diritti

  • Arriva il nuovo punto di riferimento per l’informazione dei consumatori italiani

    È on line www.dallapartedelconsumatore.com il nuovo sito internet dell’Associazione Nazionale “Dalla Parte del Consumatore”.

    Con esso, l’Associazione a difesa dei consumatori si prefigge di fornire una informazione ai cittadini sui loro diritti e sui temi di maggiore attualità e dibattito che li riguardano.

    Il sito, infatti, non si limita ad illustrare le iniziative, le battaglie e le notizie concernenti l’Associazione Nazionale “Dalla Parte del Consumatore” ma contiene focus di approfondimento su tematiche note e meno note concernenti i consumatori.

    “Abbiamo voluto creare uno spazio virtuale di informazione, approfondimento e confronto per i consumatori italiani – afferma l’avv. Emilio Graziuso, Presidente Nazionale “Dalla Parte del Consumatore” – Riteniamo, infatti, che esso possa essere un ulteriore passo avanti nella formazione di un “consumatore militante”, al quale la nostra Associazione lavora costantemente.

    Attraverso contenuti semplici ma nello stesso tempo completi e redatti da esperti di settore, riteniamo che i cittadini si possano avvicinare al piacere di informarsi costantemente in merito ai propri diritti”.

    Proprio per creare un vero e proprio “laboratorio” di informazione del consumatore, espresso da qualificati saperi diffusi, al sito www.dallapartedelconsumatore.com partecipano attivamente, oltre ai dirigenti ed attivisti dell’Associazione, alcuni dei quali come Massimo Bomba, Vice Presidente Nazionale “Dalla Parte del Consumatore”, sono giornalisti, il dott. Lamberto Colla, direttore della “Gazzetta dell’Emilia”, la dott.ssa Chiara Perrucci, giornalista degli “Stati Generali”, Ugo Massari e Cristina Lucchetti di “Sinestesia fra le Arti”.

    “Il sito sarà costantemente e puntualmente aggiornato – afferma Massimo Bomba, Vice Presidente Nazionale “Dalla Parte del Consumatore” – Ogni settimana, infatti, il gruppo di lavoro dell’Associazione ad esso dedicato selezionerà e pubblicherà informazioni essenziali per i consumatori”.

    “Attraverso il sito vogliamo avvicinare anche i più giovani alla informazione sui diritti dei consumatori – dichiara Irene Zapparata, Segretaria Nazionale “Dalla Parte del Consumatore” – Abbiamo riscontrato, infatti, che molti giovani si stanno rivolgendo sempre più spesso ai nostri sportelli per problemi concernenti, soprattutto, il mondo online degli acquisti, dei pagamenti e delle truffe”

     

  • UN chief condemns Taliban ban on its Afghan female staff

    The United Nations head has strongly condemned a Taliban ban on Afghan women working for the organisation.

    Secretary General Antonio Guterres demanded Afghanistan’s rulers immediately revoke the order, saying it was discriminatory and breached international human rights law.

    Female staff were “essential for UN operations” in the country, he said.

    The Taliban have increasingly restricted women’s freedoms since seizing power in 2021.

    There was no immediate word from their government on why the order had been issued. Foreign female UN workers are exempt.

    The UN has been working to bring humanitarian aid to 23 million people in Afghanistan, which is reeling from a severe economic and humanitarian crisis. Female workers play a vital role in on-the-ground aid operations, particularly in identifying other women in need.

    “Female staff members are essential for the United Nations operations, including in the delivery of life-saving assistance,” Secretary General Mr Guterres said in a statement.

    “The enforcement of this decision will harm the Afghan people, millions of whom are in need of this assistance.”

    He called on the Taliban to “reverse all measures that restrict women’s and girls’ rights to work, education and freedom of movement”.

    Earlier, the UN told its Afghan staff – men and women – not to report to work while it sought clarity from the Taliban. Local women had been stopped from going to work at UN facilities in eastern Nangarhar province on Tuesday.

    The UN mission had been exempt from a previous Taliban ban issued in December that stopped all NGOs using women staff unless they were health workers.

    How health programmes in the country will be affected by the ban on UN staff remains unclear.

    The ban is being seen as the most significant test of the future of UN operations in Afghanistan, and the relationship between the organisation and the Taliban government, which is not recognised anywhere in the world.

    Since the Taliban’s return to power, teenage girls and women have been barred from schools, colleges and universities. Women are required to be dressed in a way that only reveals their eyes, and must be accompanied by a male relative if they are travelling more than 72km (48 miles).

    And last November, women were banned from parks, gyms and swimming pools, stripping away the simplest of freedoms.

    The Taliban have also cracked down on advocates for female education. Last month, Matiullah Wesa, a prominent Afghan campaigner for female education, was arrested for unknown reasons.

    In February Professor Ismail Mashal, an outspoken critic of the Taliban government’s ban on education for women, was also arrested in Kabul while handing out free books.

  • Regole

    Sul ring le regole sono precise: si è lì per dare e prendere cazzotti.
    Fanno male e, dunque, è bene stare in guardia e cercare di colpire quanto più duramente possibile. Questo è l’unico modo per finire il combattimento, se non vincendo quanto meno rimanendo dignitosamente in piedi.
    Immagino, ora, cosa succede ad un pugile che, già un po’ suonato, rivolgendosi al suo angolo, in cerca di aiuto, si sente dire: “Porgi l’altra guancia…porgi l’altra guancia”.
    Sta accasciato sul seggiolino, gonfio e a gambe aperte, in debito di ossigeno.
    I secondi si affannano a riparare i danni, compresi quelli all’una e all’altra guancia.
    A loro non resta che gettare la spugna e salvare il salvabile.
    È tecnicamente una sconfitta per abbandono.
    Il giudice ora alza il braccio del vincitore: è un russo che sa giocare sporco, un tre quarti muscoloso e ben allenato. Per i suoi tifosi è un Dio ma, come i suoi colleghi dell’Olimpo, non è perfetto ed ha un piccolo difetto: ama vincere facile, per abbandono, appunto.

  • Consapevole e pericolosa violazione della libertà dei media

    La stampa libera può, naturalmente, essere buona o cattiva,

    ma è certo che senza libertà non potrà essere altro che cattiva.

    Albert Camus

    Era il 16 settembre 2022 quando la Commissione europea adottò un regolamento, un Atto per la libertà dei media europei (European Media Freedom Act). Un Atto “per proteggere il pluralismo e l’indipendenza dei media nell’Unione”. L’intenzione era, tra l’altro, quella della salvaguardia contro le ingerenze politiche nelle decisioni editoriali e, allo stesso tempo, di stabilire misure per proteggere l’indipendenza degli editori e rivelare i conflitti di interesse. Si tratta di un Atto con il quale si cerca di regolamentare l’indipendenza dei media di servizio pubblico, nonché la trasparenza sulla proprietà dei media e sull’allocazione della pubblicità. Si fa altresì sapere da documenti ufficiali resi pubblici che “…la legge per la libertà dei media stabilirà nuovi requisiti per la distribuzione della pubblicità statale ai media affinché la distribuzione sia trasparente e non discriminatoria”. La vicepresidente della commissione per i Valori e la Trasparenza, riferendosi al nuovo Atto ha dichiarato: Negli ultimi anni abbiamo assistito a varie forme di pressione sui media: è giunto il momento di agire. Dobbiamo stabilire principi chiari: nessun giornalista dovrebbe essere spiato a causa del suo lavoro e nessun mezzo di comunicazione pubblico dovrebbe diventare un mezzo di propaganda.”. Mentre il Commissario europeo per il Mercato interno, ha dichiarato che i media, tra l’altro, devono far fronte “…a minacce alla libertà e al pluralismo”.

    Durante la prima settimana dello scorso mese è stato reso pubblico il testo di una risoluzione del Parlamento europeo sull’Albania. Una risoluzione che deve essere discussa adesso in Parlamento, prima di essere definitivamente approvata. Una risoluzione che è molto critica e tratta diversi argomenti della realtà albanese durante l’anno 2022. Tratta con preoccupazione anche la continua violazione della libertà dei media. Nel testo della risoluzione si afferma che il Parlamento europeo “…esprime la sua preoccupazione per la mancanza del progresso al raggiungimento della trasparenza istituzionale e della libertà dei media”. In più si accentua “…il ruolo che hanno i dirigenti politici alla creazione di un ambiente che possa rendere possibile simili libertà”. Nel testo della risoluzione si evidenzia anche che il Parlamento europeo “…condanna gli sforzi per discreditare i giornalisti” per poi condizionare l’informazione pubblica. Si evidenzia anche “…il fallimento a garantire la sicurezza dei giornalisti”. Si afferma che l’Albania ha avuto “un mancato progresso” durante gli ultimi due anni per quanto riguarda la libertà dei media. Tutto ciò dovuto alle “…pressioni politiche contro i giornalisti, soprattutto da parte del governo, mentre il primo ministro ha assunto il ruolo del disciplinatore”. Nel testo della risoluzione si evidenziano anche “…i finanziamenti diretti dei media da parte di diverse agenzie governative, senza trasparenza”. In più si chiede al governo di “…garantire l’indipendenza dei media sulle trasmissioni pubbliche”, di regolamentare i media e di fare “…la trasparenza della proprietà, dei finanziamenti e della pubblicità pubblica dei media”. Bisogna sottolineare però che il testo di questa risoluzione è stato scritto dalla relatrice del Parlamento europeo per l’Albania, che è dello stesso schieramento politico di cui fa parte anche il partito socialista, capeggiato dal primo ministro albanese.

    Nella terza settimana del mese appena passato la violazione della libertà dei media in Albania è stata evidenziata anche dall’ultimo rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America. Si tratta di un rapporto molto critico che analizza ed evidenzia la corruzione a tutti i livelli delle istituzioni governative ed altre serie problematiche. Il rapporto tratta anche la preoccupante realtà in cui si trovano i media in Albania. Si evidenzia che purtroppo “…ci sono pochi media indipendenti, perché la maggior parte dei media sono di proprietà di noti imprenditori con molteplici interessi, i quali usano i media per far progredire [proprio] quegli interessi”. Il rapporto evidenzia, anche che ci sono prove credibili che “… alti rappresentanti dei media usano i media per ricattare le imprese, minacciandoli con dei rapporti negativi”. Tutto con il tacito, ma ben noto appoggio del governo e soprattutto del primo ministro. Si perché in Albania il primo ministro, colui che fa di tutto per controllare i media, ha degli ottimi rapporti di “collaborazione reciproca” con i proprietari dei media. E se qualcuno, per motivi puramente di interessi imprenditoriali in altri settori, quello delle infrastrutture per primo, cerca di “minacciare” e sgarra nelle politiche editoriali e della copertura mediatica delle attività del primo ministro, allora arriva subito la punizione del primo ministro onnipotente. Il nostro lettore è stato informato anche di queste punizioni (Inevitabili conseguenze dell’irresponsabilità di un autocrate; 6 dicembre 2022).

    La violazione della libertà dei media in Albania, non di rado, è stata trattata anche da noti giornali ed agenzie mediatiche internazionali. Critiche molto dure sono state fatte ufficialmente alcuni mesi fa anche dai rappresentanti della nota organizzazione Reporters Sans Frontières (Reporter senza frontiere; n.d.a.). Il 29 settembre 2022 il noto quotidiano tedesco di orientamento conservatore Die Welt (Il mondo; n.d.a.) ha dedicato un articolo alla preoccupante realtà albanese. Una realtà con molte gravi problematiche legate alla corruzione diffusa, al sistema “riformato” della giustizia e alla violazione della libertà dei media. L’autrice dell’articolo evidenzia, tra l’altro, che infatti “…la corruzione è una piaga per l’Albania che è molto difficile da far guarire. Il Paese si schiera alla 110a posizione tra i 180 dell’Indice della Percezione della Corruzione [attuato] da Transparency Internazional (Trasparenza internazionale; n.d.a.)”. E poi, basandosi su delle verifiche fatte da lei personalmente in Albania, l’autrice evidenzia che la corruzione “…non è presente soltanto negli alti livelli, ma anche nella vita quotidiana di ogni cittadino, dalla visita dal medico alla scelta della scuola elementare”. Sempre in base alle verifiche fatte personalmente sul posto dall’autrice dell’articolo, lei scrive “…l’Albania non è ancora in grado di esercitare un controllo giuridico, costituzionale e parlamentare sul governo”. Perciò il primo ministro ha “le mani libere” per fare quello che lui ha deciso. L’articolo tratta anche la violazione della libertà dei media in Albania. Riferendosi a quello che le ha conferito la rappresentante dell’Unione Europea in Albania, l’autrice scrive che “La concezione della stampa come un correttore ha bisogno di svilupparsi in Albania”, ribadendo che il Paese si schiera alla 103a posizione tra i complessivi 180, secondo la graduatoria pubblicata dai Reporters Sans Frontières. L’autrice dell’articolo scrive che i media, soprattutto quelli televisivi, “sono principalmente nelle mani di alcuni ricchi imprenditori e con dei legami politici”. Aggiungendo che il primo ministro “ha suscitato ultimamente scalpore dopo aver minacciato una giornalista con la ‘rieducazione’”, dopo alcune domande imbarazzanti per lui. In seguito il primo ministro ha escluso la giornalista dalle prossime conferenze stampa.

    Il 18 novembre 2022 sono venuti in Albania un gruppo di giornalisti che rappresentavano i Partner della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la Sicurezza dei giornalisti e Reporters Sans Frontières. Hanno avuto un difficile incontro con il primo ministro albanese. In una conferenza stampa, dove era presente anche il primo ministro, i giornalisti hanno affermato, tra l’altro, che il primo ministro gli aveva mentito, riferendosi alla sopracitata “condanna” della giornalista con la “rieducazione”. In più i rappresentanti di Reporters Sans Frontières hanno accusato il primo ministro albanese di averli attaccato durante l’incontro che hanno avuto con lui prima della conferenza stampa, in presenza anche di altri rappresentanti istituzionali internazionali. Hanno, altresì, dichiarato però che nonostante quegli attacchi, loro non indietreggeranno. Uno dei rappresentanti di Reporters Sans Frontières ha dichiarato durante la conferenza stampa che l’Albania è l’ultima nei Balcani occidentali per quanto riguarda la libertà dei media, schierandosi solo prima della Turchia. E si sa qual è la realtà dei media in Turchia! In più lui ha dichiarato che il primo ministro albanese non è trasparente e che non possono essere tollerabili le conferenze stampa con delle domande accordate prima. Alcuni rappresentanti di Reporters Sans Frontières presenti all’incontro con il primo ministro hanno confermato, ad una fonte mediatica non controllata dal primo ministro, che durante l’incontro lui “…ha reagito male quando uno di noi ha detto che in Europa solo la Turchia che ha dei giornalisti incarcerati e media chiusi è peggio dell’Albania”. Loro hanno confermato che il primo ministro “…si è scontrato personalmente con gli interlocutori, a volte aggredendoli, a volte cercando di sedurre”. Loro hanno confermato che il primo ministro, durante quell’incontro “…aveva un comportamento tipico di un dirigente non democratico”. Mentre il segretario della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la Sicurezza dei giornalisti ha chiesto al governo albanese di aumentare gli sforzi e di non trascurare i giornalisti. In più ha chiesto al governo di “riconoscere il ruolo dei giornalisti come critici nell’interesse  degli cittadini e di applicare le raccomandazioni della Commissione europea e del Consiglio d’Europa sulla sicurezza dei giornalisti”. Lui ha sottolineato: “…siamo stati qui [anche] tre anni fa ed abbiamo constatato il basso livello della libertà dei media. Adesso vediamo che la situazione non è migliorata e, anzi, siamo preoccupati perchè non abbiamo più a che fare con la cattura dei media, ma constatiamo la cattura dei giornalisti per servire gli stretti interessi privati. Ma in una democrazia i media servono per proteggere gli interessi del pubblico”. I rappresentanti dei Partner della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la Sicurezza dei giornalisti e di Reporters Sans Frontières hanno evidenziato tutto in un rapporto scritto e reso pubblico il 18 novembre 2022. Loro affermano che “…Per molte delle minacce contro il giornalismo indipendente in Albania, la causa continua ad essere la “cattura” delle parti importanti dell’ambiente mediatico da interessi imprenditoriali”. Riferendosi ai proprietari dei media nel rapporto si afferma che “…usano sistematicamente i loro asset mediatici per servire le loro agende private o politiche, invece che l’interesse pubblico”. I rappresentanti dei Partner della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la Sicurezza dei giornalisti e di Reporters Sans Frontières scrivono nel loro sopracitato rapporto, dopo l’incontro con il primo ministro albanese, che “…l’ingerenza diretta dei proprietari dei media sull’indipendenza editoriale è alta”. Secondo loro tutto ciò “…ha minato da tempo la fiducia del pubblico sull’integrità dei media ed ha portato ad una cronica autocensura nell’ambito della comunità dei giornalisti, nonché alla mancanza di un qualitativo rapporto investigativo”. I rappresentanti dei Partner della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la Sicurezza dei giornalisti e di Reporters Sans Frontières, dopo l’incontro il 18 novembre scorso con il primo ministro albanese, non sono stati convinti da lui e dalle sue giustificazioni. Essi sono convinti però, riferendosi alla libertà dei media, che “la situazione in Albania sta peggiorando”. E questa conclusione la hanno dichiarata anche durante la sopracitata conferenza stampa con il primo ministro albanese.

    Chi scrive queste righe è convinto che in una dittatura gli spazi per i media indipendenti sono, se non inesistenti, veramente molto, ma molto, limitati. Egli, da anni ormai, è convinto che in Albania è stata restaurata e si sta sempre più consolidando una nuova e pericolosa dittatura. Il nostro lettore è stato molto spesso informato, sempre fatti alla mano, di una simile realtà. Ragion per cui c’era da aspettarsi anche la consapevole e pericolosa violazione della libertà dei media. Chi scrive queste righe condivide il pensiero di Albert Camus secondo il quale “La stampa libera può, naturalmente, essere buona o cattiva, ma è certo che senza libertà non potrà essere altro che cattiva”.

  • In attesa di Giustizia: ICAM

    ICAM…che sarà mai, forse parliamo di un talento calcistico proveniente da qualche terra esotica? Nossignore, è  l’ acronimo che sta per Istituto a Custodia Attenuata per Madri detenute: in due parole un segnale di civiltà nei riguardi della popolazione delle carceri che ricomprende le gestanti o le madri detenute, appunto, per le quali è previsto che tengano con sé – in cella, o camera di detenzione come viene eufemisticamente definita – la prole di età inferiore a tre anni.

    Non è difficile immaginare quali siano le condizioni in cui un bambino possa vivere e crescere nei primi anni della sua esistenza se ciò avviene rigorosamente dietro le sbarre di un carcere.

    Ecco, allora che, già nel 2006, a Milano, il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria nella persona dell’illuminato Dott. Luigi Pagano, d’intesa con la Magistratura di Sorveglianza, istituì un tavolo di concertazione cui parteciparono il Ministro della Giustizia Castelli, il Ministro dell’Istruzione Moratti, il Presidente della Regione Formigoni, il Presidente della Provincia Penati ed il Sindaco di Milano Albertini; all’esito dei lavori vi fu la firma di un protocollo d’intesa per la creazione dell’ICAM: per esternalizzare dal carcere l’asilo nido esistente a San Vittore.

    L’immobile fu messo a disposizione dalla Provincia, con l’interessamento dell’assessore Francesca Corso, e colà vennero alloggiate le donne detenute con i loro bambini.

    Una realtà diversa rispetto al carcere, non l’ideale ma un segnale anche simbolico per dimostrare che le cose se si vuole, si possono fare, rispettando la legge.

    Una battaglia di civiltà, come la definì il giornalista ed ex atleta Candido Cannavò che fu uno strenuo difensore del progetto.

    La Milano delle innovazioni e della cultura liberale precedette di qualche anno una legge che era in lenta gestazione (senza che vi venisse riconosciuto particolare interesse) e nella quale, comunque, veniva riposto grande affidamento.

    Passarono gli anni, l’ICAM di Milano funzionava perfettamente e rappresentava un’eccellenza ed un esempio nel settore della Amministrazione Penitenziaria. Infine, la normativa che avrebbe dovuto offrire respiro nazionale all’iniziativa fu varata nel 2011 ma con grave approssimazione, stravolgendo in negativo il progetto “milanese” (niente di nuovo sotto il sole) e ripristinando gli asili nido all’interno delle carceri.

    All’ICAM ci si sarebbe andati “eventualmente”…

    Che la disciplina fosse un pateracchio che nulla di buono aveva ereditato dalla esperienza lombarda fu subito chiaro – chissà perché subito dopo e non subito prima di approvare il testo – e da allora diversi Governi si sono alternanti e ogni Ministro ha promesso “mai più bambini in carcere”.

    Si è giunti così fino ai giorni nostri e nelle settimane scorse si è assistito ad uno scontro durissimo in Commissione Giustizia sull’ennesimo tentativo di regolamentare adeguatamente la materia delle madri detenute con i figli: il disegno di legge portava la firma di parlamentari del PD ma è stato ritirato sostenendo che il centrodestra lo voleva stravolgere.

    Sembra che le forze di maggioranza, tra le altre cose, volessero mettere dei paletti di accesso agli Istituti di Custodia Attenuata per le detenute recidive: in fondo nient’altro che una riproposizione di quanto previsto nell’Antico Testamento riguardo alle colpe degli ascendenti ricadenti sui figli.

    23 marzo 2023: Governi e Ministri sono passati ed i bambini sono rimasti in carcere. Anche loro, che sono sicuramente innocenti – checchè ne possa pensare Piercamillo Davigo – restano in attesa di Giustizia.

  • L’amore di una figlia strappata al papà che aveva condannato l’attacco di Putin all’Ucraina

    «Tutto andrà bene e torneremo insieme. Sappi che vinceremo, che la vittoria sarà nostra, indipendentemente da quello che accade…”. E’ un breve stralcio della lettera che Masha Moskaleva, ragazzina russa di 13 anni, ha scritto a suo padre condannato il 28 marzo a due anni di carcere per aver postato commenti contro la guerra scatena da Putin in Ucraina, e fuggito il giorno prima dagli arresti domiciliari. Quella di Masha e suo padre è una storia di dolore e di grande amore cominciata l’anno scorso quando suo papà, Alexei Moskaley, sui social aveva espresso forte disappunto per l’offensiva di Mosca e la bimba, a scuola, aveva fatto un disegno contro la guerra. E’ iniziata così la tremenda persecuzione, durata mesi, nei confronti di padre e figlia fatta di arresti e interrogatori durante i quali l’uomo è stato anche picchiato.

    Un tribunale russo, dopo un processo lampo, ha condannato al carcere Moskaley mentre la ragazzina, mandata dapprima in orfanotrofio in una località sconosciuta, è stata successivamente internata in una struttura «per la riabilitazione sociale».  Alexei Moskaley è fuggito dagli arresti domiciliari ai quali era già sottoposto, togliendosi anche il braccialetto elettronico e diventando di fatto latitante per sfuggire a un caso giudiziario costruito ad arte contro di lui. La difesa ha annunciato che farà appello contro il verdetto del tribunale e Masha rimarrà per il momento nella struttura statale russa dove potrebbe restare ancora a lungo per poi essere trasferita in un orfanotrofio, dopo che sarà quasi sicuramente tolta la custodia al genitore. La piccola sta però dimostrando grande forza come si evince dalle parole della lettera che scrive a suo padre: «Non arrenderti. Abbi fiducia. Tutto andrà bene e torneremo insieme. Sappi che vinceremo». «Voglio che tu non ti preoccupi. Io sto bene. Ti voglio molto bene e so che non hai alcuna colpa per nulla. Ti sosterrò sempre e qualunque cosa tu faccia va bene». Un messaggio di amore e speranza, quella della figlia per il padre, che conclude: «Tutto andrà bene e torneremo insieme. Sappi che vinceremo, che la vittoria sarà nostra, indipendentemente da quello che accade… Siamo insieme, siamo una squadra, sei il migliore. Sei forte, siamo forti, persevereremo. Sono orgogliosa di te. Non voglio scrivere di come sto, di che umore sono, non voglio darti pensieri, ma capisco che la verità amara è meglio di una dolce bugia. Ma non preoccuparti, ci vedremo e ti dirò tutto».

  • Green energy ‘profiting on back of Congo miners’

    Human rights campaigners are calling on companies to increase the pay for impoverished miners in the Democratic Republic of Congo who are digging up cobalt – an essential commodity in the production of electric cars.

    Huge mining companies engaged in the switch to greener energy are making multi-billion dollar profits, while the Congolese workers digging for cobalt are falling further into poverty.

    That is the warning from two human rights groups – the UK’s Raid, and Cajj, which is based in southern DR Congo near Kolwezi where most of the world’s cobalt is mined.

    Food prices there have been soaring and the campaign groups say most miners are being paid much less than the $480 (£390) a month they need to support their families.

    They want the mining giants, including those from Europe and China that operate DR Congo’s industrial mines, to pay more, and electric vehicle companies to end contracts with cobalt suppliers exploiting miners.

    “The switch to clean energy must be a just transition, not one that leaves Congolese workers in increasingly desperate living conditions”, Cajj’s Josué Kashal said in a statement.

  • I diritti dei bambini

    In teoria siamo tutti d’accordo: bisogna difendere i bambini e i loro diritti.

    Poi in pratica non siamo capaci di trovare un accordo nell’identificare questi diritti che, al di là delle diversità partitiche ed ideologiche, dovrebbero invece essere ben chiari.

    Proviamoci insieme: ogni bambino ha diritto ad una vita dignitosa e il più serena possibile.

    Purtroppo tantissimi bambini non hanno questo diritto, fame, guerre, siccità (solo in Somalia l’anno scorso ne sono morti più di 20.000), pedofili, predatori di organi, prostituzione, sfruttamento, mille sono le insidie che i bambini devono affrontare.

    Vi sono molti bambini che non hanno una famiglia capace di occuparsi di loro e sono portati in istituto per sottrarli a situazioni di degrado, i più fortunati vengono dati in affido e in certi casi in adozione. Quando i bambini adottati diventano adulti cercano caparbiamente di arrivare a conoscere la madre naturale, vogliono sapere perché sono stati abbandonati, quali sono le loro vere origini, le cronache ci hanno raccontato molti di questi casi e delle fatiche e sofferenze che hanno dovuto affrontare.

    Ora, nella nostra società, ci sono e ci saranno bambini che si chiederanno, diventati più grandi, come è possibile essere figli di genitori dello stesso sesso, vorranno sapere come sono stati concepiti, come sono nati, di chi sono naturalmente figli.

    Uno dei due genitori potrebbe essere veramente la madre biologica o il padre biologico ma in molti altri casi la loro nascita è stata il prodotto di ovociti, di una donna sconosciuta, fecondati dagli spermatozoi di un uomo sconosciuto, immessi per la gestazione nell’utero di un’altra donna sconosciuta, un utero in affitto.

    Siamo tutti così certi che questi bambini diventati adolescenti non sentiranno la diversità tra loro e chi è nato da un genitore certo? Che non cercheranno di andare a identificare le persone che hanno venduto i loro ovuli e il loro seme, la donna che li ha partoriti? Che accetteranno di non poterle trovare perché sono nati da una serie di atti commerciali? Si sentiranno usati per rispondere al desiderio di un adulto di avere un figlio a prescindere dalla capacità di generarlo, a prescindere dalle conseguenze che il bambino potrà avere?

    Forse a qualcuno di questi bambini, figli dell’utero in affitto, importerà poco ma a molti altri importerà talmente tanto da poter sconvolgere la loro vita, il loro futuro.

    In un mondo così pieno di angosce, di incapacità ad accettarsi, di paure ed insicurezze non dovrebbe essere lecito, per appagare un pur legittimo desiderio, ledere a priori il diritto di un altro essere umano, che non aveva chiesto di venire al mondo e che, da adulto, dovrà confrontarsi con il proprio concepimento frutto di azioni lontane dalla naturalità e molto simile al risultato di accordi commerciali.

    A tanti bambini la scoperta di come sono nati creerà tormento perchè si sentiranno diversi e, come succede in molti casi, daranno la responsabilità dei loro futuri problemi proprio a coloro che hanno imposto questa diversità di nascita.

    Gli adulti hanno diritti ma hanno prima specifici doveri verso i bambini, doveri che non si esauriscono nell’essere premurosi, nel garantire la sicurezza economica, anche l’amore, da solo, non basta perchè se l’amore è frutto di egoismo non è amore ma desiderio di possesso.

    Quel possesso che ha portato Putin a deportare in Russia i bambini ucraini.

    Se una persona pensa che un figlio può dare uno scopo alla sua vita ed è disposto a far pagare ad un altro, al bambino, il prezzo del suo desiderio è una persona che del senso della vita ha capito ben poco.

    Si ha il diritto ad avere un figlio se si è in grado di avere un figlio, anche utilizzando  quegli aiuti che la scienza mette oggi a disposizione di chi ha difficoltà fisiche al concepimento o a portare a termine la gravidanza, ma non si ha diritto ad avere un figlio, generato in tutti i sensi su commissione, a prescindere dal bene futuro del bambino, dai risvolti sulla società, dallo stravolgimento delle leggi di natura, un figlio non è un investimento per noi stessi, per l’appagamento di un nostro anche più che legittimo desiderio.

    Ogni giorno sentiamo appelli per aiutare le centinaia di migliaia di bambini che stanno morendo di fame e di sete, bambini rimasti orfani, bambini abbandonati nei posti più disparati del mondo.

    Questi bambini avrebbero bisogno di genitori ed in molti paesi è consentita l’adozione per i single e per le coppie dello stesso sesso ma si preferisce l’utero in affitto perché vogliamo il bambino del nostro colore di pelle, magari anche programmato per essere fisicamente come lo vogliamo. E’ questo l’amore che alcuni hanno verso i bambini!

    In verità sui bambini si sta combattendo una guerra ideologica che vuole che alcune categorie di persone abbiano non maggiori diritti individuali ma il diritto, tramite i bambini, di modificare la società, di modificare anche le leggi di natura

    La scienza ha fatto molto e potrà fare ancora tanto, forse un domani metteremo spermatozoi ed ovuli dentro un robot e questo si occuperà della gestazione, forse un domani sarà possibile concepire dall’ano, forse potremo clonare i figli, come la pecora Dolly, così saremo sicuri di averli a nostra immagine.

    Forse questa sarà scienza ma non coscienza e tutti, se continueremo a credere di avere solo diritti ne pagheremo le conseguenze.

    Forse tra guerre, riscaldamento globale, disperate corse alla disumanizzazione, abuso di droghe, rincorsa ai diritti negando ogni dovere, perdita di identità, non avremo più questi problemi perché questa volta non sarà il diluvio universale ma l’umana scelleratezza, il diffuso egoismo a scrivere la parola fine, a prezzo di troppo inutile dolore.

    Poi non ditemi che l’essere umano è la creatura più intelligente del pianeta.

  • Ipocrisia e irresponsabilità di alcuni rappresentanti europei

    L’ipocrisia è un vizio alla moda, e tutti i vizi alla moda passano per virtù.
    Molière, da “Don Giovanni o Il convitato di pietra”

    Giovedì scorso, 16 marzo, a Tirana si è tenuto un altro vertice del Consiglio di Stabilizzazione ed Associazione tra l’Unione europea e l’Albania. Dopo il vertice è stata prevista e si è svolta anche una conferenza congiunta con i giornalisti del primo ministro albanese e delle due massime autorità della Commissione europea: l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza, allo stesso tempo vicepresidente della Commissione europea, ed il Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di Vicinato. Si è ripetuto però e purtroppo lo stesso scenario. Come in tante altre precedenti occasioni durante questi ultimi anni, anche giovedì scorso, nonostante la vera, vissuta, sofferta e scandalosa realtà albanese, gli illustri ospiti europei hanno parlato di “successi” (Sic!). Ma a quali “successi” si riferivano? Forse a quelli attuati dalla criminalità organizzata, in stretta connivenza con il potere politico e con il primo ministro? O forse dei “successi” conseguiti dai rappresentanti istituzionali di tutta la gerarchia dell’amministrazione pubblica, centrale e locale, che hanno fatto della corruzione il loro principale obiettivo da raggiungere? Si riferivano, chissà, ai “successi” dei massimi rappresentanti politici, primo ministro in testa, che sono convinti e hanno da tempo dimostrato che l’abuso del potere a loro conferito, oltre ad essere un diritto, è anche un dovere da “onorare”? I due massimi rappresentanti della Commissione europea si riferivano anche ai “successi” raggiunti dalle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia che niente hanno fatto e stanno facendo per far rispettare le leggi. Istituzioni che, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti documentati e testimoniati, fatti pubblicamente denunciati alla mano, sono sotto il controllo personale del primo ministro e/o di chi per lui. O forse avevano in mente i continui “successi” dell’economia del Paese, grazie ai quali la povertà sta diventando sempre più diffusa e sta colpendo sempre più cittadini? “Successi” che sono talmente tanti ed eclatanti che, da anni, stanno costringendo gli albanesi a scappare e chiedere asilo altrove, in altri paesi dell’Europa. E nonostante quei “successi eclatanti”, chissà perché, solo in questi ultimi anni hanno lasciato il Paese circa un terzo di tutta la popolazione residente in Albania?! Un simile spopolamento non si è verificato in nessun altro paese da dove partono dei profughi: paesi che da anni sono afflitti da guerre e da conflitti armati tra varie fazioni. Oppure, giovedì scorso, 16 marzo, i due massimi rappresentanti della Commissione europea, elogiando l’operato del primo ministro e del governo albanese, si riferivano ai “successi” dei massimi rappresentanti istituzionali, governativi e locali, che in questi ultimi anni hanno fatto dell’Albania un “porto franco” dove si riciclano dei miliardi del mondo della criminalità e dei raggruppamenti occulti locali ed internazionali e altri miliardi, prodotti dalla diffusa corruzione? Basta riferirsi però ai rapporti ufficiali del Moneyval (Comitato di Esperti per la valutazione delle misure anti riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, struttura del Consiglio d’Europa; n.d.a.). oppure ai rapporti ufficiali di un’altra struttura specializzata, il FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, nota anche come il Gruppo di Azione Finanziaria (GAFI); specializzato  nella lotta al riciclaggio dei capitali di origine illecita e nella prevenzione del finanziamento al terrorismo; n.d.a.). Ebbene da alcuni anni l’Albania è uno dei Paesi osservati continuamente per il riciclaggio del denaro sporco. O forse i due massimi rappresentanti della Commissione europea avevano in mente i “successi” ottenuti dal primo ministro e dai suoi “consiglieri informali privati” a corrompere alti funzionari delle istituzioni, sia oltreoceano che delle istituzioni dell’Unione europea? Uno scandalo tuttora in corso negli Stati Uniti d’America, sul quale stanno indagando due procure e due commissioni parlamentari, vede proprio coinvolto anche il primo ministro albanese. Il nostro lettore è stato informato nelle precedenti settimane di questo scandalo (Collaborazioni occulte, accuse pesanti e attese conseguenze, 30 gennaio 2023; Un regime corrotto e che corrompe, 13 febbraio 2023; Angosce di un autocrate corrotto e che corrompe, 20 febbraio 2023; Un autocrate corrotto e che corrompe, ormai in preda al panico, 27 febbraio 2023 ecc…). Oppure i due alti rappresentanti della Commissione europea, quando parlavano di “successi”, si riferivano ai “successi” del primo ministro e/o di chi per lui a “convincere” i rappresentanti internazionali in Albania e soprattutto quei diplomatici statunitensi e dell’Unione europea della serietà e del massimo impegno del governo? Rappresentanti che, a loro volta, chissà perché, violano anche quanto previsto dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, una realtà quella, ormai nota da anni per il nostro lettore.

    Giovedì scorso, dopo il vertice del Consiglio di Stabilizzazione ed Associazione tra l’Unione europea e l’Albania, il primo ministro albanese, durante la congiunta conferenza con i giornalisti ha detto senza batter ciglio: “…noi siamo molto felici oggi mentre constatiamo che le cose sono andate come previsto […] e possiamo riconstatare l’andamento [positivo] della riforma di giustizia”. Affermando, sempre senza batter ciglio, perché è abituato a mentire, che: “La riforma di giustizia ha cominciato a dare dei frutti significativi” (Sic!). Per poi aggiungere, sempre riferendosi alla riforma di giustizia e sempre senza batter ciglio: “…sono fiero che l’Albania è l’unico Paese in tutta la regione che ha fatto questo passo. Ѐ l’unico paese che ha fatto questa riforma…”. L’unica frase dove ha detto una parte della verità. Perché la vera ed intera verità è che sono state proprio le istituzioni specializzate dell’Unione europea a sconsigliare fermamente altri Paesi balcanici, Macedonia del Nord compresa, a non intraprendere e attuare una riforma del sistema di giustizia come quella attuata in Albania! Una riforma che è stata ideata, programmata ed attuata in modo tale da garantire il controllo di tutte le istituzioni del sistema direttamente dal primo ministro. Ed è proprio quello che è successo in Albania. La saggezza popolare ci insegna che la lingua batte dove il dente duole. Mentre gli psicologi ci insegnano che il subconscio svela proprio ciò che si vuole nascondere. Si, perché il primo ministro albanese vuole proprio nascondere quello che ormai è pubblicamente noto non solo in Albania. E cioè il voluto ed ottenuto fallimento della riforma del sistema di giustizia.

    Durante la stessa conferenza con i giornalisti l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza, allo stesso tempo vicepresidente della Commissione europea, ha detto all’inizio del suo intervento: “Sono veramente felice di essere qui in Albania”. Poi, riferendosi al processo di integrazione europea dell’Albania, ha affermato: “…Noi vediamo e diamo il nostro benvenuto al chiaro orientamento strategico dell’Albania verso l’Unione europea”. Nel seguito del suo intervento davanti ai giornalisti l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza ha detto: “Voglio ammettere e valutare chiaramente che questo Paese (Albania; n.d.a.) ha dimostrato un poderoso impegno nell’ambito delle riforme necessarie ed ha raggiunto risultati importanti, soprattutto nel campo della giustizia. L’Albania ha applicato una riforma radicale di giustizia che ha fatto passi in avanti in maniera sostenibile”. Poi, riferendosi alla presa di posizione dell’Albania in difesa dell’ordine basandosi al regolamento internazionale e alla Carta delle Nazioni Unite, ha dichiarato che quel posizionamento “…ha dimostrato chiaramente la qualità dell’Albania come un partner affidabile per la sicurezza”. Si, proprio così. Mentre sempre più spesso e senza ambiguità l’Albania viene considerato dai rapporti ufficiali delle più note istituzioni specializzate internazionali, comprese quelle dell’Unione europea, come un Paese che è diventato centro del traffico e dello smistamento delle droghe che arrivano sia dall’America Latina che dai paesi orientali. Dagli stessi rapporti l’Albania risulta essere un Paese dove la criminalità organizzata collabora con il potere politico. Ma risulta altresì che la criminalità organizzata albanese ormai sta diventando molto attiva e pericolosa anche in molti altri Paesi europei ed in America Latina. Alla fine del suo intervento davanti ai giornalisti, durante la sopracitata conferenza stampa, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza ha dichiarato che era una cosa buona di sapere che “…possiamo appoggiarsi ai nostri partner, soprattutto a quelli dei Paesi candidati (all’adesione nell’Unione europea; n.d.a.) come l’Albania.”. Si tratta di paesi come l’Albania, con i quali l’Unione europea condivide “…a 100% un posizionamento comune nel campo della politica degli esteri, che è un chiaro segnale della vostra volontà europea”. Chissà che informazioni gli hanno preparato i suoi collaboratori all’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza prima di venire in Albania il 16 marzo scorso? Ma una cosa è certa; dalle sue dichiarazioni risulta che lui ha fatto riferimento non alla vera, vissuta e sofferta realtà albanese, bensì ad una realtà virtuale, molto simile a quella che presenta sempre il primo ministro albanese e la sua potente propaganda governativa. Chissà perché?!

    Durante la stessa conferenza stampa con i giornalisti è intervenuto anche il Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di Vicinato. Lui ha cominciato dicendo: “Sembra che Tirana è un posto come si deve. Tirana è un posto come si deve per far venire gli europei.”. Ed era certo, dopo aver sentito il primo ministro albanese, che “…per l’Albania è proprio l’Europa la sua priorità geopolitica.”. Poi convinto il Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di Vicinato ha affermato, riferendosi all’Albania, che “abbiamo naturalmente visto quello che abbiamo raggiunto, quello che abbiamo raggiunto l’anno scorso. E l’anno scorso è stato un anno con tanti successi per l’Albania.”! Si, proprio così. E poi ha aggiunto impressionato: “quello che vediamo è che il progresso generale nel paese è ottimo”. E anche lui ha fatto riferimento alla riforma di giustizia. Ma nonostante tutti, non solo in Albania, si stiano convincendo sempre più, fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, che si tratta di un ideato, voluto ed attuato fallimento, lui, il Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di Vicinato ha detto: “La riforma di giustizia sta dando dei risultati come lo vediamo […] ed incoraggiamo che l’Albania continui in questa direzione”. E rispondendo ad un giornalista, ha detto che in Albania ormai “…ogni cosa è al posto giusto.” (Sic!).

    Lo stesso giorno, il 16 marzo scorso, solo poche ore dopo la sopracitata conferenza stampa, durante un’altra conferenza stampa, i rappresentanti della Commissione per le rivendicazioni e le sanzioni presso la Commissione Centrale Elettorale hanno negato al maggior partito dell’opposizione di presentarsi come tale alle elezioni amministrative previste per il 14 maggio prossimo. Una decisione in palese violazione della Costituzione albanese e delle leggi in vigore. Un altro passo però “nella giusta direzione”, quella tanto voluta dal primo ministro albanese.

    Chi scrive queste righe pensa che cosa avrebbero detto i Padri Fondatori dell’Unione europea di tanta ipocrisia e irresponsabilità di alcuni rappresentanti europei, come quelli “illustri ospiti” che erano a Tirana il 16 marzo scorso. Di certo però i Padri Fondatori rispettavano i veri valori morali dell’umanità. Essi non avrebbero mai e poi mai pensato di basare la fondazione dell’Europa unita sull’ipocrisia e l’irresponsabilità dei suoi rappresentanti istituzionali e sulla “vendita d’anima” in cambio a chissà quali benefici. Purtroppo, anche adesso, dopo più di tre secoli, dobbiamo dare ragione a Molière, il quale era convinto che l’ipocrisia è un vizio alla moda e tutti i vizi alla moda passano per virtù. Come cercano di fare anche certi rappresentanti dell’Unione europea.

  • Il Congresso degli uiguri in lizza per il Nobel per la pace del 2023

    Il Congresso mondiale degli uiguri (Wuc) è stato nominato per il Premio Nobel per la pace 2023 dal membro del parlamento canadese, presidente della sottocommissione per i diritti umani internazionali e copresidente del gruppo di amicizia parlamentare Canada-Uigura, Sameer Zuberi, insieme al deputato canadese e co-presidente della sottocommissione Alexis Brunelle-Duceppe e alla leader dei giovani liberali in Norvegia, Ane Breivik.

    Il lavoro del Wuc ha contribuito in modo significativo ad attirare l’attenzione internazionale sulla schiacciante campagna di repressione religiosa, linguistica e culturale attualmente condotta dal Partito Comunista Cinese (Pcc) contro gli uiguri e altri popoli turchi nel Turkestan orientale. L’ufficio delle Nazioni Unite dell’Alto Commissario per i diritti umani ha concluso che queste violazioni dei diritti umani “possono equivalere a … crimini contro l’umanità”, e gli Stati Uniti, undici organi parlamentari – compreso il Canada – nonché il governo indipendente Il tribunale uigura ha concluso che è in atto un genocidio.

    È fondamentale che la comunità internazionale non lasci che i crimini commessi dal PCC contro gli uiguri passino inosservati e vengano commessi impunemente. La nomina del WUC al Premio Nobel per la pace è un messaggio importante contro l’autoritarismo e riflette l’importanza di porre fine al genocidio degli uiguri.

    Il WUC ringrazia sinceramente la deputata Brunelle-Duceppe, la deputata Zuberi e la leader dei Giovani Liberali, la signora Breivik, per aver riconosciuto l’importanza del lavoro della Wuc e aver nominato l’organizzazione per il Premio Nobel per la Pace 2023.

Pulsante per tornare all'inizio