donne

  • L’UE proroga la durata del piano d’azione sulla parità di genere

    Nel 2021-2022, durante i primi anni di attuazione del nuovo piano d’azione dell’UE sulla parità di genere (GAP III), l’Unione europea ha impegnato 22,4 miliardi di € per contribuire a costruire un mondo più equo sotto il profilo della parità di genere.

    Secondo quanto risulta dalla relazione intermedia comune della Commissione europea e del Servizio europeo per l’azione esterna sull’attuazione del piano d’azione dell’UE sulla parità di genere (GAP III) appena pubblicata, nel periodo 2021-2022, durante i primi anni di attuazione del GAP III, l’Unione europea ha impegnato 22,4 miliardi di € per contribuire alla costruzione di un mondo più equo sotto il profilo della parità di genere. L’UE ha sostenuto i paesi partner e la società civile nel miglioramento della parità di genere, con risultati trasformativi, tra cui un’aumentata protezione delle donne e delle ragazze dalla violenza di genere, una più nutrita partecipazione alla vita pubblica e politica, un maggiore accesso all’istruzione, alla sanità e alla protezione sociale e all’emancipazione economica nell’ambito dell’approccio Team Europa.

    Al fine di consolidare questi risultati, l’UE proroga la durata del piano d’azione sulla parità di genere dal 2025 al 2027 per conseguire l’obiettivo di un mondo equo sotto il profilo della parità di genere.

    In molte parti del mondo, i diritti delle donne e delle ragazze sono stati minacciati, ridotti o completamente eliminati, e ciò ha rappresentato un considerevole passo indietro rispetto ai significativi progressi ottenuti nel corso di decenni. Fin dalla sua adozione nel novembre 2020, il piano d’azione sulla parità di genere III ha pertanto messo i diritti umani e l’emancipazione, in particolare per le donne e le ragazze, in cima all’agenda di azioni esterne dell’UE, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile e con altri impegni internazionali.

    Nel 2022 la parità di genere è stata all’ordine del giorno dei dialoghi politici, sulla sicurezza e/o sui diritti umani tra l’UE e circa 100 paesi partner. Con 33 di questi paesi i dialoghi si sono concentrati esclusivamente sulla parità di genere. Inoltre, le delegazioni dell’UE hanno elaborato 131 piani di attuazione a livello nazionale che adattano il piano d’azione sulla parità di genere al contesto locale, rafforzando l’approccio Team Europa dell’UE e dei suoi Stati membri.

    A livello mondiale, l’UE e i suoi Stati membri hanno collaborato a risoluzioni delle Nazioni Unite per combattere la violenza contro le donne, contribuito alla Commissione delle Nazioni unite sulla condizione femminile, incentivato la partecipazione politica e civile di donne e ragazze, potenziato il sostegno alle organizzazioni per i diritti delle donne e promosso le prospettive di genere nei processi decisionali in materia di clima e di digitale. Nel contesto degli allarmanti cambiamenti per quanto riguarda la sicurezza e i conflitti e della concorrenza per il potere a livello geopolitico, l’attuazione dell’agenda su donne, pace e sicurezza e l’impegno a integrare la prospettiva di genere nel rispondere efficacemente a tali minacce alla sicurezza sono sempre più importanti.

  • Una donna che, nella notte, urla aiuto, tu che fai?

    La morte di Giulia è una tragedia, prima di tutto per Giulia, per la violenza, la paura, la percezione del più atroce tradimento con il quale la sua vita è stata spezzata, poi per la sua famiglia e per tutti coloro che continuano a credere nei rapporti normali tra le persone e nella capacità delle istituzioni di isolare il male.

    Non torneremo sulle importanti manifestazioni di solidarietà, sulle nuove leggi che il governo sta varando, sulle tante considerazioni, proposte, che abbiamo sentito e ancora sentiremo: tutto utile se si raggiungerà l’obiettivo di una presa di coscienza collettiva libera da colorazioni partitiche.

    Vogliamo però cercare, con i nostri lettori, di trovare risposte ad alcune domande.

    Per quale motivo il testimone della prima aggressione che, a quanto risulta, ha visto dalla finestra Giulia presa a calci e l’ha sentita urlare disperatamente se, giustamente, ha avvertito i carabinieri, non ha ritenuto anche di intervenire direttamente, almeno urlando? Cosa gli ha impedito di effettuare un minimo tentativo di dissuasione a Filippo?

    In quanto tempo è arrivata la macchina di pattuglia? E specialmente sono state perlustrate subito le altre strade?

    La seconda e fatale aggressione a Giulia è avvenuta poco distante dalla prima, una manciata di minuti, poche centinaia di metri, una donna che urla disperatamente aiuto, tracce di sangue per terra, qualunque donna fosse stata ad urlare, a tentare di scappare, a lasciare il suo sangue sulla strada avrebbe dovuto essere cercata perlustrando immediatamente, con mezzi adeguati, tutte le strade. E’ stato così?

    In quei momenti certo non si sarebbe cercata Giulia, che ancora non risultava scomparsa col suo ex fidanzato, ma qualunque altra donna che era in pericolo e che perciò andava cercata con ogni mezzo, specie quando ormai tutti sappiamo che femminicidi e violenze sono all’ordine del giorno.

    Dei tanti buoni propositi che abbiamo sentito ci sembra che ancora manchino alcune basilari iniziative:

    1) una norma europea per mettere al bando su internet i giochi violenti, la diffusione di messaggi che portano, non solo i giovani, a trovare normale la violenza, non sarà semplice ma è necessario

    2) far comprendere ai genitori che, oltre al parental control, è non solo diseducativo ma pericoloso, per il futuro dei loro figli, mettere loro in mano, già ad un anno di età, smartphone, tablet e quanto d’altro li colleghi ad un mondo virtuale allontanandoli, non avendo ancora gli strumenti culturali necessari a decodificare notizie ed immagini, dalla realtà

    3) fare capire a tutti che bisogna crescere, far crescere i bambini ed i ragazzi, sapendo che i no fanno parte della vita, altrimenti ogni rifiuto sarà visto come una diminuzione dei propri diritti, una frustrazione delle proprie aspirazioni scatenando, di conseguenza, o rabbia e violenza o rinuncia ed isolamento.

  • Giornata della parità retributiva: il divario nell’UE rimane al 13%

    Nell’Unione europea le donne continuano a guadagnare meno degli uomini, con un divario retributivo medio pari al 13%. Ciò significa che, per ogni euro guadagnato da un uomo, una donna riceve solo 0,87 €. La Giornata della parità retributiva, che quest’anno si è celebrata il 15 novembre, segna la data che simboleggia il numero di giorni aggiuntivi che le donne devono lavorare fino alla fine dell’anno per guadagnare quanto gli uomini nello stesso anno. Sebbene La parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, sancita dal trattato di Roma nel 1957, sia uno dei principi fondanti dell’UE, quest’anno tuttavia i progressi verso l’eliminazione del divario retributivo di genere sono in fase di stagnazione e nel corso degli anni sono stati lenti. “Ciò ci ricorda che gli stereotipi di genere continuano a colpire le donne e gli uomini in tutti gli ambiti della vita, anche sul luogo di lavoro, e che sono necessarie azioni specifiche per attuare il principio della parità retributiva”, hanno dichiarato in una nota congiunta Věra Jourová, Vicepresidente per i Valori e la trasparenza, e Helena Dalli, Commissaria per l’Uguaglianza.

    La Commissione lavora senza sosta per promuovere la parità di genere nell’UE, come dimostra l’entrata in vigore, a giugno di quest’anno, della direttiva sulla trasparenza retributiva.

  • Per la prima volta una donna al comando della Marina americana

    Si chiama Lisa Franchetti, ha 38 anni, è l’ex capo della 6a flotta statunitense e delle forze navali statunitensi in Corea del Sud ed ha anche servito come comandante d’attacco della portaerei. Sarà lei a guidare, per la prima volta nella sua storia, la Marina americana dopo il voro favorevole del Senato.

    La sua nomina è stata approvata con 95 voti, il Senato ha spinto infatti per colmare quel gender gap che ancora caratterizza la leadership militare. Unico voto contrario quello di un senatore repubblicano per protesta contro la politica abortiva del Pentagono.

    Con la nomina di Lisa Franchetti da parte del presidente Joe Biden per la prima volta una donna è a capo di un ramo del servizio militare del Pentagono poiché la Guardia Costiera degli Stati Uniti, guidata da una donna, l’ammiraglio Linda Fagan, rientra nel Dipartimento per la Sicurezza Nazionale e non nel Dipartimento della Difesa.

  • La convenzione di Istanbul entra in vigore per l’UE

    La convenzione di Istanbul entrerà in vigore il 1º ottobre per l’UE. La convenzione è un quadro giuridico completo volto a proteggere le donne da ogni forma di violenza, al fine di prevenire, perseguire ed eliminare la violenza sulle donne e la violenza domestica, e di attuare politiche globali e coordinate.

    Essendo l’UE nel suo complesso vincolata dalla convenzione, gli Stati membri dovranno adottare le misure necessarie. “La violenza sulle donne è una censura delle società democratiche. Una donna su tre al di sopra dei 15 anni ha subito violenze fisiche o sessuali”, ha dichiarato Vera Jourová, Vicepresidente per i Valori e la trasparenza.”Molte non lo denunciano. Molti aggressori rimangono impuniti. Dobbiamo agire e la Convenzione di Istanbul è la nostra risposta giuridica per rafforzare i diritti delle donne. Continueremo a incoraggiare gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per prevenire la violenza sulle donne e per garantire protezione e sostegno efficaci a tutte le vittime”.

  • L’UE mobilita 140 milioni di euro per sostenere il popolo afghano, in particolare donne e ragazze

    L’Unione europea ha acconsentito all’erogazione di un sostegno di 140 milioni di euro per le esigenze essenziali e i mezzi di sussistenza nei settori dell’istruzione, della sanità, dell’agricoltura e dell’emancipazione economica delle donne in Afghanistan. La decisione di liberare i fondi, congelati da dicembre 2022 in risposta alla decisione dei talebani di vietare alle donne di lavorare nelle ONG, arriva dopo sei mesi di monitoraggio e valutazione del principio “dalle donne per le donne”. Il principio garantisce che le ragazze e le donne afghane siano coinvolte in tutti gli aspetti della catena di erogazione degli aiuti.

    I fondi dell’UE continueranno a essere erogati mediante le agenzie delle Nazioni Unite, la Banca mondiale e le organizzazioni non governative internazionali che operano sul campo. Il sostegno finanziario mira a fornire assistenza di base al popolo afghano a seguito delle preoccupanti sfide che deve affrontare nel paese.

  • La libertà

    La  libertà rappresenta, ancora oggi, un valore sconosciuto.

    Nella medesima spiaggia del veneziano solo qualche settimana addietro era possibile imbattersi in una famiglia musulmana con la moglie al bagno con il burkini e a solo a poche centinaia di metri trovare delle persone adulte che praticavano il naturismo.

    Queste due forme di approccio sicuramente sono agli antipodi nella interpretazione della vita in riva al mare, ma dimostrano come contemporaneamente possano coesistere due filosofie di costume ed espressione di valori etici e religiosi diversi, in quanto non hanno intenzione di imporre il proprio codice alla parte “avversa”.

    In altre parole, la lezione veneziana esprime la superiorità valoriale del codice occidentale che proprio per la propria forza riesce a contenere nell’alveo democratico le più diverse espressioni di costume umano.

    Viceversa, l’idea di vietare l’accesso ad una spiaggia pubblica ad una donna  per il solo motivo del costume indossato, come intenderebbe imporre la sindaca di Monfalcone, rappresenta l’espressione della peggiore retroguardia culturale.

    Innanzitutto tutto perché ghettizzare una donna che forse esprime la propria situazione con il burkini impedisce alla stessa di venire a contatto con una realtà diversa da quella del proprio ambito familiare e religioso e conseguentemente emanciparsi.

    Ed in secondo luogo una democrazia cresce anche attraverso la consapevolezza della priorità forza che parte dalla uguaglianza tra donna e uomo, quindi non vieta nessuna, perché un divieto rappresenta una forma di debolezza ed  investe nel progresso culturale forte della propria consapevolezza.

    A Monfalcone, la scelta della sindaca esprime solo una triste debolezza culturale ed una povertà umana che nulla hanno in comune con il valore occidentale della libertà.

  • Il numero antiviolenza non smette di squillare

    Squilla incessantemente il 1522, il numero nazionale antiviolenza e antistalking promosso nel 2006 dalla Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le Pari Opportunità, gestito dal 2020 da Differenza Donna, associazione con sede operativa in un appartamento di Roma confiscato alla criminalità. Dopo fatti di cronaca, o nelle giornate di sensibilizzazione come il 25 novembre, il telefono squilla anche di più. A spiegare all’agenzia Ansa come funziona è Maria Spiotta, responsabile del numero 1522.

    Tra chiamate e messaggi via chat, il 1522 raggiunge in media 150 contatti al giorno. Provengono da tutta Italia, non c’è distinzione territoriale né sociale e le vittime di violenze hanno le età e le situazioni più varie. A chiamare sono in prima persona le donne che subiscono violenze o stalking; ma spesso sono familiari, vicini di casa allarmati dalle liti, amici e colleghi, insegnanti e educatori che hanno bisogno di capire come comportarsi, anche operatori sanitari e delle forze dell’ordine. In alcuni casi a contattare il 1522, come per Telefono Azzurro, sono i bambini, i figli che assistono o sono anch’essi vittime della violenza domestica. Il numero è gratuito, attivo 24 ore su 24, tutto l’anno. A rispondere, in 11 lingue, ci sono operatrici specializzate, mediatrici culturali, avvocate, anche un’esperta di disabilità, perché la violenza colpisce tutte, con un sommerso enorme, ma colpisce in modo spietato le fasce più deboli. Le chiamate tutelano la privacy, avvengono in forma anonima e non sono registrate. Non si risponde con un protocollo fisso ma ogni donna viene consigliata per quella che è la sua situazione.

    «Il 1522 non è un numero solo per le emergenze, che purtroppo ci sono, ma anche un luogo di ascolto dove la donna viene creduta», spiega Spiotta. L’obiettivo è innanzitutto accogliere le donne, far emergere in loro la consapevolezza che quello che raccontano spesso non è solo una lite. Perché a volte è difficile anche dare un nome alla violenza, che può assumere aspetti diversi: violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, digitale. Spesso la chiamata al 1522 è il primo passo con cui la donna chiede aiuto. Dunque il lavoro delle operatrici, nel tempo di una telefonata, è quello di instaurare un legame, supportare e spesso indirizzare verso i Centri antiviolenza vicini. Mai come in questo caso una telefonata può cambiare un destino.

  • In Iran tornano le pattuglie per il controllo del decoro

    A meno di un anno dalla morte Mahsa Amini, la giovane uccisa in Iran perché non indossava
    correttamente l’hijab, le pattuglie della polizia morale, istituite dopo la Rivoluzione islamica del 1979, potranno nuovamente sanzionare coloro che non portano il velo correttamente nei luoghi pubblici.

    L’assurdo omicidio aveva portato moltissime persone a manifestare in maniera veemente contro il regime, la maggior parte erano donne che avevano tolto il velo e tagliato i capelli in segno di ribellione. Dopo centinaia di arresti e condanne a morte, l’Iran aveva sospeso le forze della polizia morale poiché gli agenti di sicurezza, durante le proteste, avevano picchiato, torturato, ucciso e fatto sparire delle persone. Nonostante il regime iraniano, le proteste sono andate avanti a lungo. Adesso però gli agenti ripristineranno il controllo capillare sui civili, in particolare sul corretto utilizzo dell’hijab da parte delle donne, avvalendosi anche di
    telecamere in strada.

  • La parità di genere manca anche nell’accesso ai centri per curare le tossicodipendenze

    Si intitola “Una via d’uscita alla portata di tutte” (#RimuovileBarrierediGenere) la campagna che Dianova International, alla quale aderisce anche Dianova Italia, ha lanciato in occasione della Giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga, il 26 giugno, per porre l’attenzione sulla necessità di poter contare su servizi inclusivi e accessibili per tutti e tutte. Le dipendenze non fanno discriminazioni di genere, ma il genere invece condiziona l’accesso ai servizi. Secondo una ricerca della UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite sulla Droga e il Crimine) infatti solo il 20% delle persone che intraprendono un percorso di trattamento sono donne in un contesto in cui solo una persona su cinque con problemi di dipendenza da sostanze decide di rivolgersi ad un centro.

    Da una parte, la campagna è una chiamata all’azione verso la politica e i professionisti del settore della salute e delle dipendenze e dall’altra vuole far conoscere questa problematica all’opinione pubblica al fine di rimuovere lo stigma verso le donne che utilizzano sostanze.

    Gli ostacoli con cui si confrontano le donne sono molteplici: strutturali, sociali, culturali ma anche associati al genere come costrutto sociale; a questo poi va aggiunto il fatto che le donne che consumano sostanze soffrono maggiormente di episodi di violenza, da 2 a 5 volte maggiore, a confronto delle donne che non consumano sostanze. Tuttavia, la maggior parte dei servizi per le dipendenze sono costruiti pensando agli uomini, al loro profilo e alle loro necessità e non sempre si approccia l’aspetto della violenza di genere che risulta essere un punto chiave nel momento in cui si lavora con le donne che consumano sostanze.

    Un dato che evidenza appunto la grande differenza all’accesso ai servizi è portato alla luce dalla relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze 2022 che fa emergere come nel corso dell’anno in Italia i SerD abbiano assistito 123.871, di questi la maggior parte sono maschi (86%) e hanno mediamente quasi 42 anni risulta invece più giovane l’utenza di genere femminile, con un’età media di 40 anni.

    Allo stesso tempo esistono anche pregiudizi tra i professionisti della salute e delle dipendenze verso le donne e questo, sommato spesso alla paura della perdita della custodia dei/delle figli/e e delle sanzioni legali, non incentiva le donne ad accedere ai servizi preposti; senza contare l’enorme stigma presente nella società sulle donne che consumano sostanze.

    Le conseguenze della discriminazione e dei pregiudizi possono portare le persone, soprattutto le donne, a interiorizzare questo fenomeno.

    Per questo, secondo Dianova sarebbero opportune misure che potrebbero essere promosse a livello di politiche e servizi per rafforzare la sensibilità di genere come progettare e attuare politiche sensibili che tengano conto delle esigenze specifiche legate al genere; lavorare attivamente per eliminare lo stigma nei confronti delle persone che fanno uso di droghe, ponendo particolare enfasi sulle donne; promuovere l’integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche, le iniziative, i programmi e i servizi relativi alla droga; promuovere l’offerta di iniziative che incoraggino le donne con figli a carico ad accedere ai servizi per le dipendenze; investire nella formazione dei professionisti in modo che vengano incluse le esigenze specifiche di genere all’interno dei programmi di trattamento.

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