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  • L’attacco alla diga ucraina distrugge la biodiversità

    La distruzione della diga di Kakhovka probabilmente distruggerà centinaia di specie animali e vegetali rare in Ucraina.

    “A causa dei danni ingenti arrecati all’area, questo è il più grande ecocidio in Ucraina dall’inizio dell’invasione su vasta scala”, ha detto il vice ministro della Protezione ambientale e delle Risorse naturali, Oleksandr Krasnolutskyi. Gli ecologisti ucraini prevedono che la Riserva della biosfera del Mar Nero, che ospita migliaia di specie, e il deserto di Oleshky Sands saranno i più colpiti dalle inondazioni.

    La riserva idrica di Kakhovsk esisteva sopra la diga ed era utilizzata dagli uccelli migratori nell’area: il fatto che le inondazioni possano trasportare sostanze inquinanti, metalli pesanti e fertilizzanti fino al Mar Nero influenzerà gravemente la vita marina nell’area.

    Circa il 70% del territorio dell’Ucraina è utilizzato per scopi agricoli, il che significa che la flora e la fauna sono in gran parte concentrate attorno ai suoi fiumi. La lista delle specie minacciate, redatta dall’Unione internazionale per la conservazione della natura, è una fonte di informazioni completa sullo stato del rischio di estinzione globale di specie animali, fungine e vegetali.

    Sono state colpite anche aree in Ucraina che fanno parte della Rete Smeraldo, una rete paneuropea di aree di particolare interesse per la conservazione.

    Il Dnipro è il fiume più grande e importante dell’Ucraina e la popolazione locale ha un profondo attaccamento emotivo all’estuario, che ha svolto un ruolo centrale nella storia e nell’agricoltura del Paese.

    La Russia attualmente occupa quella che è conosciuta come la riva sinistra del Dnipro: lo scorso novembre, Mosca ha aperto gli sfioratori della centrale idroelettrica di Kakhovka e il serbatoio è sceso al livello più basso degli ultimi tre decenni, mettendo a rischio le risorse di irrigazione e di acqua potabile, nonché i sistemi di raffreddamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia.

  • La maxi-diga sul Nilo spinge al-Sisi a minacciare l’Etiopia

    “L’acqua dell’Egitto è una linea rossa” e “nessuno è fuori dalla nostra portata”. Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha lanciato un bellicoso monito all’Etiopia, praticamente una minaccia di attacco militare, sul riempimento della maxi-diga etiopica “Gerd” che ridurrà la portata d’acqua del Nilo, vitale per l’Egitto.

    Il capo di Stato egiziano ha alzato la voce con Addis Abeba sfruttando il megafono di una conferenza stampa indetta a Ismailia per auto-celebrare il successo dell’Egitto nel rimettere in navigazione il portacontainer Ever Given e sbloccare il Canale di Suez, così importante per il commercio mondiale. “Non abbiamo mai minacciato e non sto minacciando”, ha frenato Sisi in palese contraddizione con le sue stesse parole: “A nessuno sarà permesso di prendere una singola goccia dell’acqua dell’Egitto, altrimenti la regione cadrà in un’inimmaginabile instabilità”, ha detto. Il leader egiziano ha ammesso di non essere mai stato così duro (“Non ho mai parlato così”), anche se in passato aveva avvertito che per l’aridissimo Egitto l’acqua del Nilo “è questione di vita o di morte”.

    Dal grande fiume africano l’Egitto trae circa il 97% dell’acqua usata per irrigare e bere: una risorsa esistenziale che viene intaccata dalla “Gerd”, l’acronimo inglese che sta per “Diga del Grande Rinascimento Etiope”. La maxi-opera sul Nilo azzurro, di cui il gruppo Salini Impregilo (ora Webuild) è uno dei due “main contractors”, è la più grande diga d’Africa: lunga 1.800 metri, alta 175 e con un volume complessivo di 10 milioni di metri cubi d’acqua. La sua centrale idroelettrica è considerata vitale dall’Etiopia per dare elettricità ai suoi 110 milioni di abitanti.

    Da anni sono in sostanziale stallo negoziati soprattutto sulla velocità del riempimento dell’invaso, da cui dipende la riduzione della portata d’acqua a disposizione dell’Egitto e dell’altro Paese a valle, il Sudan. Con un politica dei fatti compiuti che irrita l’Egitto, Addis Abeba nel luglio scorso aveva annunciato di aver centrato il proprio obbiettivo di riempimento per il primo anno e di voler andare avanti con la seconda fase anche senza un accordo a 3 con il Cairo e Khartoum. Come ribadito dal premier etiope Abiy Ahmed la settimana scorsa, l’Etiopia non vuole danneggiare gli altri due Paesi e il suo ministero degli Esteri ha appena confermato che Addis Abeba rimane impegnata a colloqui che coinvolgono l’Unione africana.

     

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