Disabilità

  • Al via le candidature per l’edizione 2025 del premio Access City Award

    Sono aperte le candidature all’Access City Award 2025, la 15° edizione del concorso che premia le città che si sono adoperate per diventare più accessibili alle persone con disabilità. In occasione dei Giochi olimpici e paraolimpici di Parigi 2024, la Commissione dedicherà inoltre una menzione speciale alle “infrastrutture sportive accessibili”.

    Il concorso, organizzato dalla Commissione europea in collaborazione con il Forum europeo sulla disabilità, è aperto alle città dell’UE con più di 50.000 abitanti. I vincitori del 1°, 2° e 3° posto riceveranno rispettivamente premi dal valore di 150 000 euro, 120 000 euro e 80 000 euro.

    Le città vincitrici saranno annunciate in occasione della cerimonia di premiazione della conferenza sulla Giornata europea delle persone con disabilità, in programma il 28 e 29 novembre 2024. Le città possono candidarsi entro il 10 settembre 2024.

  • La Commissione accoglie con favore l’accordo politico su contrassegno europeo di parcheggio e tessera europea di disabilità

    La Commissione europea accoglie con favore l’accordo politico raggiunto dal Parlamento europeo e dagli Stati membri dell’UE sulla direttiva che istituisce la tessera europea di disabilità e il contrassegno europeo di parcheggio per le persone con disabilità. La direttiva è stata proposta dalla Commissione nel settembre 2023.

    L’introduzione di una tessera europea di disabilità armonizzata e di un contrassegno europeo di parcheggio migliorato faciliterà il riconoscimento della condizione di disabilità e garantirà, in tutta l’UE, la parità di accesso a condizioni speciali e a un trattamento preferenziale durante soggiorni di breve durata in altri paesi dell’Unione. La mobilità delle persone con disabilità sarà così facilitata: che si visiti la Polonia con una tessera rilasciata in Spagna o si sia residenti in Polonia, la tessera garantirà l’accesso alle stesse condizioni.

  • L’accessibilità possibile per tutti grazie a WeGlad, l’app che consente di mappare le barriere architettoniche e fare rete

    Pochi click per mappare qualsiasi barriera architettonica, locali inclusi, taggarla e geolocalizzarla. E’ la mission di WeGlad, app nata per semplificare la mobilità di chi ha difficoltà motorie e non ha dati per potersi muovere in autonomia. Ad idearla Petru Capatina che, partendo dalla sua esperienza personale e dai numerosi disagi affrontati, ha deciso di sfruttare tutto il potenziale delle nuove tecnologie per creare una startup in grado di migliorare la vita di chi ha una disabilità fisica, e dei tanti caregiver, in un’epoca in cui il tema dell’inclusività sta diventando sempre più importante. 

    Come è nata l’idea di WeGlad e come funziona?

    WeGlad è un’app che semplifica la mobilità delle persone con difficoltà e disabilità motorie. Nasce da tre esperienze che hanno catalizzato in me l’esigenza di dare origine a questo progetto. In primis, 15 anni fa ho avuto un incidente che mi ha bloccato a letto dopo essere stato colpito da una macchina, ho dovuto imparare nuovamente a camminare, questo mi ha segnato. Successivamente ho lavorato girando l’Europa con il mondo del circo e dei live show: un amico, acrobata, a seguito di un incidente ha subito danni pesanti ai piedi e facendogli da caregiver ho compreso ulteriormente quanto fosse difficile trovare informazioni su strade e locali accessibili. Era un tormento, città nuova ogni 10 giorni, mai il tempo di adattarsi. Appena studiavamo il tragitto più funzionale e i 2-3 locali accessibili, cambiavamo zona. L’epifania è arrivata quando ho iniziato a lavorare nel mondo delle tecnologie esponenziali, capaci di risolvere problemi grandi, gravi e complessi in tempi record. Lì ho capito che avrei dedicato la mia vita all’utilizzo di quella forza esponenziale per risolvere problemi sociali con una potenza che non avevamo mai avuto possibilità di esercitare prima. E’ stato immediato scegliere il tema della mobilità accessibile, non c’era niente sul mercato, conoscevo il problema, così come i miei soci, la tecnologia era matura, ci abbiamo scommesso tutto. E’ il nostro purpose.

    Con WeGlad si può mappare l’accessibilità fisica delle strade e locali aperti al pubblico. Ovvero per chi ha difficoltà motorie e oggi non ha dati per potersi muovere in autonomia. In pochi click possiamo mappare qualsiasi barriera architettonica, taggarla e geolocalizzarla. Stessa cosa con i locali. I dati sono condivisi gratuitamente con tutto il mondo. Il risultato è generare una mappa intelligente che possa, in base alle esigenze del singolo, navigarlo da punto A verso punto B nel modo più accessibile e sicuro, garantendo inoltre che il punto B possa accoglierlo. Sembra banale, ma è una tortura senza la tecnologia.

    Come è stata accolta, che riscontro state avendo e in che modo state cercando di diffonderla?

    Ora molto bene, ma è stato complesso inizialmente, di aziende simili ne erano nate una decina in giro per il mondo ma fallivano entro l’anno. Abbiamo cercato e trovato gran parte dei fondatori per intervistarli e capire cosa fosse andato storto per non ripetere gli stessi errori. Abbiamo investito centinaia di ore con le persone che vivevano quelle difficoltà per approfondire. Una volta pronti per lanciare l’app arriva il covid. Mobilità in stallo. Lì abbiamo deciso di creare la community, oltre le barriere architettoniche, ci sono quelle sociali, abbiamo creato il primo gruppo di persone in Italia che mettesse insieme persone normotipo, con disabilità e caregiver. Niente ghettizzazione. Ripartita l’economia quelle persone sono state chiave per ampliare il bacino e testare velocemente più di 5 prototipi e capire come consolidarsi. A 5 mesi dalla costituzione della società vinciamo il Premio Nazionale per l’Economia Civile, poi l’ESG 2022 delle Nazioni Unite, parliamo con corporate, governi e policy maker globali, stiamo facendo la cosa giusta. Abbiamo capito che la risoluzione del problema non coinvolge solo gli stakeholder ma è un tema di tutti. Abbiamo così creato il Mappathon, un gioco sociale, una maratona di mappatura, ottimo strumento di diffusione. Coinvolgiamo dipendenti delle Corporate, partendo dalle ERG interne (Employee Resource Group), chi mappa genera punti, sale di classifica, vince premi. Si condivide il budget con Terzo Settore per ampliare l’impatto e mappature, si sensibilizzano i cittadini, si condividono i dati coinvolgendo le PA per monitoraggio e risoluzione. Abbiamo così tutti gli strati della società, insieme, per un obiettivo che riguarda tutti: la dignità naturale dell’essere umano. A Milano abbiamo coinvolto 6 corporate competitor e il Comune, in 3 mesi 5.500 mappature, numero impressionante considerando quasi quattro decenni dalla legge che rende il monitoraggio un obbligo.

    Perché il riferimento al gladiatore?

    WeGlad è la contrazione di ‘Welcome Gladiators’, ovvero benvenuti gladiatori. Quella del Gladiatore è una metafora riferita a tutte le persone che combattono nell’arena della vita, contro difficoltà che non hanno scelto. Che hanno il ritorno sul tempo investito storpiato da un contesto urbano che non li accoglie. Perché la disabilità non è loro, è del contesto. Persone che, come direbbe Pasolini, parlando del ‘sentimento primo’, da quando sono nate, hanno notato di non essere ‘previste’. Noi le cerchiamo e sono benvenute, accolte. Poi, il gladiatore più forte era l’essedarius, che guidava il carro, l’esseda. Aveva appunto due ruote, come la sedia rotelle e combatteva per la libertà. Era perfetto.

    Chi sono i principali fruitori dell’App?

    Siamo partiti dalle difficoltà motorie. Secondo l’ISTAT circa il 4% delle persone ha disabilità motoria, il 13,9% di anziani che rappresentano il 31% della popolazione italiana, ha difficoltà motoria, 11% persone sono severamente obese e il 4% sono genitori di bambini 0-4 anni che usano un passeggino. Oggi, stiamo puntando a integrare dati su tematiche di neurodivergenza e alimentari, e successivamente trasformare i dati della mobilità in dati utili per persone ipovedenti.

    Quante segnalazioni avete avuto da quando è nata WeGlad e a chi veicolate le informazioni?

    Ad oggi abbiamo più di 10.000 barriere architettoniche segnalate e oltre 5.000 locali, di ogni genere, in ogni parte dell’Italia. Nascono anche le mappature all’estero.

    Pensate, in un secondo momento, di creare delle partnership con scuole e/o università?

    Assolutamente sì, interagiamo spesso con scuole e università, le abbiamo già coinvolte in 4 mappathon. I giovani sono molto sensibili e vogliono contribuire, partecipare. Infatti sono proprio loro che ci hanno chiamato il “Pokemon GO” dell’accessibilità, ed è grazie a loro che stiamo investendo molto nella gamification, proprio per renderlo sempre di più un social game, dove le persone possono contribuire e imparare di più sull’inclusione venendo premiati e stimolati. Puntiamo sulle nuove generazioni.

    Negli ultimi anni si parla molto di inclusività in tutti i settori della vita quotidiana. Avete programmi anche nel lato retail?

    Si, decisamente. Il retail sarà proprio il nostro focus per i prossimi anni. Lanceremo a breve il nostro modello REACT (Retail Accessibile e Trasparente) che abbiamo sviluppato nel corso dell’estate per coinvolgere tutti i retailer di banche, assicurazioni, food, telco, franchising ecc che hanno punti vendita e implementare i loro ‘store locator’. Ad oggi, meno di 1 su 100 ha dei dati sull’accessibilità. Il nostro modello serve per abilitarli a rilevare l’accessibilità fisica, sensoriale e alimentare dei punti vendita/filiali e poterli integrare con un’interfaccia, direttamente nei propri siti web e app, dove i loro utenti possano consultare in modo intuitivo la tipologia di servizio di interesse. Il retail non è sempre accessibile a tutti, ma questo è noto alle persone, e spesso è questione di edifici storici, di locali in affitto su cui c’è poca possibilità di manovra e accordi di franchising complessi. Dobbiamo però capire che la trasparenza batte l’imperfezione. Oggi il consumatore vuole sapere se un locale è ok per le sue esigenze, senza investire tempo per sposarsi e scoprire poi di non essere accolto. La trasparenza serve per permettere all’utente anche di scegliere la destinazione migliore tra i locali offerti dall’azienda, altrimenti si perde la fiducia del cliente e si crea disagio. Noi risolviamo questo, dando nuove possibilità di monetizzazione e posizionamento, creando impatto sociale misurabile. Inoltre, nel 2025 ci sarà l’European Accessibility Act, siamo al centro del ciclone di un grande cambiamento, ora è il momento di agire. Il mercato è maturo e lo esige, le aziende intelligenti, come sempre, sapranno cogliere l’opportunità al posto di subire la policy. Noi le affiancheremo per farlo al meglio.

  • Eliminare gli ostacoli per le persone con disabilità: l’Atto europeo sull’accessibilità deve fare parte del diritto nazionale

    E’ fissato al 29 giugno il termine entro il quale gli Stati membri devono recepire l’Atto europeo sull’accessibilità nel diritto nazionale. La legge mantiene l’impegno dell’UE di abbattere le barriere per le persone con disabilità, uno dei suoi obblighi in quanto parte della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. La legge garantisce che tutti abbiano accesso a una serie di prodotti e servizi di uso quotidiano, tra cui i trasporti pubblici, i servizi bancari, i computer, la televisione, i libri elettronici e gli acquisti online. Per soddisfare i requisiti di accessibilità, gli sportelli automatici potrebbero, ad esempio, essere dotati di segnali visivi e acustici che indichino dove inserire la propria carta bancaria o dove prelevare il contante.

    Fonte: Commissione europea

  • La Commissione lancia il premio “Access City Award” 2023 per le città più accessibili dell’UE

    È stato lanciato il concorso “Access City Award 2023″ riservato alle città che hanno profuso i maggiori sforzi per diventare più accessibili alle persone con disabilità e hanno messo in cantiere ulteriori miglioramenti. La città vincitrice riceverà un premio finanziario di 150.000 €, mentre la seconda e la terza classificata riceveranno rispettivamente 120.000 € e 80.000 €. Il concorso, organizzato dalla Commissione europea in collaborazione con il Forum europeo sulla disabilità, è aperto alle città dell’UE con più di 50.000 abitanti. Le città premiate quest’anno saranno annunciate durante una conferenza che si terrà il 25 novembre in occasione della Giornata europea delle persone con disabilità. Le candidature per il premio di quest’anno sono aperte fino all’8 settembre sulla pagina web dell’ Access City Award 2023.

    Fonte: Commissione europea

  • “Too often, people with disabilities have no voice in this narrative…” An exclusive interview with Irene Sarpato

    Pubblichiamo di seguito l’intervista realizzata da L’Idea Magazine, giornale on-line della comunità italo-americana, alla Dott.ssa Irene Sarpato su disabilità, salute mentale, neurodivergenza ed inclusione.

    Irene Sarpato holds a Degree in Philosophy, specializing in morals, psychology, and human science. She is a Facilitator of the #IamRemarkable workshop, an initiative aimed at empowering women and people from underrepresented groups to celebrate their achievements in the workplace and beyond. She is also the founder and chair of the global disability-based ERG at the company she worked at.
    In January 2022, she joined the Global Board of Advisors of Billion Strong Foundation, based in Rockville (Virginia), an identity and empowerment organization designed to bring the billions of voices of persons with disabilities together.

    L’Idea MagazineHello Irene. Because of your International ties, although you are Italian and live in Italy, I am going to interview you in English, if that’s all right with you… You hold a Degree in Philosophy, specializing in morals, psychology, and human science. What was your dissertation about? 
    Irene Sarpato: Hello Tiziano, thanks for having me and giving me the opportunity to reach out to the Italian American community. Un caro saluto a tutti e tutte voi!
    Yes, my dissertation was on prejudice, discrimination, and social stigma around mental conditions.
    My research aimed to assess the effect that theoretical models of the psyche can have on the individual and collective behavior and judgment.
    Considering a certain personality paradigm as “normal” and healthy often results in the unacceptability and marginalization of anything that deviates from it. Examples are people with mental conditions or children with school learning peculiarities who, until a few years ago, were kept separate, even physically, from “normals.”
    Mental conditions have often been the subject of unjustified and mortifying fears and discrimination. Let us not forget, for example, the extermination program conducted by Hitler against the mentally ill or the harsh regime of segregation and violence that was perpetrated in asylums, of which we have important testimonies from patients such as our Italian poet Alda Merini. In common slang, terms such as “dissociated”, “psycho”, “OCD” are used in a pejorative sense and as an insult.
    Thus, history teaches us that the illusion that there is only one reality, and that one reality is better than another, has led to the justification of genocide, segregation, social and racial discrimination, always based on the desire to suppress differences from an absolute paradigm of homogeneity, acquired and shared by a group.
    Well, we can reconsider the implicit value judgment if we adopt a psychological model that recognizes the psyche as having a certain malleability, which is sustained by more recent clinical studies highlighting that benign dissociative episodes are, for example, observed even among the nonclinical population and are much more frequent than one might imagine, especially among young people and college students. These include experiences such as absorption (in reading or watching a movie), daydreaming, or having the ability to act in different contexts almost as if one had two different personalities.
    Given the frequency of these phenomena, the continuum model is gradually being adopted: dissociation is no longer conceived as an all-or-nothing pattern but as a spectrum.
    What is important, then, is to be available to understand the behavior of others and the discomfort it may signal, without any judgment. This disposure can enable us both to broaden our own experience and to be moral therapists for others, who care for their souls. This is also a safe environment to talk about how we feel, while stigma prevents people to seek help.

    L’Idea Magazine: You’ve been volunteering in Mental Health Associations as a moral consultant since the age of 18. What prompted this decision of yours?
    Irene Sarpato: Mental health is one of my earliest interests, actually. I felt strongly within me the need to support people who suffer from mental health conditions, sometimes abandoned by families, without friends, with great difficulties to lead everyday life, isolated and alone. I thought, “If I were to be in this situation, I would feel very sad and lonely. Let’s start taking care of others, and maybe, if one day I need help, someone will do the same for me.” I wanted to create a virtuous circle of non-specialist, non-therapeutic mutual help and support. I dreamed of a world in which human beings just help each other as one big family.

    L’Idea MagazineSo, you were concerned about the way society approached disabilities at a young age. Recently you discovered that you were “Asperger’, considered a kind of neural disability. Is that right? Did this discovery amplify your interest in the world of disability?
    Irene Sarpato: Precisely. The diagnosis was my aha moment of illumination! I was diagnosed with Asperger’s syndrome (which is in the Autism Spectrum Disorder and considered “high-functioning” autism) a year ago when I was 43 years old. It was not a surprise as much as it was the frame that allowed me to put the pieces of the puzzle in the right place and complete the image of myself, getting to finally know why certain things that for others are so easy and pleasant for me have always been difficult and tiring, and vice versa.
    I like my new and complete image very much, which is why I say that I do not experience my condition of a neuroatypical woman like a dis-turb or as a dis-discomfort. I also gladly talk about it in public and in the work environment, share my lived experiences, my achievements, my difficulties, and how I overcame them, putting the coping strategies I built for myself at the disposal of other people. In fact, throughout my life, I have been adding new and useful tools to the toolbox that has supported me in my studies, work, and social interactions, and that has also enabled me to achieve personal and professional goals. Even if, from a medical perspective, I’m not disabled, I identify with this group and my new awareness definitely contributed to amplifying my interest in disabilities and special abilities and my willingness to do something for others.

    L’Idea MagazineYou are a Facilitator of the #IamRemarkable workshop. What does that mean and entail?
    Irene Sarpato: #IamRemarkable is a global initiative by Google, empowering women, and other underrepresented groups to celebrate their achievements.
    During the workshop, people develop the confidence to promote themselves in the workplace and personal life, thereby breaking modesty norms and glass ceilings.
    During one of the #IamRemarkable workshops I facilitated, I decided to share the personal experience that brought me to #IaR and to let the Remarkable Ladies in the room really get what modesty norms are all about.
    When I was a young professional, my manager invited me to a meeting with other managers, all men. I was the specialist and I had to answer questions and provide technical guidance for a project, and that’s what I did, answering all the questions they asked me of which, perhaps by chance, I was sure of the answers.
    After the meeting, my manager came back to me and suggested me to “always avoid giving all the answers right away so as not to seem arrogant”. “Better rather pretend not to know or not to have understood the question” he said, and this was “for my own good” of course.
    I didn’t get the point at that moment; I was just feeling upset. I was feeling that there was something wrong in those words: why should I pretend not to know if I was the expert invited just to give answers?
    If I had attended a #IaR workshop at that time, I would have had the confidence and the right arguments to change that conversation and call out the microaggression. Now I have them, and I am happy to teach them to others who may need them. […]

    L’intervista continua su  http://lideamagazine.com/too-often-people-with-disabilities-have-no-voice-in-this-narrative-an-exclusive-interview-with-irene-sarpato/

  • Nessuno escluso, la mostra di Christian Tasso che racconta storie di disabilità in varie parti del mondo

    Ha aperto il 5 maggio a Milano alla Fabbrica del Vapore – Sala delle Colonne, NESSUNO ESCLUSO, la coinvolgente mostra di Christian Tasso, a cura di Adelina von Fürstenberg, prodotta da ART for The World, (www.artfortheworld.net) dove l’artista fa emergere – attraverso le sue fotografie – storie, situazioni e aspirazioni di persone con disabilità in varie parti del mondo. Le immagini non mettono in evidenza la loro “diversità”, ma il forte contributo che la loro inclusione porta alla società.

    Christian Tasso è artista e regista, vincitore di premi internazionaliSviluppa progetti a medio e lungo termine su temi come la comunità, i costumi e i rituali, la ricerca dell’identità attraverso e con gli altri, l’interazione tra umanità e natura e il rapporto tra memoria e territorio. La condivisione delle esperienze, la curiosità verso il genere umano, la ricerca del rapporto tra memoria e territorio, il legame con la natura, sono i tratti distintivi di Tasso (www.christiantasso.com).

    Con NESSUNO ESCLUSO l’artista presenta una serie di lavori fotografici di grande e medio formato – esclusivamente in pellicola sviluppata manualmente in camera oscura – che celebrano la diversità come risorsa per l’intera umanità. Con questo specifico lavoro, Christian Tasso ha voluto ispirarsi a situazioni e persone in diverse parti del mondo (Italia, Ecuador, Romania, Nepal, Germania, Albania, Cuba, Mongolia, India, Irlanda, Svizzera, Kenya, Cambogia, Paraguay ed Etiopia) che abbracciano la “diversità” come una risorsa integrata nel contesto sociale in cui vivono. Presentando al pubblico stralci di vita delle persone con disabilità, la mostra NESSUNO ESCLUSO è uno strumento di incontro e avvicinamento all’inclusione.

    Ogni immagine scattata da Christian Tasso riflette sulla storia personale del soggetto fotografato prima di tutto come individuo con la sua storia e con le sue ambizioni personali: la disabilità diventa così un elemento tra i tanti che costituiscono la sua identità. La serie fotografica cerca di liberare lo sguardo dell’osservatore da visioni basate sulla disinformazione e su idee oggi controverse riguardanti le persone con disabilità. Diversamente dalle fotografie estreme della grande fotografa americana Diane Arbus sul mondo della diversità, Tasso porta alla luce l’aspetto sensibile e umano dei soggetti che fotografa, facendoci scoprire la loro vita quotidiana, il loro lavoro, il piacere di stare in famiglia e il piacere della vita.

    La mostra, ad ingresso gratuito e su prenotazione, rimarrà aperta fino al 28 maggio 2021.

  • Disabili in Europa a rischio povertà o esclusione sociale

    Un sondaggio pubblicato l’8 febbraio da Eurostat ha messo in evidenza la situazione precaria dei disabili in Europa.

    Nel 2019 il 28,4% della popolazione europea con disabilità e di età superiore ai 16 anni era a rischio povertà o esclusione sociale. Sebbene vi fossero significative differenze percentuali fra i vari Stati membri, il sondaggio conferma che i disabili, in tutti i Paesi, rappresentano la categoria di persone più esposte al disagio sociale di qualsiasi altra categoria.

    In cima alle statistiche la Bulgaria con il 50,7% di persone disabili a rischio povertà, seguita dalla Lettonia (42.1%) e dall’Irlanda (37,8%). I Paesi con le percentuali meno alte vanno dalla Slovacchia (19.,2%) alla Francia (22,9%). L’Italia si situa al 29%.

    Sono circa 87 milioni le persone in Europa che vivono una qualche forma di disabilità e più della metà, oltre al rischio maggiore di povertà ed esclusione sociale, si sente discriminata.

  • Quanto spendiamo per la disabilità

    In occasione della Giornata della Disabilitò, lo scorso 3 dicembre, Eurostat ha diffuso i dati su quanto investono i Paesi dell’UE per la disabilità. Nel 2018, a fronte di una media europea del 7,6% del totale della spesa per la protezione sociale (pari a 276 miliardi di Euro), troviamo ai primi posti la Danimarca (15%), l’Estonia (11,4%,) il Lussemburgo (10,4%) e la Svezia (10%). Agli ultimi posti Malta (3,6%), Grecia (4,1%) e Slovenia (4,7%).

    Anche l’Italia è al di sotto della media europea con un 5,1% del totale della spesa per la protezione sociale. Nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati dell’Istat, i disabili sono più di 3 milioni, di cui più della metà sopravvive con circa 500 euro al mese.

  • La cultura dell’inclusione fa bene alle aziende

    Le aziende con una cultura dell’uguaglianza e della trasparenza sono più inclusive verso i dipendenti con disabilità e registrano una crescita più rapida. E’ quanto emerge studio di Accenture, diffuso in occasione della Giornata Mondiale della Disabilità (3 dicembre), secondo il quale i leader che abbracciano una cultura dell’uguaglianza assumendo e valorizzando nelle proprie aziende le persone con disabilità stanno aumentando le vendite (2,9 volte) e i profitti (4,1 volte) rispetto ai loro pari.

    Lo studio “Enabling Change” fa parte della ricerca “Getting to Equal 2020” di Accenture e si basa su un sondaggio globale condotto su quasi 6.000 dipendenti con disabilità, 1.748 dirigenti (di cui 675 con disabilità) e 50 interviste video. Ciò che emerge è che i dipendenti con disabilità hanno il 60% di probabilità in più di sentirsi esclusi rispetto ai loro colleghi e il 27% di probabilità in meno di sentirsi inclusi nel proprio posto di lavoro; la maggioranza dei dipendenti (76%) e dei dirigenti (80%) con disabilità non è completamente trasparente al riguardo. “Le organizzazioni stanno sottoutilizzando un ampio segmento della forza lavoro a causa dell’incapacità di rendere il posto di lavoro accessibile ai dipendenti con disabilità – commenta Anna Nozza, Responsabile Risorse Umane di Accenture Italia. “L’80% delle disabilità viene acquisito tra i 18 ei 64 anni, e dunque è fondamentale che i leader ricordino che chiunque, e in qualsiasi momento, potrebbe manifestare delle disabilità. Ora più che mai le aziende devono rafforzare il proprio impegno a favore di una cultura dell’uguaglianza più efficace e capace di generare successo condiviso”.

    Lo studio di Accenture suggerisce inoltre otto elementi che aiuteranno le aziende a costruire culture in cui le persone con disabilità possano progredire: role models, lavoro flessibile, ERG – gruppi di risorse per dipendenti, retribuzione equa, congedo parentale, libertà di produrre innovazione, politiche sulla salute mentale e formazione.

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