cuochi

  • Toghe&Teglie: tiella di polpo e patate “Bari Vecchia”

    Puglia uber alles, cari lettori, questa settimana: su Il Patto Sociale – oltre che in questa – se ne parla nella rubrica “In attesa di Giustizia”, ed io che firmo per voi una tradizionale preparazione barese sono Massimiliano Chico D’Alessandro, avvocato tarantino del Gruppo Toghe & Teglie!

    Sarà contento il conterraneo Direttore, Raffaella Bisceglia, anche se è certamente più digeribile la mia ricetta che il racconto di alcune vicende tranesi che troverete in un’altra pagina…

    Dunque, tiella di polpo e patate “Bari Vecchia”, dove tiella è il termine usato per indicare un tipico contenitore da cucina, la teglia che dà il nome anche al nostro Gruppo, e Bari Vecchia è il quartiere di origine del piatto: una delle zone più caratteristiche di Bari dove fino a qualche anno fa aveva timore ad entrare anche Don Salvatore Annacondia della Scara Corona Unita, luogo ora frequentabilissimo, pieno di fascino, ricco di eccellenti ristoranti di pesce e dove si trovano ancora anziane signore che preparano a mano le orecchiette e le mettono ad essiccare fuori dalla porta.

    Bando alle chiacchiere e procuratevi, ovviamente, una teglia, una cipolla che taglierete a fettine sottili, dei pomodorini da fare a tocchetti, tritate del prezzemolo fresco e tenete a portata di mano sale, olio evo e pepe.

    Ah, già! Prima di iniziare avrete pescato un bel polpo fresco…non avete il mare a portata di mano? Può succedere specialmente se si vive in riva all’Adda o al Ticino, ma un pescivendolo di fiducia lo avrete pure? Ecco, il polpo prendetelo da lui.

    Ora affettate sottilmente delle patate (sì servono anche quelle, non ve l’ avevo ancora detto ma dalla foto si capisce!) e stendetene uno strato nella tiella, ricoprite con abbondante pecorino grattugiato non troppo stagionato e sapido, poi uno strato di polpo tagliato a pezzi, coprite con altre patate a fette, insaporite con tre/quattro spicchi di aglio sminuzzati, ora una bella passata di prezzemolo, pomodorini, sale e pepe, abbondate con un giro d’ olio, allungate versando un mezzo bicchiere di acqua e coprite nuovamente il tutto con il pecorino grattugiato.

    Come avrete capito è un piatto multistrato da inserire in forno preriscaldato a 180 gradi e quando si forma la crosticina proseguite altri 5/10 minuti con distribuzione del calore solo inferiore…e poi…che ti mangi…

    Cosa volete, le dosi? Ma quali dosi, qui non si usa andate – come si suol dire in Toghe & Teglie – “ad occhio e sentimento”

    Buon appetito

  • Toghe&Teglie: Dubliners

    Buona settimana, cari lettori, da Giuseppe Barreca avvocato calabro-mantovano del Gruppo Toghe & Teglie: questa volta voglio proporvi un piatto che ho realizzato dopo una visita alla Guinness Storehouse a Dublino, in occasione della quale ho ricevuto in omaggio (come tutti gli ospiti) la ricetta del loro omonimo stufato, assolutamente delizioso. L’ho replicato e vi suggerisco caldamente di fare altrettanto.

    Avendo trovato dal mio macellaio dei bellissimi stinchetti di agnello, ho pensato “… perché non farli brasati con verdure con la Guinness secondo quella ricetta tipica dublinese?”.

    Dunque, per tre/quattro porzioni procuratevi un chilogrammo di stinchetti di agnello, 50 grammi di lardo di Colonnata (preferibile ad olio e burro, perchè insaporisce molto di più il piatto), una cipolla, cinque carote, due piccoli gambi di sedano, 400 grammi di patate piccole e una grande patata dolce, una bottiglietta di Guinness da 330 ml. e 150 ml. di acqua, 40 grammi di farina, aglio, sale, pepe nero e prezzemolo q.b..

    Mettete a scaldare preferibilmente una cocotte in ghisa per grandi cotture o un recipiente analogo con il lardo di Colonnata tagliato a pezzetti e una piccola pecca d’aglio, così da farlo sciogliere.

    Nel contempo mescolate farina, sale e pepe e poi infarinate gli stinchetti, lasciandoli con il loro grasso.

    Ora togliete l’aglio e mettete la carne nella cocotte iniziando a rosolarla su ogni lato (tale operazione non deve superare i cinque minuti e deve essere fatta al solo fine di sigillare la carne).

    A parte preparate un battuto di cipolla, sedano e una carota, quindi togliete gli stinchetti dalla pentola e fate leggermente soffriggere le verdure nella stessa cocotte.

    Una volta che queste saranno un po’ dorate, rimettete gli stinchetti in pentola per farli insaporire con le verdure.

    Quindi aggiungete l’intera bottiglietta di Guinness e l’acqua, dando inizio ad una lunga cottura nel forno olandese…non ce l’avete? Malissimo, è indispensabile in cucina: ben quattro ore (se vedete che si asciuga troppo, potete aggiungere un pochino di acqua calda) ma qui si deve andare un po’ a occhio e a seconda del risultato finale che si vuole ottenere.

    Quando si inizia a vedere che la carne si sta staccando dall’osso, ci siamo quasi ed è necessario rigirare gli stinchetti ogni mezz’ora.

    Dopo tre ore di cottura aggiungete le altre quattro carote insieme alla patata dolce dopo averle tagliate a pezzettoni e, dopo trenta minuti, aggiungete le altre patate.

    Dopo un po’ ancora togliete il coperchio alla pentola per far addensare l’intingolo e dopo avere spento aggiungete un bel po’ di prezzemolo fresco tagliato grossolanamente.

    Finito? Assolutamente no, mi spiace: è un piatto delizioso ma richiede tempo e attenzione.

    Dopo aver fatto riposare il tutto per un buon quarto d’ora, gli stinchetti saranno pronti da servire con la loro salsa alla birra che altro non è che il sughetto degli stessi con le verdure che nel frattempo avrete frullato dapprima con il minipimer (usando la lama per le creme) e, poi fatto addensare a parte con un po’ di amido di mais e una piccola noce di burro.

    In alternativa e finchè non vi sarete procurati un forno olandese, potete optare per una cottura lenta (almeno due ore) regolandovi a occhio, con fuoco al minimo badando a non fare rapprendere troppo il sughetto.

    Ovviamente, dissetatevi con una bella pinta di Guinness!

    Non disperate e mettetevi subito ai fornelli per sperimentare la vostra abilità con questo piatto.

    Alla prossima!

  • Toghe&Teglie: insalata di gamberi all’orientale

    Buongiorno a voi, lettori golosi de Il Patto Sociale! Sono Attilio Cillario, avvocato milanese del Gruppo Toghe & Teglie che alla frequentazione delle aule di giustizia (?) abbino quella della distilleria di pregiato gin italiano di cui sono co-fondatore: Cillario & Marazzi Spirits…un po’ di pubblicità non guasta e – se lo proverete – vedrete che il mio gin vi gusta!

    Ovviamente, ho una passione anche per la cucina e così eccomi qua a proporvi una pietanza che potrà accompagnarvi durante la bella stagione: una fresca insalatina con gamberoni e germogli di bambù.

    Facile facile da preparare, il segreto, come al solito sono gli ingredienti.

    Iniziate raccogliendo i germogli di bambù freschi nel vostro boschetto…non avete un boschetto di bambù?! Questo è veramente un peccato ma non è un problema irresolubile: a Milano, a Chinatown, si trovano una quantità di negozietti etnici che ne offrono di ottima qualità.

    Non abitate a Milano e Chinatown risulta scomoda? Non disperate e soprattutto non virate sulla solita, banale, insalata di carciofi (sebbene, volendo, qualche cuoricino di carciofo affettato si possa aggiungere).

    Pazienza, cercate i germogli in qualche supermercato o negozio di alimentari ben fornito.

    Ora che vi siete procurati una parte importante della materia prima, pulite molto bene i vostri germogli eliminando tutte le foglie scure e “legnose” proprio come fosse un carciofo.

    Fatto questo tagliatene i cuori a fettine sottili e sbollentateli per trenta secondi in un pentolino d’acqua già a temperatura.

    E’ il momento dei gamberoni: sgusciateli, puliteli bene soprattutto dell’intestino e scottateli appena in padella con un filo d’olio: se piace, l’olio può essere prima insaporito unendovi uno spicchio d’aglio mondato da togliere quasi subito.

    Ah, questo è un passaggio fondamentale che stavo trascurando: in precedenza, in una ciotola avrete preparato e lasciato a riposare qualche tempo un’emulsione con olio (suggerisco uno ligure, perfetto per il pesce) limone o lime, sale – se trovate il sale Maldon, non è complicato, è tanto meglio – e pepe profumato macinato fresco.

    Ora unite i gamberoni ai germogli (ed ai carciofi, se avete utilizzato anche quelli), condite con la vostra emulsione e siete pronti per gustare una prelibatezza assoluta.

    Consiglio di accompagnare con un ottimo gin tonic…ovviamente.

  • Toghe&Teglie: paccheri con guanciale carciofi e fave

    Buona settimana a tutti i lettori da Vittorio Pacchiarotti della sezione laziale di Toghe & Teglie; mi definisco un artigiano delle padelle, mi avete già conosciuto seguendo questa rubrica, che predilige una cucina a base di prodotti del territorio e di stagione e questa volta il piatto, che ha suscitato anche l’interesse dei miei amici del Gruppo, è quella che potremmo definire una variazione della classica carbonara…che abbina equilibratamente i sapori di verdure di stagione fresche seguendo quella che può chiamarsi “proprietà transitiva del gusto”.

    Qualche esempio “mirato”: il pecorino con le fave ci sta bene? Allora se le fave stanno bene con i salumi anche il pecorino può esserne accompagnamento ideale. E così via.

    Procuratevi per prima cosa dell’ottimo guanciale (la pancetta va bene per fare le uova al bacon: lasciatela agli americani), tagliatelo a tocchetti e fatelo “sudare” nel suo grasso in una padella. il che basta e avanza senza aggiunta di altri condimenti. Toglietelo quando è diventato croccante all’esterno ed è ancora morbido all’interno e mettetelo da parte.

    Nella stessa padella, ove avrete lasciato il grasso rilasciato dal guanciale, inserite le fave, cui avrete tolto la pellicola esterna, ed i cuori dei carciofi tagliati fini: fate andare a fuoco moderato aggiungendo un po’ d’acqua di cottura della pasta, intanto che anche questa è sul fornello, un po’ di pepe tostato a parte, pochissimo peperoncino, sale quanto basta e proseguite fino a quando le verdure non saranno diventate morbidissime. Il tempo c’è perché il formato della pasta è preferibile che sia grosso: io ho usato dei paccheri che richiedono diversi minuti di bollitura con la raccomandazione di scolare molto al dente.

    Separatamente, sbattete in una ciotola un rosso d’uovo per ogni commensale conservando per il finale.

    Scolata la pasta, versatela nella padella con le fave e i carciofi – fuoco rigorosamente spento per evitare “l’effetto frittata” – aggiungete le uova e mantecate senza dimenticare una generosa spolverata di pecorino non troppo stagionato e sapido.

    Impiattate senza dimenticarvi del guanciale croccante in attesa e usatelo per guarnire.

    Tutto qui…ma il risultato ripagherà della attenzione e pazienza necessarie.

    A tavola e, a presto!

  • Toghe&Teglie: farinata di cavolo nero e fagioli borlotti

    Buona settimana a tutti! Sono Francesco Toschi Vespasiani, fiorentino del Gruppo Toghe & Teglie che questa rubrica ha ospitato anche di recente: torno a voi con un’altra delle preparazioni “storiche” della mia famiglia che – in passato – ha gestito una trattoria tipica toscana e la pentola che vedete in fotografia, insieme alla ricetta, è stata ereditata da mia nonna.

    Allora: un po’ a spanne come quantità per tre o quattro persone: tenete conto che è una zuppa saziante.

    250 grammi di fagioli borlotti, 300 grammi di farina di mais, un porro, due bei cespi di cavolo nero, olio e sale q.b..

    Pulite il cavolo nero e lessatelo in acqua bollente e salata e conservatela al termine.

    Cuocete anche i fagioli borlotti dopo averli lasciati a bagno almeno 8/10 ore (se avete fretta, in pentola a pressione, cuociono ottimamente in 14 minuti) e salateli leggermente appena si può aprire la pentola. Quelli già pronti non valgono.

    Qualora abbiate preparato i fagioli in pentola aperta, salate 10 minuti prima della fine cottura. Tenete da parte anche quest’acqua di cottura

    Ora tagliate il porro a rondelle sottili e fatelo stufare in un tegamino con l’olio sufficiente per condire tutta la farinata.

    Mettete in un’altra pentola capiente l’acqua di cottura del cavolo, unite quella dei fagioli e un po’ di acqua del rubinetto e portate a bollore, poi versate a pioggia la farina di mais, mescolando bene e fate cuocere a fuoco moderato.

    Dopo 10 minuti versate nella pentola sia il porro con il suo olio, sia il cavolo nero che avrete nel frattempo tritato; ricordatevi di mescolare ogni tanto (mestolo rigorosamente in legno) perché la farinata tende ad attaccarsi sul fondo.

    Proseguite la cottura per 40/50 minuti ed a 15 minuti dallo spegnimento, versate nella pentola anche i fagioli, aggiustando di sale.

    La farinata dovrà risultare densa, ma morbida: quindi, in caso di necessità, diluite con acqua bollente durante la cottura.

    Ultimo passaggio: potrebbe piacere un po’ di pancetta o dello speck a dadini saltati in padella per renderli croccanti (senza bruciarli: devono restare morbidi all’interno) per insaporire la zuppa.

    E’ un’aggiunta che si può certamente fare: non io perché penso che, tutto sommato, stoni un poco con un piatto tradizionale dei contadini delle campagne toscane…ma male non fa e potrete provare entrambe le versioni.

    Un caro saluto, a presto!

  • Toghe&Teglie: pasta con cozze e cannellini

    Buongiorno a tutti da Paola Porzio della sezione padovana di Toghe & Teglie: vi è mai capitato di ritrovarvi un gruppetto di amici a cena, più o meno all’improvviso? Che fare? Per esempio iniziare a saziarli con un primo appetitoso e ricco, possibilmente non complicato da preparare…a me è successo ed ecco la soluzione adottata (ed apprezzata) per circa 12 persone…le dosi indicate sono quelle per la pattuglia che ho dovuto sfamare, quindi regolatevi per un numero minore di commensali.

    Fate cuocere per circa un’ora 500 grammi di fagioli cannellini, freschi e quindi tenuti a bagno dalla sera prima, con una carota, una gamba sedano, cipolla e sale: in seguito separate, filtrando, le altre verdure dai fagioli. Servono, ora, 3 kg. di cozze: pulitele e mettetele in grande padella, bassa e preferibilmente di alluminio come quella in foto, con olio, aglio mondati, un po’ d’acqua e vino bianco (in dose più generosa). Tenete da parte il brodo di verdure utilizzato per i cannellini.

    Saranno pronte per i passaggi successivi quando si apriranno ed – a questo punto – toglietele dalla pentola e sgusciatele tenendo da parte il sughetto.

    Ora, nella stessa padella, rosolate con olio e aglio dei pomodorini maturi tagliati a pezzettini (almeno 300 grammi); potete aggiungere un cucchiaio scarso di bicarbonato per togliere l’acidità, ricordando che lo zucchero la maschera ed altera un po’ il gusto del pomodoro.

    Dopo qualche minuto, togliete l’aglio e sostituitelo con i fagioli. Se non vi serve subito, mettete da parte il condimento e quando sarete pronti per sfamare i vostri ospiti, mettete a bollire il brodo di verdure e nel frattempo calate la pasta (è perfetta quella mista, come nella foto, in ogni caso pasta corte ed è ottima anche quella di semola fresca, tipo scialatielli o trofie, che ha tempi di cottura rapidi) direttamente nella pentola con il condimento e fatela risottare, un metodo di preparazione che garantisce il migliore assorbimento dei sughi, aggiungendo di tanto in tanto l’acqua delle cozze tenuta da parte ed il brodo di verdure, opportunamente portati a temperatura.

    A metà cottura, inserite anche le cozze ed a fuoco spento una spolverata di prezzemolo fresco, mentre un tocco di originalità può derivare dall’aggiunta di un velo o scagliette di pecorino purchè non troppo stagionato. Dipende sempre tutto da gusti e fantasia.

    Alla prossima!

  • TogheTeglie: la pizza rentorta

    Cari lettori de Il Patto Sociale, buongiorno a tutti da Giusi Aguzzi, avvocato reatino del Gruppo Toghe & Teglie; passata la festa gabbato il Santo? Ma per nulla! Trascorse la Pasqua e Pasquetta vi propongo una preparazione che, alle nostre latitudini, è tipica per le festività in generale ma va benissimo sempre: infatti l’ho realizzata anche di recente ed ai miei amici avvochef è tanto piaciuta che mi hanno chiesto la ricetta da condividere con voi.

    Sto alludendo alla pizza rentorta, originaria del Cicolano (cos’è il Cicolano? Una regione storico-geografica situata nella bassa provincia di Rieti), che prende il nome dalla sua forma attorcigliata che, appunto, in dialetto si dice rentorta.

    Come ho anticipato si cucina soprattutto in occasione delle feste comandate ma non meno che per le gite fuori porta visto che è molto buona da mangiare anche fredda.

    Passiamo alla realizzazione (dosi spannometriche, come di consueto in questa rubrica, salvo qualche lodevole eccezione).

    Iniziate, ovviamente, con la classica sfoglia, o ‘stesa’ come si dice qui a Rieti: per una pizza rentorta di medie dimensioni bisogna utilizzare tre uova intere e tutta la farina che raccolgono sino a diventare un impasto omogeneo.

    Dopo averlo fatto riposare per una mezz’ora in una ciotola coperta con un panno, stendete l’impasto provvedendo che la sfoglia rimanga un po’ spessa perché deve contenere il ripieno senza rompersi.

    A questo punto si può farcire con diversi ingredienti a vostro piacimento: io, in questa occasione, ho scelto – come si vede dalla foto – salsicce nostrane mondate della pelle e sbriciolate, stracchino da stendere come base sulla sfoglia, scamorza a tocchetti e della cicoria ripassata, rigorosamente di campo.

    Salumi, verdure e formaggi, scelti ed assortiti variamente facendo attenzione alle migliori combinazioni di sapore, sono le opzioni ideali.

    Ora, con delicatezza per evitare rotture dell’impasto e fuoriuscita del ripieno, si arrotola il tutto formando un rotolo che poi si attorciglia ulteriormente dandogli la forma di una girella. Se preferite potrete anche evitare quest’ultimo passaggio, un filo più complesso per non provocare rotture della sfoglia proprio all’ultimo…ma con il tempo e un po’ di esercizio non riuscirà difficile: tanto quello che conta è il sapore.

    Si mette in forno per circa mezz’ora, preriscaldato a 180 gradi, e se tutto va secondo i piani ne uscirà una delizia…difficile che duri anche solo fino a sera per verificare se è davvero buona anche a temperatura ambiente.

    Buon appetito, a presto.

  • Toghe&Teglie: risotto asparagi e mazzancolle

    Buona Pasqua, Pasquetta e tutti i giorni appresso ai lettori di questa rubrica: sono Giuseppe Barreca, noto come l’Accademico del Baccalà del Gruppo Toghe & Teglie e questa settimana vorrei proporvi un piatto di notevole effetto sia scenico che gustativo.

    Iniziate procurandovi degli asparagi piccoli, simili a quelli selvatici, e scottateli leggermente in acqua bollente. Poi separate le punte, mettetele a parte e sminuzzate finemente i gambi.

    In precedenza avrete preparato un buon brodo di verdure con il tradizionale mix di carote, cipolla, zucchine, sedano e quant’altro gusto personale e dispensa suggeriscano.

    A questo punto tostate il riso (io ho usato un carnaroli della Tenuta San Massimo) in una padella ampia e bassa, ma non sfumatelo con il vino bianco. Quindi proseguite a preparare il risotto nel modo tradizionale, aggiungendo i gambi degli asparagi.

    Intanto che il riso procede nella cottura, regolando con il brodo secondo le necessità, per tre o quattro porzioni sgusciate e pulite una decina di piccole mazzancolle che andranno aggiunte al riso cinque/sei minuti prima da fine cottura.

    Per la guarnizione finale preparate delle mazzancolle grandi, una a porzione va bene, in una padella con olio profumato all’aglio ed, a fine cottura, flambatele con del whisky, aggiungendo una piccola noce di burro di capra per raccogliere i succhi.

    Con un po’ dello stesso burro, inoltre, rosolate le punte degli asparagi e  caramellateli con un cucchiaino di miele di agrumi.

    Pronti tutti gli ingredienti, il risotto sarà nel frattempo arrivato al punto giusto di cottura: mantecatelo impiegando sempre  burro di capra  ghiacciato ed un po’ di pecorino fresco grattugiato.

    Aiutandovi con un coppapasta impiattate come nella fotografia.

    Per viziarvi un pochino, dissetatevi abbinando un flûte di Billecart-Salmon – Champagne Brut Rosé. O anche più di uno se non dovete guidare.

    P.S. Mazzancolle a parte, come di consueto, le quantità degli ingredienti saranno ad occhio e sentimento.

    Enjoy it!

  • Toghe&Teglie: fregola ricca

    Buona Pasqua a tutti i lettori da Marco Marino della Sezione Ligure del Gruppo Toghe & Teglie: è noto che tra la mia regione e la Sardegna vi siano forti legami sino all’estremo di Carloforte – meglio noto per la qualità straordinaria del tonno – che è da considerare una vera e propria enclave in cui si parla tutt’ora dialetto ligure.

    Non stupirà, dunque, la proposta culinaria che offro alla vostra attenzione: un ricco primo piatto incentrato sulla fregola, pasta di semola (praticamente un cous cous a grana grossa) tipica della Sardegna; bando agli indugi e passiamo alla preparazione.

    Per prima cosa mettetevi all’opera per realizzare un robusto soffritto con olio evo, carote, sedano e cipolla al quale aggiungere anche dello scalogno e della salsiccia al finocchietto a grana grossa.

    Sfumate con vino bianco di buona qualità ed a questo punto aggiungete un bicchiere d’acqua, un cucchiaino di rosmarino fresco tritato e un rametto di santoreggia; non la conoscete? Beh, è l’occasione buona per farlo: è un’erba aromatica ricca di principi attivi e vitamine con (tra le molte) proprietà anti ossidanti e antibatteriche.

    Coprite e fate andare a fuoco lentissimo (io uso addirittura la fiamma pilota). A parte, nel frattempo, preparate un brodo vegetale, oppure utilizzare un mestolo di quanto appena preparato, con un paio di litri d’acqua.

    E’ il momento di mondare e tagliare dei carciofi: mentre i gambi puliti e affettati con una mandolina andranno inseriti subito nel sugo (così si scioglieranno e conferiranno sapore), gli spicchi sottili del cuore è preferibile metterli a cuocere poco prima di buttare la fregola.

    Ci siamo quasi, è una ricetta per nulla complicata ma richiede pazienza: allungate il sugo con il brodo e aggiungere la fregola tostata (media o grossa) facendola risottare per non meno di 20 minuti ed avendo l’accortezza di assaggiare ogni tanto per verificare la sapidità.

    Aggiungete una bustina di zafferano e, terminata la cottura, mantecate con ricotta salata (oppure con quella affumicata).

    Per gustare al massimo tutti gli aromi è bene aspettare che si intiepidisca, ma addirittura il giorno dopo è ancora meglio…e per far scuocere la fregola ci vuole un impegno fuori dal comune.

    Buon appetito ed ancora auguri!

  • Toghe&Teglie: spaghetti alla moda di Maurizio

    Cari amici lettori, buona settimana a tutti da Maurizio Condipodero, della sezione calabra di Toghe & Teglie: è per me un privilegio proporvi questo piatto – che può considerarsi anche “un piatto unico” – insolito, facile da realizzare e leggero nei limiti in cui la cultura del Sud lo consente.

    Bando agli indugi: In una padella mettete del burro (tanto e di ottima qualità), alici sott’olio (abbondanti), crema di alici (di questa non molta, altrimenti si eccede in sapidità), una grattugiata di scorza di limone e fate cuocere a fuoco moderato facendo amalgamare bene gli ingredienti.

    Nel frattempo, preparate un pentolino dove verranno cotte delle uova in camicia. Vi devo spiegare come si fanno, no vero?

    Dopodiché, in un padellino fate tostare del pane di grano duro tagliato a tocchetti con olio ed un po’ di crema di alici.

    Infine, fate bollire in un infuso di bucce di limone (preparato il giorno prima mettendo a macerare le bucce di due limoni in un paio di litri di acqua) e quando inizia il bollore salate l’acqua (attenzione a non esagerare perché ci sono già le alici) e mettetevi a cuocere gli spaghetti (io ho usato quel formato che si chiama struncatura, tipico della zona di Palmi e Gioia Tauro) e, in ogni caso, occorre una pasta ruvida che trattenga bene i condimenti.

    Un paio di minuti prima del termine suggerito, scolate, unite la pasta alla padella ove sono in attesa burro ed alici completate la cottura amalgamando il tutto mentre, a latere, vi occuperete delle uova in camicia regolandovi sui diversi tempi di cottura e renderli uniformi alla fine.

    Impiattate, sistemate sulla sommità di ogni porzione di pasta un uovo in camicia, aggiungete il pane abbrustolito e con un taglio delicato create  “l’effetto lava” facendo colare un po’ di tuorlo.

    Dimenticavo: per le dosi vale sempre il sentimento.

    Datevi da fare ai fornelli e…buon appetito!

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