony Blair, dall’autunno 2013, quando l’attuale primo ministro albanese ha iniziato il suo primo mandato ad oggi, è uno dei suoi consiglieri “senza pagamento”. Mentre sua moglie, titolare di un noto studio di avvocatura, da anni assiste il primo ministro albanese ed il suo governo con dei lauti ricompensi finanziari. E guarda caso, anche loro due, il primo ministro albanese e l’ex-premier britannico, si dichiarano “amici” tra di loro! Mentre durante la messinscena del 3 luglio scorso a Tirana, il primo ministro albanese ha detto: “L’Albania è uno dei pochi Paesi qui in torno dove un partito della “Terza via” continua a governare da anni”. Ma la vera e vissuta realtà in Albania testimonia che il primo ministro ed il suo partito/clan occulto non ha governato, bensì ha abusato del potere ed ha fatto della corruzione e dell’alleanza con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti due pilastri importanti del suo regime.

    L’ex presidente statunitense, in “visita privata’ in Albania all’inizio della scorsa settimana, è stato colui che nel marzo 1999 ha deciso di iniziare gli attacchi aerei della NATO contro la Serbia per porre fine alle barbarie dei militari serbi in Kosovo. Questo fatto, mentre di nuovo da fine maggio scorso i rapporti tra la Serbia ed il Kosovo si sono aggravati, è stato formalmente il motivo di quella “visita privata”. Ma in realtà i veri motivi sono stati altri. Prima di tutto le gravi difficoltà con le quali si sta confrontando continuamente il primo ministro albanese. Difficoltà che hanno a che fare con gli innumerevoli scandali che lo coinvolgono direttamente e/o indirettamente. Ma anche molti altri scandali pubblicamente noti e denunciati, che coinvolgono i suoi ministri, i suoi sindaci e deputati, nonché suoi famigliari e stretti collaboratori. Per quanto lui, il primo ministro albanese, possa avere degli “stretti” collaboratori. Perché fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano anche in questi ultimi giorni dimostrano che il primo ministro, quando si trova in difficoltà, nega tutto e tutti, “amici” e “stretti collaboratori” compresi. Ma non sono solo gli scandali che hanno messo in difficoltà il primo ministro albanese. Anche il suo compromesso e spesso fallito tentativo di presentarsi come un “mediatore” a livello regionale, soprattutto nei Balcani occidentali, gli hanno causato molti problemi. Il nostro lettore è stato informato anche durante queste ultime settimane di tutto ciò. Come è stato informato anche delle problematiche riguardanti l’iniziativa Open Balkan della quale il primo ministro albanese, insieme con il presidente serbo ed il primo ministro della Macedonia del Nord, sono stati promotori ed ardenti sostenitori. Ma adesso il primo ministro albanese ha cambiato completamente opinione e considera come chiusa l’iniziativa. Mentre i due altri suoi “amici” balcanici continuano a sostenere fortemente l’iniziativa Open Balkan. Anche la scorsa settimana, mettendo in difficoltà il primo ministro albanese. Un altro grattacapo che sembra stia fortemente preoccupando lui è legato alle indagini svolte da due procure, a New York e a Washington D.C. e da due separate commissioni parlamentari, una della Camera e l’altra del Senato statunitense a carico di un ex alto funzionario del FBI (Federal Bureau of Investigation, Ufficio Federale di Investigazione; n.d.a.). Dalle indagini risulterebbe che il primo ministro, il quale ha incontrato diverse volte ed in “privato” la persona indagata, che nel settembre scorso considerava “un suo amico”, potrebbe essere coinvolto nel processo giudiziario che comincerà tra poco negli Stati Uniti d’America. Anche di tutti questi fatti il nostro lettore è stato informato durante gli ultimi mesi (Collaborazioni occulte, accuse pesanti e attese conseguenze, 30 gennaio 2023; Un regime corrotto e che corrompe, 13 febbraio 2023; Angosce di un autocrate corrotto e che corrompe, 20 febbraio 2023; Un autocrate corrotto e che corrompe, ormai in preda al panico, 27 febbraio 2023 ecc.). Nel frattempo le cattive lingue dicono che il primo ministro sta soffrendo molto e non solo per la faccenda legata all’ex alto funzionario del FBI.

    Ragion per cui la visita di un ex presidente statunitense, in questo periodo, poteva essere usata e così è stato, per spostare l’attenzione e per fare in modo che il primo ministro si presentasse diversamente, “amico” dei “grandi del mondo”. La propaganda governativa ed il primo ministro, con il suo diretto impegno hanno fatto di tutto perché ciò accadesse e che lui diventasse per due giorni, periodo che è durata la “visita privata”, un personaggio importante a livello internazionale. Anche in questo caso è stata organizzata ad artem una messinscena basata su un “sostegno” pubblico, durante una visita privata, il 3 ed il 4 luglio scorso, di un ex presidente statunitense. E così facendo, essendo il 4 luglio non solo la festa nazionale degli Stati Uniti, ma anche il giorno del compleanno del primo ministro albanese, lui ha fatto un “particolare” regalo a se stesso. Le cattive lingue però sono convinte che niente poteva essere successo senza lo zampino della “dinastia Soros” che ultimamente è passata nelle mani del figlio del multimiliardario e speculatore di borsa. Figlio che è anche un “caro amico” del primo ministro e che considera lui come “suo amico e fratello”. Il figlio di Soros ha pubblicato in rete una sua fotografia con il primo ministro albanese e Bill Clinton, durante i festeggiamenti privati, il 4 luglio scorso, per il compleanno del primo ministro. Sotto la fotografia aveva scritto: “Ieri con due dei più grandi leader del mondo” (Sic!).

    Durante il suo discorso nel pomeriggio del 3 luglio scorso, l’ex presidente statunitense disse che “noi siamo impegnati per la libertà, la forza, l’integrità ed il futuro dell’Albania”. Ma lo sa lui che il suo “anfitrione” ha restaurato una nuova dittatura sui generis in Albania, come espressione di una pericolosissima alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti internazionali?! Quello della “dinastia Soros” compreso.

    Chi scrive queste righe è convinto che quanto è accaduto nel pomeriggio del 3 luglio scorso a Tirana, di fronte all’edificio del Consiglio dei ministri, era semplicemente una messinscena basata su un ‘sostegno’ avuto in un periodo difficile per il primo ministro albanese. Ma gli “attori” non hanno convinto, anzi. Aveva ragione Eduardo De Filippo quando affermava che “Nel teatro si vive sul serio quello che gli altri recitano male nella vita”.

  • Dittature ed elezioni libere come il diavolo e l’acquasanta

    La resistenza al totalitarismo, sia esso imposto dall’esterno

    o dall’interno, è questione di vita o di morte.

    George Orwell, da “Letteratura e totalitarismo”

    Riferendosi al diavolo, la saggezza secolare, tramite i tanti detti popolari, ci mette sempre in guardia. “Il diavolo si nasconde nei dettagli” recita un noto proverbio. Così come ci fa riflettere quanto hanno scritto molti scrittori, filosofi ed altre persone note. Il famoso scrittore francese Charles Baudelaire scriveva: “La più grande astuzia del diavolo è farci credere che non esiste”. Anche Johann Wolfgang von Goethe, il noto scrittore tedesco, ha trattato il rapporto tra il diavolo e Dio. La sua ben nota opera Faust, che si basa su una legenda locale, sulla quale lo scrittore lavorò per diversi decenni, tratta proprio l’accordo tra il personaggio principale, il dottor Faust, con Mefistofele (il diavolo, il maligno). Arricchito però dalle tante esperienze durante il suo viaggio con Mefistofele, in cerca di piaceri e delle bellezze del mondo, il dottor Faust, ci trasmette la sua ferma convinzione. “Hanno voluto scacciare il maligno e ci sono restati tutti i mascalzoni più piccoli!”. Una preziosa lezione questa per tutti. Perché non è solo il diavolo, ma ci sono anche molti altri mascalzoni, in carne ed ossa, che sono sempre presenti e fanno molti danni. Come il diavolo.

    La saggezza secolare del genere umano si tramanda di generazione in generazione. Una saggezza trasmessa oralmente e tramite documenti scritti da varie civiltà, in diverse parti del mondo. Comprese anche le Sacre Scritture. E da quella saggezza millenaria bisogna sempre imparare. Dalle tantissime esperienze vissute e sofferte risulta che ci sono delle realtà, esseri che non possono realizzarsi, convivere insieme, essendo inconciliabili tra loro. Per esempio, nelle Sacre Scritture si fa riferimento al diavolo, usando diversi denominazioni, ma comunque sempre contrapposto a Dio. Si fa riferimento anche a Giovanni Battista, il quale con l’acqua del fiume Giordano battezzava tutti coloro che credevano in Dio. E proprio riferendosi al battesimo con l’acqua, da allora questa, adoperata per i battesimi nelle chiese e benedetta dai sacerdoti, si chiama acquasanta. Ed è proprio l’acquasanta che teme più di tutto il diavolo. Ragion per cui vedendola, il diavolo scappa. Perciò lui e l’acquasanta sono inconciliabili e quell’inconciliabilità ha generato la ben nota espressione “essere come il diavolo e l’acquasanta”. Un’espressione questa, che viene usata per indicare due cose/persone che non possono essere insieme allo stesso tempo e posto.

    La saggezza umana, maturata nel tempo, ci insegna che le dittature, sotto le varie forme con le quali esse si presentano, non permettono mai delle elezioni libere, oneste e democratiche. Perché la dittatura e la democrazia sono due forme di organizzazione della società e dello Stato che, per definizione, sono ben contrapposte. Ragion per cui la dittatura e le elezioni libere, oneste e democratiche sono inconciliabili tra di loro. Sono come il diavolo e l’acquasanta. Quanto è accaduto prima, durante e dopo le elezioni amministrative del 14 maggio scorso in Albania ne è una palese ed inconfutabile testimonianza. Il nostro lettore è stato informato, in queste ultime settimane, di tutto ciò, sempre con la dovuta e richiesta oggettività. Sempre fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, risulta che ormai in Albania, dove da alcuni anni è stata restaurata una nuova dittatura sui generis, il risultato di quelle che si cerca di far passare per elezioni è sempre controllato, condizionato e manipolato per garantire la “vittoria” del primo ministro e della sua alleanza con la criminalità organizzata, con gli oligarchi e con determinati raggruppamenti occulti internazionali. Questa realtà è stata verificata e dimostrata anche con le “elezioni” amministrative del 14 maggio scorso. Si è trattato, fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, di un vero e proprio preannunciato massacro elettorale. Una realtà questa nota ormai anche al nostro lettore (Autocrati che stanno facendo di tutto per mantenere il potere, 8 maggio 2023; Cronaca di un massacro elettorale preannunciato, 15 maggio 2023; A mali estremi, estremi rimedi, 22 maggio 2023). Ed ogni giorno che passa altri fatti si stanno rendendo pubblici.

    Durante la riunione dell’allora CSCE (Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa; n.d.a.), svoltasi a Copenaghen dal 5 al 29 giugno 1990, è stato approvato quello che ormai è noto come il Documento di Copenaghen. L’articolo 6 del Documento prevede e stabilisce: “Gli Stati partecipanti dichiarano che la volontà del popolo, liberamente e correttamente espressa mediante elezioni periodiche e oneste, costituisce la base dell’autorità e della legittimità di ogni governo”. L’Albania è diventata membro della CSCE il 19 giugno 1991, durante la riunione di Berlino dei ministri degli affari Esteri dei Paesi membri della Conferenza. Durante il vertice di Budapest nel dicembre 1994, i capi di Stato e di governo dei Paesi membri della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa hanno deciso di cambiare il nome della CSCE. A partire dal 1° gennaio 1995 diventò attiva l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) con 57 Paesi membri del Nord America, dell’Europa e dell’Asia. Albania compresa. Perciò il governo albanese ha l’obbligo di rispettare gli Atti e i Documenti dell’allora CSCE ed dell’attuale OSCE. Compreso anche l’articolo 6 del Domunento di Copenaghen. La scorsa settimana l’autore di queste righe scriveva per il nostro lettore che “…purtroppo, durante questi ultimi anni, dal 2013 ad oggi, fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, i tre governi albanesi, capeggiati dallo stesso primo ministro, quello attuale, hanno violato e spesso anche consapevolmente calpestato quanto sanciscono quei Documenti. Compreso anche l’articolo 6 del Documento di Copenaghen”. E poi aggiungeva: “…Durante le cinque elezioni generali, quelle parlamentari e locali ed altre elezioni parziali locali, i tre governi dell’attuale primo ministro, sempre fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, compresi anche i rapporti finali dell’OSCE, risulta purtroppo che si è passati dal male al peggio” (A mali estremi, estremi rimedi; 22 maggio 2023). Sì proprio di male in peggio. Come lo stanno dimostrando anche le ulteriori testimonianze e denunce pubbliche, depositate presso le dovute istituzioni del sistema “riformato” della giustizia. Ma tutto fa pensare, anzi è quasi una certezza, che quelle istituzioni avranno tutt’altro da fare, tranne che occuparsi, in rispetto della Costituzione e delle leggi in vigore, delle tante denunce riguardanti il massacro elettorale prima e durante le elezioni amministrative del 14 maggio scorso.

    Ormai è stato testimoniato e dimostrato che la criminalità organizzata è stata schierata in appoggio ai candidati sindaci del primo ministro sul tutto il territorio nazionale. Così come, purtroppo, è stato testimoniato e dimostrato che spesso la polizia di Stato, nonostante sia stata avvertita, non è intervenuta. Se non, addirittura, in determinate occasioni, abbia agevolato il compito della criminalità. Dimostrando così che è diventata una polizia agli ordini del primo ministro e/o di chi per lui. Sia prima e durante, ma anche dopo le elezioni, è stato testimoniato e dimostrato che a tanti cittadini con il diritto al voto è stato cambiato il seggio elettorale, senza informarli. Durante il giorno delle “elezioni”, si sono verificati e sono stati denunciati molti casi dell’attuazione di quella che è nota come la frode elettorale denominata “carosello”, oppure “il treno bulgaro”. Una frode basata sull’uso, al inizio, di una scheda elettorale contraffatta, Poi la scheda elettorale regolare, fatta uscire fuori dal seggio, viene compilata da “chi di dovere” e poi consegnata a molti selezionati cittadini che “votano” con le schede precompilate. Loro stessi, uscendo dal seggio, consegnano la scheda vuota per essere di nuovo usata. E così via.

    Ma non sono state solo queste le violazioni e le irregolarità compiute prima e durante le “elezioni” del 14 maggio scorso. È stato testimoniato e dimostrato che in molti seggi elettorali, sul tutto il territorio nazionale, sono state palesemente violate la legislazione in vigore e le apposite ordinanze della Commissione Centrale Elettorale, l’istituzione che ha il compito costituzionale di gestire, in tutte le fasi, le elezioni. Sia prima che durante le elezioni amministrative del 14 maggio scorso sono stati evidenziati e denunciati molti casi in cui ministri, sottosegretari, alti funzionari dell’amministrazione pubblica centrale e/o locale hanno consapevolmente violato quanto prevedono le leggi in vigore. Così come si sono verificati e sono stati evidenziati e denunciati molti, moltissimi casi di compravendita del voto. Ma anche dell’impedimento ad andare a votare dei cittadini i quali, con molta probabilità, non avrebbero votato per i candidati del primo ministro. Ed era stato proprio lo stesso primo ministro il quale, durante la campagna elettorale, in palese e consapevole violazione della legislazione, “consigliava” alle donne di “chiudere in casa i propri mariti che potevano votare contro”. Prima e durante le elezioni la criminalità organizzata e determinati oligarchi, “amici personali” del primo ministro e, allo stesso tempo, clienti del governo, hanno messo in circolazione ingenti somme di denaro per condizionare il voto dei cittadini, sia nelle grandi città, che nelle aree rurali, Dovrebbero essere stati tanti milioni messi in circolazione che hanno causato, secondo gli specialisti, il crollo dell’euro nel cambio con la moneta locale. Il nostro lettore è stato informato di questo fatto la scorsa settimana (A mali estremi, estremi rimedi; 22 maggio 2023). Durante il giorno delle “elezioni” del 14 maggio scorso, è stato evidenziato e verificato che i detenuti delle carceri hanno votato quasi tutti per i candidati del primo ministro! Chissà perché?! Così come è risultato che gli abitanti di un paese vicino alla capitale, i quali da alcuni mesi stanno protestando contro una decisione abusiva del governo che riguarda le loro proprietà, abitazioni e/o terreni, abbiano votato a “grande maggioranza” il candidato del primo ministro! Bisogna sottolineare che i seggi dove loro hanno votato erano parte integrante di una delle tre municipalità dove, per la prima volta ed in modo sperimentale, è stata applicata la numerazione elettronica del voto. E, guarda caso, in tutte quelle tre municipalità si sono verificate e sono state denunciate molti “malfunzionamenti” del sistema elettronico. Così come sono state verificate e denunciate molte irregolarità dovute alla presenza di persone, soprattutto giovani, che “aiutavano” a votare altre persone, non pratiche con il sistema. E in tutte quelle tre municipalità hanno vinto in modo “molto convincente” i candidati del primo ministro! Chissà perché e come?! Ma tutte le sopracitate violazioni delle leggi in vigore sono soltanto una parte di quello che è stato un vero e proprio massacro elettorale. Ogni giorno che passa l’elenco aumenta.

    Adesso però, dopo quel preannunciato massacro elettorale, dopo le tante denunce fatte, dopo tante inconfutabili testimonianze, il primo ministro, colto in flagranza, sta parlando di “errori” dei rappresentanti dell’amministrazione pubblica in passato, ma mai durante le elezioni, come si sta inconfutabilmente dimostrando. Il primo ministro sta parlando ormai, dopo lo “spettacolare risultato elettorale”, di “doveri” che lui ed i suoi eletti hanno nei confronti dei cittadini che hanno “votato” per loro. Lui sta ringraziando anche coloro che “non sono usciti di casa per andare a votare contro” (Sic!) E tutto questo il primo ministro lo sta facendo solo e soltanto per tergiversare l’attenzione pubblica dalle tante inconfutabili testimonianze e denunce riguardanti la ben ideata, programmata e altrettanto ben attuata “strategia” del massacro elettorale.

    Chi scrive queste righe è da tempo convinto che le dittature e le elezioni libere sono come il diavolo e l’acquasanta. E condivide quanto scriveva George Orwell; cioè che la resistenza al totalitarismo, sia esso imposto dall’esterno o dall’interno, è questione di vita o di morte. Chi scrive queste righe, vista la vissuta, sofferta e drammatica realtà albanese è convinto che la dittatura sui generis in Albania si rovescia solo con delle proteste a oltranza. Egli ripete, per l’ennesima volta, una nota e molto significativa frase di Benjamin Franklin: “Ribellarsi ai tiranni significa obbedire a Dio.”.

  • A mali estremi, estremi rimedi

    Maggiore è il potere, più pericoloso è l’abuso.

    Edmund Burke

    “Gli Stati partecipanti dichiarano che la volontà del popolo, liberamente e correttamente espressa mediante elezioni periodiche e oneste, costituisce la base dell’autorità e della legittimità di ogni governo”. Così comincia l’articolo 6 del Documento di Copenaghen. Si tratta di un importante documento, approvato durante la riunione svolta a Copenaghen dal 5 al 29 giugno 1990 dell’allora CSCE (Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa; n.d.a.). Il contenuto di quel documento si basava su quanto era stato concordato alla Conferenza sulla Dimensione Umana della CSCE e contenute nel Documento conclusivo della Riunione dei Seguiti della CSCE di Vienna nel 1989. Sullo stesso articolo 6 del Documento di Copenaghen si stabilisce che “Gli Stati partecipanti rispetteranno, di conseguenza, il diritto dei propri cittadini di partecipare al governo del proprio paese sia direttamente sia tramite rappresentanti da essi liberamente eletti mediante procedure elettorali corrette”. In più, sempre riferendosi all’articolo 6 del Documento di Copenaghen, gli Stati si devono impegnare a riconoscere “…la responsabilità di garantire e proteggere, conformemente alle proprie leggi, agli obblighi internazionali relativi ai diritti dell’uomo e agli impegni internazionali assunti, l’ordinamento democratico liberamente stabilito attraverso la volontà del popolo contro le attività di persone, gruppi od organizzazioni impegnati in azioni terroristiche o che rifiutano di rinunciare al terrorismo o alla violenza miranti a rovesciare tale ordinamento o quello di un altro Stato partecipante”. Nell’ambito del Documento di Copenaghen, l’articolo 6 rappresenta una parte molto importante con il quale si stabiliscono diritti e doveri per garantire il reale funzionamento di uno Stato democratico.

    La Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa era stata convocata per la prima volta a Helsinki il 3 luglio 1973. Poi ha proseguito i lavori a Ginevra. L’obiettivo di quelle riunioni era l’elaborazione di un testo che doveva diventare un documento base ad essere approvato da tutti gli Stati aderenti. Un atto quello ufficializzato di nuovo a Helsinki durante la Conferenza iniziata il 21 luglio 1975 dai rappresentanti dei 35 Stati partecipanti. L’Atto finale è stato approvato e firmato a Helsinki il 1° agosto 1975 dai capi di Stato e di governo dei Paesi partecipanti. L’Atto finale della Conferenza di Helsinki si compone da tre sezioni, nelle quali si raggruppano le principali questioni trattate e concordate durante i tre anni di negoziati. Si tratta della sezione della sicurezza, quella della cooperazione economica, scientifica, tecnica e ambientale e la sezione dei diritti umani. Bisogna sottolineare che l’Atto finale, approvato durante la riunione di Helsinki nel 1975, non essendo un vero e proprio accordo internazionale, non è stato perciò neanche soggetto di ratifica dai parlamenti dei singoli Stati membri. In seguito, proprio quando il blocco comunista dell’Europa orientale si stava sgretolando, è stata organizzata e convocata la riunione della Conferenza a Parigi, dal 30 maggio al 23 giungo 1989. Poi, dopo le due sopracitate riunioni della CSCE, quelle di Vienna e di Copenaghen, si è tenuta anche la riunione di Mosca dal 10 settembre al 4 ottobre 1991. Dopo la fine del lungo e problematico periodo storico della guerra fredda, anche la CSCE ha modificato i suoi programmi e obiettivi. Tutto stabilito dal Documento di Helsinki del 1992, intitolato “Le sfide del cambiamento”. Poi in seguito, durante il vertice di Budapest nel dicembre 1994, i capi di Stato e di governo dei Paesi membri della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa hanno deciso di cambiare anche il nome della stessa Conferenza, perciò a partire dal 1° gennaio 1995 diventò attiva l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) con 57 Paesi membri del Nord America, dell’Europa e dell’Asia. Si tratta della più grande organizzazione di sicurezza regionale al mondo. L’obbligo dell’OSCE è, tra l’altro, quello di garantire la stabilità, la pace e la democrazia attraverso il dialogo politico. Riferendosi agli Atti ufficiali, l’attività dell’OSCE si svolge in tre settori fondamentali: il settore politico-militare, che tratta gli aspetti militari della sicurezza, quello economico ambientale, che affronta soprattutto argomenti dell’energia, dell’ambiente e dello sviluppo economico ed il settore della dimensione umana, dedicata alle tematiche dello Stato di diritto ed alla tutela dei diritti umani. Elezioni libere e democratiche comprese.

    Quando si costituì ed, in seguito, quando si riuniva la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, la dittatura comunista in Albania, la più crudele e sanguinosa in tutta l’Europa orientale, criticava e ridicolizzava le decisioni prese dalla Conferenza. Dovevano passare quindici anni prima che il regime comunista albanese, pochi mesi prima del crollo, decise finalmente di presentare la richiesta per aderire alla Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Una richiesta che è stata accettata. Durante la riunione della CSCE di Copenaghen del 1990 il rappresentante dell’Albania ha assistito in veste di osservatore. L’Albania è diventata membro della CSCE il 19 giugno 1991, durante la riunione di Berlino dei ministri degli affari Esteri dei Paesi membri della Conferenza. Perciò, durante la seguente ed importante riunione della CSCE di Mosca, l’Albania ha partecipato come un Paese membro a pieni diritti. Da allora in poi tutti i governi albanesi hanno avuto l’obbligo di rispettare gli accordi presi e quanto sancito dai Documenti e dagli Atti finali, della CSCE prima e dell’OSCE in seguito. Ma purtroppo, durante questi ultimi anni, dal 2013 ad oggi, fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, i tre governi albanesi, capeggiati dallo stesso primo ministro, quello attuale, hanno violato e spesso anche consapevolmente calpestato quanto sanciscono quei Documenti. Compreso anche l’articolo 6 del Documento di Copenaghen del 1990. Durante le cinque elezioni generali, quelle parlamentari e locali ed altre elezioni parziali locali, i tre governi dell’attuale primo ministro, sempre fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, compresi anche i rapporti finali dell’OSCE, risulta purtroppo che si è passato dal male al peggio. Risulta che l’esito finale delle elezioni è condizionato e controllato dal governo, in connivenza con la criminalità organizzata. E, durante questi ultimi anni, risulta che al controllo e al condizionamento del risultato finale delle elezioni in Albania stanno contribuendo attivamente anche alcuni noti oligarchi e imprenditori, clienti del primo ministro, che con lui dividono anche i milioni assicurati tramite tanti appalti illeciti. Ma siccome in Albania anche le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia sono direttamente controllate dal primo ministro e/o da chi per lui, tutto passa senza nessuna obbligatoria conseguenza penale, come se niente fosse.

    La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato del preannunciato massacro elettorale prima e durante le elezioni generali amministrative del 14 maggio scorso. “Infatti, tutto quello che si è verificato e successo, sia prima delle elezioni amministrative di domenica scorsa, sia durante il giorno stesso delle elezioni, fatti accaduti, documentati e denunciati pubblicamente alla mano, risulta essere stata semplicemente la cronaca di un massacro elettorale preannunciato. È la cronaca di tutto quello che è ormai accaduto e noto al pubblico, di tutte quelle violazioni della Costituzione e delle leggi in vigore, che hanno garantito la tanto voluta “vittoria” personale del primo ministro”. Così scriveva il 15 maggio scorso l’autore di queste righe. E poi elencava diversi fatti accaduti, Dal pauroso crollo dell’euro nei cambi con la moneta locale, “…condizionato da ingenti somme di denaro illecito, entrato in Albania per ‘scopi elettorali’”, ai “patrocinatori” e agli “attivisti’, molto attivi prima e durante le elezioni. Faceva riferimento ai vari modi per condizionare il voto e all’attivo coinvolgimento della criminalità organizzata. Il nostro lettore veniva informato che “La cronaca del massacro elettorale preannunciato comprende il sistema “riformato” della giustizia, i cui rappresentanti “non vedono e non sentono”, perciò non reagiscono in seguito alle tante denunce pubblicamente fatte dall’opposizione. Comprende anche la Polizia di Stato che da anni funziona ormai come polizia del primo ministro”. In più lo scorso lunedì 15 maggio, l’autore di queste righe scriveva che “…Il risultato diretto di un simile massacro elettorale permette un ulteriore, preoccupante e molto pericoloso consolidamento della nuova dittatura in Albania” (Cronaca di un massacro elettorale preannunciato; 15 maggio 2023).

    Ebbene, durante questi giorni, ad elezioni finite, sono stati tanti i fatti accaduti, documentati e denunciati, fatti che testimoniano inconfutabilmente la ben ideata, programmata ed, in seguito, attuata strategia per avere uno “spettacolare risultato elettorale”, come si vanta il primo ministro. Ma per elencare tutti quei fatti sarebbero necessarie molte, ma veramente molte pagine. E non poteva essere diversamente. Perché la diabolica “strategia” del primo ministro albanese per avere “una vittoria spettacolare” prevedeva il coinvolgimento attivo, su tutto il territorio, della criminalità organizzata. Prevedeva, in palese violazione della Costituzione e delle leggi in vigore, il diretto ed attivo coinvolgimento, nolens volens, dell’amministrazione pubblica a tutti i livelli. Prevedeva l’uso delle istituzioni per “offrire” sostegno finanziario ai cittadini bisognosi. Prevedeva anche il diretto coinvolgimento di noti oligarchi e tanti imprenditori, “amici e clienti” del primo ministro, per offrire denaro in cambio del voto a favore. O, per lo meno, in cambio a non andare a votare a tutti quegli che potevano votare contro. Lo aveva chiesto spesso durante la campagna elettorale, in piena violazione della legge, anche il primo ministro, consigliando alle donne di “chiudere a chiave in casa gli uomini che non votavano per lui”! La diabolica “strategia” del primo ministro albanese per avere “una vittoria spettacolare”, costi quel che costi, prevedeva anche molto altro. Ragion per cui sono tanti, ma veramente tanti i fatti accaduti, le violazioni della legge elettorale da parte di istituzioni ed individui che sono obbligati a rispettare proprio quella legge.

    Tra le tante “novità” delle elezioni generali amministrative del 14 maggio scorso c’è anche il risultato di un partito che alcuni anni fa è passato alle mani di un grosso imprenditore, “amico e cliente” del primo ministro. Un partito che, da quando è stato costituito negli anni ’90, non ha mai avuto dei risultati elettorali come quelli di queste elezioni. Anzi, è stato sempre un partito che a malapena riusciva a portare in parlamento qualche deputato. Ebbene quel partito, a livello nazionale, adesso ha avuto un “sorprendente risultato”: è diventato uno dei tre o quattro più importanti partiti politici. E quello che è ancora più sorprendente è che il partito dell’imprenditore, “amico cliente” del primo ministro durante la campagna per le elezioni del 14 maggio scorso, non ha fatto nessuna attività elettorale, non ha presentato in pubblico nessun programma. Il capo di quel partito però, da tante denunce fatte pubblicamente e depositate ufficialmente nelle apposite istituzioni del sistema “riformato” della giustizia, risulta avere speso tanti milioni, sia per comprare voti, sia per garantire di non subire il “voto contrario” per i candidati sindaci del primo ministro e per le liste del suo partito. Questo “attivo imprenditore” è solo uno dei tanti contribuenti per lo “spettacolare risultato elettorale”, costi quel che costi, del primo ministro albanese.

    Chi scrive queste righe continuerà a trattare per il nostro lettore quanto è successo prima, durante e dopo le elezioni del 14 maggio scorso. Egli è convinto che le violazioni sono state veramente tante e hanno coinvolto direttamente il primo ministro, i suoi ministri e stretti collaboratori. Hanno coinvolto la criminalità organizzata e tanti imprenditori. Quello accaduto prima, durante e dopo le elezioni del 14 maggio scorso è un male grave, un male estremo. E come ci insegna da tanti secoli la saggezza popolare, per contrastare i mali estremi bisogna trovare e attuare estremi rimedi. Perché, come scriveva Edmund Burke, maggiore è il potere, più pericoloso è l’abuso.

  • Il Nuovo Codice degli appalti di Salvini sarà fonte di corruzione senza limiti

    In una materia delicata come l’affidamento degli appalti per le opere pubbliche, non si può accettare la superficialità di un politico come Salvini, che si definisce “uomo del fare”, che è vero ma solo limitatamente al “fare demagogia di bassa lega”.

    L’affidamento nell’assegnazione degli appalti per opere pubbliche non può essere, come sostiene Salvini, un esercizio di sola velocità nell’individuare l’impresa da incaricare, ma un processo di ricerca, ovviamente il più veloce possibile, sulle qualità dell’impresa, sull’affidabilità, sulla competenza specifica, sulla congruità ed economicità del costo, sulla sicurezza del manufatto, sulla durata nel tempo in perfetta efficienza dell’opera e, soprattutto, sull’attenzione di scongiurare l’insorgere di ogni possibile rischio di pressioni, favoritismi o imposizioni di qualsiasi natura.

    Per tali ragioni fino ad ora si è ricorso agli appalti pubblici, anche per cifre quasi insignificanti, proprio per raggiungere il più possibile la decisione migliore e legalmente corretta.

    Non si può negare che la modifica del codice degli appalti sia una richiesta europea, funzionale anche alla attuazione delle riforme per il PNRR, ma i partner europei non hanno le piaghe antiche e attuali della corruzione e della criminalità che ha l’Italia, e Salvini e i suoi estimatori hanno chiaramente esagerato, traducendo in una sostanziale cancellazione di ogni ipotesi di gara fino al tetto di 5,3 milioni di euro, e lasciato addirittura fino al tetto di 150.000 euro per i lavori, e di 140.000 euro per le forniture di servizi, la possibilità di affidamento diretto.

    Il che significa che da 140.000 euro in poi e fino a 5,3 milioni i lavori pubblici potranno essere assegnati direttamente, previo l’invito discrezionale del soggetto appaltante di 5 o 10 imprese, scelte senza pubblicare alcun avviso e senza una procedura pubblica di gara, nell’assenza di criteri predeterminati e trasparenti,  senza alcuna competizione, e quindi escludendo la maggior parte dei possibili aspiranti, ma in compenso con ampi margini di ricorso a subappalti, con subappaltanti che potranno a loro volta subappaltare.

    Insomma, un sistema di totale mancanza di trasparenza, che non garantirà né qualità, né legalità nella gestione degli appalti pubblici.

    Se questo è lo scenario di cui si auto complimenta Salvini, appare evidente non solo la legittimità, ma soprattutto la fondatezza delle preoccupazioni espresse dal Presidente dell’ANAC, Giuseppe Busia, in riferimento ai rischi da lui paventati di Sindaci tentati di erogare favori familistici e clientelari, in tutta legalità.

    Ma i difensori di questa incredibile proposta dove vivono? O semplicemente non leggono i giornali?

    Perché appare incredibile che in un Paese fortemente condizionato da corruzione e mala vita organizzata e mafiosa come l’Italia, dove le regole vengono spesso aggirate, pur con le norme vigenti che dovrebbero impedire il malaffare, assistiamo con disinvoltura e solerzia al totale smantellamento delle regole esistenti, senza alcuna rete di protezione che possa in qualche modo evitare che l’intero comparto dei lavori pubblici diventi un vero far west di girandole di assegnazioni e scambio di favori e, perché no, anche di voti.

    Questo governo in carica, così attento in ogni provvedimento adottato nella sottolineatura della propria identità politica, in questo caso sembra volere accantonare uno dei suoi caratteri più identitari come l’impegno di garantire legalità e sicurezza e contrastare ogni forma di strumentale utilizzo dei fondi pubblici a scopo politico ed elettorale, consentendo di dare la paternità ad un provvedimento che appena entrerà in vigore, darà la conferma di quanto paventato dal presidente ANAC, moltiplicato per 100.

    Perché il pericolo non è tanto e solo quello di sindaci, assessori o dirigenti comunali, provinciali regionali e statali che possono favorire amici, parenti o elettori, il vero buco nero di questo codice è che i sindaci e tutto il resto dei soggetti deputati alla assegnazione delle opere pubbliche, non avranno più alcun alibi nel negare alla criminalità organizzata e mafiosa l’assegnazione dei lavori in esclusiva alle loro imprese.

    I piccoli comuni saranno i più assediati e se fino ad oggi, potevano difendersi ricorrendo alla obbligatorietà dei bandi di gara, anche per opere di bassissimo valore, con questo colpo di scienza di Salvini non lo potranno più fare.

    E non sarà solo un problema della Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, ma di tutte le regioni del Bel Paese e di ciascuno degli oltre 8.000 comuni italiani.

    Non ci ha pensato a questo “l’uomo del fare”? O semplicemente la questione non lo riguarda?

    Ed alla luce di questo, come si sono permessi, autorevoli esponenti della Lega, di attaccare il presidente dell’organo anti corruzione italiano che ha manifestato, tra l’altro doverosamente, preoccupazioni fondate?

    Questo comportamento da bulli di quartiere, di pretendere le dimissioni di un funzionario che fa il proprio dovere, invece di prendere atto della carenza delle proposte catastrofiche che sono state prese, la dice lunga su partiti che operano con criteri demagogici e superficiali e che, invece di aiutare il Paese, rischiano fortemente di penalizzarlo, condannandolo al perenne predominio della criminalità organizzata e mafiosa, ed alla corruzione dei politicanti faccendieri e dei colletti bianchi, che potranno esercitare i loro imbrogli nella piena legalità.

    L’impressione è che molto presto si dovrà correre ai ripari e rimediare urgentemente a questo errore imperdonabile.

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