Se la legalità è l’essenza del governo non tirannico e l’illegalità
quella della tirannide, il terrore è l’essenza del potere totalitario.
Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, 1951
In diverse parti del mondo purtroppo sono attivi dei regimi totalitari che opprimono i diritti dei cittadini. Regimi, dittature che purtroppo hanno l’appoggio anche di altri Paesi, alcuni dei quali importanti dal punto di vista geopolitico e geostrategico. Regimi e dittature che ne approfittano anche dallo ‘spostamento dell’attenzione’ verso altre parti del mondo, dove si sta combattendo. Dal 24 febbraio 2022, si sta combattendo in Ucraina, in seguito all’ordine del dittatore russo. Combattimenti che hanno causato migliaia di vittime innocenti. Mentre dal 7 ottobre 2023, dopo l’attacco di Hamas a Israele, si sta combattendo anche nella Striscia di Gaza. Da fonti ufficiali risulterebbe che ormai a Gaza il numero delle vittime è oltre 40 mila. Combattimenti che anche in questi giorni stanno attirando l’attenzione, sia dei “grandi del mondo”, sia quella mediatica. Nel frattempo le forze armate dell’Ucraina hanno cominciato il contrattacco in alcune località russe situate oltre il confine tra i due Paesi, mettendo così in difficoltà il dittatore russo. Mentre il 15 agosto scorso a Doha, la capitale di Qatar, sono ricominciate le trattative per arrivare ad un accordo di pace tra Israele e Hamas. Trattative che però non hanno avuto un esito positivo e si sta lavorando per avere altri colloqui nei giorni successivi.
Mentre l’attenzione dei “grandi del mondo” e quella mediatica era focalizzata su questi conflitti, il 28 luglio scorso in Venezuela ci sono svolte le elezioni presidenziali. Il presidente uscente ha ottenuto il suo terzo mandato con il 51.2% dei voti. Mentre il candidato dell’opposizione ha ufficialmente ottenuto il 44.2% dei voti. Ma il risultato proclamato delle elezioni del 28 luglio scorso è stato fortemente contestato dall’opposizione venezuelana che ha denunciato numerosi brogli elettorali, chiedendo la pubblicazione dei registri elettorali. Non a caso però le istituzioni venezuelane responsabili, nonostante le ripetute richieste arrivate dall’opposizione e da diversi Paesi, hanno, altresì, ripetutamente respinto proprio quella richiesta. Il che confermerebbe i denunciati brogli elettorali. Ragion per cui i sostenitori del candidato dell’opposizione che risulterebbe il vero vincitore, hanno cominciato le proteste in piazza subito dopo le elezioni del 28 luglio scorso. Ma le forze dell’ordine, al servizio del presidente, hanno, allo stesso tempo, messo in atto una vera e propria rappresaglia contro gli oppositori in protesta. Rappresaglia che ha portato a circa 24 morti e più di 1200 arrestati. Tra cui anche dei cittadini e/o oriundi italiani. Sono stati molti i Paesi che non riconoscono il risultato delle elezioni del 28 luglio scorso in Venezuela, tra cui gli Stati Uniti d’America, i Paesi membri dell’Unione europea ed altri. Ma come nel 2019, anche dopo le elezioni del 28 luglio scorso, sono stati Paesi come la Russia, la Cina, l’Iran, la Turchia ed altri che hanno appoggiato Maduro. Si tratta però di Paesi dove il potere viene esercitato e gestito da autocrati, simili ed “amici” del presidente venezuelano.
Nicolás Maduro, l’attuale presidente del Venezuela, ex autista di autobus, è stato anche un convinto sostenitore di Hugo Chavez, ed il suo prediletto successore. E come il suo predecessore, anche il “vincitore” delle elezioni presidenziali del 28 luglio scorso, è noto come un autocrate legato, tra l’altro, anche con dei raggruppamenti occulti della malavita locale. Dopo essere stato eletto deputato dell’Assemblea nazionale, il parlamento del Paese, nel 2005 è stato nominato il suo presidente. Poi ha lasciato quel incarico per diventare, nel 2006 e fino al 2013, ministro degli Esteri. Ed era proprio nell’ottobre del 2012, quando Hugo Chavez, dopo aver ottenuto il suo quarto mendato come presidente del Venezuela, nominò Maduro come il suo vice presidente esecutivo. Poi, solo due mesi dopo, nel dicembre 2012 Chavez lo indicò come il suo successore designato. E dopo la morte di Chavez, nel marzo 2013 Maduro è diventato presidente ad interim. Mentre un mese dopo, nell’aprile 2013, ha ottenuto il suo primo mandato come presidente del Venezuela. Il suo secondo mandato l’ha ottenuto nel maggio 2018, per poi insediarsi nel gennaio 2019. Ma la situazione in Venezuela era veramente grave, sia dal punto di vista economico e da quello sociale, sia per i forti scontri politici. Bisogna sottolineare che in quel periodo gli avversari politici di Maduro avevano ottenuto la maggioranza dell’Assemblea nazionale. Ragion per cui, il presidente dell’Assemblea ha deposto Maduro poco dopo la sua rielezione, autoproclamandosi egli stesso presidente pro tempore del Paese. Il Venezuela però in quel periodo è diventato un’arena di massicce proteste contro il presidente che non accettava di dimettersi. Ma Maduro, appoggiato anche dalle forze armate, dalla polizia e non solo, riuscì a mantenere il suo incarico come presidente. E solo un anno dopo la coalizione da lui guidata, vinse le elezioni legislative.
L’autore di queste righe, riferendosi agli sviluppi in Venezuela, scriveva allora per il nostro lettore che “La situazione in Venezuela è grave e seriamente preoccupante, con le parti schierate ben determinate l’una contro l’altra. Con dietro anche i sopracitati supporti internazionali. Intanto la maggior parte dei venezuelani stanno soffrendo da tempo le conseguenze di una povertà diffusa. Una situazione che peggiora ogni giorno che passa”. E poi paragonava quanto stava accadendo in Venezuela con la realtà vissuta e sofferta anche in Albania e scriveva che “…finalmente il primo ministro controlla pienamente e in prima persona anche il sistema della giustizia. Tutto il sistema. Perciò è diventato quello a cui secondo le cattive lingue mirava: uno che controlla tutto e tutti. Come il suo amico Erdogan. E come Maduro, salito anche lui al potere nel 2013, sta cercando adesso di far fronte al diffuso malcontento popolare. Malcontento che cresce di giorno in giorno” (La grande e irresponsabilmente assente; 28 gennaio 2019).
E realmente, fatti accaduti alla mano, sono tante le somiglianze tra il primo ministro albanese ed il presidente venezuelano. Nel 2013, tutti e due sono saliti al potere e da allora, durante tre mandati, stanno gestendo il potere usurpato da veri autocrati. Sempre, fatti accaduti alla mano, tutti e due vincono i loro mandati con dei clamorosi e ben evidenziati brogli elettorali ed altri supporti occulti. Tutti e due, sia il presidente venezuelano che il primo ministro albanese sono responsabili, tra l’altro, anche della preoccupante situazione economica e sociale nei rispettivi Paesi. Delle situazioni che stanno peggiorando di giorno in giorno. E non a caso, da autocrati quali sono, hanno anche delle “amicizie fraterne” comuni. Come quella del presidente turco, anche lui noto per i suoi modi autocratici della gestione del potere. Colui che ha supportato nei suoi momenti difficili il primo ministro albanese. Colui che nel gennaio 2019, durante un periodo molto difficile, assicurava il presidente venezuelano, dicendogli: “Fratello Maduro, resisti, siamo al tuo fianco!”.
Chi scrive queste righe pensa che sono non pochi i regimi totalitari attivi in diverse parti del mondo. Dei regimi, delle dittature dove degli autocrati che si somigliano controllano tutto e tutti, appoggiandosi a vicenda. Basta fare riferimento a chi appoggiano anche nei conflitti in corso in Ucraina e nella Striscia di Gaza. Similes cum similibus congregantur dicevano i latini. Autocrati i quali usano spesso anche il terrore per controllare la situazione. Aveva ragione Hannah Arendt quando affermava che se la legalità è l’essenza del governo non tirannico e l’illegalità quella della tirannide, il terrore è l’essenza del potere totalitario. La storia lo testimonia e ci insegna.