Cucina

  • Toghe&Teglie: risotto rape e gorgonzola

    Buona settimana a tutti i lettori, sono Pietro Adami, veronese, uno dei fondatori del Gruppo Toghe & Teglie che tra poco compirà dieci anni: i primi veri freddi suggeriscono piatti a più elevato contenuto calorico che, chissà come mai, sono sempre i più gustosi ed a voi propongo questo risottino frutto della mia personale inventiva; su questa ricetta ragionavo da un po’, immaginando come potesse risultare la combinazione dei sapori, infine mi sono deciso ed il risultato è stato più che soddisfacente, almeno per il mio palato…ed il vostro? Beh, provare per credere.

    Procuratevi delle rape già cotte, lessate, per velocizzare il processo e ponetele in una terrina dove rilasceranno il loro liquido (che a differenza della rapa in sè, ha meno retrogusto di … terra) e conservatelo.

    A questo punto ripassate in un’ampia padella della cipolla tritata finemente con un filo d’olio e mezzo bicchiere di lambrusco (sì, proprio lambrusco!) ed una volta appassita la cipolla, aggiungete il riso (due pugni a testa più uno “per la pentola”: e con le spannometriche quantità abbiamo appena iniziato) e l’acqua delle rape mescolando il tutto a fiamma alta fino a completo assorbimento.

    Ora, fiamma spenta del tutto e riposo per 5-10 minuti.

    Riaccendete il fuoco e proseguite come per un normale risotto, diluendo con brodo di verdure (possibilmente non quello già pronto nel cartone…) ed a metà cottura aggiungete mezzo cucchiaio di miele a porzione e regolate di sale.

    A fine cottura inserite – senza eccedere, a seconda della sapidità – del gorgonzola, fatelo sciogliere e mantecate a fiamma bassa, spegnete e spolverate con del prezzemolo sminuzzato.

    Tutto un po’ strano, eh? Eppure…garantisco per il risultato.

    A presto!

  • Toghe&Teglie: veggie burger

    Buona settimana ai lettori che dovranno accettare il fatto che sia nuovamente una mia preparazione a monopolizzare la rubrica: sono Massimiliano D’Alessandro, avvocato civilista della sezione pugliese del Gruppo Toghe & Teglie, ispirandomi a Jessica Rabbit, mi viene da dire che non sono poi così bravo, è il curatore della rubrica che mi sceglie e mi fa apparire così.

    A proposito! Non si pensi che un tarantino doc possa bestemmiare un piatto realizzato rigorosamente con prodotti della mia terra, un nome che sa di nouvelle cousine anglofona se non – peggio che mai – di ricetta salutista a tutti i costi, magari ispirata, con rigore da ordine monastico cartusiense, ad uno specifico regime alimentare: tutta colpa, pure in questo caso, del curatore della rubrica!

    Chiarisco subito che io preferisco usare i broccoli ma – sfortunatamente – il mio verduraio di fiducia ne era sprovvisto e mi ha raccomandato un cavolfiore: il risultato finale è stato tutt’altro che disprezzabile per cui, se vorrete, potrete provare entrambe le versioni restando immutato il procedimento.

    Ordunque: lessate il cavolfiore o i broccoli (non troppo per evitare lo sfaldamento che riduce tutto ad una pappa), metteteli in un tritatutto, frullatore, robot da cucina – insomma, quello che avete – ed aggiungetevi parmigiano, pangrattato (ma il meglio sono dei taralli sbriciolati che danno una “spinta” in più rispetto al semplice pangrattato), sale, pepe e sminuzzate il composto. Quantità? Ma stiamo scherzando? Si va “a sentimento”.

    Ora formate delle pallotte che, volendo, potete ripassare nel pangrattato (o tarallo sbriciolato), schiacciatele, apritele e mettete in centro un pezzetto di mozzarella fiordilatte o altro formaggio a vostra scelta che diventi filante con la cottura, richiudete e schiacciate dando la forma di un hamburger.

    Per la cottura, spennellate una ampia padella con olio (poco ma buono!) e fate andare gli hamburger qualche minuto per lato, impiattate e, volendo, potrete decorarli ed arricchire il sapore con guacamole, salmone o qualunque altra cosa ispirata dalla vostra fantasia creativa e dalla combinazione corretta dei sapori.

    Statt’ bun!

  • Toghe&Teglie: torta al vino primitivo

    Ben ritrovati, affezionati lettori, sono Consuelo Pinto della vivace sezione tarantina del Gruppo Toghe & Teglie: questa settimana vi propongo un dolce che poteva apparire insolito, almeno fino ad un po’ di anni fa – quando i vini pugliesi venivano considerati buoni, tutt’al più, per il “taglio” di altri più pregiati – una preparazione tra l’impensabile ed il blasfemo: la torta al vino primitivo.

    Eccezionalmente, non solo vi fornirò gli ingredienti ma anche le dosi (non troppo approssimative: anche io in cucina vado a “occhio e sentimento”).

    Dunque, procuratevi: 160 grammi di farina 0 o semola per dolci, 60 grammi di cacao amaro, tre uova, 190 grammi di zucchero, 150 grammi di burro, 100 grammi di vino primitivo, una bustina di vanillina e una di lievito per dolci.

    Passiamo ora alla preparazione, tutt’altro che complicata:

    sciogliete in un pentolino, a 60 gradi circa, il vino, lo zucchero, il cacao e il burro realizzando uno sciroppo e mettetene da parte un bicchiere; utilizzate il restante per un composto a base di uova, farina, lievito e vanillina.

    Impastate per rendere omogeneo il composto e versatelo in uno stampo per dolci, precedentemente imburrato e infarinato e cuocete in forno preriscaldato a 170 gradi circa per 30 minuti al termine dei quali controllate la cottura con uno stecchino: nel caso lasciatela proseguire qualche minuto ancora a seconda dell’esito della verifica.

    Quando la torta sarà cotta, estraetela dal forno e fate sulla sua superfice dei fori, versandovi sopra lo sciroppo messo da parte.

    Fate raffreddare e a temperatura ambiente e sarete pronti per mettere a tavola un dolce capace di stupire anche i palati più esperti.

  • Toghe&Teglie: rognoncino trifolato

    Buona settimana cari lettori, sono ancora Attilio Cillario – sezione lombarda di Toghe & Teglie – che, dovendo sciogliere l’antico dilemma “lascia o raddoppia?” ho deciso di raddoppiare la mia presenza in questa rubrica nel volgere di pochi giorni con un’altra proposta per il risotto, molto milanese e molto autunnale.

    Diciamo la verità: il risotto allo zafferano si presta benissimo ad una quantità di preparazioni che ne dimostrano la versatilità come accompagnamento di un piatto unico: non solo ossobuco e cotoletta “orecchia di elefante” ma anche – ed è il suggerimento odierno – del rognone trifolato, un’abbinata tradizionale della cucina lombarda.

    Vi risparmierò la ricetta del risotto che dovreste conoscere, è stata pubblicata anche su Il Patto Sociale in differenti versioni compresa quella che qui interessa; farò solo due raccomandazioni: usate sempre il burro chiarificato e possibilmente lo zafferano in pistilli che regala al piatto non solo un’estetica più accattivante ma sapore e profumo sono diversi e più intensi. E’ vero che, recentemente, l’ho visto in vendita a 25.000 € al kilo ma il peso specifico è un nonnulla rispetto alla resa e, proprio per la sua qualità, ne basta infinitamente meno anche per una mezza dozzina di bocche affamate.

    E passiamo al rognone: sulla quantità, come al solito, mi rimetto agli appetiti dei singoli ma diciamo che, parlando di un piatto unico, almeno un etto e mezzo a testa ci vuole e dovrà essere tagliato a fettine molto sottili.

    Dopo “l’affettatura” mettere il rognone a bagno in acqua e aceto per dieci minuti/un quarto d’ora al massimo, dopodichè scolatelo ed inseritelo in una padella per una leggera ed iniziale soffrittura con metà burro, metà olio evo ed uno spicchio d’aglio spellato e schiacciato.

    Dopo un paio di minuti sfumate scegliendo, secondo la preferenza, tra vino bianco, marsala o cognac ed aggiungete un mestolo di brodo di carne.

    Non ve lo dovrei dire perché lo avrete capito, ma ve lo dico a scanso di equivoci: la preparazione deve essere coordinata con i tempi di cottura del risotto…

    Torniamo al rognoncino: quando il brodo sarà evaporato, aggiungete un trito d’aglio e prezzemolo fresco ed una generosa grattata di scorza di limone non trattato, spegnete il fuoco e versate con tutto l’intingolo sul risotto e valorizzate il piatto stappando per tempo una bottiglia di un ottimo rosso.

    Enjoy!

  • Toghe&Teglie: risotto ai gamberi di Mazzara…senza gamberi

    Buona settimana ai lettori da Attilio Cillario, della sezione lombarda di Toghe & Teglie: spadellatore non meno che distillatore di un gin artigianale, Cillario & Marazzi, alle cui qualità alludono spesso i miei colleghi quando scrivono in questa rubrica e che vi invito a provare: fidatevi di Toghe & Teglie che vi accompagna su questa rivista ormai da alcuni anni.

    Passiamo alla ricetta: nonostante il titolo, procuratevi una ventina di gamberi rossi, appunto di Mazara del Vallo.

    Staccate le teste e privatele degli occhietti che darebbero un gusto amarognolo. Lo so che sembra un’autopsia ma tutto ciò è necessario e proseguite pulendo le code del carapace, devenatele e tenetele da parte, in una ciotola condite con un’emulsione di olio e limone perchè saranno il vostro antipasto, mica si buttano!

    Ora, in un wok versate qualche cucchiaio d’olio evo e mettete a soffriggere a fuoco moderato teste e carapaci per cinque minuti abbondanti, mescolando e sfumando con un bicchiere di vino bianco e, quando sarà evaporato, coprite con abbondante acqua e lasciate andare – adesso a fiamma bassa – per circa un’ora aggiungendone ancora se necessario: in seguito vi servirà un composto molto brodoso da frullare bene, un po’ alla volta, allungando ancora con acqua, se necessario per garantirne la fluidità.

    Passate poi il composto attraverso un colino abbastanza fitto: l’ideale è quello “cinese” e versate il brodo così ottenuto in un pentolino, rimettete sul fuoco (basso) aggiungendo un dado, di pesce ovviamente.

    E’ il momento di mettere in cottura il risotto: io ho usato il vialone nano, preparandolo nella maniera tradizionale, con un soffritto di burro e cipolla, aggiungendo il riso sufficiente per due porzioni abbondanti, sfumando con vino bianco e portandolo a cottura diluendolo progressivamente con il “brodo di gamberi”; la preparazione si conclude con trito di prezzemolo e una punta di peperoncino a fuoco spento.

    Un particolare interessante su cui voglio portare la vostra attenzione è l’ottima riuscita del piatto utilizzando il wok per cuocere il risotto invece della classica risottiera: esperienza da ripetere, provate anche voi.

    E le code dei gamberi? Abbiamo detto che saranno il vostro antipasto accompagnate, magari, da un gin  tonic… Cillario & Marazzi, naturalmente.

    Buone feste a tutti, spendetele bene dedicandovi

  • Toghe&Teglie: polpette di salsiccia e broccoli

    Bentrovati, cari lettori, da Maurizio Condipodero, avvocato della sezione Reggina di Toghe & Teglie: a voi sono già noto per la saporita semplicità della mia cucina ispirata ai prodotti ed alle tradizioni del territorio e nemica giurata della prova costume. Non mi smentirò nemmeno questa volta: finalmente, alle mie latitudini, la temperatura si è abbassata da 32 a 30 gradi segnando l’arrivo dell’autunno e allora la mia proposta della settimana è misurata proprio sulla ritrovata mitezza del clima e su alimenti di stagione…che sono sempre i migliori e più freschi.

    Procuratevi allora della carne trita mista di manzo e maiale e della salsiccia morbida da cucina non troppo piccante (detto da me…!): pulite la salsiccia dal budello, sminuzzatela e impastatela con la trita in rapporto circa di 2/3 – 1/3 e formate delle polpettine che, volendo, passerete nel pane grattugiato. Secondo il mio amico e conterraneo Giuseppe Barreca.

    In una padella dai bordi alti fate soffriggere dell’aglio mondato della camicia, del peperoncino “serio” in un giro di olio evo versato con generosità. Tanto – come si è detto – siamo in autunno e la prova costume è lontana…

    Come dite, avete prenotato un viaggio a Miami per Natale? E quello è profondo Sud…se non ci siete mai stati non sapete cosa vi aspetta a tavola: costine di maiale alla griglia ricoperte di salse saporosissime ma di dubbia dieteticità, contorno di purè mantecato con panetti di burro interi, spinaci saltati con la panna e anelli di cipolla fritti, tacos – che sono delle specie di piadine – ripieni di chili, un macinato di carne stufata piccantissima. Eppure in spiaggia ci vanno lo stesso.

    Andiamo avanti con la ricetta, eravamo rimasti alla padella con il soffritto: nel momento in cui l’aglio prende colore aggiungete i broccoli, precedentemente lavati in acqua corrente, e dopo aver aggiunto un bicchiere d’acqua coprite con un coperchio e fate andare a fuoco moderato.

    Di tanto in tanto girateli ed a metà cottura aggiungete le polpettine di salsiccia, o se preferite, della semplice salsiccia tagliata a tocchetti.

    Quasi al termine aggiungete mezzo bicchiere di vino rosso e dopo l’evaporazione dell’alcol spegnete il fuoco.

    Per le quantità, chi mi conosce, sa come la penso: il sentimento prima di tutto.

  • Toghe&Teglie: hallaca

    Buona settimana e ben trovati a tutti! Sono Alberto Zappa, non sono un avvocato ma sono il responsabile della comunicazione e delle relazioni esterne del Gruppo T&T nel quale anche coloro che hanno un ruolo fuori dai palazzi di giustizia devono saper cucinare: come il sottoscritto o il fotografo ufficiale, Ioris Premoli. Questo è il mio esordio su Il Patto Sociale con una specialità del Venezuela: un po’ complessa da realizzare ma se vi capitasse di invitare a cena una ragazza venezuelana fareste un figurone, lo dico per esperienza.

    La preparazione della hallaca si suddivide in tre fasi: 1) Preparazione dello stufato per il ripieno, 2) Preparazione della “massa” e sistemazione delle foglie 3) Confezione e cottura.

    Per ottenere 20/25 hallacas (che si possono conservare sottovuoto) procuratevi 750 gr. di polpa di vitello, 750 gr. di carne di maiale, 750 gr di pollo, uno spicchio d’aglio, quattro cipolle, ½ porro, origano, cinque peperoni dolci un bicchiere di vino rosso, 150 gr. di olive senza nocciolo, 100 gr. di capperi, un barattolo di sottoaceti sgocciolati e lavati, 100 gr. di uvetta sultanina, olio di oliva, 50 gr. di passata di pomodoro.

    1) Preparazione dello stufato:

    Tagliate finemente o tritate le carni, la cipolla, il porro e l’aglio. In una pentola grande e profonda versate dell’olio d’oliva; aggiungete la cipolla con l’aglio e fate soffriggere per alcuni minuti aggiungendo la carne: ora fate cuocere per dieci minuti a fuoco moderato mescolando per amalgamare bene. Lasciate procedere la cottura per altri 10/15 minuti aggiungendo il vino, lasciandolo evaporare per poi aggiungere la passata di pomodoro.  Avanti ancora con la cottura per un’ora; quando l’olio arriverà in superficie, lasciate raffreddare.

    2) Preparazione della massa e sistemazione delle foglie:

    Nel frattempo si preparano le foglie e l’impasto con due pacchetti di farina di mais (“Harina Pan”), cinque cucchiaiate di olio della preparazione dello stufato riscaldato con aggiunta della spezia “Onoto” per dare il colore giallo. Per taluni ingredienti, come si intuisce, è necessario trovare un negozio specializzato in cibi e spezie…

    Aggiungete acqua tiepida sufficiente per ammorbidire il composto e sale q.b.. in un recipiente in cui avrete messo la farina, e l’olio; impastate fino ad ottenere una massa morbida, fate riposare per mezz’ora ed in seguito formate delle palline di 5-6 cm di diametro.

    Per l’involucro vi serviranno: sei grandi foglie di platano o di banana. filo da cucina (spezzoni da un metro).

    3) Passiamo alla confezione e cottura finale:

    Lavate molto bene le foglie, asciugatele con un panno e tagliatele in quadrotti da 30×30 cm, circa due spanne abbondanti per lato. Bagnate le mani nell’olio preparato in precedenza ed ungete il centro della foglia e stendetevi una pallina dell’impasto formando dei cerchi da 15 cm. circa. Nel centro dell’impasto già steso, mettete un mestolo dello stufato e decorate con altri ingredienti: un’oliva spezzettata, anelli di peperoni, sottaceti, capperi, uva sultanina. Piegate la foglia in modo che l’impasto contenga tutti gli ingredienti come un pacchetto e chiudetela in modo che tutto rimanga molto compatto, legando col filo da cucina.

    Per finire mettete le hallacas in una pentola con acqua bollente per 30 minuti, toglietele lasciatele brevemente asciugare. Quindi servite in tavola al momento e quelle in eccesso potranno essere conservate in frigorifero o in congelatore. Prima di un successivo consumo riscaldatele in acqua bollente.

    Sì, capisco, la ragazza venezuelana deve essere molto carina, altrimenti si fa prima ad andare in un buon ristorante…ma la soddisfazione non è la stessa!

    Alla prossima!

  • Toghe&Teglie: cipolle rosse in agrodolce

    Buon autunno a tutti! Sono ancora una volta Massimiliano D’Alessandro, cuoco prestato all’avvocatura della sezione tarantina di Toghe & Teglie. Ultimamente le mie preparazioni sembra che stiano spopolando tra gli amici del Gruppo e, così, eccomi di nuovo a proporvi una delle mie recenti preparazioni, una conserva di facile ma lunga preparazione che consiglio – una volta che ci si mette all’opera – di produrre in abbondanza e non pensarci più per un po’.

    Queste cipolle in agrodolce sono ottime sia come completamento di un’insalata che come contorno e non stonano neppure come arricchimento di un aperitivo: assicuro che sono buonissime, però assicuratevi di non avere impegni sociali o di lavoro che impongono distanza ravvicinata perché sono come le ciliegie e una tira l’altra con gli effetti collaterali immaginabili. Prive di controindicazioni, invece, se avete in programma solo delle conference calls.

    Procediamo! E questa volta avrete anche indicazioni puntuali sui quantitativi: procuratevi e tagliate a fettine sottili ma non troppo 1 chilo di cipolle rosse e mettetele a macerare in una coppa o ciotola con delle foglie di alloro e 200 ml. di aceto di mele; coprite con la pellicola e lasciate riposare quattro ore.

    Trascorso il tempo indicato, versate mezzo chilo di zucchero, rimestate bene e ricoprite nuovamente lasciando riposare per altre cinque ore (e siamo a nove più quelle dedicate alla spesa, alla organizzazione, taglio delle cipolle ecc..: vi avevo avvisato!).

    Le cipolle, però, non devono restare crude e quindi mettete il composto in una padella capiente, bassa e ampia, e cuocete a fuoco basso/medio per 40 minuti rigirando di quando in quando.

    Intanto che le cipolle cuociono preparate i contenitori; servono i boccacci con chiusura ermetica: colmateli a cottura ultimata con le cipolle senza aggiungere null’altro, chiudete e subito dopo capovolgete lasciando fare il sottovuoto per una notte…e siamo a un giorno e mezzo per la preparazione di base ma da quello successivo potranno essere girati e conservati, sempre che non iniziate subito la degustazione, il che è molto probabile.

    A presto per sbizzarrirci ancora insieme ai fornelli!

  • Toghe&Teglie: involtini agli agrumi

    Buon Ferragosto, cari lettori de Il Patto Sociale! Sono Manuel Sarno, fondatore del Gruppo Toghe & Teglie e questa settimana dovrete sopportarmi anche in questa rubrica oltre che “In attesa di Giustizia”. Un periodo di meritato riposo in Sicilia mi ha suggerito una preparazione che, essendo riuscita piuttosto bene, mi sento di segnalarvi: altro non è che una variante degli involtini alla palermitana dei quali, peraltro, ne esistono una quantità a partire dalla carne scelta per realizzarli. In origine è quella di vitello – che personalmente preferisco ed ho utilizzato anche questa volta – ma si può impiegare tranquillamente di pollo o suino.

    Premetto che i quantitativi sono “a muzzo” o “a sentimento”, secondo tradizione.

    Procedete acquistando delle fettine di carne che avrete cura di far tagliare molto sottili ed in modo da avere una lunghezza che consenta l’arrotolamento ed una larghezza di circa tre/quattro dita: dipende dalle dita di chi.

    Mettetevi, poi, ai fornelli fate intiepidire appena una padella prima di versarvi un cucchiaio di olio evo (non bisogna esagerare altrimenti si realizza un fritto e non un soffritto) facendolo leggermente scaldare  anch’esso per poi aggiungere della cipolla finemente tritata, uno spicchio d’aglio – che in seguito toglierete – e della mollica di pane sbriciolata (a scelta, vanno bene anche dei taralli ridotti quasi in polvere) aggiustando di sale e pepe.

    Fate andare a fuoco moderato finchè la mollica non risulterà abbrustolita e croccante e togliete dal fuoco versando il tutto a raffreddare in una ciotola inserendo poi del prezzemolo tritato, caciocavallo o formaggio simile, non troppo stagionato, sminuzzato e parmigiano max. 24 mesi.

    Prima di impastare quello che sarà il ripieno, grattugiatevi sopra della scorza di limone non trattato o di arancia, badando a non esagerare evitando che vada a coprire gli altri profumi e sapori.

    Impastate il tutto, stendete le fettine di carne sul piano di lavoro, posizionatevi sopra il ripieno, arrotolate e chiudete i bordi laterali, dopodichè passate ciascun involtino, senza intriderlo, in olio evo e poi nel pangrattato.

    Ora “infilzate” gli involtini a due a due, tre a tre…dipende dalle dimensioni (ma non devono essere troppo grandi: poco più che dei bocconcini) con degli spiedini di legno e adagiateli su carta forno in una teglia senza aggiunta di altri condimenti.

    In forno preriscaldato a 200° per un minimo di un quarto d’ora/venti minuti – regolatevi con il formarsi della crosticina – girandoli almeno una volta e nel frattempo dedicatevi a preparare una fresca insalata di contorno.

    Per dissetarvi suggerisco una eccellente “Birra dello Stretto” ghiacciata: non è facile da trovarsi al di là di Scilla e Cariddi ma val la pena ordinarne una cassa, ve la spediranno senza problemi.

    Buon proseguimento e buon appetito a tutti!

  • Toghe&Teglie: pollo marinato al miele

    Buona settimana e buone vacanze a tutti, buon rientro a chi le ha già fatte: sono Anna Paola Klinger, veneziana del Gruppo Toghe & Teglie e manco da qualche tempo in questa rubrica: devo il mio ritorno ad un piatto che può non sembrare estivo ma, prima di illustrarvelo, rispondete ad una domanda: voi in questa stagione vi cibate solo di insalata di riso, vitello tonnato, gigantesche coppe di frutti di bosco? La parmigiana di melenzane la freezate per scongelarla sotto Natale insieme al risotto con i frutti di mare?

    Fatta chiarezza con onestà intellettuale e buona pace degli esiti della prova costume, mettetevi alla prova con questo delizioso polletto: me lo dico da sola ma lo sperimenterete di persona, è proprio buono!

    Dunque, procuratevi, ovviamente, un pollo. Ho detto un pollo, non il cadavere di una creatura allevata con oscure miscele chimiche, trucidata, avvolta nel cellophane come in un sacco mortuario ed ostesa sugli scaffali di un supermercato con qualche marchio la cui pubblicità di una singola confezione costa di più della buon’anima.

    La creatura deve essere – o meglio, doveva essere in vita – ruspante e la carne, saporita e consistente, deve faticare a staccarsi dall’osso: quindi recatevi in una macelleria o polleria di buon livello e procedete con l’acquisto; già che ci siete potreste evitarvi la fatica facendovi tagliare il pollo a pezzi…

    …pezzi che, giunti a casa, metterete a marinare almeno una mezz’ora in una ciotola con due spicchi d’aglio, due o tre cucchiai di miele (io uso quello di acacia), abbondante curcuma e mezzo bicchiere di vino bianco (vige sempre il divieto assoluto di avvelenare le pietanze con Tavernello e simili).

    Il tutto va mescolato con le mani prima di lasciarlo ad insaporire.

    Per la cottura è perfetto un wok, come suggeriva Saverio La Grua la settimana scorsa è un utensile molto versatile, nel quale verserete un poco di olio evo ed un porro affettato sottile; inserite poi il pollo e fate rosolare la pelle, ricoprite con il sughetto della marinatura e procedete a fuoco moderato e con il wok coperto, per mezz’ora e inserendo, senza esagerare, della salsa di soia rabboccandola man mano che si consuma.

    Dopo la prima mezz’ora fate andare per altrettanto tempo con il wok scoperto ed a cottura ultimata impiattate cospargendo con scaglie di zenzero appena grattugiate.

    Non male eh? Avete messo un buon bianco a ghiacciare? Si accompagna perfettamente…

    A presto!

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