cronaca

  • Pensieri in libertà

    Siamo ormai abituati a tutto ma la notizia che il capo di una organizzazione terrorista, nota per i suoi massacri e che da anni tiene in ostaggio e sacrifica ai propri interessi il suo popolo, sia messo sullo stesso piano, con un mandato di cattura internazionale, di un primo ministro che, pur con tutti i suoi errori, è stato eletto democraticamente riesce ancora a stupirci.

    Così come continua a stupirci che l’Occidente si sgoli in dichiarazioni a favore dell’Ucraina ma ormai da anni ritardi la consegna delle armi necessarie a difendere la vita dei civili ed ad impedire l’avanzamento dell’esercito russo, i cui soldati sono in gran parte inviati a morte certa dalla follia di potere di Putin.

    Ci stupisce, parlando di cose meno importanti e drammatiche, che un governo di centro destra rispolveri il redditometro, strada sicura per un ritorno ai pagamenti in nero oltre che decisione vessatoria per molti e non altrettanto utile per scoprire vere o presunte evasioni.

    Ci saremmo aspettati controlli incrociati sui dati non certo un redditometro che ci riporta indietro nella cronaca ed anche ritirare ora il provvedimento non servirà a impedire i sospetti che lo si voglia ripresentare a settembre dopo le elezioni ed a cancellare la sensazione che a volte si prendano decisioni senza ponderarne le conseguenze.

    Non ci stupisce che Fedez sia rimasto coinvolto in una rissa, ammesso che non sia lui stesso il promotore dello squallido evento, come dicevano i nostri vecchi “ogni botte dà il vino che ha” e di Fedez abbiamo ormai potuto conoscere quasi tutto dalle sue esternazioni e dalle sue azioni.

    Siamo più che stupiti seriamente preoccupati per il nuovo avviso di garanzia al generale Mori a distanza di 31 anni dalla strage di Firenze, questo ci conferma, purtroppo, che la giustizia, la verità, in Italia non esistono, specie per le stragi.

  • Diritto di cronaca?

    Approfittando dell’estate e riguardando all’anno passato ci sembra il momento di fare qualche considerazione su quel diritto di cronaca che, a nostro avviso, negli ultimi anni è stato stravolto.

    Pensiamo a quegli inviati delle testate televisive che, mettendoti un microfono praticamente in bocca, chiedono, con insistenza degna di miglior causa, di conoscere a tutti i costi il nostro pensiero anche quando non abbiamo nulla da dire o, addirittura, siamo  frastornati per notizie tristi che ci riguardano.

    Il diritto di cronaca va rispettato ma il diritto alla privacy non esiste più?

    Persone che hanno appena perso un congiunto, che sono scampate ad una tragedia, persone che non hanno voglia di comparire sui media, perché nella vita non tutto è spettacolo e non siamo tutti in spasmodica ricerca di quell’apparire che è l’obiettivo  tipico di certi vip, o degli aspiranti tali, sono inseguite fuori da ogni decenza.

    Giornalisti, uomini e donne, che con voce querula ti inseguono fuori dal tribunale, dall’agenzia delle Pompe funebri o sul luogo di un terribile delitto o incidente, che ti fanno domande alle quali, comunque risponderai, sai che la messa in onda sarà tagliata per assecondare quello che è l’obiettivo del servizio: non fare ipotetica luce su chissà quale verità ma fare audience, battere le altre testate per raccontare qualsiasi cosa di più degli altri, a prescindere dai sentimenti delle persone tampinate fino allo spasimo molte volte le domande sono proprio alla ricerca di una risposta scomposta ed irata.

    A questi giornalisti è impossibile sfuggire, ti aspettano, ti trovano, ti inseguono, forse solo un velocista riuscirebbe a sottrarsi alla loro, querula, invadente insistenza.

    Questo è giornalismo, inchiesta, diritto di cronaca o un vero e proprio mal costume che nessuno ha il coraggio di fermare perché il quarto potere, la stampa, persa gran parte della deontologia che dovrebbe guidare la professione è diventato più mestiere da paparazzi? Comunque la stampa ha un potere immenso che neppure i magistrati possono minare perché i media decretano innocenti e colpevoli, così siamo tutti vittime sacrificali dell’ascolto.

    I processi sono fatti in tv prima che nei tribunali

    Poi, dopo aver ossessionato le persone comuni vittime o testimoni di tragedie l’attenzione si sposta sulla così detta casta nella spasmodica ricerca di qualche oscuro segreto sugli emolumenti degli eletti alla Camera o al Senato.

    Un pericoloso tentativo, spesso riuscito, di far apparire deputati e senatori come nullafacenti  affamatori del popolo.
    Diciamolo francamente quanti di questi giornalisti hanno, con la stessa assiduità e perseveranza, per non dire sfacciataggine, chiesto conto ai tanti AD, di società  pubbliche, partecipate e private, di quanto guadagnano e di quante azioni, delle aziende che dirigono, sono gratificati nel corso della carriera o come buona uscita?

    Nessun dubbio per nessuno che ciascun giocatore di calcio o allenatore si meriti tutto quello che guadagna ma per chi rappresenta, democraticamente eletto, la repubblica solo critiche, contestazioni, insulti?

    Perché i giornalisti non controllano il lavoro dei deputati, le presenze, in aula, in commissione e sul territorio, le votazioni, le proposte di legge, le interrogazioni o interpellanze, perché non denunciare chi eventualmente non svolge a pieno ritmo il proprio lavoro invece che fare, come sempre, di tutt’erbe un fascio?

    Perché cercare sempre e comunque di additare chi rappresenta il potere legislativo come un parassita? Forse qualcuno preferirebbe un sistema nel quale non ci fossero più elezioni e rappresentanti del popolo o un sistema nel quale solo i ricchi potrebbero fare i deputati gratuitamente?

    Si è caduti nel ridicolo ma si rischia di finire nel tragico e più si delegittimano i nostri rappresentanti più si rischiano situazioni come quelle che vediamo in paesi vicini dove la democrazia non esiste.

    Forse l’estate dovrebbe consentirci qualche momento di seria riflessione.

  • In attesa di Giustizia: cronaca nera

    Tribunali sostanzialmente chiusi, Procure al lavoro sotto traccia e – come sembra – principalmente sulle tracce di responsabili del contagio nelle residenze per anziani ma il distanziamento sociale tiene necessariamente lontani i cronisti giudiziari dalle loro fonti all’interno dei palazzi di giustizia o delle questure, e persino le trasmissioni televisive dedicate al gossip giudiziario si sono riconvertite al tema esclusivo della pandemia.

    Il momento è stimolante per fare riflessioni pensando a ciò di cui non disponiamo ed a cui siamo abituati: come la cronaca nera che, per le ragioni illustrate, ora langue anche se non sarà per molto ancora…e nella quotidianità fatta in gran parte di ricerca di notizie sull’andamento del contagio e dei possibili rimedi, accade che balzi all’attenzione anche un articolo di “giudiziaria” pubblicato da un giornale omanita.

    Uno pensa all’Oman, medio oriente, e prima ancora di leggere il luogo comune ti fa dire: beduini! Chissà questi che ai ladri – l’articolo tratta proprio di simili furfanti – tagliano le mani che rapporto difficile avranno con la presunzione di innocenza!

    Poi salta all’occhio subito una cosa: le foto degli arrestati sono coperte per non renderli riconoscibili, i nomi sono ridotti ad iniziali o non citati del tutto e il pezzo è di fredda cronaca, privo di qualsiasi valutazione sulle responsabilità che restano presunte e senza magnificazioni dell’operato degli inquirenti.

    Proviamo a immaginare come un articolo analogo sarebbe stato scritto in Italia, magari preceduto da un proclama a reti unificate del Ministro dell’Interno?

    “Con una brillante operazione al termine di una meticolosa indagine coordinata dalla locale Procura della Repubblica, la polizia ha arrestato una banda di pericolosi criminali  (non presunti ladri, come scrive il giornalista omanita) dedita al furto nei grandi magazzini.

    I componenti della associazione per delinquere, sulle cui tracce gli investigatori erano ormai da tempo, sono stati tradotti in carcere.

    Nella ordinanza di custodia cautelare (che i giornalisti non dovrebbero avere, almeno non subito) si legge che in moltissime occasioni hanno (e non: avrebbero) rubato borse ed oggetti vari presso catene della grande distribuzione.

    Tre degli arrestati hanno precedenti specifici per furto e reati contro il patrimonio (leggasi: sono certamente loro, i ladri. A che serve il processo?). Le indagini sono ancora in corso e non si escludono clamorosi sviluppi”.

    Va bene, direte voi, ma alla fine a questi gli tagliano le mani!…non è detto perché il sistema processuale dell’Oman è un accusatorio puro di  tradizione britannica: quindi molto garantista.  Comunque sia, qualcosa da imparare lo abbiamo anche dagli omaniti: in attesa di Giustizia e sia pure nel rispetto del diritto di cronaca i processi non si fanno sui giornali e meno che mai anticipando sentenze di condanna.

  • In attesa di Giustizia: riservatezza a due velocità

    In questo bizzarro Paese dove prosperano trasmissioni televisive votate alla anticipazione di condanne e i quotidiani riempiono le colonne con intercettazioni telefoniche anche estranee all’oggetto delle indagini suona come stonata l’iniziativa della Procura di Brescia che ha indagato per “istigazione alla violazione del segreto d’ufficio” un cronista di giudiziaria del quotidiano locale che ha subito la perquisizione e il sequestro dello smartphone e del tablet, contenenti verosimilmente notizie e informazioni coperte da segreto professionale.

    “Istigazione alla violazione del segreto d’ufficio”, così meglio dettagliando una accusa di istigazione a delinquere  presuppone oltre ad un istigatore ci sia, necessariamente, un istigato che a sua volta è sensibile alla sollecitazione.

    E in questo caso chi sarebbe il soggetto istigato se non  la stessa Procura della Repubblica, attraverso i suoi uffici, o la Polizia Giudiziaria?

    Qui, per fortuna, non corro rischi perché mai documento e commento fatti che non siano già di dominio pubblico o – comunque – non coperti da segreto istruttorio.

    La questione è allora un’altra: un giornalista è legittimamente alla ricerca di notizie e dispone di  fonti di informazione che nel caso della cronaca giudiziaria, o “nera” che dir si voglia, sono interne agli uffici giudiziari e alle Forze dell’Ordine che, per conto loro, dovrebbero invece mantenere il massimo riserbo su attività investigative non ancora approdate al dibattimento o – comunque – private della opportuna secretazione.

    Ciò premesso, è possibile che questi soggetti possano essere considerati  idonei a subire istigazione e non piuttosto custodi – a volte infedeli – di informazioni riservate e sensibili che non dovrebbero divulgare?

    Nel frattempo il giornalista ha visto violati i suoi archivi di lavoro informatici e non contenenti sicuramente altri dati coperti dal segreto professionale che gli è attribuito e diverse da quelle che avevano dato avvio a sospetti e un’indagine così impattante e della quale bisognerà verificare se vi fossero i presupposti per attività così invasive della sfera privata di un professionista.

    Fermo restando che deve essere stigmatizzata ogni pubblicazione illegale di atti di indagini in corso, l’idea che un cronista possa essere indagato per essersi procurato informazioni o averne sollecitato la condivisione a fonti per prime non avrebbero dovuto fornirle appare un po’ ipocrita.

    Ma tant’è: e se è vero che deve rifiutarsi l’idea del processo mediatico che lede la dignità delle persone accusate prima ancora che si giunga anche solo a una sentenza non definitiva, una iniziativa del genere di quella descritta, oltre alla considerazione già spesa sulla sua natura ipocrita lascia spazio alla domanda: chi custodisce i custodi?

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