donne

  • Il Papa fa spazio alle donne in curia

    La decisione è storica: Papa Francesco ha modificato una norma del diritto canonico per ufficializzare il ruolo delle donne nella liturgia, in particolare per l’accesso ai ministeri del Lettorato e Accolitato, finora consentiti solo agli uomini. Il primo riguarda le letture, il secondo il servizio all’altare.

    E’ vero che le donne in molte parrocchie già aiutano nella liturgia e al momento della Comunione. Ma si è trattato finora di posizioni occasionali e informali, valutate di volta in volta dai vescovi locali. Il Papa mette oggi nero su bianco, nel Motu Proprio ‘Spiritus Domini’, questa possibilità anche per le donne togliendo la parte che riservava questi ruoli alle persone di sesso maschile, come invece aveva stabilito Paolo VI 49 anni fa.

    Un primo passo verso l’ordinazione sacerdotale anche per le donne? A scanso equivoci lo stesso Pontefice fa sue le parole di Giovanni Paolo II: “Rispetto ai ministeri ordinati la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale”. Ma per i ministeri non ordinati “è possibile, e oggi appare opportuno, superare tale riserva – spiega il Papa riferendosi all’abolizione del riferimento ai soli uomini per poter diventare Lettore o Accolito -. Questa riserva ha avuto un suo senso in un determinato contesto ma può essere ripensata in contesti nuovi”. Per quanto riguarda il diaconato per le donne, questo sì un eventuale primo passo verso l’ordinazione presbiterale, è tuttora oggetto di studio di un’apposita commissione vaticana.

    La decisione del Papa, oltre a valorizzare le donne, affinché “abbiano un’incidenza reale ed effettiva – per dirla con le sue parole – nell’organizzazione, nelle decisioni più importanti e nella guida delle comunità”, è in generale una ulteriore spinta al ruolo dei laici ai quali, uomini e donne, questi due ministeri vengono affidati. In altri termini se prima Lettorato e Accolitato altro non erano che i primi gradini per accedere all’ordinazione sacerdotale, con qualcuno che si fermava prima, ora invece sono ministeri laici, ‘declericalizzati’, che hanno una loro ragione d’essere, ovvero contribuire alla evangelizzazione, a prescindere dal fatto che per qualcuno siano o no il primo step per decidere di farsi sacerdote.

    La decisione del Papa si pone in linea con tante scelte già adottate nel suo pontificato per valorizzare la presenza delle donne e dei laici nella Chiesa. In questa scia si pone anche la conferma, per altri tre anni, di una donna, Mariella Enoc, alla guida dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Ma sono diversi i ruoli chiave in cui le donne sono entrate in Vaticano, dai Musei, diretti da Barba Jatta, fino alla Segreteria di Stato dove per la prima volta nella storia c’è un sottosegretario donna, Francesca di Giovanni. Tra le decisioni recenti del Papa anche la scelta di nominare l’economista suor Alessandra Smerilli, consigliere generale nel Governatorato e membro della Commissione Covid. Ma sono solo alcuni esempi con le donne che hanno scalato, per esempio, i vertici delle università pontificie e i laici che ricoprono ruoli chiave nelle strutture della governance economico-finanziaria o nella comunicazione vaticana.

  • Detective Stories: la violenza contro le donne nel 2020

    Diversamente da quanto ritenuto dalla maggior parte delle persone, la violenza sulle donne non è solo fisica e sessuale, ma comprende anche tutti quegli atteggiamenti e comportamenti che possono contribuire nel far sentire una donna a disagio o addirittura in pericolo, come ad esempio nei casi di advances insistenti che possono trasformarsi in stalking, ma anche quelli più banali, come “fischiare” per attirare l’attenzione, una semplice azione che se effettuata in determinate situazioni o circostanze può generare in una donna sola sensazioni di ansia e paura.

    La colpa di tutto questo è prevalentemente di retaggi culturali arcaici, della cultura “machista” e di certi ambienti familiari che favoriscono lo scarso rispetto e considerazione per le donne.

    Sembra impossibile, ma ancora nel 2020 sentiamo troppo spesso parlare di violenza contro le donne, soprattutto domestica durante i periodi di lockdown.

    La realtà dei fatti è che una donna vittima di qualsiasi tipo di violenza è spesso soggetta a poche tutele, sia dalle autorità che dall’opinione pubblica.

    Ad esempio, se una ragazza viene violentata, il primo pensiero di molti è che molto probabilmente “se l’è andata a cercare”, oltre a quello di domandarsi come fosse vestita.. E’ forse troppo auspicare che al giorno d’oggi una donna possa sentirsi libera di uscire di casa vestita come vuole senza temere di essere violentata prima e giudicata poi?

    Un altro triste dato di fatto è di come troppe volte nei casi di femminicidio, le vittime si siano rivolte alle autorità per un aiuto, senza però ottenere alcun tipo di soluzione al loro problema, se non in molti casi l’effetto opposto, specie nei casi di violenza domestica.

    L’unico consiglio che mi sento di dare alle donne vittime di violenze domestiche è quello di cercare di documentare in qualsiasi modo le violenze subite servendosi di registratori vocali e telecamere nascoste, il che si rivelerà particolarmente utile al momento della denuncia presso le autorità.

    In tutti gli altri casi, al di là dei soliti discorsi sulla prevenzione, la cosa più importante è quella di denunciare in maniera tempestiva, magari affrontando tutto l’iter con il supporto di qualcuno, che sia una persona di fiducia, una associazione o un professionista.

    Per quanto sia più facile cercare di dimenticare l’accaduto e voltare pagina, è fondamentale affrontare gli eventi nella maniera più opportuna senza lasciar passare troppo tempo, sarà poi compito della giustizia accertare i fatti e punire i criminali.

    Per domande e consigli di natura investigativa e/o di sicurezza, scrivetemi e vi risponderò direttamente su questa rubrica: d.castro@vigilargroup.com

  • Violenza contro le donne: imparare a combatterla sin dalle scuole elementari

    Il 25 novembre è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, un dramma sul quale andrebbero accesi i riflettori tutti i giorni, senza mai spegnerli. Il problema, malgrado leggi più punitive e iniziative istituzionali e private, è ancora purtroppo molto grave, come raccontano le cronache quotidiane, perché le violenze domestiche, fisiche e psicologiche, sono in aumento e restano le discriminazioni. Combattere questa piaga si può anche con una adeguata educazione che inizia sin dalle scuole elementari.

  • Scienza e tecnologia. La parola a donne protagoniste in occasione della Notte dei Ricercatori

    Il 27 novembre alle h. 17,00, in occasione della Notte dei Ricercatori, il portale Donne nella Scienza darà voce al mondo femminile della scienza, della ricerca, della tecnologie per scoprire quanto ancora pesi il GenderGap in area STEM. Nella diretta sulla pagina Facebook di Donne nella Scienza – https://bit.ly/DnS-NotteDeiRicercatori – la Prof.ssa Chiara Volpato, psicologa sociale dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, presenterà e commenterà i dati della Survey sulla percezione dell’equilibrio di genere nella scienza e tecnologia lanciato in occasione di ESOF 2020 (European Science Open Forum).

    Durante la diretta sarà possibile rivivere in pillole l’evento condotto da Simona Regina e le testimonianze di Lucia Gardossi, Università degli Studi di Trieste (Tecnovisionaria 2020), Raffaella Geometrante, direttrice generale di KYMA, Francesca Cosmi, Università degli Studi di Trieste, Alessandra Nicolosi, CEO M2TEST, Sabina Passamonti, Università degli Studi di Trieste, Barbara Fantechi, SISSA, Anna Gregorio, Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Trieste, Chiara Volpato, Università degli Studi Milano-Bicocca, Roberta Nunin, Consigliera di Parità FVG, Sara Tonel, Assessora Attività economiche, teatri, ESOF 2020, Comune di Trieste, Gianna Martinengo, Fondatrice e Presidente di Didael KTS, Maria Rita Fiasco, Fondatrice e Presidente Gruppo Pragma, Gabriella Taddeo, Responsabile di INSIEL Digital Academy.

  • Premio Internazionale Tecnovisionarie®: il riconoscimento a dieci donne di talento che lavorano alla sostenibilità del nostro futuro

    “Interpretare l’economia circolare attraverso l’innovazione”: è questo il filo rosso che ha attraversato la XIV edizione del Premio Internazionale Tecnovisionarie®, evento annuale promosso da Women&Technologies® – Associazione Donne e Tecnologie e che per l’edizione 2020, a causa dell’emergenza Covid-19 e alle conseguenti misure restrittive,  per la prima volta si è svolto in diretta streaming su YouTube, Facebook Live e Periscope, permettendo di raggiungere un ampio numero di partecipanti in tutta Italia.

    Le tecnovisionarie 2020 sono: Lucia Gardossi, Università degli Studi di Trieste, Lara Botta, Innovation Manager, Botta Packaging, Monica Casadei, Socia & Amministratore Delegato, Iride Acque, Sabrina Corbo, Socia & Amministratore Delegato, Green Network, Eugenia Presot, Titolare, Conceria Pietro Presot, Elena Sgaravatti, President of Plantarei, Co-founder & SH, DemBiotech, Federica Storace, CEO & Co-founder, Drexcode, Ersilia Vaudo Scarpetta, Astrofisica, Chief Diversity Officer di ESA, Agenzia Spaziale Europea, Elsa Fornero, Economista, Menzione Speciale per la sostenibilità e il sociale: Cecilia Sironi, Past President, Cnai – Consociazione Nazionale Associazioni Infermieri.

    Le dieci professioniste selezionate da Women&Tech sono imprenditrici, scienziate, accademiche che hanno deciso di canalizzare i loro sforzi verso una società più responsabile. Animate da altruismo, senso morale e spirito di condivisione, rappresentano settori diversi, mostrando, ognuna a suo modo, cosa si può fare per generare cambiamento. Azioni semplici, articolate, complesse, tutte volte a trasformare le sfide di oggi in nuove opportunità.

    Il riconoscimento, infatti, è attribuito a donne che, nella loro attività lavorativa, hanno testimoniato di possedere visione e forte etica professionale centrando il focus 2020 sull’economia circolare. Un tema dalle molteplici sfaccettature, che fa di termini come riuso, riciclo e rinnovamento, la cornice di senso in cui inquadrare il futuro. I dati del Ministero dell’Ambiente parlano chiaro: ogni cittadino dell’Unione Europea genera una media di oltre 4,5 tonnellate di rifiuti l’anno. Quantità ingestibili, direttamente connesse a un sistema produttivo che spreca materia ed energia nella creazione di prodotti destinati alle discariche. Un riconoscimento, quello di quest’anno, che premia il binomio scienza-coscienza.

  • Equilibrio di genere nei consigli di amministrazione: la direttiva europea non ancora adottata

    Si torna a parlare di equilibrio di genere al Parlamento europeo, l’occasione è quella della sessione planaria di ottobre. Nel 2012, la Commissione Europea ha proposto una direttiva per migliorare l’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione: si richiedeva che il sesso sottorappresentato costituisse il 40% dei consiglieri di amministrazione delle società quotate in borsa. Sebbene il Parlamento europeo abbia sostenuto la proposta nel 2013, la direttiva non è stata ancora adottata a causa delle riserve di diversi Stati membri in seno al Consiglio.

    Nel 2020, le donne rappresentano solo il 28,7% dei membri del consiglio di amministrazione delle più grandi società quotate nell’Europa a 27. La percentuale è distribuita in modo non uniforme, con un solo Stato membro, la Francia, che raggiunge e supera il 40% delle donne membro di un consiglio. Gli Stati che si avvicinano al 40% sono Belgio, Danimarca, Germania, Italia, Paesi Bassi, Finlandia e Svezia.

    Gli approcci normativi nazionali sono attualmente molto diversi, ma quelli che hanno assicurato i progressi più rapidi sono anche quelli che hanno normative più ‘rigide’(Belgio, Italia, Francia). Sono stati compiuti progressi anche in alcuni Stati che hanno verso la materia un approccio più morbido, come la Svezia e la Finlandia, anche se è previsto il ricorso a norme più severe in caso di fallimento delle regole ‘soft’.

    L’idea che si possano trarre vantaggi economici da un buon equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società è promossa dall’Organizzazione Internazionale del lavoro, dalla Banca mondiale e dall’OCSE. Le interviste realizzate da McKinsey con i CEO mostrano anche quanto la diversità del consiglio di amministrazione migliori il processo decisionale eliminando il pensiero di gruppo.

    L’indagine non ha sempre prodotto però risultati soddisfacenti perché è stata posta sì l’attenzione sulla presenza femminile ma non è stato esaminato l’effettivo contributo e il modo con il quale le donne esercitano la loro influenza.

    I consigli di amministrazione ‘di genere’ hanno dimostrato di avere un approccio positivo in merito alla trasparenza delle aziende e le società gestite da CEO donne hanno maggiori probabilità di rimanere operative. Non avere donne in posizioni apicali invece può essere considerato ingiusto e uno spreco di capitale umano.

    Nel 2012 la Commissione ha proposto una direttiva sul miglioramento dell’equilibrio di genere nelle aziende/società quotate in borsa. La proposta era basata sull’Articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che fa riferimento al principio di parità di genere nell’occupazione e riconosce l’azione positiva come metodo per ottenerla. L’obiettivo che si prefiggeva era il raggiungimento, entro il 2018, di un minimo del 40% dei membri non esecutivi di sesso femminile sottorappresentato nei consigli di amministrazione nelle aziende del settore pubblico ed entro il 2020 nel settore privato. La direttiva non si applicherebbe alle PMI e agli Stati membri che hanno come obiettivo la presenza femminile al 33%.

    La proposta non è stata adottata perché molti Stati membri hanno espresso riserve sulla sussidiarietà e perché alcuni Paesi dispongono già di una legislazione nazionale al riguardo. A maggio 2020, otto Stati membri si sono opposti alla proposta. Tuttavia, la Commissione mantiene l’impegno, includendo la proposta tra le priorità della strategia sull’uguaglianza di genere 2020-2025.

    Il Parlamento ha fortemente sostenuto la legislazione in questo settore e ha adottato la sua posizione in prima lettura a larga maggioranza il 20 novembre 2013, richiedendo, tra l’altro, sanzioni più severe. Il Parlamento ha continuato a chiedere lo sblocco e l’approvazione sia a febbraio 2019 che gennaio 2020.

  • Covid-19 è sessista

    Quello che si era osservato in questi mesi di pandemia, ora sembra avere una spiegazione: se il Covid-19 tende a essere più grave negli uomini che nelle donne, è per una diversa risposta del sistema immunitario. Le pazienti femminili hanno mostrato infatti di avere una più forte e sostenuta risposta delle cellule T (o linfociti T), una parte essenziale del sistema di difesa dell’organismo, che tra i loro compiti hanno anche quello di uccidere le cellule infettate.

    Già ad aprile il primo studio sulle differenze di genere nella risposta all’infezione, condotto all’ospedale Tongren a Pechino, aveva rilevato come la mortalità da coronavirus negli uomini fosse più che doppia di quella delle donne: 2,5 volte in più. Una tendenza riscontrata anche in Italia. Secondo i dati pubblicati a luglio da Istat e Istituto superiore di sanità l’epidemia di Covid-19 in Italia ha colpito di più le donne, mentre la mortalità è stata alta tra gli uomini. I casi femminili erano il 54,2% mentre tra i decessi prevalgono quelli maschili (52%). Gli esperti avevano puntato il dito inizialmente sul maggior numero negli uomini di recettori ACE2, cui il virus si attacca per spiegare la maggiore mortalità maschile. Questo nuovo studio, pubblicato sulla rivista Nature dai ricercatori dell’università di Yale, guidati da Akiko Iwasaki, sembra chiarire la questione, dopo aver studiato 98 pazienti dai 18 anni in su, con un’età media di 61-64 anni, ricoverati allo Yale New Haven Hospital con sintomi da lievi a moderati a positivi al coronavirus. In questo modo hanno potuto vedere che una cattiva risposta delle cellule T è collegata ad una malattia più grave negli uomini. Già nei mesi scorsi si era infatti osservato che i malati di Covid-19 avevano elevati livelli di citochine e chemochine (molecole fondamentali nel regolare e attivare i meccanismi difensivi e processi infiammatori) rispetto a chi non aveva contratto il virus. Tuttavia, alcuni di questi fattori e molecole sono risultati maggiori negli uomini, mentre nelle donne livelli più alti di risposta immunitaria innata data dalle citochine sono risultati collegati ad una malattia più forte. Secondo lo studio i pazienti maschili potrebbero trarre beneficio da terapie che aumentano la risposta delle cellule T mentre le donne da farmaci che mitighino la prima risposta immunitaria innata. Tuttavia, concludono i ricercatori, non è possibile scartare altri possibili fattori che incidano sul rischio di avere una forma più forte di malattia nei due sessi.

     

  • Giappone e Corea del Sud ai ferri corti per una statua

    Il Giappone ha avvertito la Corea del Sud che una scultura eretta in memoria delle ‘donne di conforto’
    abusate dalle truppe di occupazione giapponese durante il dominio nipponico sulla penisola potrebbe danneggiare le relazioni bilaterali. Motivo: la statua, che si trova a Pyeongchang, rappresenta un uomo che si inchina a chiedere perdono di fronte ad una ragazza, un personaggio maschile che
    somiglia un po’ troppo al premier nipponico Shinzo Abe. Il portavoce del governo di Tokyo Yoshihide Suga ha detto che se le notizie apparse sui media sulla statua in questione sono
    vere, “di certo avranno un impatto” sui rapporti tra i due Paesi. Le due statue si trovano nel Korea Botanic Garden, un giardino privato di Pyeongchang. La questione delle donne costrette a prostituirsi dagli invasori giapponesi – coreane, ma anche filippine, vietnamite, thailandesi e malesi – è da sempre
    origine di forte tensione tra Giappone e Corea, tra richieste di scuse e di compensazioni economiche, nonché accordi per chiudere la vicenda mai andati in porto. Kim Chang-ryeol, direttore del giardino botanico, ha detto al Japan Times che la scultura non è stata creata pensando al leader giapponese e non ha finalità politiche. “L’uomo potrebbe rappresentare qualsiasi uomo che deve chiedere scusa a quella ragazza”, ha affermato. Ma media sudcoreani hanno sottolineato che la statua si ispira ad Abe, citando lo scultore locale che l’ha realizzata. “La scultura mostra che il perdono è possibile solo se il Giappone continua a chiedere scusa, fino a quando la Corea accetterà le scuse”, avrebbe detto. Il Giappone esercitò il suo dominio coloniale sulla penisola coreana dal 1910 al 1945. Statue simili, con la sola ragazza seduta e senza l’uomo inchinato, che intendono ricordare le donne di conforto, sono state erette in diversi luoghi della Corea, tra cui un’area antistante l’ambasciata giapponese.

  • La Polonia si sfila dal trattato europeo sulla violenza contro le donne

    Zbigniew Ziobro, ministro della giustizia e procuratore generale polacco, ha dichiarato che il suo ministero presenterà una richiesta al ministero del Lavoro e della famiglia per dare il via al processo di ritiro del suo Paese dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica.

    Ziobro ha sostenuto che la Polonia dispone di strumenti legali sufficienti per proteggere le vittime di violenza domestica e che il trattato firmato anche da Varsavia nel 2015 viola i diritti dei genitori, imponendo alle scuole di insegnare ai bambini il genere da un punto di vista sociologico.

    L’annuncio ha suscitato forti malumori e le proteste non si sono fatte attendere: durante il fine settimana migliaia di manifestanti hanno attraversato le strade della capitale e di altre città per esprimere il dissenso contro il piano del governo.

    Domenica scorsa, il partito PIS, al potere in Polonia, si è dissociato dall’annuncio, dichiarando che non tutti nella coalizione erano a favore della decisione. Anche il segretario generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejcinovic Buric, ha preso una chiara posizione contro la decisione, etichettando l’annuncio del governo polacco come “allarmante”. “La Convenzione di Istanbul è il principale trattato internazionale del Consiglio d’Europa per combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. E’ questo il suo unico obiettivo. Un passo indietro – sottolinea la Buric – sarebbe deplorevole e rappresenterebbe un significativo regresso nella protezione delle donne dalla violenza in Europa”.

    Anche i legislatori dell’UE hanno sollevato forti perplessità e hanno invitato l’Unione europea ad accedere alla convenzione di Istanbul. Nel suo precedente incarico di Commissario per la giustizia, Vera Jourova, a giugno 2017, aveva apposto la sua firma al documento.

    La Dichiarazione è il primo strumento giuridicamente vincolante dedicato alla lotta contro la violenza verso le donne e una pietra miliare nella storia della protezione dei loro diritti, fornisce una definizione di violenza di genere e prevede, tra l’altro, la criminalizzazione di abusi come le mutilazioni genitali femminili (MGF), lo stupro coniugale e il matrimonio forzato.

    La mossa della Polonia arriva in un momento piuttosto simbolico. Durante la pandemia, diversi paesi in Europa hanno segnalato un aumento significativo degli episodi di violenza domestica, con le donne vittime di abusi dei partner.

    Preoccupazioni simili a quelle della Polonia sono state sollevate dall’Ungheria, che rifiuta di ratificare la convenzione, sostenendo che promuove “ideologie di genere distruttive” e “migrazione illegale”.

     

  • La convivenza domestica forzata aumenta le violenze

    Ancora femminicidi e sangue tra le mura domestiche. Dopo la vicenda del 45enne che per ‘vendetta’
    sulla ex ha ucciso i suoi due figli gemelli nel Lecchese prima di togliersi la vita, si registrano nuovi casi: da Grosseto, dove un uomo si è suicidato dopo aver tentato di uccidere la moglie, ora in gravi condizioni, fino al litorale laziale dove a Fregene un 39enne è stato arrestato per aver cercato di colpire
    con una cesoia la moglie in fuga da lui. Episodi che tornano tristemente all’ordine del giorno per gli investigatori: nell’ultimo Report realizzato dall’Organismo permanente di monitoraggio durante l’emergenza coronavirus, si rileva che a partire dalla fine di marzo si assiste ad un costante graduale
    incremento dei ‘reati spia’ della violenza di genere (atti persecutori, maltrattamenti e violenza sessuale), che dagli 886 di fine marzo sono arrivati a 1.080 al 10 maggio 2020, in corrispondenza del progressivo allentamento delle misure restrittive. Il reato che subisce un aumento più significativo è quello dei maltrattamenti contro familiari e conviventi. Dal primo marzo al 10 maggio, rispetto al periodo di riferimento dello scorso anno, si registra il -46,67% di femminicidi rispetto all’anno precedente (da 30 nel 2019 a 16 nel 2020), il calo è anche in ambito familiare e affettivo (da 23 a 15). Sono anche aumentate le telefonate al numero antiviolenza 1522 del Dipartimento per le Pari Opportunità, nato per sostenere ed aiutare le donne vittime di violenza. Il reato che subisce un aumento più significativo è quello dei maltrattamenti contro familiari e conviventi. L’elevato numero di richieste di aiuto pervenute al numero dedicato lascia presumere il senso di solitudine e di smarrimento connesso alla difficoltà per le donne di rivolgersi alle forze di polizia. Calano – secondo i dati della Criminalpol – anche le violenze sessuali, al -66%. Ma gli episodi proseguono e dopo il lockdown il rischio è che in questa fase 3 possano registrarsi invece nuovi picchi. Tra le vicende più recenti, c’è quella di un 64enne trovato morto e sua moglie ferita gravemente in una casa alla periferia di Grosseto. L’ipotesi al momento è che l’uomo si sia tolto la vita dopo aver tentato di uccidere la moglie. A Reggio Emilia, invece, un 42enne di origini napoletane è stato arrestato dai carabinieri per aver distrutto l’auto della moglie e poi per aver tentato di aggredire gli stessi militari. La donna, quando è rientrata dal mare, si è persino trovata il marito in casa nonostante nei confronti di quest’ultimo il giudice avesse disposto allontanamento dall’abitazione e divieto di avvicinamento alla coniuge a causa di maltrattamenti subiti in precedenza. A Fregene, invece, la polizia ha messo le manette a un cittadino marocchino di 39 anni, fermato subito dopo aver tentato di uccidere la moglie, una 35enne romana con la quale è sposato da oltre 10 anni. La donna nei giorni scorsi era
    scappata dalla casa in cui vivevano insieme ai loro tre figli, perché esasperata dalle violenze subite negli anni e si era rifugiata nella villetta di famiglia a Fregene. Quando la 35enne è rincasata, se l’è trovato alle spalle con in mano una grossa cesoia con la quale ha tentato di colpirla. Soltanto la prontezza di riflessi della vittima le ha permesso di fuggire, riuscendo ad entrare nell’abitazione e chiudendo dietro la grata della porta, sulla quale si è andato ad infrangere il colpo. Violenze e drammi colpiscono anche i minori: a Genova una studentessa di 16 anni, vittima di una violenza sessuale qualche mese fa, ha tentato il suicidio. A salvarla è stato l’amico del cuore, a cui la ragazza aveva scritto un disperato messaggio.

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