Denaro

  • Le banche centrali

    Entrambi i presidenti della statunitense Fed, Powell, e della Bce, Laguarde, avevano affermato solo pochi mesi fa che il fenomeno inflattivo avrebbe avuto un breve orizzonte temporale. I dirigenti della Bce addirittura ammisero, ma solo successivamente, l’errore ma imputandolo ad un mal funzionamento dell’algoritmo  il quale evidentemente è l’artefice unico delle strategie monetarie della Bce.

    Tuttavia, gli ultimi dati relativi all’inflazione degli Stati Uniti dimostrano come gli effetti della politica monetaria  della Fed e delle altre  banche centrali abbiano sostanzialmente una scarsissima valenza nel fronteggiare la spirale inflattiva nell’immediato, tanto da mettere in dubbio la loro stessa esistenza o quantomeno centralità.

    In altre parole, le banche centrali, le quali hanno mantenuto la medesima presunzione di importanza anche se ora come tutti gli operatori economici si trovano all’interno di un mercato globale, hanno perso proprio la loro centralità e soprattutto  la forza e la capacità di incidere con gli effetti delle loro politiche monetarie. Prova ne è il fatto che all’interno di una fase fortemente inflattiva le loro azioni non ottengo nessun effetto sul fenomeno inflattivo stesso, come i dati statunitensi confermano.

    Al contrario, però, le politiche monetarie si ripercuotono semplicemente in qualità di costi aggiuntivi per le imprese e per i cittadini attraverso l’aumento dei tassi. Un fenomeno molto chiaro, anche se in condizioni opposte, analizzando le politiche delle banche centrali precedentemente la pandemia.

    Andrebbe, infatti, rilevato come, nonostante le politiche monetarie espansive, varate a sostegno di una ripresa economica insufficiente, si fosse registrata per tutti i sistemi economici una sostanziale assenza di quella inflazione, invece attesa, e legata all’aumento della base monetaria.

    All’interno di una economia reale la semplice possibilità di una crescita dell’inflazione veniva assolutamente annullata dal mercato globale il quale per sua stessa definizione offriva la possibilità di acquisire un bene oppure un servizio a prezzi sempre inferiori. Una tendenza dei consumatori evidenziata anche dalla crescita dei depositi nei conti correnti.

    In altre parole la sempre crescente offerta di bene e servizi provenienti anche da aree geografiche a bassissimo costo del lavoro annullava di fatto i presunti effetti inflattivi attesi dalle accademiche scuole di pensiero.

    Tant’è vero che, nonostante questo flusso infinito finanziario come quello europeo legato al Quantitave Easing, tutte le economie occidentali cominciarono a soffrire degli effetti di una possibile deflazione e contemporaneamente avevano conosciuto per la prima volta dal dopoguerra le inaspettate conseguenze dei tassi negativi.

    Questa situazione avrebbe dovuto avviare un processo di revisione e rilettura relative all’importanza ma soprattutto alla centralità delle banche centrali intesa come la capacità di modificare attraverso le proprie scelte relative alla politica monetaria gli andamenti economici.

    Anche in considerazione del fatto che gli effetti delle politiche monetarie si rendono manifesti tra i dodici/diciotto mesi mentre l’economia finanziaria ma anche quella del reale vivono i tempi della digitalizzazione cioè dell’immediatezza.

    Giustamente spesso si parla di una sostanziale inadeguatezza delle classi politiche relativamente alla capacità di affrontare un mercato in un’economia globale. Considerazioni corrette ma che dovrebbero essere allargate anche alle istituzioni finanziarie e monetarie internazionali.

  • Finanziamenti occulti ed altro

    Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato.

    Vangelo secondo Giovanni; 8/34

    L’evangelista Giovanni inizia l’ottavo capito del suo Vangelo con il confronto tra Gesù e gli scribi e i farisei che volevano “metterlo alla prova ed avere di che accusarlo”, come racconta l’evangelista. Per farlo avevano condotto una donna adultera e gli fanno una domanda provocatoria: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Gesù “si mise a scrivere col dito per terra” e non diede risposta. Ma siccome loro insistevano, alzò la testa e disse: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. L’evangelista racconta che “Udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi”. Gesù, l’unico senza nessun peccato, disse alla donna: “…Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”. Così facendo Gesù ha mostrato a tutti l’ipocrisia degli scribi e dei farisei, rendendo chiaro, perciò, chi erano i veri peccatori. Molto significativa questa prima parte del capitolo 8. Il suo simbolismo rimane sempre attuale, visto anche i tanti politici e rappresentanti istituzionali, ipocriti e demagoghi, che cercano di fare gli “integerrimi moralisti” mentre peccano di continuo. In seguito l’evangelista Giovanni ci racconta i dibattiti di Gesù con i giudei che gli avevano creduto ed erano rimasti con lui. Loro, non riuscivano però a capire il significato delle parole di Gesù che diceva: “Se rimanete nella mia parola […] conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Perciò risposero molto indignati: “Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire ‘diventerete liberi’?”. Gesù, calmo ma risoluto, disse loro: In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato”. E siccome i giudei non riuscivano a capire il vero significato delle sue parole, Gesù disse loro: “Perché non potete dare ascolto alla mia parola?”. E poi aggiunse perentorio: “Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna”. Questo ci racconta l’evangelista Giovanni nell’ottavo capitolo del suo Vangelo. Sono degli utili e saggi insegnamenti che rimangono sempre validi ed attuali.

    La scorsa settimana è stata diffusa una notizia che ha attirato subito la massima attenzione pubblica e suscitato varie reazioni in molti Paesi del mondo. Era mercoledì, il 14 settembre, quando un alto funzionario dell’amministrazione del presidente statunitense, durante una teleconferenza, ha dichiarato che la Russia, dal 2014, avrebbe attuato dei finanziamenti occulti, trasferendo in vari modi e segretamente oltre a 300 milioni di dollari. L’alto funzionario, usando un linguaggio sibillino e senza dare molti dettagli, ha affermato che si trattava di finanziamenti indirizzati a determinati partiti e/o a dei dirigenti e rappresentanti politici in più di 20 diversi Paesi. Tutto nell’ambito dell’esercitazione, da parte della Russia, di quello che ormai è noto come soft power (potere morbido; n.d.a.). Il periodo coincideva con l’occupazione della Crimea da parte delle forze armate della Russia. Purtroppo, dal 24 febbraio scorso, la Russia ha avviato l’invasione dei territori dell’Ucraina. Un’invasione questa, che il dittatore russo, con un’irritante cinismo, considera semplicemente una “operazione militare speciale”! Quanto sta accadendo in Ucraina durante questi mesi di spietata, sanguinosa e crudele guerra ormai è di dominio pubblico. Subito dopo la diffusione della notizia dei finanziamenti occulti russi fatti dal 2014, il segretario di Stato ha inviato delle istruzioni specifiche a molte ambasciate e consolati degli Stati Uniti d’America in altrettanti Paesi in Europa, Africa ed Asia. Molte agenzie internazionali di stampa hanno sottolineato che si tratterebbe di istruzioni in base alle quali i rappresentanti diplomatici statunitensi devono affrontare il caso con le rispettive istituzioni governative e statali dei Paesi nei quali sono stati accreditati. Le stesse fonti hanno affermato che si tratta di informazioni declassificate, parte integranti di un rapporto ufficiale preparato dalle istituzioni specializzate statunitensi. Ovviamente non è la prima volta che l’amministrazione americana diffonde simili informazioni, denunciando la Russia dei tentativi di coinvolgere ed influenzare rappresentanti e partiti politici in vari Paesi in Europa e nel mondo. Dalle agenzie di stampa internazionali, sempre in riferimento ai finanziamenti occulti russi, risulterebbe che si tratta della strategia di generare delle influenze usando pagamenti in contanti e/o regali, in generale tramite dei conti ed altre risorse finanziarie delle ambasciate russe in diversi Paesi, nei quali la Russia mira a stabilire le proprie influenze. Secondo la notizia diffusa il 14 settembre scorso si tratterebbe di Paesi come la Francia, l’Italia, l’Austria, i Paesi Bassi, l’Ungheria, la Repubblica Ceca ecc.. Ma si tratterebbe anche di altri Paesi come l’Albania, il Montenegro, il Madagascar e l’Ecuador. Alle ripetute e lecite domande rivolte, i rappresentanti del Dipartimento di Stato hanno semplicemente risposto che “la nostra preoccupazione sull’attività russa a questo proposito non riguarda alcun Paese in particolare ma è di natura globale, mentre continuiamo a fronteggiare le sfide contro le società democratiche”. La notizia ha, ovviamente, attirato subito l’attenzione mediatica e pubblica ed ha suscitato, inevitabilmente, anche le reazioni delle istituzioni e dei rappresentanti dei partiti politici nei Paesi che risulterebbero essere coinvolti e dove sarebbero arrivati i finanziamenti occulti russi. Italia compresa. Anche perché in Italia, quando è stata resa nota la notizia, rimanevano solo dodici giorni dalle prossime elezioni politiche del 25 settembre. Ed era inevitabile che partissero delle accuse incrociate dei partiti l’uno contro l’altro. Ragion per cui il presidente del Consiglio ha chiesto il 16 settembre scorso al segretario di Stato statunitense, durante una telefonata, se ci fossero dei partiti politici italiani coinvolti. Il presidente del Consiglio, in seguito, ha confermato che “…l’intelligence americana, diversa dal dipartimento del Stato, ha confermato di non disporre di alcuna evidenza di finanziamenti occulti russi a candidati e partiti politici che competono nell’attuale tornata elettorale”.

    La notizia, diffusa il 14 settembre scorso da molte agenzie ufficiali di stampa, ha attirato subito l’attenzione pubblica ed ha suscitato molte reazioni e dichiarazioni dei massimi rappresentanti dei partiti politici anche in Albania. Reazioni e dichiarazioni che rivendicavano precedenti denunce fatte ed accusavano, allo stesso tempo, i rispettivi avversari politici. Quella notizia continua ad avere la massima attenzione dei media, nonostante siano ormai passati alcuni giorni. I media hanno fatto riferimento proprio alle dichiarazioni fatte il 14 settembre scorso dall’alto rappresentante dell’amministrazione statunitense. La sezione in lingua albanese della Voice of America (Voce dell’America; n.d.a.), che rappresenta il servizio ufficiale radiotelevisivo del Governo federale degli Stati Uniti, ha contattato gli appositi uffici del Dipartimento di Stato per chiedere ulteriori informazioni. Un rappresentante del Dipartimento ha riconfermato che l’Albania era uno dei Paesi dove sono arrivati dei finanziamenti occulti russi. In più lui ha confermato che “In Albania la Russia ha dato nel 2017 circa mezzo milione di dollari al partito democratico tramite delle società fantasma”. Ma lui non ha voluto dare ulteriori informazioni e dettagli su quei trasferimenti occulti. Quanto ha riferito il 14 settembre scorso la sezione in lingua albanese della Voice of America ha riaperto in Albania un agguerrito dibattito cominciato circa cinque anni fa.

    Era il novembre 2017 quando un giornalista investigativo albanese scrisse e pubblicò una sua indagine giornalistica su alcuni finanziamenti occulti ed illeciti fatti pochi mesi prima dal partito democratico albanese, il maggior partito dell’opposizione allora ed adesso. Allora veniva accusato il dirigente del partito democratico che aveva contattato ed ingaggiato (o chi per lui) una società lobbistica statunitense, proprietà di un ex funzionario dell’amministrazione statunitense. La sua richiesta era di procurare un incontro ed una fotografia con il presidente degli Stati Uniti, dietro il dovuto pagamento. Tutto però prima delle elezioni politiche in Albania che si dovevano svolgere il 17 giugno 2017 e poi, dopo un accordo mai reso trasparente con il primo ministro, sono state posticipate di una sola settimana e svolte il 25 giugno 2017. Il giornalista che pubblicò il suo articolo il 22 novembre 2017 faceva riferimento a delle fatture di pagamento fatte alla società lobbistica da parte di un’altra società registrata in Scozia e che come numero di telefono aveva il numero di una casa di tolleranza in Ucraina! I due azionisti della società erano, allo stesso tempo i proprietari di due società registrate in Belize, uno dei paradisi fiscali dell’America centrale. Poi seguiva una catena di società per finire ad una con un proprietario russo. Le fatture per questa società venivano firmate da una donna con almeno quattro nomi diversi! La prima fattura, di 150.000 dollari per la società lobbistica risulta essere stata rilasciata il 24 marzo 2017 dalla società registrata in Scozia. Mentre la seconda e la terza, rispettivamente di 25.000 dollari e di 500.000 dollari, sono state rilasciate direttamente dal partito democratico albanese, il 27 marzo ed il 9 giugno 2017. Complessivamente la società che doveva assicurare al dirigente del partito democratico albanese un incontro ed una fotografia con il presidente statunitense d’allora ha incassato una somma di 675.000 dollari. La procura si mise ad indagare sul caso dopo la pubblicazione del sopracitato articolo. Alla fine il caso si chiuse senza colpevoli. Ma ormai si sa chi controlla il sistema “riformato” della giustizia in Albania. Era il periodo “di accordo” tra il primo ministro albanese ed il dirigente del partito democratico. Un vergognoso, occulto e mai reso trasparente accordo stabilito tra i due il 18 maggio 2017. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò a tempo debito e a più riprese durante questi ultimi anni. Alcuni mesi dopo, il 6 marzo 2018 una rivista statunitense riprese il caso e pubblicò un articolo, sottolineando proprio dei finanziamenti occulti russi. Il dibattito e le accuse reciproche ripresero di nuovo, per poi finire però nel dimenticatoio. Anche perché in Albania gli scandali si susseguono e non lasciano il tempo per occuparsene. Doveva diffondersi il 14 settembre scorso la notizia sui finanziamenti russi, per ritornare all’attenzione anche il caso del pagamento di 675.000 dollari per una fotografia con il presidente statunitense!

    Quella delle fotografie, purtroppo, è diventata un’abitudine in Albania. L’autore di queste righe informava più di cinque anni fa il nostro lettore che l’attuale primo ministro albanese aveva pagato nel 2012, quando era ancora il capo dell’opposizione, 80.000 dollari per avere un incontro ed una fotografia con l’allora presidente statunitense, durante la campagna elettorale per le presidenziali negli Stati Uniti. Non solo ma si presentò come la moglie di un cittadino albanese residente nel New Jersey. Quel cittadino è stato in seguito condannato dalla giustizia, mentre “sua moglie” divenne il primo ministro in Albania (In attesa che le verità vengano fuori; 4 luglio 2016)!

    Chi scrive queste righe pensa che i finanziamenti occulti russi in Albania, resi noti il 14 settembre scorso da molte agenzie ufficiali di stampa internazionali, con molta probabilità sono stati fatti non dalle strutture governative. Egli crede che si tratta, si, di finanziamenti occulti ed illeciti che però di “russo” ha solo alcuni proprietari di una catena di società come sopra riferito. Perché la Russia, volendo avere delle influenze in Albania, poteva investire direttamente sull’onnipotente primo ministro e non sulla sua “stampella”. Chi scrive queste righe pensa che l’usurpatore della dirigenza del partito democratico albanese fino al marzo scorso ha tanti ma tanti altri peccati sulla coscienza, ma non quello dei finanziamenti governativi russi. Comunque lui, il primo ministro e altri loro simili, rimarranno sempre schiavi dei propri peccati. Ne era convinto l’evangelista Giovanni che chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. E che sia un insegnamento per tutti!

  • Il clima colpisce anche le banche: sale il rischio di insolvenze

    Il clima estremo colpisce anche le banche, e il rischio climatico si trasforma in rischio fisico e in potenziali perdite. E’ uno studio di Bankitalia a far emergere i primi dati che dimostrano come gli effetti di alluvioni, frane e ondate di calore si faranno sentire anche sulle attività delle banche, che concedono prestiti sempre più rischiosi ad aziende in aree vulnerabili. Non solo: la maggior parte di questi finanziamenti è coperta da garanzie fisiche, ad esempio edifici, che si trovano nelle stesse zone a rischio, azzerando il valore del collaterale e facendo salire il rischio default.

    I prestiti sono la principale fonte di esposizione al rischio di credito per le banche italiane, e rappresentano il 43% del totale delle attività a fine 2020 (il 55% circa sono prestiti a società non finanziarie). Secondo gli economisti di Bankitalia, anche se la presenza di garanzie, o collaterali, potrebbe mitigare l’impatto sulle perdite dei rischi legati al clima, i danni alle garanzie stesse costituiscono “un ulteriore canale di impatto del rischio fisico legato ai cambiamenti climatici”. I dati presi in esame danno la dimensione di tali rischi: nelle aree dove i danni del clima hanno un “elevato impatto”, l’83% dei prestiti è sostenuto da garanzie che si trovano nella stessa zona, e quindi sottostanno allo stesso identico rischio. E’ per questo che, spiega lo studio, il rischio climatico può aumentare la probabilità di default delle aziende e di conseguenza colpire i bilanci delle banche.

    Le parti d’Italia più vulnerabili sono state individuate seguendo la classificazione del Piano nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico, che non tiene solo conto del rischio idrogeologico ma anche della capacità di adattamento delle varie province e comuni. Ad esempio, le zone messe peggio, cioè con rischio alto e scarsissima adattabilità, sono Cosenza, Reggio Calabria, Salerno e Potenza. In queste città è molto alta la probabilità che le aziende non riescano a ripagare il loro prestito alla banca qualora si materializzassero eventi meteo estremi. In Italia sono le alluvioni il pericolo maggiore, segnala lo studio.

    Il rischio di danni climatici scende leggermente (ma non la capacità di risposta del territorio) per Catania, Palermo, Catanzaro, Messina, Foggia e Caserta. Rischio medio e scarsa risposta a Rieti, Frosinone, Cagliari, Sassari, Viterbo, Avellino, Imperia e Nuoro. In città come Roma, Firenze e Bologna il rischio è molto alto ma la presenza di infrastrutture e risorse economiche agisce da fattore mitigante.

    L’analisi dimostra comunque che l’esposizione delle banche italiane al rischio fisico è in generale contenuta. Solo pochi intermediari sembrano affrontare “una grande esposizione potenziale”, ovvero solo il 4% del credito complessivo. I prestiti alle imprese, secondo i dati di AnaCredit, ammontano a circa 600 miliardi di euro. Il 28% (168 miliardi) si trova in province con ‘rischio fisico’ elevato o molto elevato, e se si guarda all’adattabilità, il 15% (90 miliardi) è nelle province dove è scarsa o molto scarsa. In entrambi i casi, lo studio ha rilevato che la garanzia fisica si trova nello stesso luogo del debitore, riducendo il potenziale mitigante del collaterale. Il rischio climatico, conclude lo studio, si traduce in un aumento del rischio fisico, ovvero maggiori perdite economiche e finanziarie potenziali: i danni causati dal clima estremo possono distruggere il capitale fisico, o interrompere la produzione e quindi le catene di approvvigionamento.

  • Putin vuole una nuova moneta

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Paolo Raimondi e Mario Lettieri pubblicato su ItaliaOggi il 30 luglio 2022

    In occasione del 14.mo Summit dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa), organizzato a Pechino a fine giugno, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato che i Paesi membri si stanno preparando a creare una valuta di riserva internazionale.

    Parlando in via telematica al Brics Business Forum, egli ha affermato: «Il sistema di messaggistica finanziaria russa è aperto per la connessione con le banche, proiettando così la necessità di una valuta di riserva Brics. Il sistema di pagamento Mir russo sta ampliando la sua presenza. Stiamo esplorando la possibilità di creare una valuta di riserva internazionale basata sul paniere di valute dei Paesi Brics».

    Dopo le sanzioni imposte dall’Occidente contro la Russia a seguito della guerra in Ucraina, è una mossa quasi inevitabile, attesa da chi analizza i processi politici con un approccio scientifico e realistico senza dettami ideologici o pregiudizi di sorta.

    Tra le varie misure sanzionatorie, le banche russe sono state escluse dal sistema Swift dei pagamenti internazionali. Esistono, però, altri sistemi di regolamento globale bilaterale o multilaterale per i servizi finanziari transfrontalieri, come il sistema cinese Cips. Nel 2021 il Cips ha elaborato circa 80 trilioni di yuan (11,91 trilioni di dollari), con un aumento di oltre il 75% su base annua. Secondo i dati di Swift, ad aprile lo yuan ha mantenuto la sua posizione di quinta valuta più attiva per i pagamenti globali, con una quota del 2,14% del totale.

    Da parecchio tempo i Brics stanno intensificando la cooperazione negli investimenti e nel finanziamento dei principali settori come le industrie strategiche emergenti e l’innovazione digitale nel tentativo di aumentare l’uso delle valute locali nel commercio e nei pagamenti, così da bypassare il dollaro. Si tenga presente che le sanzioni contro la Russia non sono state sostenute dagli altri Paesi Brics che hanno, invece, interpretato come la trasformazione del dollaro in un’arma da guerra.

    L’Europa continua a sottovalutare il ruolo economico e politico dei Brics, a ignorarli come potenziale sistema coordinato e considerarli, invece, solo singolarmente. Il blocco di tali Paesi, però, rappresenta il 18% del commercio di merci e il 25% degli investimenti esteri a livello globale. Nonostante l’impatto della pandemia, nel 2021 il volume totale degli scambi di merci dei Brics ha raggiunto quasi 8.550 miliardi di dollari, con un aumento del 33,4% su base annua.

    È certamente vero che essi non sono paragonabili all’Unione europea, ma pensare che siano un gruppo senza futuro è una miopia politica, una visione per niente realistica e sicuramente non intelligente. Basterebbe prendere nota che al recente Summit “Plus” sono state invitate altre 14 nazioni: Algeria, Argentina, Cambogia, Egitto,Etiopia, Fiji, Indonesia, Iran, Kazakhstan, Malaysia, Nigeria, Senegal, Thailandia e Uzbekistan. Prendiamo atto che c’è una parte del mondo, la maggioranza dei Paesi del pianeta, che spesso non è in sintonia con l’Occidente e che ha interessi, priorità e progetti differenti. Ignorarli potrebbe essere l’interesse di qualcuno, ma non dell’Europa!

    Si tenga anche presente che la New Development Bank, la banca dei Brics, che opera molto efficientemente per finanziare concreti progetti di sviluppo e promuovere l’utilizzo delle monete locali nei commerci, ha recentemente incluso tra i suoi membri altri 4 Paesi, l’Egitto, il Bangladesh, gli Emirati Arabi Uniti e l’Uruguay.

    La dichiarazione finale del Summit di Pechino, oltre a dettagliare i vari aspetti del programma dei Brics per una Partenership di Sviluppo Globale, ha annunciato l’intenzione di includere altri Paesi. Insieme alla prospettiva cinese di una Global Development Initiative, ciò è stato un punto centrale dell’intervento del presidente Xi Jinping.

    Anche se il “paniere di monete” alternativo non appare nella dichiarazione finale, esso sarà certamente uno degli aspetti cruciali dei lavori futuri. Lo si comprende vedendo l’enfasi posta sull’importanza del Payments Task Force, la piattaforma per la cooperazione nei pagamenti tra le banche centrali, sulla realizzazione del Trade in Services Network, l’uso di strumenti finanziari innovativi nel commercio, e sul rafforzamento e miglioramento del meccanismo noto come Contingent Reserve Arrangement, cioè la rete Brics di sicurezza finanziaria e monetaria globale.

    *già sottosegretario all’Economia **economista

  • Eurobarometro sulla corruzione: serie preoccupazioni per i cittadini e le imprese dell’UE

    La Commissione ha pubblicato l’ultimo Eurobarometro speciale sulla corruzione, che elenca le percezioni e le esperienze dei cittadini, nonché l’Eurobarometro Flash sull’atteggiamento delle imprese nei confronti della corruzione nell’UE. La corruzione rimane un grave problema per i cittadini dell’UE: il 68 % ritiene infatti che sia ancora diffusa nel proprio paese. Per quanto riguarda le imprese dell’UE, il 63 % ritiene che la corruzione sia un problema diffuso nel proprio paese. Il 37 % degli intervistati ritiene che le misure anticorruzione siano applicate in modo imparziale e incondizionato. Il 34 % dei cittadini dell’UE ritiene che i procedimenti giudiziari siano sufficientemente efficaci da dissuadere le persone dal commettere pratiche corruttive e che gli sforzi dei rispettivi governi nazionali per combattere la corruzione siano efficaci (31 %). Infine, il 31 % ritiene che il finanziamento dei partiti politici nel proprio paese sia sufficientemente trasparente e controllato. Le indagini Eurobarometro sono un’importante fonte di informazioni per le valutazioni della Commissione, anche per quanto riguarda le relazioni sullo Stato di diritto. Nell’ambito del meccanismo dell’UE per lo Stato di diritto, la Commissione promuove la lotta alla corruzione per incentivare una cultura dello Stato di diritto in tutti i paesi dell’UE. La relazione sullo Stato di diritto 2022 conterrà per la prima volta raccomandazioni mirate agli Stati membri, segnatamente in materia di lotta alla corruzione. In maggio la Commissione ha presentato una proposta di direttiva sul congelamento e sulla confisca dei beni, al fine di garantire che il crimine e la corruzione non paghino, limitando la capacità dei criminali di commettere ulteriori reati. Inoltre, la Procura europea è operativa e ha già arrestato e sequestrato beni di criminali per diversi milioni di euro.

    Fonte: Commissione europea

  • L’Ue frena sulla spesa pubblica ed esorta alla prudenza

    Guerra, gas ai massimi e il terrore di un ‘blackout’ con i combustibili russi con conseguente spettro di recessione non convincono Bruxelles ad allargare le maglie. Anzi: serviranno politiche di bilancio “prudenti” nei paesi più indebitati, Italia inclusa dunque, e già dopo il 2023 quando terminerà la sospensione del Patto di Stabilità. Sono le conclusioni dell’Consiglio Ecofin, che ha invitato anche la Commissione a “effettuare regolarmente una valutazione approfondita e globale della sostenibilità delle finanze pubbliche entro l’inizio del 2025”. Nella riunione del 12 luglio si è anche ufficializzato l’ingresso della Croazia nell’euro dal primo gennaio 2023 – ventesimo Paese nella moneta unica – fissando dunque il cambio di conversione (7,53450 kuna per 1 euro). “Uniti siamo più forti”, ha detto la presidente della Bce Christine Lagarde.

    Sulle politiche di bilancio “è importante adottare un approccio più prudente rispetto agli stimoli che hanno guidato la pandemia”, ha chiarito anche il vicepresidente esecutivo della Commissione Ue Valdis Dombrovskis. Andrà ridotta la dipendenza dai combustibili fossili russi ma “serviranno investimenti supplementari”, anche grazie alle risorse del Repower Eu, il piano dell’esecutivo europeo per rendere l’Unione più indipendente nell’energia. Più investimenti che però “dovranno essere combinati a un controllo più rigoroso sulla spese in altri ambiti. Non possiamo continuare con stimoli di bilancio ampi, ci vogliono interventi più mirati”, ha aggiunto. I ministri economici dell’Ue – tra cui Daniele Franco – hanno anche sbloccato 1 miliardo di euro di nuovi prestiti all’Ucraina, dopo gli 1,2 miliardi già erogati allo scoppio della guerra. La proposta della Commissione è però di altri 8 miliardi, ma resta il nodo delle garanzie aggiuntive che dovranno venir versate da parte degli Stati membri e il confronto proseguirà. Dalla presidenza di turno ceca, intanto, si è chiarito che c’è la volontà di “finalizzare l’attuazione dell’ultima fase della tassa globale del 15% per i gruppi internazionali”, ha spiegato il ministro delle Finanze Zbynek Stanjura, snodo cruciale della minimum tax accanto alla riforma sull’imposizione fiscale in base al luogo di fatturazione e non della sede legale, su cui però a giugno era calato il veto ungherese (si suppone in attesa del via libera al Pnrr, ma ufficialmente per aver entrambe le riforme al via in contemporanea).

    Ancora sulle conclusioni del Consiglio dei ministri economici, le politiche economiche andranno coordinate “in modo stretto e continuo”, è stato poi l’invito dei ministri dell’Ecofin, individuando, prevenendo e correggendo squilibri che ostacolano il corretto funzionamento delle economie degli Stati Ue, dell’Unione economica e monetaria o dell’economia europea. Non ci saranno procedure per squilibri macroeconomici, vista l’emergenza del covid prima, e della guerra in Ucraina poi, ma dall’anno prossimo con la fine della clausola di salvaguardia si dovrà tornare a considerare la procedura sugli squilibri macroeconomici come “centrale” nel semestre Ue. Per ora l’Ecofin si è limitato a dirsi “d’accordo” con la Commissione quando ritiene che Irlanda e Croazia non abbiano più squilibri. Mentre Grecia, Italia e Cipro presentano ancora “squilibri eccessivi”, e Germania, Spagna, Francia, Olanda, Portogallo, Romania e Svezia hanno ancora squilibri.

  • Il multipolarismo, anche monetario, è una necessità

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi pubblicato su Notiziegeopolitiche.net il 6 luglio 2022

    Parlare di multipolarismo e di assetti geopolitici in grado di garantire un nuovo ordine mondiale è visto con grande sospetto. Al contrario, l’approccio multilaterale è oggi l’unico strumento per affrontare e risolvere in modo pacifico le molte sfide globali, anche quelle riguardanti la sicurezza.
    Per fortuna, proprio mentre spirano forti venti di scontro e di guerra, voci importanti stanno rompendo gli indugi per portare il multipolarismo al centro del dibattito. L’ha fatto François Villeroy de Galhau, il governatore della Banque de France, durante l’Emerging Market Forum di Parigi lo scorso maggio con un discorso su “Multipolarity and the role of the euro in the International Financial System”.
    Il banchiere centrale francese afferma che “non dobbiamo abbandonare come “obiettivo creativo” l’idea di un sistema finanziario internazionale (sfi) multilaterale cooperativo”.
    Egli riconosce che “mentre Bretton Woods scompariva quando è venuta meno la convertibilità del dollaro in oro, il sistema monetario internazionale è rimasto basato sul dollaro Usa. L’idea di una valuta globale non ha prosperato nei dibattiti accademici, e ancor meno nelle discussioni politiche”. Purtroppo!
    Anche se già negli anni ’60 Henry Fowler, il segretario al Tesoro sotto la presidenza di Lyndon Johnson, avvertiva che “fornire riserve e scambi a tutto il mondo è troppo da sopportare per un solo Paese e una valuta”.
    L’idea del cambiamento era stata ripresa nel 2010 da Michel Camdessus, a lungo direttore generale del Fmi, che aveva lanciato un’iniziativa per mettere in luce le mancanze del sistema finanziario internazionale, in particolare la sua governance globale e l’eccessivo affidamento su una singola moneta.
    Il punto sollevato dal governatore francese è chiaro. Occorre prendere atto che un sistema finanziario frammentato rappresenta un grave pericolo. Bisogna evitare di passare da un sistema dominato dal dollaro a un non-sistema conflittuale tra il mondo del dollaro e quello del renminbi cinese. Ciò genererebbe instabilità, con il rischio di svalutazioni valutarie competitive. Potrebbe portare allo sviluppo di sistemi di pagamento separati con un’interoperabilità limitata e indebolire la rete di sicurezza finanziaria globale.
    Egli comunque vede dei progressi verso un paniere di monete, come il recente aumento delle risorse del Fmi in diritti speciali di prelievo, la moneta di conto formata dal dollaro, dall’euro, dal renminbi, dallo yen e dalla sterlina, equivalenti a 650 miliardi di dollari.
    Rileva particolarmente che, per evitare gli errori del passato, avremmo bisogno di uno slancio collettivo verso un sistema finanziario multipolare stabile e orientato al mercato. Farebbe aumentare l’offerta di asset globali sicuri e offrirebbe ai mercati emergenti una maggiore indipendenza dalla politica monetaria americana. Ciò detto, purtroppo, le condizioni politiche per un cambiamento così importante non sono ancora favorevoli. Ma “è un’utopia da mantenere in vita”, ripete Villeroy de Galhau.
    Qui dovrebbe entrare in gioco l’Europa. Per passare a un sistema globale più resiliente, l’euro dovrebbe svolgere un ruolo internazionale più importante. È una valuta che conta su un solido record di stabilità di oltre 20 anni, ci ricorda il governatore francese.
    Sebbene l’euro non sia stato creato per fungere da valuta internazionale, oggi un suo ruolo più forte sarebbe associato a una maggiore autonomia della politica monetaria e a un minore impatto degli choc valutari sull’inflazione. Dopo il dollaro, esso è diventato la seconda moneta più utilizzata a livello globale e rappresenta ben il 20% delle disponibilità valutarie nelle banche centrali e circa il 20% del debito e dei prestiti globali. Secondo i dati SWIFT, quasi il 40% delle transazioni è effettuato in euro.
    Il capo della Banque de France ammette che il mercato del debito sovrano in euro è ancora frammentato e solo pochi Stati dell’Ue emettono attività globali in quantità sufficiente. D’altra parte, una valuta internazionale è forte in rapporto alle attività sicure che può offrire. A questo proposito, egli valuta positivamente il programma Next Generation EU che raccoglierà oltre 800 miliardi di euro attraverso un’emissione congiunta di obbligazioni europee.
    L’obiettivo, ovviamente, non sarà quello di trasformare l’euro in una valuta dominante. Al contrario, egli afferma, “mireremmo a fare affidamento su più valute per offrire stabilità al sistema finanziario internazionale attraverso la diversificazione dei rischi”.

    * già deputato e sottosegretario all’Economia; **economista.

  • Realtà malavitose che preoccupano

    Seguite i soldi e troverete la mafia, è tutto lì!

    Giovanni Falcone

    Era proprio il pomeriggio del 23 maggio di trent’anni fa, quando lo scoppio tremendo e pauroso di una miscela esplosiva di una mezza tonnellata di tritolo, nitrato d’ammonio e T4 ha ucciso il magistrato Giovanni Falcone, sua moglie e tre uomini della sua scorta. Un’attentato da tempo ideato, programmato e finalmente attuato alle 17.56 del 23 maggio 1992, da Cosa Nostra.  Il 23 maggio 2022, al Foro italico di Palermo, la Fondazione Giovanni Falcone ha organizzato una cerimonia di commemorazione di quella barbara uccisione, intitolata “La memoria di tutti, Palermo trent’anni dopo”. In quella cerimonia il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha detto: “Sono trascorsi trent’anni da quel terribile 23 maggio allorché la storia della nostra Repubblica sembrò fermarsi come annientata dal dolore e dalla paura”. Poi ha aggiunto che “…Falcone era un grande magistrato e un uomo con forte senso delle istituzioni. Non ebbe mai la tentazione di distruggere le due identità perché aveva ben chiaro che la funzione del magistrato rappresenta una delle maggiori espressioni della nostra democrazia”. Il Presidente Mattarella ha in seguito ribadito che Giovanni Falcone, come magistrato, “…fu il primo ad intuire e a credere nel coordinamento investigativo, sia nazionale sia internazionale, quale strumento per far emergere i traffici illeciti che sostenevano economicamente la mafia”.

    Il Presidente, durante il suo intervento, si è riferito anche a quanto sta accadendo in Ucraina in questi 89 giorni di sanguinosa, crudele e orribile guerra. Perché, secondo lui, “la giustizia è dunque la linea costante”. Poi ha sottolineato che in Ucraina si subiscono “…quegli stessi orrori di cui l’Italia conserva ancora il ricordo e che mai avremmo immaginato che si ripresentassero nel nostro Continente”. Il Presidente Mattarella è convinto che “…Ancora una volta sono in gioco valori fondanti della nostra convivenza”. E che ancora una volta “la violenza della prevaricazione pretende, nella nostra Europa, di sostituirsi alla forza del diritto”. Per il presidente “…il ripristino degli ordinamenti internazionali, anche in questo caso, è fare giustizia. Porre cioè la vita e la dignità delle persone al centro dell’azione della comunità internazionale”. Anche perché “…raccogliere il testimone della ‘visione’ di Falcone significa affrontare con la stessa lucidità le prove dell’oggi, perché a prevalere sia ovunque, in ogni dimensione, la causa della giustizia: al servizio della libertà e della democrazia”. Cosi ha concluso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il suo discorso al Foro italico Umberto I di Palermo, nell’ambito della commemorazione del trentesimo anniversario della barbara uccisione di Giovanni Falcone, di sua moglie e dei tre uomini della sua scorta.

    Soltanto 57 giorni dopo quel barbaro ed orrendo attentato a Giovanni Falcone Cosa Nostra ne attuò un altro simile. Erano le 17.15 di pomeriggio del 19 luglio 1992. Questa volta il bersaglio era uno dei più cari e stretti amici e collaboratori di Falcone, un magistrato come lui, Paolo Borsellino. Il tragico evento è ormai noto come l’attentato di via D’Amelio a Palermo. Sempre un attentato dinamitardo, che tolse la vita, oltre a Borsellino, anche a cinque uomini della sua scorta. Loro due, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con la loro devozione professionale, con la loro determinazione, con il loro operato stavano sconvolgendo e scombussolando i tanti e diversi interessi della mafia siciliana, ma non solo. Le loro inchieste diedero inizio ad un nuovo ed efficace svolgimento della lotta contro la criminalità organizzata, non solo in Italia. Con le loro inchieste e il loro continuo e determinato lavoro quotidiano, essi cominciarono a svelare le allora esistenti relazioni tra la Cosa Nostra e alcuni massimi rappresentanti del potere politico, sia locale che centrale. In più cominciarono ad indagare anche sui grossi trasferimenti finanziari, verso banche di altri Paesi, di denaro proveniente dalle attività malavitose. In una lettera che Giovanni Falcone indirizzava ad un suo collega ed amico ticinese, scriveva: “Caro Paolo, dopo i soldi della mafia arriveranno in Svizzera anche i mafiosi”. Una collaborazione lavorativa e di amicizia quella tra valorosi colleghi, che continuava da anni. Parte di quella collaborazione professionale era anche la ben nota e fruttuosa indagine, denominata “Pizza connection”, sui traffici dei stupefacenti tra l’Italia e gli Stati Uniti d’America. Nonostante gli attentati mafiosi tolsero prematuramente la vita ai due coraggiosi e valorosi magistrati, che avevano messo in grosse difficoltà i vertici di Cosa Nostra, la loro opera continua con successo. I cittadini, milioni di cittadini e non solo in Italia, ricordano e ricorderanno con rispetto Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, così come anche tanti altri loro colleghi e collaboratori che hanno perso la vita in altri attentati mafiosi.

    La criminalità organizzata, nelle sue varie forme di organizzazione malavitosa, non è attiva solo in Italia. Lo avevano previsto e fortemente ribadito, più di trent’anni fa ormai, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma anche altri loro collaboratori. Una realtà questa che si sta ormai verificando e sta venendo denunciata da altri determinati, devoti e valorosi procuratori e magistrati, sia in Italia che in altri Paesi. E si tratta non solo delle tradizionali organizzazioni malavitose italiane ma anche di altre organizzazioni della criminalità organizzata, operanti in diversi Paesi. Organizzazioni che tentano e fanno di tutto per procurare sempre più spazio di operatività, compresa anche quella degli investimenti miliardari, una volta riciclato e diventato “pulito” il denaro sporco, proveniente da varie attività criminali. Organizzazioni che tentano e non di rado ci riescono, a coinvolgere anche rappresentanti del potere politico. Come avevano capito e denunciato, più di tren’anni fa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino ed altri loro colleghi.

    Una simile realtà si sta verificando, con tutta la sua drammaticità e con tutte le sue preoccupanti conseguenze, anche in Albania. Da alcuni anni ormai e purtroppo, fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo, fatti facilmente verificabili, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, si sta consolidando una paurosa ed allarmante connivenza tra alcuni dei massimi dirigenti del potere politico e la criminalità organizzata. Una connivenza quella che è anche alla base di una nuova e sui generis dittatura ormai restaurata e che si sta consolidando in Albania. Una dittatura pericolosa, perché cerca di camuffarsi dietro una parvenza di pluripartitismo di facciata, coinvolgendo alcune “ubbidienti stampelle”, come il capo del partito democratico albanese, il maggiore partito dell’opposizione, dimissionario ormai dal marzo scorso. Da anni l’autore di queste righe ha cercato di informare il nostro lettore su questa preoccupante realtà, con la necessaria e dovuta oggettività. Così come ha informato da anni il nostro lettore anche sulla crescente attività, su tutto il territorio nazionale, sia della criminalità organizzata locale, sia della sua collaborazione con alcune delle più pericolose organizzazioni malavitose italiane, ‘Ndrangheta compresa. L’autore di queste righe ha informato, altresì, il nostro lettore anche delle ingenti somme di denaro, di miliardi che da alcuni anni si stanno riciclando in Albania. Denaro sporco proveniente dalla ormai ben radicata e diffusa corruzione, dall’abuso di potere, ma anche dalle attività criminali, sia in Albania che in altri Paesi, Italia compresa. Denaro sporco in possesso non solo della criminalità organizzata locale e di molti politici corrotti, partendo dai più alti livelli istituzionali e/o di rappresentanza in Albania. Ma anche denaro sporco in possesso delle organizzazioni criminali di altri Paesi, Italia compresa (Abusi e corruzione anche in tempi di pandemia, 4 maggio 2020; Realtà nascoste con inganno da falsari di parola, 19 ottobre 2020 ecc..).

    Una simile, grave, pericolosa e preoccupante realtà è stata evidenziata da anni ormai anche da due note organizzazioni specializzate internazionali. Una è la FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, nota anche come il Gruppo di Azione Finanziaria (GAFI); n.d.a.). Questo Gruppo d’Azione Finanziaria è stato costituito a Parigi nel 1989, durante il vertice dei capi di Stato e di governo dei sette paesi più industrializzati del mondo, noto anche come il vertice del G7. Il Gruppo rappresenta un organo intergovernativo ed ha come compito anche il coordinamento e l’armonizzazione degli ordinamenti legali di vari Paesi, allo scopo di permettere ed attuare una coordinata operazione di contrasto contro la criminalità organizzata. L’altra organizzazione internazionale specializzata è MONEYVAL (nome comunemente riconosciuto al Committee of Experts on the Evaluation of Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism – Comitato d’Esperti per la Valutazione delle Misure contro il Riciclaggio di Denaro e il Finanziamento del Terrorismo; è una struttura di monitoraggio del Consiglio d’Europa; n.d.a.). Il compito di questa struttura è quello di valutare la conformità dei principali standard internazionali per contrastare il riciclaggio del denaro sporco ed il finanziamento del terrorismo. Un altro suo compito è quello di fare delle raccomandazioni alle autorità nazionali per migliorare il loro sistema legale a fare fronte a simili obiettivi.

    Ebbene, dal 2018 ad oggi, tutti i rapporti annuali di MONEYVAL sono molto critici con l’Albania per quanto riguarda il riciclaggio del denaro sporco. L’autore di queste righe ha informato, a tempo debito, il nostro lettore di una simile e preoccupante situazione. Riferendosi al Rapporto ufficiale per il 2018 di MONEYVAL, nel capitolo sull’Albania si evidenziava che “…la corruzione rappresenta grandi pericoli per il riciclaggio del denaro [sporco] in Albania”. In più il Rapporto, riferendosi all’altolocata corruzione, specificava che essendo “…legata spesso alle attività della criminalità organizzata, genera ingenti quantità di introiti criminali”. Lo stesso Rapporto di MONEYVAL per il 2018, riferendosi alla [mancata] responsabilità delle autorità, specificava che “…l’attuazione della legge, ad oggi, ha avuto una limitata attenzione per combattere la corruzione legata al riciclaggio del denaro [sporco]…”! Una situazione quella albanese che, invece di essere stata presa seriamente in considerazione dalle autorità, è stata ulteriormente peggiorata. Lo mette ben in evidenza il seguente Rapporto ufficiale del MONEYVAL per il 2019. L’Albania è stata addirittura declassata e messa nella cosiddetta “zona grigia”. Il che significava che l’Albania doveva rimanere “sorvegliata e sotto un allargato monitoraggio”. Secondo quanto previsto dalle normative che regolano il funzionamento di MONEYVAL, si stabilisce che “…gli Stati si possono mettere sotto sorveglianza allargata nel caso in cui si identificano delle serie incompatibilità con gli standard…”.  E si fa riferimento agli standard delle istituzioni dell’Unione europea! I paesi di quella “zona grigia” sono continuamente monitorati da parte di FATF e di MONEYVAL. L’autore di queste righe in quel periodo, riferendosi alle conclusioni dei due sopracitati rapporti e alla vera, vissuta e sofferta realtà albanese, scriveva che “…Cercare di corrompere tutti, tutti che si prestano alla tentazione della corruzione e ai profitti che ne derivano, nonostante nazionalità, madre lingue e cittadinanza, fa parte della strategia di gestione della cosa pubblica, quella realmente attuata in Albania” (Abusi e corruzione anche in tempi di pandemia; 4 maggio 2020). L’Albania, anche secondo l’ultimo Rapporto ufficiale del MONEYVAL per il 2021 e pubblicato nel marzo scorso, dopo le apposite verifiche fatte dal FATF, continua ad essere nella sopracitata “zona grigia”!

    Chi scrive queste righe avrebbe avuto bisogno di continuare ad informare il nostro lettore sul riciclaggio pericolosamente in aumento del denaro sporco in Albania, nonché della connivenza dei massimi rappresentanti del potere politico con la criminalità organizzata, sia quella locale che internazionale, ‘Ndrangheta compresa. Ma lo spazio non glielo permette. Egli è però convinto che si tratta di realtà malavitose che dovrebbero preoccupare molto. E non solo in Albania. Diventa perciò importante il consiglio di Giovanni Falcone “Seguite i soldi e troverete la mafia, è tutto lì!”.

  • Il nuovo gregge digitale

    Mentre il nostro Paese è ancora all’interno del peggiore periodo dal dopoguerra, nulla cambia nella strategia governativa finalizzata alla dominazione orwelliana dello stato sul singolo cittadino, anche se quest’ultimo sia ancora  vittima degli effetti di una terribile pandemia le cui terribili conseguenze sociali ed economiche si sommano a quelle di una nuova  guerra continentale.
    Esattamente come le pecore, che credono di essere considerate una forma di evoluzione darwiniana ma solo al momento della tosatura si rendono conto di valere solamente in funzione della quantità di vello prodotto, diventando quasi consapevoli di rappresentare soltanto il punto di inizio di una complessa  filiera produttiva, così il popolo italiano, che non solo ha già subito in trent’anni, per esclusiva responsabilità della sua classe politica e dirigente, la perdita del -3,4% del proprio potere di acquisto rispetto alla crescita di quello tedesco (+34,7%) e francese (oltre +24%), si illude ora di avere ottenuto un servizio aggiuntivo utilizzando la moneta digitale sostenuta da istituti di credito e Stato.
    Al momento della “propria tosatura digitale” non solo cede una porzione della propria libertà a soggetti terzi pubblici ma anche a privati i quali, di fatto, profilano la vita dell’utilizzatore della moneta digitale. In più lo stesso consumatore diventa, esattamente come una pecora, l’inizio di una filiera impropria finalizzata alla semplice creazione di ricchezza senza causa (termine fiscale) basata solo ed esclusivamente sulla applicazione impropria del principio di un signoraggio digitale.

    Ora più che mai il popolo italiano rappresenta solo ed esclusivamente un gregge digitale da tosare violandone la privacy e sottraendogli una porzione della propria libertà in nome di un progresso digitale e di una illusoria equità fiscale.
    Questa “evoluzione della moneta digitale” sempre più assume i connotati delle servitù di passaggio riscosse non solo in decime (percentuale sull’ammontare del raccolto ed ora sulla transazione economica digitale prelevata dal sistema bancario) ma anche in cessione coatta di informazioni personali a soggetti terzi per i quali rappresentano una forma di nuova ricchezza negoziabile con istituzioni ed operatori interessati ai profili personali.
    Mai come ora la società digitale assume sempre più le caratteristiche di un nuovo medio evo in cui il popolo italiano rappresenta il nuovo gregge digitale destinato alla tosatura.

    N.B. https://www.money.it/pagamenti-carta-bancomat-tutti-dati-inviati-agenzia-entrate-piano-governo

  • Verso una valuta russo-cinese

    Riceviamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi pubblicato su ItaliaOggi l’8 aprile 2022.

    Può sorprendere quei politici che credono che gli eventi importanti accadano all’improvviso, senza la necessaria e lunga preparazione. La possibile apparizione di una nuova moneta internazionale alternativa al dollaro non è una sorpresa.

    A metà marzo si è tenuto in Armenia l’incontro “Nuova fase della cooperazione monetaria, finanziaria ed economica tra l’Unione economica euroasiatica (Uee) e la Repubblica popolare cinese”, organizzato dalla Commissione economica euroasiatica e dall’Università Renmin di Pechino per definire i contorni di un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale, almeno per quanto riguarda la parte orientale del mondo.

    L’Uee è l’unione economica e commerciale cui partecipano la Russia, la Bielorussia, il Kazakistan, la Kirghisia e l’Armenia con un Pil di circa 1.700 miliardi di dollari. Essa è molto proiettata verso una stretta collaborazione con la Belt and Road Initiative, la nuova Via della seta voluta dalla Cina. Già nel 2020 la Cina aveva aumentato di circa il 20% il suo turnover commerciale con l’Uee, mentre l’utilizzo delle monete nazionali rappresentava solo il15% dell’interscambio totale.

    Sul tavolo vi è la creazione di una “nuova moneta” basata su un paniere di valute, tra cui il rublo e lo yuan, ancorata anche al valore di alcune materie prime strategiche, incluso l’oro.

    Pensare che sia solo la reazione disperata alla recente imposizione di super sanzioni nei confronti della Russia, sarebbe una valutazione fuorviante. Si tratta, invece, di un progetto in campo da molti, molti anni, sia in Russia sia in Cina.

    Il progetto fu reso pubblico già nell’ottobre del 2020 dall’economista russo Sergei Glazyev, membro del consiglio e ministro incaricato dell’Integrazione e della Macroeconomia della Commissione economica euroasiatica. Egli aveva sollecitato a creare nuovi strumenti nazionali di pagamento per accantonare l’utilizzo di “valute di Paesi terzi”, intendendo ovviamente soprattutto il dollaro e l’euro, nelle transazioni commerciali e monetarie tra i membri dell’Unione euroasiatica e la Cina.

    Glazyev affermava che l’idea era la risposta «alle sfide e ai rischi comuni associati al rallentamento economico globale e alle misure restrittive contro gli Stati dell’Uee e la Cina». Si trattava di un piano per superare il sistema unipolare del dollaro, già in atto dopo le sanzioni imposte alla Russia a seguito dell’annessione della Crimea nel 2014. L’economista russo sosteneva che l’infrastruttura finanziaria e di pagamento era già stata creata ed era necessario sviluppare un sistema d’incentivi per favorirne l’utilizzo nelle relazioni commerciali ed economiche.

    Il ministro della Commissione economica euroasiatica proponeva: 1) sviluppare dei meccanismi per stabilizzare i tassi di cambio delle valute nazionali dei Paesi membri, riducendo le commissioni bancarie e gli interessi sui prestiti; 2) creare dei meccanismi per determinare i prezzi delle merci nelle valute nazionali nell’ambito degli accordi tra l’Uee e la Belt and Road Initiative, coinvolgendo in seguito anche altri Paesi, eventualmente quelli della Shanghai Cooperation Organization (Sco) e quelli dell’Asean.

    Naturalmente in tale processo s’inserisce anche la recente richiesta di Putin di esigere il pagamento in rubli delle forniture del gas, i cui contorni sono ancora da chiarire.

    Riconoscendo l’incapacità del dollaro di sostenere l’intero sistema monetario e finanziario globale, già prima della grande crisi finanziaria del 2008 avevamo proposto l’idea di creare, in modo lungimirante e concordato, un nuovo sistema internazionale basato su un paniere di monete importanti, tra cui il dollaro, l’euro, lo yuan e il rublo. In un mondo erroneamente creduto unipolare, purtroppo, non se n’è fatto niente. Il sistema del dollaro, e gli interessi geoeconomici a esso connessi, non l’hanno permesso.

    La recente proposta russo-cinese di creare una loro nuova moneta basata su un paniere di valute e di materie prime è un dato di fatto da analizzare. Possiamo solo affermare che, in questo modo separato, purtroppo non potrà che approfondire la divisione tra Est e Ovest e aggravare ulteriormente la pericolosa situazione attuale.

    *già sottosegretario all’Economia **economista

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