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  • Prodotto difettoso e letale, Ikea risarcirà 46 milioni di dollari

    Ikea pagherà 46 milioni di dollari ai genitori del bimbo di due anni morto schiacciato da una delle sue cassettiere, un risarcimento record nella storia americana.

    Il caso risale al 2017. Era il 24 maggio quando il piccolo Jozef fu travolto dalla cassettiera modello Malm nella sua cameretta. A trovarlo fu il padre: nonostante i rapidi soccorsi, il piccolo morì il giorno successivo in ospedale a Buena Park, in California, dove viveva con i genitori. Pochi mesi dopo il terribile incidente, Joleen e Craig Dudek denunciarono Ikea in Pennsylvania, dove il colosso svedese ha la sua sede americana. L’accusa era chiara: Ikea era perfettamente consapevole del difetto della cassettiera Malm, ma si sarebbe ben guardata dal mettere in guardia i suoi clienti. Eppure il colosso svedese aveva già richiamato 17,3 milioni di cassettiere e como’ Malm dopo che, nel 2016, le autorità americane si erano dette a conoscenza della morte di quattro bambini a causa delle stesse cassettiere.

    La famiglia Dudek aveva acquistato la sua nel 2008 ma del richiamo non ha mai saputo nulla: Ikea non l’ha mai avvertita. Si è arrivati cosi’ all’incidente mortale del maggio del 2017. Un incidente che, secondo le associazioni dei consumatori, poteva essere evitato soprattutto alla luce dei precedenti. Dal 2011, secondo l’azione legale dei Dudek, cinque bambini sono stati uccisi da vari modelli di cassettiere Malm e altri 91 ne sono stati feriti prima della morte di Jozef.

    «Anche se il patteggiamento non può cambiare i tragici eventi che ci hanno portato qui, siamo lieti che si sia arrivati a una soluzione. Restiamo impegnati a lavorare per affrontare il tema importante della sicurezza», ha commentato Ikea, che nel 2016 ha versato un totale di 50 milioni di dollari ad altre tre famiglie i cui figli sono rimasti uccisi dai suoi mobili.

    Nel confermare l’accordo, la famiglia Dudek si è impegnata a donare un milione di dollari in beneficenza alle associazioni in prima linea per la tutela dei bambini dai prodotti pericolosi, soprattutto di arredamento. Ikea non è infatti l’unica ad avere problemi con il rovesciamento di alcuni dei suoi mobili: secondo un rapporto delle autorità americane, sono 556 le morti associate a incidenti di questo genere fra il 2000 e il 2008. Si tratta prevalentemente di bambini.

  • La Cina spinge al record l’export di carne bovina del Brasile

    Le esportazioni di carne brasiliana hanno registrato volumi e vendite record nel 2019. In particolare dopo l’accelerazione della domanda cinese le vendite di proteine brasiliane hanno registrato un’impennata. Lo ha reso noto l’Associazione brasiliana per l’esportazione di carne (Abiec) riferendo che il Brasile ha chiuso lo scorso anno con 1,8 milioni di tonnellate di carne bovina esportata, in crescita del 12,4% su base annua, generando ricavi per 7,6 miliardi di dollari, in crescita del 15,5% rispetto al 2018. 

    «I numeri mostrano quanto la carne brasiliana sia ben accettata e abbia una buona competitività all’estero», ha dichiarato il presidente dell’Abiec, Antonio Jorge Camardelli, in una nota diffusa alla stampa.

    Nel 2019 la Cina ha consolidato la sua posizione come maggiore acquirente di carne brasiliana, con una quota del 26,7% del volume complessivo di merce esportata. Secondo i dati della Abiec, rispetto al 2018 le esportazioni nel paese asiatico sono aumentate del 53,2% in volume, raggiungendo le 494.078 tonnellate, e dell’80% in termini di entrate totalizzando 2,67 miliardi di dollari. L’aumento della domanda è stato causato anche della diffusione di peste suina che ha ridotto di oltre il 40% la popolazione animale negli allevamenti del Paese. Pertanto, oltre al record per la carne bovina, le esportazioni di carne di maiale dal Brasile hanno raggiunto i massimi storici nel 2019, secondo i dati pubblicati il 7 gennaio dall’Associazione brasiliana di proteine animali (Abpa).

  • Dazi danno per la Cina e boomerang per gli Usa, i due giganti cercano un’intesa

    Cina e Stati Uniti si sono dati tempo fino al 2 marzo per chiudere un nuovo trattato, secondo quanto il presidente Usa Donald Trump, e quello cinese, Xi Jinping hanno concordato a Buonos Aires, a margine del G20, per evitare una nuova ondata di tariffe su 267 miliardi di dollari di prodotti cinesi. 

    Il round tenutosi a Pechino tra le delegazioni dei due Paesi nei giorni scorsi attesta quantomeno buona volontà su entrambi i versanti. Pechino, infatti, deve fare fronte a un calo di appeal dei suoi prodotti sui mercati mondiali e i dazi americani certo non aiutano, Washington di contro deve fare i conti col fatto che proprio l’adozione dei dazi ha spinto chi commercia con la Cina ad accelerare gli scambi, prima di incorrere in nuove misure penalizzanti varate dall’amministrazione americana.

    L’avanzo commerciale della Cina con il mondo si è ridotto lo scorso anno a 351,76 miliardi di  dollari in calo di oltre il 16% dal surplus di 422,51 miliardi del 2017 quando si era contratto del 17%, secondo i dati diffusi dalle Dogane cinesi, le esportazioni totali cinesi nell’anno sono aumentate del 9,9% a 2.480 miliardi mentre le importazioni sono aumentate del 15,8% attestandosi a 2.140 miliardi. In controtendenza, lil surplus commerciale della Cina con gli Usa, grazie alla robusta domanda americana di beni cinesi, ha raggiunto, i 323,32 miliardi nel 2018, con un balzo del 17% rispetto all’anno precedente.

    Come rilevato da Il Transatlantico di Andrew Spannaus seguendo il round negoziale sino-americano dei giorni scorsi, «Sullo sfondo di trattativa e guerra di parole rimangono le domande più importanti, sul futuro della politica economica cinese. Queste riguardano prima di ogni altra cosa le prospettive di apertura del mercato agli investimenti esteri, da cui dipendono in parte le riforme del sistema cinese. L’apertura del settore bancario e finanziario, ad esempio, innescherebbe un profondo cambiamento nelle attività d’investimento in Cina e nelle attività cinesi all’estero. Il presidente Xi ha già annunciato da tempo tale apertura, ma le resistenze sono ancora molte. Come minimo si dovrà attendere la fine delle trattative commerciali con Washington (che dietro le quinte riguardano da vicino anche questo punto), per vedere cambiamenti sostanziali. Sulla stessa onda viaggiano le speranze e le aspettative delle riforme industriali in Cina. Da un lato Pechino vuole affrontare un cambiamento epocale e divenire realmente competitiva su un piano di respiro globale; dall’altro Washington vuole assicurarsi i vantaggi, che in parte già possiede, necessari per continuare a essere il principale partner commerciale della Cina e sfruttare in modo espansivo un mercato potenziale di oltre un miliardo di consumatori».

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