Non c’è nulla sotto il sole di cui non si possa abusare e di cui non si sia abusato.
Karl Popper
Il nostro lettore la settimana scorsa ha avuto modo di informarsi sulle consapevoli, continue e gravi violazioni della Costituzione in Albania. E quelli che lo hanno fatto sono stati e sono tuttora i rappresentanti della maggioranza governativa. Lo hanno fatto ubbidendo agli ordini partiti dai più alti livelli politici. Eseguendo e soddisfacendo così le ambizioni e le volontà del primo ministro per controllare tutto e tutti. Ma quanto sta accadendo in questi ultimi giorni in Albania evidenzia, tra l’altro, quel male che sta cercando di divorare anche quel poco che potrebbe essere rimasto ancora di sano nella politica e nella società albanese.
In questi ultimi giorni si sta ulteriormente intensificando lo scontro tra il presidente della Repubblica e il primo ministro. Scontro che sta dimostrando, per quello che realmente è, tutto il marcio che, sempre più pericolosamente, sta soffocando le istituzioni statali e non solo. Il presidente della Repubblica, con il diritto e il dovere del rappresentante della più alta istituzione dello Stato, sta accusando il primo ministro e alcuni dirigenti delle istituzioni del sistema della giustizia. L’accusa è molto grave: violazioni intenzionali e continue della Costituzione albanese con lo scopo di controllare completamente e per lungo tempo tutte le istituzioni del sistema della giustizia. Riferendosi a questa grave e allarmante realtà, il 15 novembre scorso il Presidente della Repubblica ha dichiarato che egli “ha l’obbligo di dire al popolo che qui (in Albania; n.d.a.) è tutto finito con lo Stato del diritto”. Secondo il Presidente, se svanisse anche questo sforzo che lui stia facendo per difendere la Costituzione, e cioè se “il primo ministro e i suoi catturassero e controllassero anche la Corte Costituzionale”, allora al popolo rimangono soltanto tre scelte: “o prendere le armi”, cosa che è inaccettabile per il Presidente, o accettare la situazione e “sottoporsi ad una dittatura”, oppure “andare via dall’Albania”.
In seguito, il 22 novembre scorso, il Presidente, durante una conferenza stampa, dichiarava che la Costituzione della Repubblica d’Albania “si sta palesemente e violentemente calpestando, con un solo scopo: quello di concentrare tutti i poteri nelle mani del primo ministro attuale”. Secondo il Presidente, in Albania “il governo non rende conto a nessuno” e che “il potere esecutivo è [ormai] unificato con quello legislativo”. E per di più, il Parlamento sta violando palesemente la Costituzione, diventando così lui stesso un’istituzione anticostituzionale, perché da qualche mese non ha più la possibilità di avere 140 deputati, come prevede la Costituzione. Però nel frattempo il Parlamento ha approvato più di venti leggi, non decretate dal Presidente della Repubblica, perché giudicate come anticostituzionali e che impattano vistosamente con l’interesse pubblico. E visto che ormai sta diventando consuetudine che in Parlamento si approvano delle risoluzioni che non hanno potere obbligatorio, ma servono soltanto da facciata per la propaganda governativa, il presidente della Repubblica ammoniva il 22 novembre scorso che “L’Albania non si governa con le risoluzioni, ma soltanto con la Costituzione!”. Durante la stessa conferenza stampa, considerando con la massima responsabilità istituzionale l’allarmante situazione, il presidente della Repubblica ha dichiarato che egli chiederà “l’appoggio di tutto il popolo albanese tramite un Referendum per difendere la Repubblica”! Perché, secondo il Presidente, “sarà il popolo albanese, e soltanto lui, a decidere se accettare di ritornare alla dittatura, oppure di difendere la democrazia”. Il Presidente è convinto che con il Referendum il popolo si può esprimere direttamente e consapevolmente e che la decisione diretta del popolo è al di sopra di ogni altra decisione. Una proposta, quella del Referendum, che il Presidente sta articolando in questi ultimi giorni sempre con più determinazione e forza. Venerdì scorso ha promesso che oggi tratterà dettagliatamente questo argomento, in modo che tutti i cittadini possano capire meglio e rendersi responsabili del loro potere. Di fronte a queste forti e dirette accuse, la reazione del primo ministro e/o dei suoi ubbidienti e sottomessi luogotenenti rimane sempre la solita: battute banali in politichese, cercando, come di consuetudine, di schivare le dirette responsabilità istituzionali e/o personali.
Durante questi ultimi giorni il Presidente della Repubblica, oltre al primo ministro e alcuni alti dirigenti delle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia, ha accusato, senza mezzi termini e come mai era accaduto prima, anche i soliti e ben presenti “rappresentanti internazionali”. Sia quelli diplomatici che quelli delle istituzioni internazionali, soprattutto le rappresentanze in Albania dell’Unione europea e dell’OSCE (l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa). Per il Presidente loro sono diventati degli “stracci nelle mani del primo ministro”. Proprio essi, che con il loro operato, in palese violazione della Convenzione di Vienna, hanno dimostrato di essere semplicemente dei “corrotti”, dei “pagliacci internazionali”, “ridicoli” e “buffoni”. In più il Presidente, con una lettera ufficiale ha informato l’Ufficio dell’Assemblea Parlamentare dell’OSCE, dando anche le sue spiegazioni, che dal 18 novembre 2019 il loro rappresentante in Albania “non era più benaccetto presso l’Istituzione del Presidente della Repubblica”.
Sono stati proprio loro, i soliti “rappresentanti internazionali”, che hanno, in vari modi, aiutato il primo ministro a “personalizzare” la riforma della giustizia, facendola diventare, nolens volens per loro, un’impresa fallita nel suo obbiettivo primario e fondamentale. E cioè una riforma che doveva garantire la divisione definitiva e l’indipendenza del sistema della giustizia dagli altri poteri, nonché a renderlo “insensibile” da qualsiasi influenza e/o ubbidienza politica. Invece e purtroppo è successo proprio il contrario. Grazie anche al sempre presente appoggio pubblico dei soliti “rappresentanti internazionali” al primo ministro, nella sua irresponsabile e pericolosa corsa verso la restaurazione di una nuova dittatura. E grazie anche a loro adesso, fatti alla mano, il primo ministro controlla tutto. L’ultimo baluardo, l’ultima roccaforte da prendere è ormai la Corte Costituzionale. E con essa anche alcune altre istituzioni del sistema della giustizia, ancora da costituire, come previste dalla “Riforma”.
Nel frattempo, i soliti “rappresentanti internazionali”, per giustificare il loro fallimento totale con la “Riforma” del sistema della giustizia, hanno dichiarato e dichiarano “successi” inesistenti. Loro stanno cercando anche di giustificare i tanti milioni, in Euro e/o dollari statunitensi, che è costata per i cittadini europei e per quelli oltreoceano la “riforma”. Purtroppo quanto loro stiano facendo, non solo li rende sempre più ridicoli e incredibili, ma grava anche sulla credibilità delle istituzioni che rappresentano, soprattutto quelle europee.
Chi scrive queste righe, visto anche quanto sta accadendo in queste ultime settimane, valuta che tutte le persone responsabili, non solo in Albania, dovranno, unite, far fronte e bloccare ogni ulteriore tentativo del primo ministro di controllare totalmente il sistema della giustizia. Egli è convinto che bisogna fare tutto il possibile per impedire che ciò possa realmente accadere. Impedire anche ai soliti “rappresentanti internazionali” di diventare delle stampelle in sostegno del male, in cambio di chissà cosa. Aveva ragione Karl Popper: non c’è nulla sotto il sole di cui non si possa abusare e di cui non si sia abusato.