Corruzione

  • Lobbismo occulto a sostegno di autocrati in difficoltà

    I lobbisti sono i nuovi dittatori

    Gabriel Byrne

    La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato dall’autore di queste righe, tra l’altro, anche di una decisione presa dall’Home Office (il ministero degli Interni britannico; n.d.a.). Una decisione, quella, resa nota in Albania dal diretto interessato il 22 luglio scorso durante un conferenza stampa. Una decisione che dichiarava “persona non gradita ad entrate nel territorio del Regno Unito” l’ex presidente della Repubblica (1992-1997), allo stesso tempo ex primo ministro (2005-2013) e attuale dirigente del ricostituito partito democratico, il maggior partito di opposizione in Albania. Lui è anche il capo storico e uno dei fondatori, nel 1990, del partito. Ed è proprio questa “persona non gradita” che, fatti accaduti e che stanno accadendo in Albania anche in queste ultime settimane alla mano, rappresenta il più temibile avversario politico per il primo ministro, diventando anche il suo incubo continuo, avendo il primo ministro, da anni ormai, “beneficiato di una opposizione comoda” e soprattutto di un dirigente dell’opposizione, una sua “stampella” da anni, che in cambio dei “servizi resi” otteneva delle ricompense cospicue, avendo trasformato il partito in una impresa famigliare molto remunerativa. Ma dal settembre scorso la posizione della “stampella” del primo ministro ha cominciato a traballare, proprio in seguito al ritorno molto attivo nelle vita politica della “persona non gradita”. E cominciarono ad aumentare i “grattacapi” anche per il primo ministro.

    La scorsa settimana l’autore di queste righe informava il nostro lettore che “…Dopo essere stato dichiarato persona “non gradita” il 19 maggio 2021 dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America, senza dare nessuna informazione concreta, chiesta ufficialmente da alcuni membri del Congresso, sulla quale si basava una simile decisione, la settimana scorsa la stessa decisione è stata presa dall’Home Office…”. Specificando però che “Nel caso degli Stati Uniti l’ex primo ministro ha ormai denunciato il Segretario di Stato per calunnia”. Il nostro lettore è stato informato l’anno scorso di tutto ciò e anche del fatto che il Dipartimento di Stato statunitense aveva affermato ufficialmente che la sua decisione era stata presa in base a delle informazioni mediatiche, dei rapporti delle organizzazioni non governative e dallo stesso governo albanese. Bisogna però specificare e sottolineare che la maggior parte delle organizzazioni non governative in Albania sono controllate, “stranamente”, proprio dal governo e/o dalle Open Society Foundations (Fondazioni della Società Aperta; n.d.a.) costituite nel 1993 dal multimiliardario e speculatore di borsa statunitense George Soros, attive ormai in molti Paesi del mondo, Albania compresa. E siccome anche i proprietari dei media, nella loro maggior parte, sono in “buoni rapporti clientelistici” con il primo ministro e/o con chi per lui, allora non dovrebbe essere difficile capire su quali fondamenta documentarie è stata basata la decisione del Dipartimento di Stato statunitense per dichiarare “persona non gradita” l’ex primo ministro e attuale dirigente del maggior partito dell’opposizione albanese (Eclatanti e preoccupanti incoerenze istituzionali, 24 maggio 2021; Irritante manipolazione della realtà, 7 giugno 2021). La scorsa settimana l’autore di queste righe, riferendosi alla sopracitata decisione dell’Home Office, informava, altresì, il nostro lettore che “…tutto fa pensare a delle messinscene e collaborazioni occulte al sostegno di un autocrate. Di colui che è fiero di avere come “amico” George Soros e come suoi consiglieri ben pagati Tony Blair e sua moglie”. E poi egli concludeva, esprimendo la sua convinzione che “…la dichiarazione di persona “non gradita” dell’ex primo ministro è la solita messinscena ben ricompensata (Messinscene e collaborazioni occulte a sostegno di un autocrate; 26 luglio 2022).

    Le due accuse, il base alle quali è stata presa dall’Home Office la decisione nei confronti dell’ex primo ministro albanese, le ha rese note lui stesso durante una conferenza stampa il 22 luglio scorso. La prima si riferiva a dei “legami con dei gruppi della criminalità organizzata e dei criminali, che hanno rappresentato un pericolo per la sicurezza pubblica in Albania e nel Regno Unito” e che lui, il diretto interessato, poteva essere “pronto ad usare questi legami per avanzare le sue ambizioni politiche”. Chi conosce la vera e vissuta realtà albanese, comprese anche le istituzioni specializzate internazionali, dovrebbe sapere che anche nel territorio del Regno Unito, come in molti altri Paesi, non solo europei, la criminalità organizzata rappresenta una crescente preoccupazione e un pericolo. Ma chi conosce la realtà albanese, compresi anche i servizi segreti di Sua Maestà, dovrebbe sapere che sono altre le persone che hanno degli attivi rapporti con la criminalità organizzata. E sono persone molto altolocate nella gerarchia del potere politico albanese. Anche perché la nuova dittatura sui generis, restaurata da alcuni anni in Albania, si presenta come un’alleanza, istituzionalmente rappresentata dal primo ministro, tra il potere politico, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali. Accusare ora l’ex primo ministro, il quale dal 2013 non ha esercitato nessun potere esecutivo, che poteva mantenere, nel caso ci fossero, e/o stabilire in seguito, dei legami con la criminalità organizzata sembra un po’ “strano”. Soprattutto in un Paese con una lunga e stimata esperienza e tradizione giuridica, come il Regno Unito. Bisogna sottolineare che il Regno Unito per tanti anni è stato un “territorio ben accogliente” per molti oligarchi, compresi quelli russi, per molte persone arricchite dalla corruzione e dall’abuso del potere, per molte persone con delle enormi ricchezze di “origine incerta” e con dei problemi finanziari non facilmente trascurabili. Ma anche per persone accusate di gravi violazioni dei diritti umani nei loro rispettivi Paesi. Negli ultimi mesi sono state prese delle misure restrittive soltanto per alcuni oligarchi russi, in seguito alle sanzioni poste alla Russia, dopo l’invasione miliare dell’Ucraina il 24 febbraio scorso. Mentre per tutti gli altri, tanti altri, niente; nessuna misura restrittiva. Allora viene naturale la domanda: come mai, proprio adesso e in un periodo difficile per il governo britannico, dopo la dimissione del primo ministro e di molti altri ministri, in attesa dell’elezione del nuovo primo ministro, soltanto l’ex primo ministro albanese è stato dichiarato “persona non gradita” per il Regno Unito? Lui, viene adesso accusato dall’Home Office anche di corruzione dovuta ai rapporti con un cittadino britannico che, secondo l’altra accusa, la seconda, l’ex primo ministro “aveva difeso quando contro di lui [del cittadino britannico] sono state pubblicate delle prove incriminanti”. Un’accusa questa veramente “strana”, fatta da un’importante istituzione britannica com’è l’Home Office. Si, perché la stessa persona, il cittadino britannico, non è stato mai accusato dalle istituzioni del sistema di giustizia del Regno Unito, né di corruzione e neanche di una qualsiasi altra accusa. In più, lo stesso cittadino britannico, il quale ha beneficiato della “difesa” dell’ex primo ministro albanese, quando “contro di lui [del cittadino britannico] sono state pubblicate delle prove incriminanti”, non è stato trovato colpevole neanche dal sistema “riformato” della giustizia albanese. Anzi, risulta essere talmente in regola con la giustizia albanese che da anni lui, il cittadino britannico, beneficia di un ottimo rapporto imprenditoriale con il governo albanese avendo vinto diversi appalti milionari. In più risulterebbe che lui accompagna l’attuale primo ministro in alcune delle sue visite ufficiali. Almeno in un caso è stata documentata la sua presenza. E si trattava di una visita fatta nella capitale degli Stati Uniti d’America nel febbraio 2020. Chissà perché?! E come mai la stessa persona diventa un “rilevante ed importante elemento accusatorio” che ha determinato la dichiarazione di “persona non gradita ad entrare nel territorio del Regno Unito” per l’ex primo ministro albanese, l’attuale dirigente del ricostituito maggior partito dell’opposizione albanese?! Proprio lui che risulta essere il più temibile avversario politico dell’attuale primo ministro ed il suo incubo continuo. Chissà perché?!

    Ci sarebbero dei “buoni e ragionevoli motivi” che hanno fatto “muovere” sia il Dipartimento di Stato statunitense, nel maggio 2021, che l’Home Office britannico una decina di giorni fa, per dichiarare “persona non gradita” ad entrare nei rispettivi territori l’ex primo ministro albanese e attuale dirigente del ricostituito partito democratico, il maggior partito di opposizione. Così come ci sono anche delle plausibili e ragionevoli spiegazioni di quanto è accaduto. Alla base di tutto ciò sembrerebbe esserci proprio il sostegno che bisogna dare all’attuale primo ministro albanese per mantenere solida la sua posizione, permettendo così di controllare, tramite lui, non solo il territorio albanese per degli “interessi” di certe combriccole occulte internazionali, ma anche di sostenere quegli interessi a livello regionale. L’iniziativa Open Balkans rappresenta, tra diverse altre, una di quelle “scelte strategiche” di quei raggruppamenti occulti, che sono anche dei forti e ben organizzati, a livello internazionale, raggruppamenti lobbistici. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito, anche alcuni mesi fa, di questa preoccupante iniziativa. Fatti accaduti e documentati alla mano, risulterebbe che quei raggruppamenti riescono ad influenzare non solo le “scelte politiche” in singoli piccoli Paesi in Asia, Africa ed altrove, ma, addirittura, riescono a influenzare e condizionare anche le scelte decisionali delle istituzioni più importanti internazionali, Organizzazione delle Nazioni Unite e dell’Unione europea comprese. Così come potrebbero anche influenzare le decisioni delle istituzioni governative di determinati Paesi evoluti occidentali. Il caso della dichiarazione di “persona non gradita” dell’ex primo ministro albanese né è solo uno.

    L’attuale primo ministro si vanta essere amico di George Soros, multimiliardario speculatore di borsa statunitense. Di colui che nel Regno Unito, ma anche in Italia, si ricorda per quello che ormai è noto come “il mercoledì nero delle borse”. Di quel mercoledì, 16 settembre 1992, quando sia la sterlina britannica che la lira italiana, uscirono dal Sistema Monetario europeo, come conseguenza diretta delle speculazioni monetarie di George Soros. Ebbene, nel settembre scorso, durante una sua visita a New York, dopo un “incontro amichevole e di lavoro” con Soros, il primo ministro albanese dichiarava che lui “è mio amico e sono fiero che sia mio amico”! Lui, George Soros, che per il primo ministro albanese è “una mente rara ed un sostenitore irremovibile della Società aperta”. Ma non è soltanto George Soros un suo “amico”. Dal 2013 si è saputo, almeno in pubblico, che un altro suo “caro amico” e “importantissimo consigliere speciale” è, guarda caso, anche Tony Blair, l’ex primo ministro britannico. Proprio lui che il 4 ottobre 2013, pochissime settimane dopo la costituzione del primo governo capeggiato dall’attuale primo ministro albanese, era seduto al centro del tavolo del Consiglio dei ministri e presiedeva la riunione. E durante quella riunione, Blair dichiarava: “Vi sto dando i primi consigli per avere un governo che possa raggiungere più successi possibili.”! Ed i “successi” consigliati da Tony Blair e da sua moglie, anche lei “consigliere speciale” del primo ministro albanese, sono ormai noti a tutti. Così come sono note e purtroppo quotidianamente sofferte dagli albanesi le dirette conseguenze di quei consigli.

    Ma le conseguenze dei “valorosi ed innovativi” consigli si George Soros e di Tony Blair sono noti e quotidianamente sofferti anche in altri Paesi del mondo. Quanto è successo in Guinea, una decina di anni fa, dopo le congiunte attività lobbistiche occulte di George Soros e di Tony Blair, ormai sono di dominio pubblico. Così come sono note e sofferte quelle attività lobbistiche comuni, sempre di George Soros e di Tony Blair, anche in Sri Lanka. Quanto è accaduto lì durante questi ultimi anni rappresenta un’eloquente ed inconfutabile testimonianza.

    Chi scrive queste righe considera molto dannoso e con delle gravi conseguenze il lobbismo occulto a sostegno di certi autocrati in difficoltà. Come il primo ministro albanese, ma non solo. Ed egli condivide l’opinione che i lobbisti sono e/o rappresentano i nuovi dittatori. La storia ci insegna.

  • Messinscene e collaborazioni occulte a sostegno di un autocrate

    Ci sono molte persone nel mondo, ma ci sono ancora più volti, perché ognuno ne ha diversi.

    Rainer Maria Rilke

    Il 22 luglio scorso, in un sontuoso palazzo ad Istanbul, è stato firmato l’accordo tra la Russia e l’Ucraina sull’esportazione del grano ucraino dal porto di Odessa e altri due circostanti. L’accordo prevede lo sblocco dell’esportazione di circa 25 milioni di tonnellate di grano ucraino ed è stato sottoscritto dal ministro della Difesa russo e dal ministro delle Infrastrutture ucraino. Ma lo hanno fatto separatamente: una significativa testimonianza quella dei grandi disaccordi tuttora presenti tra le due parti coinvolte in un sanguinoso conflitto militare dal 24 febbraio scorso. Durante la sottoscrizione dell’accordo erano presenti l’anfitrione, il presidente turco e il Segretario Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), come garanti dell’accordo. Ebbene, proprio un giorno dopo il porto di Odessa, da dove dovevano partire le navi con il grano, è stato bombardato con dei missili russi! Immediate sono state le dure reazioni da parte dei massimi rappresentanti istituzionali dell’Ucraina e dell’ONU, nonché dei singoli Paesi occidentali che hanno condannato la violazione dell’accordo. Mentre da parte della Russia nessun commento sull’attacco. Ma loro hanno comunque negato ogni loro diretto coinvolgimento. Lo ha confermato il ministro turco della Difesa tramite una dichiarazione pubblica. Il ministro turco ha affermato che “…Nel nostro contatto con la Russia, i russi ci hanno detto che non avevano assolutamente nulla a che fare con questo attacco e che stavano esaminando la questione molto da vicino e in dettaglio”. Ed era un esame cosi “molto da vicino e in dettaglio”, mentre da tutte le parti la Russia veniva accusata della violazione unilaterale e irresponsabile dell’accordo che, neanche un giorno dopo, la Russia è stata costretta ad ammettere proprio quello che avevano negato prima. E cioè è stato affermato, tramite i portavoce del ministero degli Esteri e della Difesa, che l’attacco missilistico da parte delle forze armate russe c’è stato, ma non contro i depositi di grano, bensì contro delle infrastrutture miliari ucraine sul porto di Odessa! Bella scusa, che invece accusa. Accusa proprio la consapevole negazione dell’attacco missilistico sul porto di Odessa, intenzionalmente e come al solito fatta dalle istituzioni della Federazione russa domenica 24 luglio. Lo stesso giorno dal Cairo, dove ha partecipato ad un incontro degli ambasciatori della Lega Araba in Egitto, il ministro degli Esteri russo, nonostante un giorno prima la Russia negava del tutto un attacco missilistico sol porto di Odessa, ha garantito che “…la Russia manterrà i suoi impegni sull’export di cereali a prescindere dalla revoca o meno delle restrizioni applicate a Mosca.. Trasmettendo così un messaggio “tra le righe”, secondo il quale l’accordo sull’esportazione del grano continuerà, ma i Paesi occidentali “devono rimuovere gli ostacoli che si sono creati da soli”, riferendosi così alle sanzioni poste.

    Ovviamente e giustamente quanto sta accadendo in Ucraina dal 24 febbraio scorso, sta attirando tutta la dovuta multidimensionale attenzione pubblica ed istituzionale a livello internazionale. Ed è giusto che sia così. Ovviamente però che quello che sta accadendo in Ucraina durante questi mesi, come ci insegna la “logica della ragionevolezza e dell’oggettività”, non si può paragonare alle “faccende di casa” di qualsiasi singolo Paese sempre durante questi mesi, compresa l’Albania. Di certo però che il simbolismo di quello che è successo dopo la firma del accordo sull’esportazione del grano, prima con la negazione dell’attacco missilistico da parte della Russia, poi, in meno di un giorno, con l’affermazione dell’attacco, ma non degli obiettivi bombardati, potrebbe adattarsi benissimo all’atteggiamento del tutto non affidabile, menzognero e truffaldino del primo ministro albanese. Come in tanti casi di accordi ufficialmente presi e firmati, in presenza dei “garanti internazionali” e poi ignorati, cambiati a suo piacimento e finalmente approvati in parlamento con i voti della sola maggioranza governativa. Sono molto significativi, come dimostrazione, due tra tanti casi. Quello delle votazioni, a settembre 2016, delle leggi base per sostenere gli emendamenti costituzionali della riforma di giustizia, che hanno violato palesemente il consenso raggiunto tra tutte le parti e confermato con tutti i voti del parlamento soltanto due mesi fa, il 17 luglio 2016. Ma anche il caso delle leggi in sostegno dell’accordo sulla riforma elettorale, raggiunto tra le parti il 5 giugno 2020 e poi violato con i voti della maggioranza governativa e di alcuni deputati “dell’opposizione di facciata” il 5 ottobre 2020. E tutto ciò è stato voluto ed ordinato direttamente dal primo ministro e/o da chi per lui. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito e a più riprese sia del caso delle leggi della “riforma” del sistema di giustizia, che di quelle della riforma elettorale. Il primo ministro, fatti accaduti e che stanno accadendo, fatti ampiamente documentati, fatti pubblicamente noti ed ufficialmente denunciati e depositati alla mano, risulta essere un bugiardo, un ingannatore innato e del tutto inaffidabile. La sua inaffidabilità ha tanti elementi in comune, come ci insegna anche la “logica della ragionevole ed oggettiva proporzionalità”, con l’inaffidabilità del dittatore russo e/o di chi vicino a lui, che hanno messo in atto quanto è accaduto tra il 22 e il 24 luglio scorso con l’accordo del grano.

    Domenica scorsa, il 24 luglio, in Albania è stato messo in atto un ulteriore, pericoloso e preoccupante passo verso il consolidamento della dittatura sui generis. Una dittatura, questa, camuffata soltanto da una facciata pluralistica, che si sta restaurando da alcuni anni in Albania. Una dittatura sulla quale il nostro lettore da anni è stato informato e si sta di continuo informando oggettivamente, dati e fatti alla mano, dall’autore di queste righe. Il 24 luglio scorso in Albania si è svolta la cerimonia dell’insediamento del nuovo Presidente della Repubblica. La sua elezione, il 4 giugno scorso, con solo 78 voti, uno in più da quelli controllati con mano di ferro dal primo ministro, ha testimoniato il necessario appoggio che doveva avere una persona “sopra le parti”, come è stato descritto dal primo ministro il nuovo Presidente della Repubblica. Il nostro lettore è stato informato di questa elezione del 4 giugno scorso. L’autore di queste righe scriveva che si è trattato di “un’elezione basata sul nome risultato dalle ‘proposte chiuse in una busta’ dei deputati della maggioranza. Una scelta “affidata” dal primo ministro ai suoi ubbidienti deputati, ma che in realtà era esclusivamente una scelta sua. E non poteva essere diversamente. L’incognita riguardava solo il nome. Ma l’identikit della candidatura era ben chiaramente disegnato. E prima di tutto doveva avere la fiducia del primo ministro e doveva ubbidire a lui. Anche perché ci sono delle “sfide” da affrontare nel prossimo futuro”. E poi aggiungeva: “Le cattive lingue stanno parlando e dicendo tante cose durante questi ultimissimi giorni sull’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Ma anche di lui stesso, di certi suoi “problemi” con la giustizia e dell’“appoggio” arrivato per la sua selezione ed elezione da oltreoceano. Hanno parlato del “linguaggio del corpo” che, secondo gli specialisti, fanno del nuovo presidente una persona molto riconoscente al primo ministro e che, perciò, potrebbe essergli anche molto ubbidiente”. (Vergognosa, arrogante e sprezzante ipocrisia dittatoriale in azione; 8 giugno 2022). Con l’insediamento del nuovo Presidente della Repubblica, il 24 luglio scorso in Albania il primo ministro sembrerebbe sia riuscito finalmente a controllare anche l’ultima istituzione rimasta fuori dalle sue “dirette influenze”; quella della Presidenza della Repubblica. Un obiettivo tanto ambito e finalmente raggiunto. Una soddisfazione per il primo ministro, ma anche per altri suoi simili nei Paesi vicini e con i quali il primo ministro albanese è in “ottimi rapporti di amicizia”. Sono alcuni accordi internazionali che adesso potrebbero andare avanti senza difficoltà. Uno dei quali è quello con la Grecia e riguarda le aree marine nel mar Ionio, come ha espressamente auspicato il ministro degli Esteri greco pochi mesi fa, riferendosi proprio all’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Chissà perché?! Ebbene, durante il suo primo discorso da Presidente della Repubblica, niente è stato detto sui reali e drammatici problemi che da anni stanno affrontando gli albanesi, compresa la diffusa povertà, la criminalità organizzata, la galoppante corruzione e tanti altri. Niente è stato detto del pauroso e preoccupante spopolamento del paese. Niente è stato detto anche della politica estera dell’Albania e i rapporti con i Paesi vicini. Niente di tutto ciò. Chissà perché?! Le cattive lingue, durante queste ultime ore, stanno dicendo convinte che il discorso letto dal presidente della Repubblica durante la cerimonia del suo insediamento è stato scritto da un “opinionista”, un convinto sostenitore delle “politiche” del primo ministro albanese. E si sa ormai, le cattive lingue in Albania difficilmente sbagliano.

    La scorsa settimana l’opinione pubblica albanese è stata informata della dichiarazione come persona “non gradita” dell’ex presidente della Repubblica (1992-1997), allo stesso tempo ex primo ministro (2005-2013) e attuale dirigente del ricostituito partito democratico, il maggior partito dell’opposizione in Albania. Lo ha reso noto venerdì scorso, 22 luglio, il diretto interessato durante una conferenza stampa. Dopo essere stato dichiarato persona “non gradita” il 19 maggio 2021 dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America, senza dare nessuna informazione concreta, chiesta ufficialmente da alcuni membri del Congresso, sulla quale si basava una simile decisione, la settimana scorsa la stessa decisione è stata presa dal Home Office (ministero degli Interni; n.d.a.) e sottoscritta dal segretario di Stato per gli affari interni del Regno Unito. Ma in questo caso almeno, come ha detto il diretto interessato, si faceva riferimento a due accuse. Una, generica, riguardava i “legami con dei gruppi della criminalità organizzata e dei criminali, che hanno rappresentato un pericolo per la sicurezza pubblica in Albania e nel Regno Unito” e che lui, il diretto interessato, poteva essere “pronto ad usare questi legami per avanzare le sue ambizioni politiche”. L’altra accusa riguardava quella di corruzione dovuta ai rapporti con un cittadino britannico che, secondo l’accusa, l’ex primo ministro “aveva difeso quando contro di lui [del cittadino britannico] sono state pubblicate delle prove incriminanti”. Nel caso degli Stati Uniti l’ex primo ministro ha ormai denunciato il Segretario di Stato statunitense per calunnia. Il nostro lettore è stato informati di questa vicenda a tempo debito (Eclatanti e preoccupanti incoerenze istituzionali, 24 maggio 2021; Irritante manipolazione della realtà, 7 giugno 2021). Mentre il caso reso noto la scorsa settimana è ancora in corso. Ma venerdì scorso, durante la sua conferenza stampa il diretto interessato, l’ex primo ministro e attuale dirigente del ricostituito partito democratico albanese ha trattato in dettagli le due accuse fatte nei suoi confronti dal Home Office, dando anche le sue spiegazioni sulla falsità di simili accuse. Allo stesso tempo, come aveva fatto anche con il Dipartimento di Stato, ha chiesto, sfidando Home Office a rendere pubblica almeno una prova concreta in sostegno delle accuse fatte. E se non potevano far pubbliche delle prove, di consegnare quelle prove, se vi fossero, presso le istituzioni della giustizia in Albania. Tutto rimane da seguire.

    Nel frattempo però l’attuale dirigente del ricostituito partito democratico rappresenta l’unica sola preoccupazione seria per il primo ministro. Lo sta dimostrando spesso lui, nolens volens¸ in queste ultime settimane. Soprattutto dopo la massiccia protesta del 7 luglio scorso, della quale il nostro lettore è stato ormai informato (La ribellione contro le dittature è un sacrosanto diritto e dovere; 12 luglio 2022). Riferendosi alla sopracitata decisione del Home Office, tutto fa pensare a delle messinscene e collaborazioni occulte al sostegno di un autocrate. Di colui che è fiero di avere come “amico” George Soros e come suoi consiglieri ben pagati Tony Blair e sua moglie.

    Chi scrive queste righe è convinto che la dichiarazione di persona “non gradita” dell’ex primo ministro è la solita messinscena ben ricompensata. Il tempo, quel gentiluomo, lo dimostrerà. Come ha dimostrato che ci sono molte persone nel mondo, ma ci sono ancora più volti, perché ognuno ne ha diversi.

  • Corruzione scandalosa e clamoroso abuso di potere

    Quello che c’è di scandaloso nello scandalo è che ci vi si abitua.

    Simone de Beauvoir

    Sir John Emerich Edward Dalberg-Acton, conosciuto però meglio come Lord Acton, è stato un noto storico e politico britannico del XIX secolo. Grazie alle sue capacità, alla sua formazione scolastica al St. Mary’s College, noto seminario cattolico, nonché alla sua propensione per la storia, essendo anche un poliglotta, si distinse soprattutto come un rispettato sostenitore del cattolicesimo liberale. Con i suoi articoli e le sue lettere, pubblicate su The Times, Lord Acton prese parte al dibattito sui rapporti tra la Chiesa cattolica e il liberalismo. Si distinse molto anche durante la crisi in cui si trovò la Chiesa in seguito al sostegno che il Papa Pio IX diede al dogma dell’infallibilità papale, schierandosi pubblicamente contro quella decisione. Tra le tante sue pubblicazioni è nota anche una lettera che Lord Acton scrisse al noto storico Mandell Creighton il 5 aprile 1887. Creighton era un eminente professore di storia ecclesiastica all’Università di Cambridge e Canonico di Windsor. Quella lettera era parte di un lungo scambio di opinioni tra Lord Acton e Mandell Creighton, il quale era propenso però a un relativismo morale acritico nel riguardo delle alte autorità della Chiesa Cattolica arrivando fino al punto di sostenere che bisognava “chiudere un occhio” sulla corruzione e/o sugli abusi dei papi e di altri, mentre Lord Acton è stato sempre molto critico rispetto alla corruzione e agli abusi di chiunque fosse, papi compresi. Riferendosi all’Inquisizione e alle sue drammatiche e crudeli ripercussioni, ma soprattutto al ruolo dei papi e delle alte autorità ecclesiastiche, Lord Acton scriveva al professor Creighton: “…Questi uomini istituirono un sistema di persecuzione, con un tribunale speciale, funzionari speciali, leggi speciali. […] Hanno inflitto, per quanto potevano, pene di morte e dannazione a tutti coloro che vi si opponevano”. E poi proseguiva, scrivendo “…quello che mi stupisce e mi disabilita è che tu parli del Papato non come se esercitasse una giusta severità, ma come se non esercitasse alcuna severità […], ma ignori, neghi anche, almeno implicitamente, l’esistenza della camera di tortura e del rogo”. In seguito Lord Acton esprimeva il suo fermo convincimento, il quale ormai, anche dopo più di un secolo, rimane molto attuale e significativo. Lord Acton scriveva: “…Il potere tende a corrompere e il potere assoluto corrompe assolutamente. I grandi sono quasi sempre uomini cattivi, anche quando esercitano influenza e non autorità: ancor di più quando si aggiunge la tendenza o la certezza della corruzione per autorità. Non c’è eresia peggiore di quella che l’ufficio santifichi il detentore di esso”. Una convinzione, quella di Lord Acton, tuttora attuale e che rapporta il comportamento dei “grandi”, di quegli che esercitano poteri istituzionali nel mondo di oggi e che non sono più i papi ai quali si riferiva il noto storico britannico nella sua lettera del 5 aprile 1887 inviata a Mandell Creighton.

    La scorsa settimana è stato pubblicato il rapporto dell’Eurostat sulla corruzione in Europa, che si riferiva al periodo 2015-2021. L’analisi prendeva in considerazione non solo i dati riguardanti i Paesi europei, ma anche una combinazione delle inchieste e le valutazioni sulla corruzione basati su 13 fonti diverse. Ebbene, da quel rapporto l’Albania e la Russia risultavano essere i due Paesi con gli indici di corruzione maggiormente peggiorati in Europa. Dai risultati di quel rapporto risultava che l’Albania e la Russia erano i due Paesi con la più alta percezione sulla diffusione della corruzione nel sistema pubblico. In più risultava che l’Albania aveva avuto un peggioramento dell’indice della corruzione anche in riferimento a se stessa durante il periodo 2015-2021. Ma nel rapporto si evidenziava che i sistemi efficaci della giustizia rappresentano una precondizione nella lotta contro la corruzione. Dal rapporto risultava che la corruzione causa, oltre al grande danno finanziario, anche un danno sociale, legato soprattutto al reale rafforzamento delle attività della criminalità organizzata. Il rapporto dell’Eurostat evidenziava la stretta correlazione tra l’indice della corruzione e la percezione dell’indipendenza del sistema della giustizia. L’Albania rappresenta un significativo esempio, che testimonia come nei Paesi con un sistema di giustizia non indipendente, se non addirittura controllato, la diffusione della corruzione è molto alta.

    Se si trattasse semplicemente della sceneggiatura di un film sull’evasione fiscale, sulle attività illecite o temi del genere, tutti sarebbero stati concordi che all’autore non mancavano una spiccata immaginazione e una spinta di fantasia. Ma in realtà non si tratta per niente della sceneggiatura di un film. Si tratta, invece, di un clamoroso scandalo corruttivo realmente accaduto in Albania. Di uno scandalo convintamente documentato ed ufficialmente denunciato, da alcuni anni e a più riprese, presso le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia. Si tratta di uno scandalo che, nel caso fosse stato verificato, anche in minima parte, in un normale Paese dove funziona il sistema della giustizia, e cioè uno dei tre poteri indipendenti di uno Stato democratico, avrebbe causato non solo l’immediata caduta del governo centrale e di alcune amministrazioni locali, ma anche una vasta inchiesta giudiziaria per consegnare alla giustizia tutte le persone coinvolte, nessuna esclusa. Quello scandalo accaduto in Albania, sul quale, soprattutto durante quest’anno sono pubblicate e depositate tante prove documentarie, comunemente noto come lo scandalo degli inceneritori, di tre inceneritori, uno dei quali nella capitale, riguarda delle vere e proprie “concessioni” corruttive per degli impianti che da anni vengono pagati con dei milioni dalle casse dello Stato, cioè con dei milioni del denaro pubblico e non dai privati. Strane “concessioni” quelle. E non sono solo le tre concessioni degli inceneritori, ma bensì la maggior parte delle concessioni “generosamente offerte” in questi ultimi anni in Albania dallo Stato ai privati. Privati che presentano soltanto la richiesta per “sviluppare” un progetto, ma che non pagano niente; semplicemente approfittano enormi guadagni sanciti con delle “leggi speciali” e/o con delle decisioni governative. Così è stato anche nel caso dei tre inceneritori. Milioni di euro pagati ma che però, dati e fatti alla mano, adesso anche documentati ed ufficialmente depositati, non sono stati spesi per la costruzione degli impianti. Perché non ci sono degli impianti. E men che meno degli impianti funzionanti. Nel caso della capitale non esiste proprio niente! Ma da anni gli abitanti pagano una tassa supplementare per affrontare i costi dell’inceneritore, i cui lavori non sono mai stati avviati! Si tratta di uno scandalo che coinvolgerebbe tante persone, alcune molto altolocate, compreso il primo ministro, alcuni sindaci, compreso quello della capitale ed altri funzionari dell’amministrazione pubblica, centrale e locale. Un significativo ruolo in questo scandalo sembrerebbe lo abbia avuto il segretario generale del Consiglio dei ministri, un fedelissimo del primo ministro, noto come la sua eminenza grigia. Il nostro lettore è stato informato in questi ultimi mesi di diversi scandali, compreso quello dei tre inceneritori. Così come è stato informato anche delle “abilità” dell’eminenza grigia del primo ministro e dei suoi legami con esponenti della criminalità organizzata, sia in Albania che in Italia (Misere bugie ed ingannevoli messinscene che accusano, 4 aprile 2022; A ciascuno secondo le proprie responsabilità, 26 aprile 2022; Diaboliche alleanze tra simili corrotti, 9 maggio 2022; Da quale pulpito arrivano quelle minacciose prediche, 16 maggio 2022).

    In Albania ormai da alcuni anni si sta parlando dello scandalo dei tre inceneritori. Sono state fatte delle denunce pubbliche, soprattutto da esponenti di un partito dell’attuale opposizione. L’anno scorso è stata costituita anche una commissione parlamentare per indagare e verificare tutto quello che si sapeva allora sulle “concessioni” dei tre inceneritori. Tutto si concluse con un rapporto e poi niente. Nessuna indagine avviata però dalle istituzioni del “riformato” sistema della giustizia in Albania, nonostante il rapporto della commissione parlamentare dava delle indicazioni, sulla base delle quali si potevano aprire diverse inchieste. Niente! Tranne due arresti, quello di un ex ministro dell’ambiente due anni fa, rappresentante di un partito di coalizione governativa e l’altro, l’anno scorso, dell’ex segretario del ministero dell’ambiente, anche quello rappresentante dello stesso partito della coalizione governativa nel periodo che sono state avviate le procedure delle tre “concessioni” degli inceneritori. Si tratta di un partito che ormai sta all’opposizione. Ragion per cui loro due, gli “illustri arrestati” si potevano “consegnare” alla giustizia, per dimostrare sia la “volontà” politica del primo ministro per non “ostacolare” le indagini, sia la “determinazione” del sistema “riformato” della giustizia per condannare i “veri responsabili”. Cosa che fa ridere anche i polli. Perché in Albania tutti sanno, almeno quegli che ragionano incondizionati e con il proprio cervello in base ai fatti accaduti da anni ormai, pubblicamente noti e non solo quelli relativi agli inceneritori ma anche di tanti altri, che i veri responsabili non sono e non possono essere quei due arrestati. I veri responsabili sono ben altri e molto più altolocati. Partendo dal primo ministro in persona. Ma lui e la sua ben organizzata e potente propaganda hanno fatto di tutto per “annebbiare” l’effetto delle denunce e delle accuse pubbliche basate sui fatti d’allora. Il primo ministro, per dimostrare la “bontà” degli inceneritori, ha cercato di convincere tutti che si trattava di progetti in difesa dell’ambiente e della pulizia delle città. Si perché, oltre alle tre città dove si dovevano costruire gli inceneritori anche altre, circostanti, dovevano portare a bruciare i propri rifiuti. Ma tutto dietro dei pagamenti che oltrepassavano le capacità di pagamento dei rispettivi comuni. Fatto di per se che ha creato e sta tuttora creando dei grossi problemi finanziari. Ma soprattutto non risolve niente, perché i rifiuti non si bruciano non avendo ancora degli inceneritori funzionanti e neanche costruiti. Nonostante ciò il primo ministro, per convincere della “bontà” delle concessioni degli inceneritori ha, addirittura, organizzato in pompa magna li dove si doveva costruire e fare funzionare uno degli inceneritori, anche delle riunioni del consiglio dei ministri nella primavera del 2018. Lo ha rifatto di nuovo nel autunno del 2020 con delle strutture del partito durante la campagna elettorale per le elezioni del 25 aprile 2021.

    Mentre quanto sta emergendo in queste due ultime settimane fa veramente rabbrividire. Dati e fatti inconfutabili che dimostrano e testimoniano senza ombra di dubbio una corruzione scandalosa e degli abusi clamorosi del potere, partendo dai massimi livelli politici ed istituzionali. Dati e fatti che porterebbero fino allo stesso primo ministro, al sindaco della capitale, al segretario generale del Consiglio dei ministri, nonché a diversi attuali ministri ed alti funzionari delle istituzioni pubbliche. Dai dati documentati risulta che quanto sta emergendo in queste due ultime settimane, come ormai testimoniano anche i diretti interessati, dei pensionati, alcuni ultra novantenni, persone che non riescono a mettere insieme pranzo e cena e, addirittura, anche una persona defunta, sono stati, senza saperlo, proprietari milionari di alcune “ditte fantasma” che servivano semplicemente per far circolare i milioni per dei lavori mai fatti negli inceneritori. “Strano” però il silenzio del primo ministro sugli inceneritori. Da due settimane nessun commento, neanche un leggero “cinguettio” in rete. Proprio lui, che non lascia perdere un’occasione per intervenire, dalla mattina alla sera. E come lui anche i soliti “rappresentanti internazionali. Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe poteva riempire tante altre pagine, informando il nostro lettore di questo scandalo e del clamoroso abuso di potere tuttora in corso. Auspicando però che non si avveri, nel caso dei cittadini albanesi, quanto affermava Simone de Beauvoir. E cioè che loro non si devono abituare allo scandalo in corso. Ma anche a tanti altri. Devono, invece, reagire determinati, tenendo sempre ben presente la convinzione di Lord Acton, secondo la quale il potere tende a corrompere e il potere assoluto corrompe assolutamente.

  • Eurobarometro sulla corruzione: serie preoccupazioni per i cittadini e le imprese dell’UE

    La Commissione ha pubblicato l’ultimo Eurobarometro speciale sulla corruzione, che elenca le percezioni e le esperienze dei cittadini, nonché l’Eurobarometro Flash sull’atteggiamento delle imprese nei confronti della corruzione nell’UE. La corruzione rimane un grave problema per i cittadini dell’UE: il 68 % ritiene infatti che sia ancora diffusa nel proprio paese. Per quanto riguarda le imprese dell’UE, il 63 % ritiene che la corruzione sia un problema diffuso nel proprio paese. Il 37 % degli intervistati ritiene che le misure anticorruzione siano applicate in modo imparziale e incondizionato. Il 34 % dei cittadini dell’UE ritiene che i procedimenti giudiziari siano sufficientemente efficaci da dissuadere le persone dal commettere pratiche corruttive e che gli sforzi dei rispettivi governi nazionali per combattere la corruzione siano efficaci (31 %). Infine, il 31 % ritiene che il finanziamento dei partiti politici nel proprio paese sia sufficientemente trasparente e controllato. Le indagini Eurobarometro sono un’importante fonte di informazioni per le valutazioni della Commissione, anche per quanto riguarda le relazioni sullo Stato di diritto. Nell’ambito del meccanismo dell’UE per lo Stato di diritto, la Commissione promuove la lotta alla corruzione per incentivare una cultura dello Stato di diritto in tutti i paesi dell’UE. La relazione sullo Stato di diritto 2022 conterrà per la prima volta raccomandazioni mirate agli Stati membri, segnatamente in materia di lotta alla corruzione. In maggio la Commissione ha presentato una proposta di direttiva sul congelamento e sulla confisca dei beni, al fine di garantire che il crimine e la corruzione non paghino, limitando la capacità dei criminali di commettere ulteriori reati. Inoltre, la Procura europea è operativa e ha già arrestato e sequestrato beni di criminali per diversi milioni di euro.

    Fonte: Commissione europea

  • Messinscena ingannatrice con una conferenza anticorruzione

    Era come un gallo che pensava che il sole sorgesse per ascoltarlo cantare

    George Eliot

    La parabola dei vignaioli malvagi è una tra le tante altre che Gesù raccontava ai suoi discepoli. Una parabola che si trova nei Vangeli di Matteo, Marco e Luca. Gesù racconta di un uomo che aveva piantato una vigna nel suo terreno. Un giorno il proprietario della vigna decise di partire per un viaggio. Diede perciò la vigna in affitto a dei contadini vignaioli. Il che significava che al tempo della raccolta dell’uva loro dovevano tenere una parte della produzione per se e tutto il resto lo dovevano consegnare al proprietario. Ma i perfidi contadini decisero di tenere tutto per se e non dare niente ai servi mandati dal proprietario della vigna. E così fecero. L’evangelista Matteo ci racconta che “…i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono.” (Mt. 21; 35). La stessa sorte subirono anche altri servi mandati dal proprietario della vigna. Poi lui mandò suo figlio per prendere la sua parte della raccolta. “Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.” (Mt.21; 38–39). Poi l’evangelista ci racconta che Gesù domandò ai suoi discepoli: “Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?”. Ed essi risposero: “Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo.” (Mt.21; 38–39). Gesù capì da quella risposta che i discepoli non avevano letto le Scritture e spiegò loro il vero significato della parabola. Facendo riferimento al simbolismo della “pietra” scartata dai costruttori che era diventata una pietra portante, una “pietra d’angolo”, Gesù disse ai discepoli: “…. a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato” (Mt. 21; 43–44). Ma in realtà Gesù voleva dare un chiaro e perentorio messaggio ai veri peccatori e malvagi; i capi sacerdoti e i farisei. Loro capirono benissimo a chi si rivolgevano quelle parole della parabola. Ce lo racconta l’evangelista. “Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta” (Mt. 21; 45–46).

    Neanche tre mesi dalla sua elezione, Papa Francesco, durante l’omelia nella cappella di Santa Marta in Vaticano, il 3 giungo 2013, si riferì proprio alla parabola dei vignaioli malvagi. L’obiettivo era quello di mettere in evidenza la differenza tra i peccatori, i santi e i corrotti. Un obiettivo che, visto quanto accade nel mondo in cui viviamo, va ben oltre i cristiani della Chiesa, ai quali si rivolgeva il Pontefice. L’obiettivo comprende anche tanti altri e soprattutto quelli che hanno ed esercitano delle responsabilità istituzionali e politiche. Perché dal loro modo di comportarsi quotidianamente con quelle responsabilità si potrebbero fare delle cose buone ed utili. Ma si potrebbero generare tante sofferenze umane, tante ingiustizie e tanti abusi con la cosa pubblica. Durante l’omelia nella cappella di Santa Marta in Vaticano, il 3 giungo 2013, Papa Francesco ha fatto riferimento ed ha commentato proprio la parabola dei vignaioli malvagi. Il Pontefice ha detto che “La parabola, però, ci parla di un’altra figura, di quelli che vogliono impadronirsi della vigna e hanno perso il rapporto con il padrone della vigna”. Che è il Signore. E poi ha sottolineato che “Queste persone si son sentite forti, si sono sentite autonome da Dio. Questi, pian pianino, sono scivolati su quella autonomia, l’autonomia nel rapporto con Dio: ‘Noi non abbiamo bisogno di quel Padrone, che non venga a disturbarci!’”. Papa Francesco era convinto ed ha ribadito perentorio e senza nessun equivoco, che “Questi sono i corrotti!”. Si, sono proprio i corrotti che, per il Santo Padre, “erano dei peccatoti come tutti noi, ma hanno fatto un passo avanti, come se fossero proprio consolidati nel peccato: non hanno bisogno di Dio!”. La ragione, secondo il Papa, è “…perché nel loro codice genetico c’è questo rapporto con Dio. E siccome questo non possono negarlo, fanno un dio speciale: loro stessi sono dio”. Sono proprio quelli, “sono i corrotti”. E poi ha aggiunto che “…Nelle ‘comunità cristiane’ i corrotti pensano solo al proprio gruppo”. E, riferendosi alle Sacre Scritture, il Pontefice ha fatto riferimento ad uno dei “corrotti per eccellenza”, Giuda Iscariota. Secondo il Pontefice Giuda “… da peccatore avaro è finito nella corruzione”. Non solo ma “…i corrotti diventano adoratori di se stessi. Quanto male fanno i corrotti nelle comunità cristiane! Che il Signore ci liberi dallo scivolare su questa strada della corruzione!”. Era convinto Papa Francesco, pronunciando queste parole durante l’omelia nella cappella di Santa Marta, il 3 giungo 2013.

    La corruzione è stata ed è tuttora una piaga sociale puzzolente ed infettiva in diversi Paesi del mondo. Anche in Albania dove, in questi ultimi anni, sta divorando tutto. Purtroppo si tratta di una vera, vissuta, sofferta e molto preoccupante realtà. Da alcuni anni ormai l’autore si queste righe, dati e fatti accaduti, pubblicamente noti e ufficialmente denunciati alla mano, ha informato il nostro lettore di una simile realtà. E, siccome si tratta di una realtà che riguarda chi esercita poteri politici ed istituzionali, partendo dai più alti livelli, tutto diventa molto allarmante. Una realtà quella legata alla galoppante corruzione in Albania, che sta mettendo sempre più in grosse difficoltà il primo ministro, che è anche la persona di massima responsabilità, almeno istituzionale, e la sua potente propaganda governativa. Una realtà che mette in difficoltà anche i soliti “rappresentanti internazionali” in Albania, che purtroppo da anni hanno chiuso “occhi, orecchie e cervello” di fronte ad una simile, soffocante e paralizzante realtà, che si sta pericolosamente evolvendo ogni giorno che passa. Bisogna, a tutti i costi, offuscare la realtà e, se possibile, annientare questa percezione pubblica di una simile realtà. Ragion per cui hanno ideato ed attuato l’ennesima buffonata propagandistica. La hanno denominata la Conferenza nazionale anticorruzione ed è stata la solita messinscena ingannatrice, alla quale hanno partecipato tutti, il primo ministro, i suoi “ubbidienti ministri” ed altri dirigenti istituzionali. Ovviamente non potevano mancare neanche i soliti “rappresentanti internazionali”. Tutto si svolse il 13 giugno scorso, in una grande sala, riempita da “desiderosi partecipanti” dell’amministrazione pubblica, che hanno svuotato tutti gli uffici per essere presenti alla prima Conferenza nazionale anticorruzione!

    Il primo ministro albanese, intervenendo in quella conferenza, ha cercato di ingannare, come sempre e come suo solito, quando si trova in difficoltà. E trattandosi di una realtà ben nota a tutti, anche a quelli che parlano e scrivono in lingue diverse da quella albanese, perciò che non si può nascondere, il primo ministro e/o chi per lui, hanno scelto una ben studiata “strategia d’approccio”. Strategia che trattava la corruzione come un fenomeno a livello mondiale. Ma soprattutto che in Albania la corruzione si presenta come “un sistema dei rapporti del cittadino con lo Stato”! Lo ha detto il primo ministro, durante il suo discorso all’apertura di quella messinscena ingannatrice denominata come la prima Conferenza nazionale anticorruzione. Si proprio così! Mentre in Albania, ma non solo, si sa bene che la corruzione è un cancro che sta divorando tutto il tessuto sociale. In Albania la corruzione realmente, datti e fatti accaduti e che stanno accadendo, fatti documentati, pubblicati e ufficialmente denunciati alla mano, si presenta come consapevole comportamento di colui che ha, esercita ed fa uso abusivo di un potere politico e/o istituzionale della cosa pubblica. In più, e non poteva essere altrimenti, il primo ministro, durante tutto il suo discorso nell’ambito della buffonata propagandistica denominata la prima Conferenza nazionale anticorruzione, ha fatto quello che gli riesce fare senza nessuna difficoltà. E cioè mentire ed ingannare come se niente fosse. Senza batter ciglio, ha parlato di “vistosi successi nella lotta contro la corruzione” (Sic!). E siccome di solito, quando lui si trova in difficoltà, e questo sta accadendo sempre più spesso, lui non riesce a controllare il suo subconscio, anche durante il suo discorso ha parlato del sistema “riformato” della giustizia. La saggezza umana ci insegna che la lingua batte dove il dente duole. E si sa che in Albania il sistema “riformato” della giustizia è ormai controllato personalmente dal primo ministro e/o da chi per lui. Questo è un dato di fatto, pubblicamente noto e che quanto è accaduto e/o sta accadendo anche in questi ultimi giorni, testimonia proprio questa realtà. “Chi lo avrebbe pensato pochi anni fa che la giustizia in questo Paese avrebbe punito delle persone di alto rango?” (Sic!). Così ha detto “orgoglioso” il primo ministro durante il suo intervento. Mentre si sa benissimo che il sistema “riformato” della giustizia tutto potrà fare tranne che punire delle “persone di alto rango”. Non sarà questo forse un “incoraggiamento” che il primo ministro fa a se stesso, visto che nel suo subconscio sono accumulati e stivati tanti incubi dovuti ad altrettante malefatte ed abusi del potere conferito? Anche perché il primo ministro, di fronte ad un sistema di giustizia indipendente, con dei procuratori e giudici veramente professionisti, avrebbe avuto delle grossissime difficoltà, se non impossibile, giustificare tutta la sua ricchezza, almeno quella pubblicamente nota.

    Ma durante quella messinscena ingannatrice denominata proprio come la prima Conferenza nazionale anticorruzione, di successi nella lotta contro la corruzione non ha parlato solo il primo ministro albanese. A lui e alle sue dichiarazioni ha fatto eco anche quanto ha detto l’ambasciatrice statunitense. Ma anche questo ormai non stupisce, nonostante si tratti della corruzione in Albania. Proprio di quella corruzione che nel rapporto ufficiale, per il 2021 sull’Albania, del Dipartimento di Stato statunitense, il diretto datore di lavoro dell’ambascitrice, pubblicato il 12 aprile scorso si affermava che “il governo non ha applicato in maniera effettiva la legislazione che prevede condanne penali per corruzione agli ufficiali pubblici”. Nel sopracitato rapporto sull’Albania per il 2021, si afferma che “…La corruzione è stata diffusa in tutti i settori del governo e gli ufficiali [pubblici] spesso sono stati coinvolti in pratiche corruttive senza essere stati puniti”! In più veniva affermato che “Il livello delle indagini penali per gli ufficiali [pubblici] di alto rango è rimasto basso”. Questo e molto altro ancora è stato evidenziato nel rapporto ufficiale del Dipartimento di Stato statunitense sull’Albania, per il 2021. Mentre l’ambasciatrice statunitense in Albania durante la prima Conferenza nazionale anticorruzione ha detto che “…il governo ha aumentato la sua dedizione nella lotta contro la corruzione” (Sic!). Anzi lo ha considerata come una “stragrande dedizione”! Poi si è messa a pronunciare dei complimenti esagerati e del tutto fuori realtà, anzi, come se fossero pronunciati da qualche “leccapiede” del primo ministro. Come se niente fosse, l’ambasciatrice statunitense ha detto che “…al primo ministro albanese viene richiesto di parlare dell’Ucraina, oppure di altre questioni, perché l’Albania ha un peso”. Si ha un “peso”, ma come un Paese dove la corruzione la fa da padrona. Mentre per l’ambasciatrice la sala riempita, come di solito accade in tutte le dittature e i regimi totalitari, significa che “il governo albanese si è molto dedicato contro la corruzione, in una maniera che sorpassa la precedente dedizione.” (Sic!). A questo punto viene naturale la domanda: chi ha ragione e chi mente ufficialmente, il Dipartimento di Stato o l’ambasciatrice statunitense?! Perché non possono essere vere, allo stesso tempo, tutte è due le valutazioni fatte e pubblicamente espresse.

    Chi scrive queste righe avrebbe avuto molti altri argomenti da trattare con la dovuta oggettività e spiegare che la “dedizione del governo nella lotta contro la corruzione in Albania” fa ridere anche i polli. Invece la prima Conferenza nazionale Anticorruzione svoltasi il 13 giugno scorso in Albania era semplicemente una messinscena ingannatrice. Mentre, anche in questa occasione, il primo ministro sembrava come un gallo che pensava che il sole sorgesse per ascoltarlo cantare.

  • Realtà malavitose che preoccupano

    Seguite i soldi e troverete la mafia, è tutto lì!

    Giovanni Falcone

    Era proprio il pomeriggio del 23 maggio di trent’anni fa, quando lo scoppio tremendo e pauroso di una miscela esplosiva di una mezza tonnellata di tritolo, nitrato d’ammonio e T4 ha ucciso il magistrato Giovanni Falcone, sua moglie e tre uomini della sua scorta. Un’attentato da tempo ideato, programmato e finalmente attuato alle 17.56 del 23 maggio 1992, da Cosa Nostra.  Il 23 maggio 2022, al Foro italico di Palermo, la Fondazione Giovanni Falcone ha organizzato una cerimonia di commemorazione di quella barbara uccisione, intitolata “La memoria di tutti, Palermo trent’anni dopo”. In quella cerimonia il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha detto: “Sono trascorsi trent’anni da quel terribile 23 maggio allorché la storia della nostra Repubblica sembrò fermarsi come annientata dal dolore e dalla paura”. Poi ha aggiunto che “…Falcone era un grande magistrato e un uomo con forte senso delle istituzioni. Non ebbe mai la tentazione di distruggere le due identità perché aveva ben chiaro che la funzione del magistrato rappresenta una delle maggiori espressioni della nostra democrazia”. Il Presidente Mattarella ha in seguito ribadito che Giovanni Falcone, come magistrato, “…fu il primo ad intuire e a credere nel coordinamento investigativo, sia nazionale sia internazionale, quale strumento per far emergere i traffici illeciti che sostenevano economicamente la mafia”.

    Il Presidente, durante il suo intervento, si è riferito anche a quanto sta accadendo in Ucraina in questi 89 giorni di sanguinosa, crudele e orribile guerra. Perché, secondo lui, “la giustizia è dunque la linea costante”. Poi ha sottolineato che in Ucraina si subiscono “…quegli stessi orrori di cui l’Italia conserva ancora il ricordo e che mai avremmo immaginato che si ripresentassero nel nostro Continente”. Il Presidente Mattarella è convinto che “…Ancora una volta sono in gioco valori fondanti della nostra convivenza”. E che ancora una volta “la violenza della prevaricazione pretende, nella nostra Europa, di sostituirsi alla forza del diritto”. Per il presidente “…il ripristino degli ordinamenti internazionali, anche in questo caso, è fare giustizia. Porre cioè la vita e la dignità delle persone al centro dell’azione della comunità internazionale”. Anche perché “…raccogliere il testimone della ‘visione’ di Falcone significa affrontare con la stessa lucidità le prove dell’oggi, perché a prevalere sia ovunque, in ogni dimensione, la causa della giustizia: al servizio della libertà e della democrazia”. Cosi ha concluso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il suo discorso al Foro italico Umberto I di Palermo, nell’ambito della commemorazione del trentesimo anniversario della barbara uccisione di Giovanni Falcone, di sua moglie e dei tre uomini della sua scorta.

    Soltanto 57 giorni dopo quel barbaro ed orrendo attentato a Giovanni Falcone Cosa Nostra ne attuò un altro simile. Erano le 17.15 di pomeriggio del 19 luglio 1992. Questa volta il bersaglio era uno dei più cari e stretti amici e collaboratori di Falcone, un magistrato come lui, Paolo Borsellino. Il tragico evento è ormai noto come l’attentato di via D’Amelio a Palermo. Sempre un attentato dinamitardo, che tolse la vita, oltre a Borsellino, anche a cinque uomini della sua scorta. Loro due, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con la loro devozione professionale, con la loro determinazione, con il loro operato stavano sconvolgendo e scombussolando i tanti e diversi interessi della mafia siciliana, ma non solo. Le loro inchieste diedero inizio ad un nuovo ed efficace svolgimento della lotta contro la criminalità organizzata, non solo in Italia. Con le loro inchieste e il loro continuo e determinato lavoro quotidiano, essi cominciarono a svelare le allora esistenti relazioni tra la Cosa Nostra e alcuni massimi rappresentanti del potere politico, sia locale che centrale. In più cominciarono ad indagare anche sui grossi trasferimenti finanziari, verso banche di altri Paesi, di denaro proveniente dalle attività malavitose. In una lettera che Giovanni Falcone indirizzava ad un suo collega ed amico ticinese, scriveva: “Caro Paolo, dopo i soldi della mafia arriveranno in Svizzera anche i mafiosi”. Una collaborazione lavorativa e di amicizia quella tra valorosi colleghi, che continuava da anni. Parte di quella collaborazione professionale era anche la ben nota e fruttuosa indagine, denominata “Pizza connection”, sui traffici dei stupefacenti tra l’Italia e gli Stati Uniti d’America. Nonostante gli attentati mafiosi tolsero prematuramente la vita ai due coraggiosi e valorosi magistrati, che avevano messo in grosse difficoltà i vertici di Cosa Nostra, la loro opera continua con successo. I cittadini, milioni di cittadini e non solo in Italia, ricordano e ricorderanno con rispetto Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, così come anche tanti altri loro colleghi e collaboratori che hanno perso la vita in altri attentati mafiosi.

    La criminalità organizzata, nelle sue varie forme di organizzazione malavitosa, non è attiva solo in Italia. Lo avevano previsto e fortemente ribadito, più di trent’anni fa ormai, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma anche altri loro collaboratori. Una realtà questa che si sta ormai verificando e sta venendo denunciata da altri determinati, devoti e valorosi procuratori e magistrati, sia in Italia che in altri Paesi. E si tratta non solo delle tradizionali organizzazioni malavitose italiane ma anche di altre organizzazioni della criminalità organizzata, operanti in diversi Paesi. Organizzazioni che tentano e fanno di tutto per procurare sempre più spazio di operatività, compresa anche quella degli investimenti miliardari, una volta riciclato e diventato “pulito” il denaro sporco, proveniente da varie attività criminali. Organizzazioni che tentano e non di rado ci riescono, a coinvolgere anche rappresentanti del potere politico. Come avevano capito e denunciato, più di tren’anni fa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino ed altri loro colleghi.

    Una simile realtà si sta verificando, con tutta la sua drammaticità e con tutte le sue preoccupanti conseguenze, anche in Albania. Da alcuni anni ormai e purtroppo, fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo, fatti facilmente verificabili, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, si sta consolidando una paurosa ed allarmante connivenza tra alcuni dei massimi dirigenti del potere politico e la criminalità organizzata. Una connivenza quella che è anche alla base di una nuova e sui generis dittatura ormai restaurata e che si sta consolidando in Albania. Una dittatura pericolosa, perché cerca di camuffarsi dietro una parvenza di pluripartitismo di facciata, coinvolgendo alcune “ubbidienti stampelle”, come il capo del partito democratico albanese, il maggiore partito dell’opposizione, dimissionario ormai dal marzo scorso. Da anni l’autore di queste righe ha cercato di informare il nostro lettore su questa preoccupante realtà, con la necessaria e dovuta oggettività. Così come ha informato da anni il nostro lettore anche sulla crescente attività, su tutto il territorio nazionale, sia della criminalità organizzata locale, sia della sua collaborazione con alcune delle più pericolose organizzazioni malavitose italiane, ‘Ndrangheta compresa. L’autore di queste righe ha informato, altresì, il nostro lettore anche delle ingenti somme di denaro, di miliardi che da alcuni anni si stanno riciclando in Albania. Denaro sporco proveniente dalla ormai ben radicata e diffusa corruzione, dall’abuso di potere, ma anche dalle attività criminali, sia in Albania che in altri Paesi, Italia compresa. Denaro sporco in possesso non solo della criminalità organizzata locale e di molti politici corrotti, partendo dai più alti livelli istituzionali e/o di rappresentanza in Albania. Ma anche denaro sporco in possesso delle organizzazioni criminali di altri Paesi, Italia compresa (Abusi e corruzione anche in tempi di pandemia, 4 maggio 2020; Realtà nascoste con inganno da falsari di parola, 19 ottobre 2020 ecc..).

    Una simile, grave, pericolosa e preoccupante realtà è stata evidenziata da anni ormai anche da due note organizzazioni specializzate internazionali. Una è la FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, nota anche come il Gruppo di Azione Finanziaria (GAFI); n.d.a.). Questo Gruppo d’Azione Finanziaria è stato costituito a Parigi nel 1989, durante il vertice dei capi di Stato e di governo dei sette paesi più industrializzati del mondo, noto anche come il vertice del G7. Il Gruppo rappresenta un organo intergovernativo ed ha come compito anche il coordinamento e l’armonizzazione degli ordinamenti legali di vari Paesi, allo scopo di permettere ed attuare una coordinata operazione di contrasto contro la criminalità organizzata. L’altra organizzazione internazionale specializzata è MONEYVAL (nome comunemente riconosciuto al Committee of Experts on the Evaluation of Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism – Comitato d’Esperti per la Valutazione delle Misure contro il Riciclaggio di Denaro e il Finanziamento del Terrorismo; è una struttura di monitoraggio del Consiglio d’Europa; n.d.a.). Il compito di questa struttura è quello di valutare la conformità dei principali standard internazionali per contrastare il riciclaggio del denaro sporco ed il finanziamento del terrorismo. Un altro suo compito è quello di fare delle raccomandazioni alle autorità nazionali per migliorare il loro sistema legale a fare fronte a simili obiettivi.

    Ebbene, dal 2018 ad oggi, tutti i rapporti annuali di MONEYVAL sono molto critici con l’Albania per quanto riguarda il riciclaggio del denaro sporco. L’autore di queste righe ha informato, a tempo debito, il nostro lettore di una simile e preoccupante situazione. Riferendosi al Rapporto ufficiale per il 2018 di MONEYVAL, nel capitolo sull’Albania si evidenziava che “…la corruzione rappresenta grandi pericoli per il riciclaggio del denaro [sporco] in Albania”. In più il Rapporto, riferendosi all’altolocata corruzione, specificava che essendo “…legata spesso alle attività della criminalità organizzata, genera ingenti quantità di introiti criminali”. Lo stesso Rapporto di MONEYVAL per il 2018, riferendosi alla [mancata] responsabilità delle autorità, specificava che “…l’attuazione della legge, ad oggi, ha avuto una limitata attenzione per combattere la corruzione legata al riciclaggio del denaro [sporco]…”! Una situazione quella albanese che, invece di essere stata presa seriamente in considerazione dalle autorità, è stata ulteriormente peggiorata. Lo mette ben in evidenza il seguente Rapporto ufficiale del MONEYVAL per il 2019. L’Albania è stata addirittura declassata e messa nella cosiddetta “zona grigia”. Il che significava che l’Albania doveva rimanere “sorvegliata e sotto un allargato monitoraggio”. Secondo quanto previsto dalle normative che regolano il funzionamento di MONEYVAL, si stabilisce che “…gli Stati si possono mettere sotto sorveglianza allargata nel caso in cui si identificano delle serie incompatibilità con gli standard…”.  E si fa riferimento agli standard delle istituzioni dell’Unione europea! I paesi di quella “zona grigia” sono continuamente monitorati da parte di FATF e di MONEYVAL. L’autore di queste righe in quel periodo, riferendosi alle conclusioni dei due sopracitati rapporti e alla vera, vissuta e sofferta realtà albanese, scriveva che “…Cercare di corrompere tutti, tutti che si prestano alla tentazione della corruzione e ai profitti che ne derivano, nonostante nazionalità, madre lingue e cittadinanza, fa parte della strategia di gestione della cosa pubblica, quella realmente attuata in Albania” (Abusi e corruzione anche in tempi di pandemia; 4 maggio 2020). L’Albania, anche secondo l’ultimo Rapporto ufficiale del MONEYVAL per il 2021 e pubblicato nel marzo scorso, dopo le apposite verifiche fatte dal FATF, continua ad essere nella sopracitata “zona grigia”!

    Chi scrive queste righe avrebbe avuto bisogno di continuare ad informare il nostro lettore sul riciclaggio pericolosamente in aumento del denaro sporco in Albania, nonché della connivenza dei massimi rappresentanti del potere politico con la criminalità organizzata, sia quella locale che internazionale, ‘Ndrangheta compresa. Ma lo spazio non glielo permette. Egli è però convinto che si tratta di realtà malavitose che dovrebbero preoccupare molto. E non solo in Albania. Diventa perciò importante il consiglio di Giovanni Falcone “Seguite i soldi e troverete la mafia, è tutto lì!”.

  • Da quale pulpito arrivano quelle minacciose prediche?

    Una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica

    Montesquieu; dal libro Spirito delle leggi

    L’arroganza, la prepotenza e l’uso delle offese volgari da coatto sono delle ben note caratteristiche comportamentali del primo ministro albanese. Caratteristiche pubblicamente manifestate sempre ed ogniqualvolta lui si trova in difficoltà, cercando di spostare e tergiversare l’attenzione pubblica. Sono delle manifestazioni consapevolmente attivate, con degli obiettivi ben determinati. Ma non di rado scaturiscono anche dallo sfogo del suo perturbato subconscio. Lo ha fatto spesso anche in queste ultime settimane, cercando di apparire “critico con le “ingiustizie”. Con quelle ingiustizie attuate, guarda caso, dal “riformato” sistema di giustizia in Albania che, invece, ha l’obbligo istituzionale di condannarle. Il primo ministro ha “criticato” proprio quel sistema che, dal 2016 in poi, lo ha sempre e fortemente applaudito come una significativa “storia di successo”! Avendo, in quella ardua impresa, simile alle fatiche di Sisifo, anche il continuo appoggio istituzionale dei soliti “rappresentanti internazionali”, l’ambasciatrice statunitense in primis, spesso in palese violazione della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche. Chissà perché?! Ma le cattive lingue ne hanno parlato di quelle “alleanze” e di servizi profumatamente ricompensati. Trovandosi in vistose difficoltà, il primo ministro albanese, non a caso, ha scelto una simile “strategia offensiva”. Sì, perché, dopo quasi nove anni di governo, non ha niente di concreto da dimostrare agli albanesi come un successo. Non ha niente da dimostrare agli albanesi come un impegno pubblicamente preso e poi realizzato. Non ha nessun risultato nella lotta contro la criminalità organizzata. Anzi! Perché, grazie alla sua ben nota, documentata e pubblicamente denunciata connivenza con la criminalità organizzata, il primo ministro albanese e i suoi sono riusciti a condizionare, controllare e manipolare i risultati elettorali, sia delle elezioni politiche che di quelle amministrative. Il nostro lettore è stato informato da anni e a più riprese di questa preoccupante realtà. La “vittoria” elettorale del 25 aprile 2021, fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, ne è una testimonianza molto significativa, tra le tante altre. E, guarda caso, le istituzioni del sistema “riformato” di giustizia, proprio quelle che in queste ultime settimane sono diventate l’obiettivo delle “forti accuse” del primo ministro, non hanno per niente reagito. Anzi, hanno chiuso occhi, orecchie e cervello ed hanno steso un velo pietoso di fronte alle tante denunce pubblicamente fatte ed ufficialmente consegnate.

    Il primo ministro albanese non ha fatto niente, ma proprio niente, per combattere la galoppante e ben diffusa e radicata corruzione che sta divorando tutto. Il primo ministro albanese e/o chi per lui, abusando del potere conferito, hanno messo in atto un consapevole, programmato e pauroso sperpero del denaro pubblico, con tutte le gravissime conseguenze, ormai a portata di mano. Il primo ministro albanese non ha bloccato l’aumento del debito pubblico, come aveva promesso nel 2013, quando ha cominciato a governare. Ma, peggio ancora, lui e/o chi di dovere hanno messo in moto un pericoloso e gravissimo aumento del debito pubblico. Debito che ha continuamente generato un profondo fosso finanziario, difficilmente colmabile, visti i continui abusi, con tutte le preoccupanti conseguenze non solo per il prossimo futuro, ma anche a medio e lungo termine. Si tratta di un periodo, questo attuale, che ha portato allo scoperto scandali e abusi milionari che coinvolgono direttamente, almeno istituzionalmente, sia il primo ministro, sia altre persone molto vicine a lui. Tra le quali anche la sua eminenza grigia, il segretario generale del Consiglio dei ministri. Il nostro lettore è stato informato nelle ultime settimane proprio di queste realtà e di questi scandali, quello dei tre inceneritori compreso (Misere bugie ed ingannevoli messinscene che accusano, 4 aprile 2022; A ciascuno secondo le proprie responsabilità, 26 aprile 2022; Diaboliche alleanze tra simili corrotti, 9 maggio 2022).

    Il primo ministro albanese ha scelto, non a caso, proprio la riunione dell’assemblea del suo partito, svoltasi il 7 maggio scorso, per “tuonare”, con delle dirette critiche, contro i massimi rappresentanti delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia. Come aveva fatto un mese fa, il 9 aprile, durante il congresso del suo partito. Il primo ministro ha scelto di “attaccare fortemente” proprio quei rappresentanti che hanno avuto il suo pieno e consapevole consenso e supporto quando sono stati selezionati e poi sono stati votati in parlamento, controllato sempre dal primo ministro. Queste verità, relative alla selezione e alle nomine dei rappresentanti delle nuove istituzioni del sistema “riformato” della giustizia in Albania sono ormai pubblicamente note. Verità testimoniate dai fatti documentati dal momento della costituzione delle nuove istituzioni del sistema “riformato” della giustizia e poi dall’insediamento degli “attentamente vagliati” dirigenti di quelle istituzioni. Ebbene, il 7 maggio scorso, durante la riunione dell’assemblea del partito, pienamente controllato con mano forte dal primo ministro, lui ha “fortemente criticato” i massimi rappresentanti di una di quelle nuove istituzione del sistema “riformato” di giustizia. Anzi, dell’istituzione per eccellenza del sistema, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata. Una Struttura della quale fanno parte sia la Procura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, sia l’Ufficio Investigativo Nazionale. Ma nelle sue “forti critiche ed accuse” il primo ministro si è riferito in generale alla Struttura, senza specificare i suoi componenti. Anche perché non gli servivano dato che si trattava di una sua buffonata propagandistica, l’ennesima. Il primo ministro, invece di trattare i tanti gravi problemi con i quali si stanno affrontando ogni giorno gli albanesi, compresi anche l’abusivo, sproporzionato, continuo e drammatico aumento dei prezzi dei generi alimentari di prima necessità, che stanno ulteriormente impoverendo gli albanesi, si è scatenato contro i dirigenti della Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata. Ma viste le tante difficoltà con le quali si sta confrontando lui, i suoi più stretti collaboratori ed alcuni dei suoi ministri/ex ministri, al primo ministro serviva uno “spettacolo pubblico” del genere. Il sistema giudiziario dovrebbe essere uno dei tre poteri indipendenti in uno Stato democratico, insieme con quello legislativo ed esecutivo. Ma questa divisione dei poteri, chiaramente formulata da Montesquieu nel suo libro Spirito delle leggi, pubblicato nel 1748, purtroppo non funziona più in Albania. Nel suo libro Montesquieu scriveva: “Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti […]. Perché non si possa abusare del potere occorre che […] il potere arresti il potere”. Lungimirante qual era e riferendosi alla vitale necessità della divisione reale dei tre poteri, Montesquieu aveva previsto ed espresso nel 1748 la sua convinzione che “Una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica”. Dai tantissimi fatti accaduti e che stanno tuttora e purtroppo accadendo, fatti denunciati, verificati, verificabili e ormai di dominio pubblico alla mano, risulterebbe che quanto aveva previsto ed espresso Montesquieu si sta attuando in Albania. Sì, perché in Albania, da alcuni anni, è stata restaurata e si sta consolidando una nuova dittatura sui generis. Una dittatura come espressione della pericolosa alleanza tra i massimi dirigenti del potere politico, rappresentato istituzionalmente dal primo ministro, con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti locali e/o internazionali. L’autore di queste righe, informando il nostro lettore, da anni sta evidenziano e denunciando, nel suo piccolo, una simile, pericolosa e gravissima realtà. E non solo per gli albanesi, ma anche per gli altri Paesi europei, come risulta dai dati ufficiali pubblicati nei diversi rapporti delle istituzioni specializzate internazionali e di alcuni singoli Stati.

    Tornando a quanto ha detto pubblicamente il 7 maggio scorso il primo ministro albanese, durante la riunione dell’assemblea del partito da lui diretto e personalmente gestito, bisogna sottolineare un evidente e semplice fatto. Un fatto che tutti sanno, ma che il primo ministro ha fatto finta che non esista. E cioè il diretto e personale controllo, proprio da parte sua, dei massimi dirigenti delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia in Albania e della loro sudditanza nei confronti del “dirigente massimo”. E per far credere a tutti il contrario, cioè che lui non controlla il sistema “riformato” di giustizia, ha messo in scena l’ennesima buffonata propagandistica. Una buffonata che però non ha raggiunto l’obiettivo preposto e non ha prodotto l’effetto desiderato. Ragion per cui, sempre in vistosa difficoltà, il primo ministro, due giorni dopo, l’11 maggio scorso, ha convocato una conferenza con i giornalisti. Al suo fianco c’era anche il ministro della Giustizia. Ma come ci insegna la saggezza umana millenaria che la lingua batte dove il dente duole, anche il primo ministro albanese ha cercato di giustificare quanto aveva pubblicamente dichiarato due giorni fa, durante la riunione dell’assemblea del suo partito, sui dirigenti delle nuove istituzioni del sistema “riformato” di giustizia. Rivolgendosi ai giornalisti presenti, lui ha detto, tra l’altro, che quanto aveva dichiarato “…alcuni lo hanno considerato [come] pressione sulla giustizia, alcuni altri lo hanno considerato [come] paura, oppure perdita del potere. …”. E poi, siccome lui sa benissimo ed è ben consapevole del diretto coinvolgimento suo e dei suoi più stretti collaboratori in diversi scandali milionari, noti anche all’opinione pubblica, locale ed internazionale, il primo ministro, riferendosi a se stesso e agli altri rappresentanti del suo partito, ha dichiarato che “… per noi non ci sono degli intoccabili e che chiunque di noi, che possa avere un conto aperto con la giustizia, troverà [sempre] una porta chiusa nella nostra casa politica”. E poi, sempre dando ragione alla saggezza umana millenaria, secondo la quale la lingua batte dove il dente duole, ha cercato di convincere tutti che lui personalmente non è stato coinvolto in questa riforma (della giustizia; n.d.a.) “…per dire una cosa e farne un’altra. E neanche per usare politicamente la giustizia e neanche per attaccare politicamente gli avversari politici…”. Le ennesime bugie, gli ennesimi tentativi di ingannare, l’ennesima bufala propagandistica, durante la quale il subconscio del primo ministro albanese ha contraddetto ed evidenziato quello che la sua parte razionale ha cercato di nascondere e camuffare. Ed il simbolismo di questa contraddizione era il ministro della Giustizia, seduto proprio al suo fianco durante quella conferenza con i giornalisti. Quel ministro che alcuni anni fa è stato pubblicamente accusato e denunciato, presso le nuove istituzioni del sistema “riformato” della giustizia, come parte attiva delle manipolazioni elettorali. Uno scandalo, quello, reso noto anche da diverse intercettazioni telefoniche, pubblicate da diversi media locali ed internazionali.  Ma la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, quella “attaccata” dal primo ministro, purtroppo non ha mai indagato sul caso, facendo proprio finta che non esistesse. E poi, la domanda di un giornalista, che si riferiva proprio a questo fatto, evidenziando che la persona al suo fianco “…oggi è il ministro della Giustizia e non di fronte alla giustizia”, ha messo in vistosa difficoltà il primo ministro, l’innato bugiardo ed ingannatore. Dopo quella domanda il primo ministro non ha risposto più alle altre ed è andato via.

    A chi scrive queste righe, riferendosi al comportamento del primo ministro albanese, viene naturale la domanda; da quale pulpito arrivano quelle minacciose prediche? Da quello istituzionale del capo del governo, oppure da quello di un dittatore che vuol controllare tutto e tutti? Giustizia compresa. Bisogna tenere sempre presente però, che una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica, come giustamente scriveva Montesquieu. E chi scrive queste righe ne è veramente convinto.

  • Diaboliche alleanze tra simili corrotti

    Il diavolo sa ben citare la Sacra Scrittura per i suoi scopi.

    William Shakespeare; da ‘Il mercante di Venezia’

    Oggi è il 9 maggio. Una data questa con tanto simbolismo. Una data che per i russi e i loro alleati è legata alla fine della seconda guerra mondiale. In realtà, la capitolazione della Germania è stata firmata a Reims il 7 maggio 1945 tra i rappresentanti del Terzo Reich e quelli dell’esercito alleato. Ma per espressa volontà di Stalin è stato preteso, richiesto ed ottenuto un secondo atto della firma di capitolazione. Atto svolto nella tarda sera dell’8 maggio 1945, mentre a Mosca era già 9 maggio. Ragion per cui, tutti i Paesi occidentali festeggiano la fine della seconda guerra mondiale ogni 8 maggio, mentre la Russia (come l’Unione sovietica prima) e i suoi alleati festeggiano il 9 maggio la giornata della Vittoria.

    “La pace mondiale non potrà essere salvaguardata, se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”. Con queste parole Robert Schuman, l’allora ministro degli Esteri francese cominciava il 9 maggio 1950 la lettura del testo che ormai è comunemente riconosciuto come la Dichiarazione Schuman per la costituzione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Una Comunità che fu costituita il 18 aprile 1951 a Parigi, con la firma dell’Accordo, dai rappresentanti di sei Paesi; Belgio, Francia, Germania occidentale, Italia, Lussemburgo e Olanda. Il simbolismo di quell’Accordo è molto significativo tenendo presente sia la storia conflittuale tra la Francia e la Germania fino a pochissimi anni fa, sia la lungimiranza dei Padri Fondatori per un’Europa unita. La Dichiarazione Schuman è riconosciuta anche come atto di nascita dell’attuale Unione europea. Ragion per cui il 9 maggio, la Giornata dell’Europa, viene celebrata ormai da anni come una Giornata per la pace e l’Unità in Europa.

    Oggi il 9 maggio, il presidente russo, in occasione della giornata della Vittoria ha continuato a chiamare la sanguinosa e crudele guerra contro l’Ucraina “un’operazione militare speciale”. Rivolgendosi ai partecipanti alla parata militare ha chiesto loro di continuare a combattere finché “non ci sia posto nel mondo per i criminali nazisti”! Mentre soltanto ieri sono stati uccisi da una bomba russa 60 civili inermi che, come ha dichiarato il presidente ucraino “…stavano cercando di trovare rifugio nella costruzione di una normale scuola che è stata presa di mira da un attacco aereo russo”. E la guerra, la sanguinosa e crudele guerra in Ucraina purtroppo continua….

    Era il 9 febbraio scorso. Tra le tante notizie rapportate dai media in Italia c’è stata anche una che si riferiva agli arresti domiciliari ai quali erano stati sottoposti cinque indagati nell’ambito di una inchiesta coordinata dalla procura di Napoli. L’operazione era stata eseguita dai carabinieri del Ros (Raggruppamento operativo speciale n.d.a.). Tra gli arrestati c’erano un magistrato, sostituto procuratore a Salerno all’epoca dei fatti contestati, ed un’avvocatessa, sua compagna. Sono stati arrestati anche due imprenditori. Il quinto arrestato era un generale della Guardia di Finanzia in pensione. Riferendosi a quanto ha rapportato l’Agenzia Nazionale Stampa Associata (Ansa) sul caso, il generale in pensione insieme con gli altri due imprenditori arrestati avrebbero facilitato un consorzio di imprese per trasferire la sede da Napoli a Salerno, per sfuggire alle interdittive antimafia. Sempre secondo l’Ansa, tra le aziende facenti parte del consorzio c’erano anche alcune riconducibili alla criminalità organizzata ed a noti clan malavitosi, tutti soggetti delle indagini del Ros e della procura di Napoli. In più gli inquirenti hanno avuto buoni e basati motivi per credere che il trasferimento della sede del consorzio da Napoli a Salerno, nonché l’assegnazione di incarichi dirigenziali al generale in pensione e ad un altro generale dell’Arma dei carabinieri, anch’egli in pensione, era stato organizzato ed attuato per dare a tutto “una parvenza di liceità”. L’Ansa rapporta anche che le indagini che sono state svolte dall’ottobre 2020 al luglio 2021 avrebbero “…fatto luce su un vero e proprio “patto corruttivo” tra il magistrato a conoscenza, per ragioni d’ufficio, di informazioni coperte da segreto, e gli imprenditori del consorzio, i quali, avvalendosi della sua compiacenza, sarebbero riusciti a evitare i provvedimenti interdittivi della prefettura di Salerno, dove, peraltro, il consorzio in questione aveva la sua sede”. In più e sempre riferendosi alle fonti mediatiche, risulterebbe che tutti gli arrestati “sono indiziati, a vario titolo, dei reati di corruzione per l’esercizio delle funzioni, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità”. Le stesse fonti mediatiche rapportano che dalle indagini risulterebbe anche che “…Gli imprenditori, inoltre, sempre avvalendosi dell’aiuto del magistrato, avevano intenzione di allacciare rapporti privilegiati con i funzionari del Palazzo di Governo di Salerno per conseguire la collocazione del consorzio nella cosiddetta “white list”. Tra gli obiettivi che si erano prefissati figura anche la sottoscrizione di un protocollo di legalità tra il loro consorzio e la Prefettura”.

    Chi scrive queste righe informava il nostro lettore il 4 aprile scorso di un articolo pubblicato il 28 marzo scorso sul Corriere della Sera ed intitolato Covid Lombardia, la missione albanese nel 2020 tra festini e multe (con un benzinaio infiltrato tra i medici). L’autore di quell’articolo trattava quanto accadeva, più di due anni fa ormai, con un gruppo di 30 medici ed infermieri arrivati il 29 marzo 2020 a Verona dall’Albania, per poi affiancare i colleghi italiani dell’ospedale di Brescia. L’autore del sopracitato articolo, dopo aver trattato il caso legato ai medici e agli infermieri albanesi arrivati in Italia, e dopo aver evidenziato e denunciato scandali, festini e multe, nonché quantità di denaro non dichiarato trasportato con l’aereo che aveva portato i medici e gli infermieri in Italia, aveva fatto riferimento anche ad un avvocato albanese che accompagnava il gruppo. “…Dopodiché, in questa narrazione a ritroso si deve, per la cronaca, evidenziare l’azione di collante del famoso avvocato albanese Engieli Agaci, difensore spesso di grossi narcotrafficanti e uomo assai ascoltato dalle nostre istituzioni” scriveva l’autore dell’articolo pubblicato il 28 marzo scorso sul Corriere della Sera.

    Chi scrive queste righe dopo aver informato il nostro lettore il 4 aprile scorso del contenuto di quell’articolo, aveva anche promesso di continuare a trattare in seguito chi era e che rappresentava il “famoso avvocato albanese”. Egli scriveva allora “…Guarda caso però, quel “famoso avvocato albanese” è anche il segretario generale del Consiglio dei ministri in Albania e anche l’eminenza grigia del primo ministro” (Misere bugie ed ingannevoli messinscene che accusano, 4 aprile 2022). Nel frattempo, dal 24 febbraio scorso, la guerra in Ucraina ha attirato tutta l’attenzione istituzionale, pubblica, civica ed umana a livello internazionale. Ragion per cui, nel suo piccolo, anche l’autore di queste righe ha cercato, sentitamente e doverosamente, di esprimere per il nostro lettore anche la sua opinione e le sue ferme convinzioni sulla guerra, dando così il suo umile e modesto contributo. Ma siccome le promesse devono essere sempre mantenute, egli ha continuato ad informare il nostro lettore anche dell’eminenza grigia del primo ministro albanese il 26 aprile scorso. Allora, riferendosi sempre al “difensore spesso di grossi narcotrafficanti”, scriveva “…Sono state diverse le denunce pubblicamente fatte e mai contestate dal diretto interessato, che accusano l’eminenza grigia del primo ministro albanese. Denunce ed accuse che hanno a che fare con tanti scandali milionari, con l’abuso del potere istituzionale, compresa la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti locali ed istituzionali che vedono direttamente ed istituzionalmente coinvolto “il famoso avvocato”” (A ciascuno secondo le proprie responsabilità, 26 aprile 2022).

    Guarda caso il generale in pensione della Guardia di Finanza, messo agli arresti domiciliari il 9 febbraio scorso insieme con un magistrato, un’avvocatessa, sua compagna e due imprenditori, è una persona ben nota anche in Albania. E guarda caso, sempre riferendosi alle fonti mediatiche e alle denunce pubbliche fatte e mai contestate, il generale in pensione della Guardia di Finanza risulterebbe essere anche una persona legata a dei rapporti “d’amicizia e di lavoro” con l’eminenza grigia del primo ministro albanese. Il generale è venuto in missione in Albania nel 1997, periodo molto turbato dagli scontri armati dovuti al crollo degli schemi finanziari piramidali e fraudolenti. Poi il generale è ritornato in Albania nell’ambito delle operazioni di monitoraggio dei terreni, sparsi su tutto il territorio nazionale, dove si coltivava la cannabis. A lui si è fatto riferimento anche in una indagine giornalistica, trasmessa due anni fa su RAI 3. Il generale risultava essere allora il dirigente di un’associazione culturale italiana, registrata in Albania. Un’associazione alla quale era stato “regalato” un vasto terreno sulla costa Albanese, guarda caso, da una persona indagata in Italia per i suoi legami con la Sacra Corona Unita. Contattato allora per telefono dal giornalista di RAI 3, il generale aveva risposto che nel periodo in cui gli era stato “regalato” il terreno “non era a conoscenza dei problemi legali che poteva avere avuto in Albania e men che meno in Italia” colui che gli aveva “regalato” il vasto terreno sulla costa, in una nota area esclusiva. Sempre dalle indagini di alcuni coraggiosi giornalisti albanesi, risulterebbe che “il famoso avvocato” offriva sempre il “generoso supporto” al suo amico generale, arrestato il 9 febbraio scorso in Italia. “Intermediazione” per il “regalo” del terreno sulla costa compresa. Dalle indagini dei giornalisti albanesi e riferendosi ad un diplomatico italiano, risulterebbe che tra il generale e l’eminenza grigia del primo ministro albanese i legami di collaborazione sono continuanti anche dopo che “l’avvocato difensore spesso di grossi narcotrafficanti e uomo assai ascoltato dalle nostre (italiane; n.d.a.) istituzioni” è diventato, nel settembre 2013, il segretario generale del Consiglio dei ministri in Albania. Incarico che esercita tuttora. Contattato dai coraggiosi giornalisti albanesi, il diretto interessato ha rifiutato di rispondere!

    Da alcuni anni ormai in Albania è stato pubblicamente denunciato un clamoroso e milionario scandalo che riguarda i contratti concessionari del governo albanese per tre inceneritori mai funzionanti e comunque profumatamente, ma illegalmente e irresponsabilmente, pagati con il denaro pubblico. E tutto ciò in uno dei Paesi più poveri in Europa! Ebbene, anche in questo caso, una delle persone direttamente coinvolte, per le sue mansioni istituzionali, è proprio l’eminenza grigia del primo ministro albanese! Con la sua firma sono state approvate e portate alla riounine del Consiglio dei ministri contratti concessionari clientelistici e corruttivi. Emblematico è il contratto stipulato, mandato per avere l’opinione dei vari ministri, rimandato con le opinioni positive da tutti, per poi essere ristipulato il contratto definitivo per uno dei tre inceneritori. Contratto che, con la firma del segretario generale del Consiglio dei ministri, “il famoso avvocato”, è stato approntato per la successiva riunione del Consiglio dei ministri. Tutto ciò accadeva in un solo giorno; il 16 dicembre 2014! Durante quella riunione, svolta l’indomani, 17 dicembre, è stato approvato all’unanimità quel contratto del tutto clientelistico e corruttivo. Chissà perché tanta fretta?!

    Chi scrive queste righe considera come diaboliche alleanze tra simili corrotti i legami del generale in pensione, arrestato il 9 febbraio scorso in Italia, ed il “famoso avvocato”, che dal settembre 2013 è il segretario generale del Consiglio dei ministri in Albania. Il suo “amico” generale è ormai agli arresti domiciliari. Mentre purtroppo l’eminenza grigia del primo ministro continua a firmare atti corruttivi e clientelistici milionari. E chi di dovere “acconsente”. Comprese le istituzione del sistema “riformato” della giustizia. Il diavolo sa ben citare la Sacra Scrittura per i suoi scopi.

  • Testimonianze di crudeltà, sofferenze ed inganni istituzionali

    L’arroganza, la presunzione, il protagonismo, l’invidia:

    questi sono i difetti da cui occorre guardarsi.

    Plutarco

    Da 68 giorni ormai continua la guerra in Ucraina. Dal 24 febbraio scorso, quando le truppe armate russe entrarono nei territori ucraini, violando la sovranità di una nazione indipendente e membro dell’Organizzazione delle Nazione Unite, la popolazione ucraina sta subendo tutte le crudeltà della guerra. Di quella guerra che il dittatore russo e la sua propaganda cinicamente l’hanno considerata e continuano a farlo, come “un’operazione militare speciale”. Di quella guerra che, dal 5 marzo scorso, in Russia è vietata per legge considerarla come tale: chi trasgredisce rischia una pena fino a 15 anni di carcere. Una guerra che non riguarda soltanto e purtroppo i cittadini ucraini, ma per le dirette e/o indirette conseguenze derivate, riguarda anche i cittadini di molti altri Paesi. Perciò riguarda, purtroppo, tutti noi. Si, perché le mancate forniture di gas, di altri carburanti, nonché di generi alimentari di primissima necessità, come il grano, il mais, l’olio alimentare ecc., ormai stanno generando una crisi multidimensionale e a livello globale. Secondo un alto rappresentante del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite “…quasi 4,5 milioni di tonnellate di grano sono state bloccate nei porti ucraini a causa dell’invasione russa”. Sottolineando e ribadendo che “…La fame non dovrebbe diventare un’arma”. Ma, dati e fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo alla mano, il dittatore russo e/o chi per lui stanno usando quell’arma consapevolmente ed irresponsabilmente non solo contro gli ucraini, ma in una vasta scala globale. La stessa allarmante situazione l’ha confermata oggi anche il presidente ucraino. Secondo lui “…Il conflitto in Ucraina potrebbe innescare una crisi alimentare che interesserà tutti i Paesi del mondo”. Egli ha affermato anche che “…l’Ucraina potrebbe perdere decine di milioni di tonnellate di grano perché la Russia ha bloccato i suoi porti sul Mar Nero”. Ragion per cui diventa obbligatorio, seguire sempre con la massima attenzione e trattare con la massima responsabilità quanto accade in Ucraina. Ma anche capire le ragioni che hanno portato ad una simile, grave, preoccupante, pericolosa e drammatica situazione. Comprese tutte le derivanti conseguenze.

    Le crudeltà dell’invazione russa in Ucraina e della spietata aggressione che continua ormai da 68 giorni ha causate molte vittime tra gli inermi, innocenti ed indifesi cittadini. Solo nella martoriata Mariupol, la “città di Maria”, secondo quanto ha dichiarato ieri il sindaco, le vittime sembrerebbe siano veramente molte. Paragonando quelle attuali alle vittime della seconda guerra mondiale, il sindaco di Mariupol affermava ieri che “Nell’arco di due anni, i nazisti uccisero circa 10mila civili a Mariupol. Gli occupanti russi ne hanno uccisi 20 mila in due mesi. Oltre 40 mila persone sono state trasferite con la forza”. Per lui si tratta di “…uno dei peggiori genocidi di una popolazione pacifica della storia moderna”. E riferendosi proprio ai crimini di guerra, proprio ieri la procuratrice generale ucraina dichiarava che “…sono oltre 9 mila, nel dettaglio 9.158, i casi di crimini di guerra indagati in Ucraina e che sarebbero stati commessi dalle forze russe dall’inizio dell’invasione”. Mentre l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati rapportava oggi che “…sono più di 5,5 milioni le persone che sono fuggite dall’Ucraina dall’inizio dell’invasione russa”. Solo nella regione di Kiev “…Sono 219 i bambini uccisi e 405 quelli rimasti feriti in Ucraina dall’inizio della guerra lanciata dalla Russia lo scorso 24 febbraio”. L’ha confermato oggi il procuratore generale della capitale ucraina. E riferendosi solo alla regione di Kiev, il capo della polizia della regione ha dichiarato oggi pomeriggio che “Purtroppo, abbiamo reperti orribili e abbiamo registrato i crimini commessi dall’esercito russo nella regione di Kiev quasi ogni giorno. Dei 1.202 corpi di civili uccisi, 280 sono ancora da identificare”. E queste sono una minima parte di quanto è accaduto in Ucraina dall’inizio della guerra 68 giorni fa e che continua ad accadere. Purtroppo si tratta di numeri che inevitabilmente sono destinati ad aumentare con il passare dei giorni. Oggi pomeriggio l’Ufficio dell’organizzazione delle Nazioni Unite per i diritti umani ha rapportato che in Ucraina “… sono 3.153 i morti accertati fra i civili dopo l’invasione russa del 24 febbraio”. Ribadendo però che “…si tratta delle uccisioni verificate, ma che il vero numero potrebbe essere molto più alto”.

    Dopo lunghe e difficili trattative tra i rappresentanti istituzionali ucraini, insieme con quelli dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e del Comitato internazionale della Croce Rossa da una parte e i rappresentanti russi dall’altra si è arrivato finalmente a un accordo d’evacuazione. Grazie a quell’accordo sono cominciati ieri, domenica, e stanno continuando anche oggi ad uscire i primi gruppi di civili assediati da diverse settimane nei sotterranei del complesso siderurgico di Mariupol. La “città di Maria”, pesantemente bombardata da settimane con artiglieria, missili di ogni genere e ormai rasa al suolo, è diventata la città simbolo delle barbarie, della spietatezza e della programmata devastazione messa in atto dalle forze armate russe in Ucraina. Le immagini trasmesse in diretta dalle emittenti televisive locali ed internazionali testimoniano le drammatiche e vissute sofferenze di centinaia di donne e bambini asserragliati da tempo ed in condizioni disumane nei sottofondi dell’acciaieria di Mariupol. Quel complesso siderurgico, o meglio quello che è rimasto dopo pesanti e lunghi bombardamenti, rappresenta anche l’ultimo baluardo dove si sono ritirati e stanno continuando la loro resistenza anche i militari del battaglione Azov. Le immagini, trasmesse durante le ultime ore oggi mostrano donne e bambini che sembra uscissero dalle tenebre, dalle catacombe. Riuscivano con molta difficoltà ad abituarsi alla luce naturale. Sono delle testimonianze viventi della crudeltà degli invasori russi, che hanno causato tante privazioni e tante sofferenze umane per i civili asserragliati nei sotterranei dell’acciaieria di Mariupol, la martoriata “città di Maria”. Ma sono, allo stesso tempo, anche delle testimonianze viventi ed inconfutabili che evidenziano, smentiscono e denunciano tutti gli inganni istituzionali e della propaganda russa, da quando è cominciato questa sanguinosa e orrenda guerra.

    Ieri, domenica 1 maggio, il ministro degli Esteri russo durante un’intervista a “Zona Bianca”, un programma di approfondimento politico di Rete 4 (Mediaset; n.d.a.), ha dichiarato tra l’altro, che “…La denazificazione dell’Ucraina non è argomento delle negoziazioni ma esiste”. Mentre per il battaglione Azov che sta difendendo eroicamente dall’inizio della guerra Mariupol ha dichiarato che “[esso] sostiene apertamente Hitler e il suo credo”. Il battaglione per il quale, oggi, il presidente ucraino ha dichiarato che “… fa parte della Guardia nazionale”. Il ministro degli Esteri russo, durante la sopracitata intervista televisiva, riferendosi alle origini ebree del presidente ucraino ha affermato che “…anche Hitler aveva origini ebree, i maggiori antisemiti sono proprio gli ebrei”. Le dichiarazioni del ministro degli Esteri russo hanno subito suscitato la reazione delle massime autorità istituzionali in Israele, ma anche dei rappresentanti delle istituzioni in Ucraina e delle altre organizzazioni. Sono “gravi” per il primo ministro di Israele le dichiarazioni del ministro russo. Aggiungendo anche che…si smetta immediatamente di ricorrere alla Shoah (parola ebraica che significa catastrofe, disastro e distruzione; n.d.a.) del popolo ebraico come strumento per polemiche politiche”. Per il ministro degli Esteri di Israele le parole del suo omologo russo sono “imperdonabili, oltraggiose e un errore storico”. Riferendosi alla Shoah del popolo ebreo durante la seconda guerra mondiale, il vice presidente della Commissione europea ha detto oggi che “I commenti di Lavrov sulla Shoah sono inaccettabili”. Aggiungendo anche che “Qualsiasi tentativo di trasformare le vittime della Shoah in carnefici è inaccettabile”. Mentre per il ministro degli Esteri ucraino le dichiarazioni dell’omologo russo fatte ieri “…Più in generale, dimostrano che la Russia di oggi è piena di odio verso le altre nazioni”.  Un simile parere lo ha espresso oggi anche uno dei consiglieri del presidente ucraino, per il quale “…Mosca sta semplicemente cercando argomenti per giustificare gli omicidi di massa degli ucraini”. Per il presidente di Yad Vashem il Museo della Memoria di Gerusalemme, le parole del ministro russo sono “False, deliranti e pericolose”, aggiungendo che si tratta di affermazioni “degne di ogni condanna”. Ha reagito anche la Comunità ebraica di Roma, tramite la sua presidente. Per lei “Le affermazioni del Ministro degli Esteri russo Lavrov sono deliranti e pericolose”.

    L’autore di queste righe valuta che, riferendosi alle sopracitate dichiarazioni del ministro degli Esteri russo, sarebbe proprio il caso di fare riferimento al Salmo 12 dell’Antico Testamento, quello attribuito a Davide, re degli ebrei.  Sono molto significativi i seguenti versi del Salmo: “Si dicono menzogne l’uno all’altro, labbra bugiarde parlano con cuore doppio. Recida il Signore le labbra bugiarde, la lingua che dice parole arroganti” (Salmo 12/3-4).

    Gli stessi versi sono molto significativi anche per degli altri rappresentanti diplomatici. Ma non in Ucraina e neanche in Russia. Bensì in Albania. Si tratta dell’ambasciatrice statunitense che, da quanto è stata accreditata, ha palesemente e consapevolmente violato quanto prevede l’articolo 41 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche. Lo ha fatto in ogni occasione presentata e/o creata “a proposito” per appoggiare, accreditare qualsiasi azione governativa. Ma anche per giustificare e/o addirittura offuscare e, se possibile, annientare qualsiasi scandalo governativo. E questi ultimi sono innumerevoli, sempre milionari e in palese violazione delle leggi in vigore. La stessa ambasciatrice, dati e fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, sta coprendo anche il voluto, ben programmato ed altrettanto bene attuato fallimento della riforma del sistema della giustizia in Albania. Tutto per mettere il sistema sotto il controllo personale del primo ministro e/o di chi per lui. L’autore di queste righe da anni ormai e molto spesso, partendo dal 2016, quando sono stati approvati gli emendamenti costituzionali per avviare la Riforma del Sistema di giustizia, ha informato il nostro lettore con la necessaria oggettività di tutto ciò. Ebbene il 12 aprile scorso è stato pubblicato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America il Rapporto annuale sui diritti dell’Uomo. Il contenuto del capitolo sull’Albania è stato molto critico, evidenziando anche il controllo del sistema “riformato” della giustizia, la corruzione, il controllo, il condizionamento e la manipolazione dei risultati elettorali da parte delle istituzioni governative, il controllo crescente del potere politico sui media e tanto altro. Si tratta proprio dell’esatto contrario di quello che da anni l’ambasciatrice statunitense, dipendente proprio di quel Dipartimento di Stato, ha fatto e sta cercando di fare tuttora. Chissà perché ed in cambio di che cosa?!

    Chi scrive queste righe è convinto che l’ambasciatrice statunitense in Albania è diventata, nolens volens, una “validissima sostenitrice” di tutte le malefatte del primo ministro e dei suoi. Mettendosi così in palese violazione non solo dell’articolo 41 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche. Ma così facendo lei si è messa anche in palese contrasto con quanto viene scritto da anni sull’Albania nei rapporti ufficiali del Dipartimento di Stato, suo datore di lavoro. Così facendo però lei sta appoggiando il consolidamento della nuova dittatura sui generis in Albania, come da anni sta cercando modestamente di denunciare chi scrive queste righe. E in tutto quello che l’ambasciatrice statunitense ha fatto e sta facendo si nota la sua arroganza, la sua presunzione, il suo protagonismo. Non si sa se si tratta anche della sua invidia. Ma invidia o no, secondo il saggio Plutarco, tutti gli altri rappresentano dei difetti dai quali occorre guardarsi.

  • A ciascuno secondo le proprie responsabilità

    Dire le bugie è un difetto e le bugie sono sempre inutili perché, prima o poi,

    si sa la verità e ci si guadagna solo la vergogna di averle dette.

    Jules Renard

    La guerra in Ucraina purtroppo sta continuando da 62 giorni. Da quel 24 febbraio scorso, quando le truppe armate cominciarono quello che il presidente russo chiamò “un’operazione militare speciale”. E guai se qualcuno, chi che sia, parlasse invece di una guerra. Guai, perché soltanto alcuni giorni dopo l’invasione dei territori ucraini, il parlamento russo approvò in fretta e furia. il 4 marzo scorso. una legge che fu decretata subito dopo dal presidente ed entrata in vigore il 5 marzo. Una legge, l’unico obiettivo della quale era quello di impaurire e dissuadere chiunque avesse intenzione di considerare e trattare quello che stava accadendo in Ucraina dal 24 febbraio come una guerra. In caso contrario, essendo considerato “traditore”, perché stava consapevolmente operando contro “l’interesse nazionale”, per ogni cittadino russo la pena sarebbe stata fino a 15 anni di carcere. Da 62 giorni ormai quanto sta accadendo in Ucraina denuncia però proprio una sanguinosa e spietata guerra che ha causato molte vittime tra gli inermi ed indifesi cittadini ucraini. Ogni giorno che passa si stanno rendendo pubblici ulteriori casi di una barbara e consapevole crudeltà, attuata dai russi. Domenica scorsa si celebrava la Pasqua ortodossa, ma nessuna tregua è stata concessa in modo che i credenti ucraini potessero onorare i riti religiosi e festeggiare. A niente sono valsi neanche gli appelli di Papa Francesco al patriarca della chiesa russa Kirill, convinto sostenitore del presidente russo. Ragion per cui in nessuna città ucraina è stata possibile celebrare la messa a mezzanotte; un importante rito ortodosso. Domenica scorsa, giorno della Pasqua ortodossa, non solo non è stata concessa nessuna tregua, ma, addirittura, sono continuati i pesanti bombardamenti dell’artiglieria e gli attacchi missilistici. Soltanto ad Odessa, dai bombardamenti dal mare Caspio, sono state uccise otto persone. Compresa una giornalista ucraina e sua figlia di soli tre mesi. Il 25 aprile i russi hanno bombardato cinque stazioni ferroviarie nella parte centrale ed occidentale dell’Ucraina. Sono stati, purtroppo, diversi i morti e i feriti soltanto da quei bombardamenti. Nel frattempo la Commissione europea ha proposto ieri alcuni emendamenti alle normative dell’Eurojust (l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale; n.d.a.). Un’agenzia, il cui obbligo istituzionale è quello di aiutare le amministrazioni nazionali a collaborare per combattere il terrorismo e gravi forme di criminalità organizzata che interessano più di un Paese dell’Unione. Ieri la Commissione europea ha chiesto perciò quegli emendamenti proprio per dare all’agenzia “la possibilità legale di raccogliere, conservare e condividere le prove dei crimini di guerra”. Perché, facendo riferimento a quanto sta accadendo in Ucraina dall’inizio della sanguinosa e spietata guerra, risulterebbe che “…a causa del conflitto in corso, è difficile immagazzinare e conservare le prove in modo sicuro in Ucraina”. In seguito “all’operazione speciale”, da un rapporto ufficiale dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, reso noto il 24 aprile scorso, risulta che il numero esatto dei profughi ucraini è 5.186.744. In più, all’interno dell’Ucraina, gli sfollati sono oltre 7,7 milioni.

    Le notizie che ogni giorno arrivano dalle varie città, o meglio da quello che è rimasto dalle varie città ucraine, sono veramente drammatiche e molto preoccupanti. Preoccupanti, ma anche ciniche, come la notizia resa nota oggi dal ministro della Difesa ucraino. Secondo lui anche durante questi ultimi giorni “…si stanno susseguendo contro il territorio ucraino una serie di attacchi missilistici senza precedenti”. Lui ha ribadito anche che “…Nella fase attuale i combattimenti più pesanti si svolgono sul fronte orientale. Nonostante le richieste del presidente Volodymyr Zelensky di dichiarare una tregua durante le vacanze della Pasqua ortodossa, che si è celebrata domenica, il nemico ha lanciato una serie di attacchi missilistici senza precedenti […] Con particolare cinismo sui missili lanciati dai russi è stata apposta la scritta ‘Cristo è risorto'”. Sempre oggi l’autorità nucleare statale ucraina Energoatom ha confermato ufficialmente che “…Due missili da crociera lanciati dall’esercito russo hanno volato a bassa quota questa mattina sopra la centrale nucleare di Zaporizhzhia a Energodar, nell’Ucraina sud-orientale”. Specificando anche che “…Il sorvolo di missili a bassa quota proprio sopra il sito della centrale, dove si trovano sette impianti nucleari, comporta rischi enormi. I missili possono colpire uno o più impianti nucleari, è una minaccia di catastrofe nucleare e radioattiva per tutto il mondo”.

    Ma oltre ai rapporti ufficiali delle istituzioni locali ed internazionali, oltre alle dichiarazioni delle massime autorità ucraine, soprattutto quelle del Presidente della Repubblica, un enorme contributo per conoscere la vera, vissuta e drammaticamente sofferta realtà in Ucraina, lo hanno dato e lo stanno dando anche i tanti giornalisti ed inviati speciali dei giornali e delle televisioni da diversi Paesi del mondo. Proprio grazie ad essi, alla loro professionalità, al loro coraggio, ai loro sacrifici e alla loro abnegazione che adesso si sa molto dai diversi fronti di guerra in Ucraina. Grazie ai tanti giornalisti ed inviati speciali è stato possibile conoscere le spaventose verità e le crudeltà patite e sofferte da inermi, innocenti ed indifesi cittadini ucraini ogni giorno dal 24 febbraio scorso. Realtà e verità che la propaganda a servizio del dittatore russo cerca con tutti i modi di camuffare, alterare, annebbiare e, se possibile, annientare. Diffondendo anche molte notizie false per confondere e ingannare l’opinione pubblica, sia in Russia che altrove.  Grazie al coraggio, alla professionalità e ai tanti sacrifici dei giornalisti e degli inviati speciali dei giornali e delle televisioni è stato reso possibile sapere realmente quello che sta accadendo in Ucraina durante questi 62 giorni di sanguinosa e spietata guerra.

    Purtroppo notizie preoccupanti, anche se per fortuna non dovute alla guerra, pervengono da diverse parti del mondo. Notizie che evidenziano e rendono pubblici allarmanti abusi di potere, atti di corruzione ai massimi livelli istituzionali. Notizie che testimoniano, documentano e denunciano delle verità dovute e derivate dal reale e palese pericolo della restaurazione e del consolidamento di regimi autocratici in altri Paesi del mondo. Compresa l’Albania.

    Il 4 aprile scorso l’autore di queste righe ha informato il nostro lettore di un articolo pubblicato il 28 marzo 2022 sul Corriere della Sera ed intitolato Covid Lombardia, la missione albanese nel 2020 tra festini e multe (con un benzinaio infiltrato tra i medici). L’autore di quell’articolo trattava quanto accadeva due anni fa con un gruppo di 30 medici ed infermieri arrivati il 29 marzo 2022 a Verona dall’Albania per poi affiancare i colleghi italiani dell’ospedale di Brescia. Era un periodo drammatico dovuto all’allarmante propagazione della pandemia in Italia. L’autore di queste righe scriveva convinto allora, nel marzo del 2020, che “…Fatti accaduti alla mano, sembrerebbe che al primo ministro interessi soltanto l’apparizione mediatica e le immagini di facciata per usi puramente propagandistici”. L’autore di queste righe era convinto allora, come lo è anche oggi, che si trattava di “…una ghiotta opportunità per il primo ministro albanese di apparire mediaticamente a livello internazionale”. Egli esprimeva per il nostro lettore la sua ferma convinzione che si trattava di “…una ghiotta opportunità per il primo ministro albanese di apparire mediaticamente a livello internazionale” (Decisioni ipocrite e pericolose conseguenze; 30 marzo 2020).

    Nel sopracitato articolo, apparso sul Corriere della Sera il 28 marzo scorso, l’autore affermava che “…Analisti internazionali avevano sintetizzato l’essenza della delegazione quale mossa geopolitica, legittima e regolare, del premier Rama, classiche manovre diplomatiche per avanzare crediti e acquisire ulteriori punti nella corsa a entrare nell’Unione europea”. L’autore di quell’articolo ha fatto però anche una denuncia. Si perché, riferendosi al gruppo dei 30 medici ed infermieri albanesi arrivati in Italia, egli ribadiva che “…Sopra il mar Adriatico, la squadra di Tirana viaggiò a bordo di un aereo in compagnia – non esiste nessuna indagine in quanto all’epoca e anche dopo non si vollero compiere accertamenti -, di soldi in contanti. Più di quelli, molti di più, ma tanti di più, che sarebbero serviti per vivere a Brescia, poiché gli albanesi furono ospiti come lo furono i russi, costatici 3 milioni di euro”. In seguito egli evidenziava che “…a ritroso si deve per la cronaca evidenziare l’azione di collante del famoso avvocato albanese Engieli Agaci, difensore spesso di grossi narcotrafficanti e uomo assai ascoltato dalle nostre istituzioni”. Per rendere chiaro di che si trattava, l’autore di queste righe informava il nostro lettore che “…Guarda caso però, quel “famoso avvocato albanese” è anche il segretario generale del Consiglio dei ministri in Albania e anche l’eminenza grigia del primo ministro”. E poi, siccome lo spazio non glielo permetteva di continuare a trattare quell’argomento, prometteva al nostro lettore di continuare “…a trattare questo argomento, perché è convinto che aiuterà molto a comprendere la gravissima realtà albanese, dovuta al consolidamento della dittatura sui generis in Albania” (Misere bugie ed ingannevoli messinscene che accusano; 4 aprile 2022). Egli chiede scusa di non averlo fatto la settimana successiva, come aveva promesso, perché per due settimane non poteva non trattare, fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, la crudeltà con la quale gli invasori russi hanno massacrato centinaia di inermi, innocenti ed indifesi cittadini ucraini. Compresi, purtroppo, anche centinaia di donne e bambini. Ma siccome ogni promessa è un debito, l’autore di queste righe continuerà ad informare il nostro lettore anche della vera, vissuta e sofferta realtà albanese. Come ha cercato di fare, con la massima responsabilità ed oggettività da diversi anni ormai. Ragion per cui egli oggi informerà il nostro lettore chi è e cosa rappresenta l’avvocato, l’eminenza grigia del primo ministro albanese. Colui che, dal 2013 ad oggi, è anche il segretario generale del Consiglio dei ministri, e al quale si riferiva l’autore del sopracitato articolo apparso il 28 marzo scorso sul Corriere della Sera. Sono state diverse le denunce pubblicamente fatte e mai contestate dal diretto interessato, che accusano l’eminenza grigia del primo ministro albanese. Denunce ed accuse che hanno a che fare con tanti scandali milionari, con l’abuso del potere istituzionale, compresa la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti locali ed istituzionali che vedono direttamente ed istituzionalmente coinvolto “il famoso avvocato”. Proprio colui che, non a caso, l’autore del sopracitato articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 28 marzo scorso, lo evidenziava come “il difensore spesso di grossi narcotrafficanti”.

    Chi scrive queste righe continuerà ad informare il nostro lettore dei continui e crescenti scandali che si stanno evidenziando e denunciando in Albania. Scandali che vedono coinvolti direttamente il primo ministro, la sua eminenza grigia ed altri suoi fedelissimi, nonché certi “rappresentanti internazionali”. Tra i quali l’ambasciatrice statunitense in prima linea, in palese e scandalosa violazione dell’articolo 41 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche. Chi scrive queste righe pensa ed auspica che tutti loro debbano essere trattati secondo le proprie responsabilità e conseguenze causate. Egli condivide la convinzione di Jules Renard, cioè che dire le bugie è un difetto e le bugie sono sempre inutili perché, prima o poi, si sa la verità e ci si guadagna solo la vergogna di averle dette. Se solo i bugiardi riuscissero a vergognarsi però.

Pulsante per tornare all'inizio