Cristiani

  • Cristiani sempre più perseguitati, secondo le analisi del Vaticano

    Citando Vatican News, il Secolo d’Italia riporta le cifre del rapporto “Perseguitati più che mai. Rapporto sui cristiani oppressi per la fede 2020-2022”, resoconto annuale della Fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre” (ACS). in base al quale nel 75% di 24 Paesi esaminati, l’oppressione o la persecuzione dei cristiani è aumentata, vi si legge.

    «Il testo – riporta la testata della destra – esamina, dall’ottobre 2020 al settembre 2022, i Paesi in cui le violazioni della liberta’ religiosa destano particolare preoccupazione: Afghanistan, Arabia Saudita, Cina, Corea del Nord, Egitto, Eritrea, Etiopia, India, Iran, Iraq, Israele e i Territori Palestinesi, Maldive, Mali, Mozambico, Myanmar, Nigeria, Pakistan, Qatar, Russia, Sri Lanka, Sudan, Siria, Turchia e Vietnam. La violenza jihadista continua a diffondersi in tutta l’Africa. ACS richiama l’attenzione sul fatto che dal novembre dello scorso anno gli attacchi terroristici colpiscono anche il nord del Benin. Finora i Paesi dell’Africa nord-occidentale più colpiti dal jihadismo sono stati Mali, Burkina Faso, Ciad, Niger, Camerun e Nigeria».

    Questa quanto sintetizza il Secolo: «L’Africa registra un forte aumento della violenza terroristica, a causa della quale oltre 7.600 cristiani nigeriani sarebbero stati assassinati tra il gennaio 2021 e il giugno 2022, dai terroristi di Boko Haram e della Provincia dell’Africa occidentale dello Stato Islamico (Iswap). I due raggruppamenti cercano da anni di fondare califfati nella regione del Sahel, ciascuno con il proprio wali (governatore) e con la propria struttura governativa, tutti basati sulla violenza più cieca, sull’odio più infernale.

    Anche in Mozambico la formazione terroristica islamica Al-Shabab ha intensificato la sua campagna di terrore, uccidendo i cristiani, attaccando i loro villaggi e appiccando il fuoco alle chiese. Il gruppo, affiliato al sedicente Stato Islamico (Is), ha provocato la fuga di oltre 800 mila persone e la morte di altre 4.000. Tra le testimonianze riportate c’è anche quella di monsignor Jude A. Arogundade, vescovo di Ondo in Nigeria, la cui diocesi e’ stata presa di mira da uomini armati che hanno ucciso più di 40 persone durante la celebrazione della Pentecoste nel giugno scorso. Commentando la presentazione del rapporto, il vescovo dichiara che, “nonostante il crescente allarme per l’aumento della violenza in alcune parti del Paese, nessuno sembra prestare attenzione al genocidio in atto nella Middle Belt della Nigeria. Il mondo tace mentre gli attacchi alle chiese, al loro personale e alle istituzioni sono diventati routine quotidiana”.

    Dal rapporto sui cristiani perseguitati, emerge che “la crisi migratoria minaccia la sopravvivenza di alcune delle comunità cristiane più antiche del mondo. In Siria, i cristiani sono calati dal 10 per cento della popolazione, arrivando a meno del 2%, passando da 1,5 milioni del periodo recedente la guerra ai circa 300 mila di oggi. Nonostante il tasso di esodo in Iraq sia più basso, una comunità che contava circa 300 mila persone prima dell’invasione da parte di Daesh/Is nel 2014, nella primavera 2022 si e’ ormai dimezzata”. Dallo studio emerge anche che in Paesi diversi come l’Egitto e il Pakistan le ragazze cristiane sono abitualmente soggette a rapimenti e stupri sistematici, sempre da parte degli islamici.

    Il rapporto, guardando poi al continente asiatico, denuncia l’autoritarismo statale che ha portato a un peggioramento dell’oppressione anzitutto in Corea del Nord, dove fede e pratiche religiose sono ordinariamente represse. Il nazionalismo religioso ha innescato crescenti violenze contro i cristiani, perseguitati in India e Sri Lanka, dove si sono registrati episodi in cui le autorità politiche e militari hanno arrestato fedeli e interrotto le celebrazioni religiose. Inoltre, in vari Paesi, si deve parlare di aumento della pressione sui cristiani, mediante arresti indiscriminati, chiusura forzata delle chiese e uso di sistemi di sorveglianza oppressivi».

  • Orrore in Nigeria, lapidata e bruciata giovane cristiana

    Orrore e incredulità sono protagonisti in Nigeria per la fine disumana toccata alla studentessa cristiana Deborah Samuel, che il 12 maggio è stata lapidata e bruciata da studenti musulmani a causa di un messaggio scritto su WhatsApp e ritenuto offensivo nei confronti del profeta Maometto. L’efferato omicidio è accaduto nella città di Sokoto, ubicata a nord-ovest del Paese e capitale dell’omonimo Stato nigeriano in cui la sharia – la legge islamica – è applicata insieme al diritto comune, analogamente a quanto avviene in altri Stati della Nigeria settentrionale.

    Il portavoce della polizia di Sokoto, Sanusi Abubakar, ha detto che gli studenti dell’istituto Shehu-Shagari, infuriati dopo la lettura del messaggio, hanno prelevato con la forza la giovane “dalla stanza dove era stata portata in salvo dai funzionari dell’istruzione”, uccidendola. Due sospetti sono stati arrestati ed è in atto una caccia all’uomo da parte della polizia per trovare altri soggetti, identificati grazie a un filmato pubblicato sui social media e che mostra una folla che infierisce sulla vittima, frustandola e gridando insulti, prima di ammucchiare pneumatici usati sul suo corpo e appiccarvi il fuoco al grido di “Allah Akbar”.

    I leader religiosi nigeriani hanno chiesto oggi giustizia per la ragazza, invitando al contempo la popolazione alla calma. Muhammadu Saad Abubakar, sultano di Sokoto e massima autorità spirituale tra i musulmani nigeriani, e l’influente vescovo della Chiesa Cattolica di Sokoto, Mathew Hassan Kukah, hanno rilasciato delle dichiarazioni con i loro appelli.

    “Il Consiglio del Sultanato ha condannato quanto accaduto nella sua totalità e ha sollecitato le agenzie di sicurezza a portare davanti alla giustizia i responsabili dell’imperdonabile episodio”, ha affermato Abubakar in una nota, esortando “tutti a rimanere calmi e garantire una coesistenza pacifica” nel Paese. Abubakar, infatti, è a capo del Consiglio inter-religioso della Nigeria, che ha come suo obiettivo l’armonia tra le fedi presenti nella nazione, a nord prevalentemente musulmana e a sud principalmente cristiana.

    Anche il vescovo Kukah ha condannato l’omicidio, definendolo “una tragedia” e un “profondo shock”. “Noi…chiediamo alle autorità di indagare su questa tragedia e assicurare che tutti i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni”, ha aggiunto.

  • Perseguitato un cristiano su 7, 6mila ‘martiri’ in un anno

    Cresce globalmente la persecuzione anticristiana nel mondo e l’Afghanistan si colloca al primo posto come Paese dove maggiore è la discriminazione, surclassando la Corea del Nord che, da 20 anni, deteneva il negativo primato. Sono oltre 360 milioni i cristiani che sperimentano un livello alto di persecuzione e discriminazione nel mondo (1 cristiano su 7). Salgono invece a 5.898 i cristiani uccisi per cause legate alla loro fede. Sono i principali dati diffusi da ‘Porte Aperte’ presentati a Roma alla Camera dei Deputati.

    Come strumento di oppressione è utilizzato anche il Covid che ha fatto aumentare, in alcuni Paesi, le restrizioni nei confronti della comunità cristiana lì dove è minoranza. ‘Porte Aperte’ ha dunque pubblicato la World Watch List 2022 (periodo di riferimento: 1 ottobre 2020 – 30 settembre 2021), la nuova lista dei primi 50 Paesi dove più si perseguitano i cristiani al mondo. Sono 360 milioni i cristiani che vivono in terre a loro ostili, erano 340 milioni un anno fa.

    L’Afghanistan diventa il Paese più pericoloso al mondo per i cristiani. “Il primo posto dell’Afghanistan nella World Watch List – commenta Cristian Nani, direttore di ‘Porte Aperte/Open Doors’ – è motivo di profonda preoccupazione. Oltre all’incalcolabile sofferenza per la piccola e nascosta comunità cristiana in Afghanistan, manda un messaggio molto chiaro agli estremisti islamici di tutto il mondo: ‘Continuate la vostra brutale lotta, la vittoria è possibile’. Gruppi come lo Stato Islamico e l’Alleanza delle Forze Democratiche ora ritengono che il loro obiettivo di costituire un califfato islamico sia di nuovo raggiungibile”. I dieci Paesi dove è maggiore la persecuzione contro i cristiani sono: Afghanistan, Corea del Nord, Somalia, Libia, Yemen, Eritrea, Nigeria, Pakistan, Iran, India.

    Tra i circa 100 Paesi monitorati, aumenta la persecuzione in termini assoluti e salgono da 74 a 76 quelli che mostrano un livello definibile alto, molto alto o estremo. I cristiani uccisi per ragioni legate alla fede crescono di oltre il 23% (5.898, oltre 1.000 in più rispetto all’anno precedente), con la Nigeria sempre epicentro di massacri, assieme ad altre nazioni dell’Africa Sub-Sahariana colpite dalla violenza anticristiana: nella top 10 dei Paesi con più violenze contro i cristiani ci sono 7 nazioni africane. Cresce poi il fenomeno di una Chiesa “profuga” perché ci sono sempre più cristiani in fuga dalla persecuzione. Il modello Cina di controllo centralizzato sulla libertà di religione è emulato da altri Paesi. C’è infine il problema legato agli stupri e ai matrimoni forzate delle donne appartenenti alla comunità cristiana dove è piccola minoranza, come in Pakistan.

  • Experts warn that religious freedom around the world is worsening

    In August, Iraq’s ethnoreligious Yazidi minority marked the five years since ISIS militants overran northwestern Iraq and murdered at least 5,000 Yazidi men and boys who refused to convert to Islam and enslaved more than 7,000 women and girls who were sold off as brides and sex slaves.

    An indigenous ethnic group in Iraq, Syria, and Turkey, the Yazidis are mainly Kurdish-speaking followers of a monotheistic religion that can be traced back to the beliefs of ancient Mesopotamia. Following the rise of ISIS, the Yazidis became the first victims of genocide by the Islamic State.

    “The Yazidis are better off moving to other countries because Iraq is not safe,” a young Yazidi woman who was kidnapped, raped, and sexually abused by ISIS said after the terrorist group swept across northern Iraq and Syria in the summer of 2014.

    The unnamed young woman now lives in Germany where she was given asylum and where regularly visits therapists who help her overcome the trauma of her ordeal. She said that she has no desire to return home to Iraq because the threats to Yazidis, even after ISIS’ current battlefield defeat, remain high and that her community remains susceptible to discrimination and attacks.

    Suicide rates are high among Iraq’s Yazidi teenagers, many of whom are young women who survived the horror of being ISIS’ captives. They continuously battle post-traumatic stress disorders and severe depression. While being held captive by ISIS militants, the victims were routinely raped, tortured, sold, called infidels, and beaten while being forced to memorise passages of the Koran.

    Sam Brownback, the US envoy for religious freedom, said that, sadly, ISIS’ abuses against the Yazidis are not the only example of faith-based persecution. He added that although the world paid a great deal of lip service to put an end to future cases of genocide and ethnic cleansing, particularly in cases where the perpetrators targeted an ethnoreligious group, the systematic killing and deportation of Myanmar’s Rohingya, a Muslim minority, continues to this day.

    Brownback also noted that the forced detention of more than 1 million the Uyghurs – a Turkic-speaking Muslim people, native to China’s Xinjiang Province – into reeducation camps by the Chinese Communist Party and the massacre of Jews at a synagogue in Pennsylvania, in which 11 worshippers died, is further proof that violence against religious communities around the world is on the rise.

    “We’re working with like-minded countries to push the topic of religious freedom to the forefront, globally, so that we can start getting the trend line going the other way,” Brownback said while adding that tackling religious persecution is very difficult.

    Experts warn that political leaders should foster a culture of tolerance, promote exchanges between different religious groups, and prosecute anyone who promotes violence against minorities.

    The plight of the Yazidis, Uyghurs, Rohingyas, and others is expected to be on the agenda of the upcoming annual UN General Assembly in New York, where the world’s leaders will discuss security threats. Whether any decisions can be reached that would bring about a halt to violence against religious communities is, however, unlikely.

  • Lo sconvolgente aumento della persecuzione dei cristiani

    Lo affermava già all’inizio dell’anno il rapporto annuale della Ong Porte Aperte: circa 245 milioni i cristiani perseguitati nel mondo a causa della propria fede. L’Asia è il continente dove la persecuzione è in continuo aumento e la Cina è lo Stato in cui si contano le cifre più impressionanti. In India e in Corea del Nord gli aumenti risultano tra i più significativi. Non si tratta soltanto di atti di violenza contro i fedeli che praticano la loro fede cristiana: cattolici, protestanti o ortodossi, o contro i loro luoghi di culto, le chiesa in primo luogo. Si tratta anche di decisioni legislative che proibiscono l’esercizio degli atti di culto. Solo nell’ultimo anno, sono 30 milioni di persone in più che sono state perseguitate, una cifra che dovrebbe far riflettere i sacerdoti del politicamente corretto ed i monaci della tutela dei diritti umani. Dov’erano, dove sono questi guardiani del bene collettivo? Forse sono un po’ distratti, intenti come sono a denunciare e a combattere gli integralismi, quelli degli altri. I loro sono moneta corrente, che viene pagata soltanto da chi non la pensa come loro. Gli esempi delle violenze contro i cristiani sono altrettanto impressionanti. Asia Bibi è sotto assedio da oltre dieci anni, e dopo essere stata in prigione da pura innocente, fuggita in Canada deve continuamente proteggersi nel timore di essere assassinata dai fondamentalisti islamici che la vogliono morta. Il nazionalismo religioso asiatico è una delle cause della persecuzione. La demolizione di migliaia di chiese, l’eliminazione di antiche comunità cristiane nelle terre della Bibbia, le torture incessanti nella Corea del Nord e gli incendi appiccati nei villaggi cristiani in India, insieme agli attacchi nello Sri Lanka e Burma non sono che alcuni degli episodi citati dai media, restii come sono a fare commenti o a condannare gli autori di simili misfatti. Sono episodi che non fanno notizia, tanto siamo abituati a scorrerli in fretta nella pagine interne dei giornali. Sono fatti che non disturbano i “manovratori”. Che da certe zone del mondo vengano espulsi dei cristiani che discendono da quelli che hanno vissuto all’epoca di Cristo, non tocca la sensibilità di nessuno. E sono migliaia, con tutti i loro poveri averi ed i loro secolari ricordi! Non hanno le prime pagine riservate come succede per lo sbarco invocato di qualche decina di immigrati nei porti italiani, che poi sbarcheranno regolarmente. I Caldei che fuggono da Ninive, perché costretti dalla violenza del regime, non li ricorda nessuno. Non ci sono Ong a salvarli. Possono morire indisturbati, con le loro spose e figlie stuprate, con tutto quello che rappresentano come testimoni di civiltà antichissime. Ma sono cristiani, quindi è quasi normale che scompaiano da questo mondo in progresso. Loro rappresentano il passato, che è morto e sepolto. Noi siamo il presente proiettato verso il futuro, portatori di valori non condivisi, ma predicati come fossero il nuovo laico vangelo. E’ una situazione veramente scandalosa – scrive lo Spectator del 2 settembre, ripreso da Il Foglio del 16 settembre – anche se il nuovo vescovo di Truro, in Cornovaglia, Philip Mountstephen, ha appena pubblicato un rapporto impressionante per il Foreign Office sulla persecuzione globale dei cristiani. Sostiene che l’Islam non è l’unico colpevole, e accusa la cultura del politicamente corretto di avere incoraggiato le autorità britanniche e i governi occidentali a ignorare il problema. Ha citato le parole di William Wilberforce alla Camera dei Comuni nel 1971 a proposito del commercio degli schiavi: “Puoi scegliere di girarti dall’altra parte, ma non potrai più dire che non lo sapevi”. “Boris Johnson ha promesso di implementare in pieno il rapporto del Vescovo di Truro, ma dovrà contrastare la colonizzazione del Ministero per lo Sviluppo internazionale da parte della sinistra secolare e multiculturale, una cosa che nessun governo conservatore ha mai tentato di fare”. Che qualcuno nel Regno Unito s’accorga della persecuzione dei cristiani che avviene nel mondo, è consolante. Ma, con tutto il caos che la Brexit sta combinando da tre anni a questa parte, non ci fa bene sperare in un’azione efficace e sistematica contro la persecuzione. Sarà già molto se verranno pubblicati i dispacci che testimoniano le sofferenze grottesche non solo dei cristiani, ma anche di altre minoranze religiose a cui viene calpestata la dignità. Parlarne significa togliere queste realtà dal buio del silenzio e portarle alla luce del sole.

  • Un raduno di preghiera interrotto nel distretto di Mumbai per possibile minaccia all’ordine pubblico

    Pubblichiamo di seguito un articolo di Anna Bono apparso su La Nuova Bussola Quotidiana il 5 settembre 2019

    Un raduno religioso organizzato dal movimento pentecostale New Life Fellowship Association in una scuola municipale di Worli Naka, del distretto di Mumbai, India, è stato interrotto dalla polizia il 3 settembre, chiamata da alcuni membri del Bajrang Dal, l’ala giovanile dell’organizzazione nazionalista radicale Vishwa Hindu Parishad. Dinesh Shrivstav, il loro coordinatore locale, si era mescolato ai fedeli insieme a un compagno per filmare l’evento e avvisare le forze dell’ordine, riporta l’agenzia AsiaNews, mentre altri otto aspettavano all’esterno dell’edificio. Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians, ha spiegato che “nelle aree rurali non è inconsueto che le fazioni di destra mandino le loro spie ai raduni di preghiera e chiedano addirittura al pastore di pregare per la loro guarigione. Nel frattempo riprendono tutto e poi diffondono i video sui social, dicendo che sono ‘conversioni forzate’. Tutto è falso e senza prove, con il solo scopo di seminare il sospetto contro la minoranza cristiana”. La polizia ha sospeso l’evento della New Life Fellowship Association affermando che era stato organizzato senza autorizzazione. Al reverendo Allen Salins, ospite d’onore del raduno, l’ispettore capo della polizia di Worli Naka, Sukhlal Varpe, ha fatto pervenire una notifica in cui si legge: “il Bajrang Dal ha protestato per l’incontro che ha disturbato l’armonia sociale e avrebbe potuto provocare disordini. Se in futuro l’armonia comunitaria sarà disturbata da lei o da altri suoi colleghi, sarete perseguiti legalmente e questa notifica sarà usata contro di voi come prova in tribunale”. Con un’altra notifica l’ispettore capo ha intimato agli attivisti del Bajrang Dal di non fare irruzione in simili eventi in futuro: “gli attivisti non sono autorizzati a occuparsene, avrebbero dovuto rivolgersi subito alla polizia”. Il reverendo Salins ha commentato: “tutti siamo rimasti scioccati. Avevamo organizzato l’evento per pregare e cantare. Non c’era alcuna minaccia all’ordine pubblico. La New Life Fellowship Association ha pagato la scuola per poter tenere l’incontro”. Anche Sajan K George obietta che i cristiani rispettano la legge e non creano problemi:  “invece questi gruppi marginali minacciano e intimidiscono la minuscola comunità di fedeli. Il vigilantismo della maggioranza sta prendendo il sopravvento e vuole distruggere le minoranze religiose. I cristiani sono visti come ‘gli altri’. Siamo molto preoccupati”.

  • Si è conclusa in Mozambico la fase diocesana di beatificazione dei “Martiri di Guiùa”

    Pubblichiamo di seguito un articolo di Anna Bono per la ‘Nuova Bussola Quotidiana’ del 10 settembre 2019

    Il 22 marzo 1992 a Guiùa, in Mozambico, dei catechisti furono brutalmente uccisi insieme alle loro famiglie dai guerriglieri della Renamo che li rapirono nel loro dormitorio e cercarono di estorcere loro notizie sui miliziani del Frelimo, il Fronte per la liberazione del Mozambico di ispirazione marxista-leninista che aveva preso il potere dopo che il paese aveva ottenuto l’indipendenza dal Portogallo, nel 1975. “Fu un periodo di vera persecuzione contro la Chiesa – ricorda per l’agenzia Fides Padre Osorio Citora Afonso, dell’Istituto missioni della Consolata – con espropriazioni, restrizioni di ogni genere all’attività pastorale, negazione del visto d’entrata nel paese ai missionari stranieri. La Chiesa fu spogliata dei suoi averi. Molte missioni si videro svuotate dei loro missionari e sacerdoti. Nacquero allora molte piccole comunità cristiane. Esse furono radunate non più attorno ai sacerdoti e ai missionari, ma a quelli che furono chiamati i ‘missionari-laici’, cioè i catechisti e gli animatori delle comunità cristiane”. I catechisti catturati a Guiùa dalla Renamo rifiutarono di dare notizie. Questo questo provocò la collera dei miliziani e fu un massacro. “ Fin dall’epoca dei tragici eventi – ricorda Fides – i mozambicani li hanno chiamati “i Martiri di Guiúa” e li hanno seppelliti in doppia fila lungo il vialetto che porta al santuario della “Regina dei Martiri”, nel quale periodicamente si danno appuntamento per rinvigorire la loro fede ricordando la testimonianza resa dai catechisti”. Il 23 marzo scorso si è conclusa la fase diocesana del loro processo di beatificazione e canonizzazione, la prima iniziata e conclusa in Mozambico.

  • Smentita la fuga in massa dal Niger sudorientale dei cristiani minacciati da Boko Haram

    Riceviamo e pubblichiamo una nota di Anna Bono di “Nuova Bussola Quotidiana” del 17.06.2019 riguardante le persecuzioni  di Boko Haram  contro i cristiani nel  Niger Sudorientale

    Il 7 giugno Boko Haram, il gruppo jihadista nigeriano, ha rapito una donna cristiana nel villaggio di Kintchendi, nella regione sudorientale di Diffa, in Niger. L’ha poi rilasciata con una lettera indirizzata ai cristiani che vivono nell’area. “Lasciate la città entro tre giorni o sarete uccisi”, diceva il messaggio. Nei giorni successivi fonti locali hanno riferito all’organizzazione non governativa Open Doors USA che ai cristiani di Diffa era stato detto di trasferirsi nella capitale Niamey e che già diverse famiglie erano in procinto di andarsene. Tuttavia il 14 giugno la notizia dell’imminente partenza è stata smentita da monsignor Anthony Coudjofio, vicario generale di Niamey. “I cristiani sono minacciati – ha spiegato all’agenzia Fides – ma è falso che abbiano iniziato ad abbandonare in massa l’area”. La comunità cristiana di Diffa ha confermato al presule di aver ricevuto il messaggio contente la minaccia: “hanno detto che il fatto è certamente inquietante – riporta monsignor Coudjofio – ma hanno aggiunto che le forze di sicurezza stanno pattugliando l’area, proteggendo le chiese. I fedeli cattolici, sia pure spaventati, non hanno lasciato le loro case. È una notizia priva di fondamento”. È dal febbraio del 2015 che Boko Haram è presente nella regione di Diffa, che confina con la Nigeria e con il Ciad. Vi ha messo a segno diversi attentati il più recente dei quali risale alla fine di marzo quando due donne si sono fatte esplodere nel mercato di un villaggio uccidendo dieci persone.

  • Il dramma dei cristiani perseguitati al centro di un convegno a Milano

    Venerdì 28 giugno, alle 18:30 a Milano, a Palazzo delle Stelline (Corso Magenta, 61) si svolgerà il convegno La tragedia dei cristiani perseguitati nel mondo con l’eurodeputato Stefano Maullo, Gian Micalessin, autore del libro “Fratelli traditi”, e Fulvio Scaglione, autore del libro “Siria: i Cristiani nella guerra”. Moderatore Matteo Carnieletto.Il convegno sarà un’occasione per accendere i riflettori su un tema molto importante, cioè la persecuzione dei cristiani nel mondo, vera tragedia, a dir poco quotidiana, troppo spesso sottovalutata e sottaciuta dai mezzi di informazione.

  • Continua in Cina la persecuzione dei cristiani

    Il 4 giugno 1989 non esiste per il regime comunista di Pechino. E’ stato un giorno critico e tragico per i cinesi, in cui il governo ha massacrato migliaia di dimostranti che reclamavano la democrazia nella piazza Tienanmen di Pechino. Lo ricorda un articolo del Wall Street Journal del 30 maggio scorso, che denuncia la continuazione della persecuzione dei cristiani. Lo stesso giorno, tra l’altro, i leader del partito comunista – rammenta il giornale – videro i candidati pro democrazia in Polonia soppiantare il potere comunista, con l’indispensabile sostegno di Papa Giovanni Paolo II. Questi due eventi avrebbero spinto Pechino a rafforzare il controllo sulla religione, ritenendo che essa avesse rappresentato un forte incentivo per le manifestazioni a favore della democrazia. Dopo la tragedia di Tienanmen, dunque, i gruppi cristiani furono obbligati a registrarsi presso associazioni statali “patriottiche”. Nell’intento di mantenere l’accesso ai mercati occidentali, Pechino applicò selettivamente queste regole nelle grandi città, al fine di non far scoppiare reazioni troppo travolgenti nei confronti del regime. Chi sopportò il peso della chiusura delle chiese e l’internamento di massa nei campi di concentramento furono i contadini cristiani clandestini. Nei successivi tre decenni dopo il famigerato 1989, il cristianesimo cinese avrebbe registrato una crescita spettacolare. Oggi potrebbero esserci oltre 100 milioni di cristiani cinesi. Tutti, tranne 36 milioni – riferisce sempre il giornale americano – praticano la loro fede, al di fuori del controllo del governo. Il sociologo Fenggang Yang, professore e direttore fondatore del Center on Religion and Chinese Society della Purdue University, situata a West Lafayette nello stato dell’Indiana (Usa), ha previsto che la Cina potrebbe avere circa 280 milioni di cristiani entro il 2030. Un dato comparativo è offerto dal Partito Comunista che conta 90 milioni di iscritti. L’anno scorso il presidente Xi Jinping, nel tentativo di frenare la crescita della Chiesa e di sottomettere la fede cristiana ai dettami del partito, affidò il controllo diretto delle chiese al Partito comunista ufficialmente ateo. Fu così che alcune mega chiese urbane clandestine sono state chiuse, migliaia di membri delle congregazioni arrestati e numerosi eminenti pastori protestanti sono stati condannati a lunghe pene detentive. Il regime ha inoltre lanciato, proprio in questi giorni, una campagna nazionale per sradicare le chiese che avevano rifiutato di registrarsi. Questa politica si chiama “sinicizzazione.” L’Istituto pontificio per le Missioni estere afferma che l’obiettivo di questa politica è rendere le religioni “strumenti di partito”. L’anno scorso nella provincia di Henan, 10.000 chiese protestanti sono state chiuse, anche se la maggior parte erano state registrate secondo le norme in vigore. Nel 2018, più di un milione di cristiani sono stati minacciati o perseguitati e 5.000 sono stati arrestati. Nelle chiese i simboli cristiani a volte vengono sostituiti con le immagini del presidente Xi. Le chiese sopravvissute devono sostituire gli insegnamenti biblici ed evangelici con i valori socialisti. C’è stato un accordo del Vaticano con Pechino sulle nomine episcopali, ma ciò nonostante i cattolici cinesi non sono stati risparmiati. Papa Francesco ha riconosciuto tutte e otto le selezioni dei vescovi fatte dal governo cinese, mentre lo stato cinese non ha ancora ricambiato con nessuno dei 30 vescovi selezionati dal Vaticano. Da quando l’accordo è stato firmato, inoltre, due popolari santuari mariani di pellegrinaggio sono stati demoliti. Diversi preti cattolici clandestini ed un vescovo sono stati detenuti e costretti alle sessioni di rieducazione del Partito comunista, che non smentisce sé stesso e come si è sempre comportato in tutti i Paesi del mondo dove è andato al potere: imporre l’ateismo come dottrina di Stato e fare piazza pulita del cristianesimo. Molti cattolici in Cina rimangono clandestini e sono critici nei confronti dell’accordo firmato dal Vaticano, perché, come temevano e denunciavano, l’accordo non sarebbe stato rispettato dal partito comunista. Sapeva tutte queste cose il Vicepresidente Di Maio quando è andato a Pechino a preparare l’adesione del governo italiano alla Nuova Via della Seta, adesione firmata in seguito a Roma, contro il parere di tutti gli Stati dell’Unione europea di cui l’Italia, fino a prova contraria, è uno dei membri fondatori? E se lo sapeva, quali sono i vantaggi che l’Italia pensa di ricavare da questa firma? E’ possibile andare a braccetto con chi, ancora oggi, pratica la persecuzione contro i cristiani, come avveniva ai tempi dell’Impero romano? Sì, per i nostri governanti è possibile, nonostante le chiacchiere quotidiane sui diritti umani.

Pulsante per tornare all'inizio