donne

  • “Plin plin“

    Tranquilli, l’invasione non è ancora cominciata. Non sono le parole birichine di un leader cinese in viaggio d’affari.

    Loro, si sa, sorridono sempre anche quando sono seri e, dunque, non devono darsi troppo da fare per conquistare la nostra simpatia e vendere i loro prodotti.

    Nulla di tutto questo.

    La nuova via della seta si insinua e snoda nelle nostre vite senza bisogno di ammiccamenti e sorrisi suggerenti.

    La signora, invece, ha un vago accento svizzero. E’ bella, madre di famiglia, ma, come dire, allo stesso tempo adolescente, collegiale, virginale. Tutto il contrario di me che, quando ero piccolo e frequentavo le scuole pubbliche volevo diventare grande e, per questo, desideravo scoprire le segrete cose degli adulti incominciando dal chiamarle con il loro nome.

    Che fatica scorrere il vocabolario e maneggiare la sua indispensabile chiave di lettura: l’alfabeto.

    Fortuna è che tutto quello che era veramente importante ed eccitante era sotto la lettera c…

    Il che, come si diceva una volta, ha di molto, agevolato la mia formazione.

    Ed ora arriva lei, signora “Ricola”, con le sue bottigliette d’acqua a riportare indietro le lancette dell’orologio.

    La prego non sia crudele e non vanifichi quei miei antichi sforzi. Soprattutto non si presti e sia clemente con le sue stesse compagne di genere, quelle che una volta si chiamavano donne.

    Mi dispiace dirglielo ma se a fare da cassa di risonanza alle nostre e vostre gocce di urina continuerà ad essere il vile metallo del “vasino” siamo molto lontani dal pregiato cristallo del mitico tetto da sfondare. Plin Plin.

  • Con l’inclusività i ricavi aumentano fino al 30 per cento

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Assoedilizia

    L’altra metà del cielo protagonista al convegno organizzato da GEA e Harvard Business Review Italia a Palazzo Mezzanotte di Milano alla presenza del mondo economico e finanziario milanese, tra cui il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici ed il presidente della Fondazione Italia Cina Mario Boselli. L’evento ha evidenziato come una cultura aziendale inclusiva e diversificata rafforzi l’engagement e contribuisca ad aumentare la produttività a lungo termine, generando un incremento dei ricavi che può arrivare al 30%.

    Oggi la Diversity & Inclusion è un elemento cruciale per garantire la solidità economica ed etica delle aziende nel medio-lungo periodo, sia in termini di risorse umane che di performance di brand e di mercato. Diversity & Inclusion sono fattori critici di successo per l’impresa in generale e per quella italiana in particolare in quanto più piccola, flessibile e proiettata all’internazionalizzazione e all’innovazione, attività nelle quali la qualità delle persone, il loro benessere ed il loro contributo strategico, sono determinanti.

    Dopo i saluti di Enrico Sasson, presidente di Eccellenze d’Impresa e di Fabrizio Testa, CEO di Borsa Italiana, Luigi Consiglio presidente di GEA Consulenti di direzione ha aperto i lavori.

    “La capacità di lavorare sinergicamente sull’inclusione sia internamente che esternamente rappresenta un vantaggio competitivo per le imprese” ha spiegato Consiglio chiarendo che: “La comprensione delle singole forme di diversità, l’ascolto delle loro istanze e la capacità di trasformarle in azioni inclusive arricchiscono in modo più che proporzionale la brand equity riflettendosi sul posizionamento e sui risultati in termini di market share, fatturato e redditività, a parità di altre condizioni”. Consiglio ha anche spiegato come “la matrice artigiana delle nostre imprese e le difficoltà che siamo abituati ad affrontare per fare business in Italia spingono a guardare il mondo circostante con umiltà, abituandosi alla dote principale dell’inclusività: l’ascolto”.

    Sulla necessità di valorizzare il ruolo della donna nel mercato del lavoro è intervenuta con un keynote speech l’economista Veronica De Romanis, docente di politica economica alla Stanford University e alla Luiss. “L’occupazione femminile è parte significativa della soluzione di un Paese, come l’Italia, che ha un tasso di sviluppo limitato, un debito elevato e disuguaglianze crescenti”.

    De Romanis ha proseguito illustrando i dati sul tasso di occupazione. “Dal 2019 al 2021 l’Italia è peggiorata, insieme a Repubblica Ceca, Bulgaria, Danimarca, Svezia, Lituania, Olanda e Lettonia. Le donne hanno pagato il prezzo più alto della crisi e spesso rimangono intrappolate nel cosiddetto part-time involontario”.

    In un Paese dove il tasso di natalità resta inferiore alla media UE “aumentare l’occupazione femminile può invertire la curva demografica” ha spiegato l’economista, illustrando anche la stima del costo della mancanza di donne nel mercato del lavoro, in termini di crescita. “Nel mondo 2,4 miliardi di donne in età da lavoro non hanno gli stessi diritti degli uomini. Se si arrivasse ad uguali tutele, avremmo un aumento del 20% del Pil. In conclusione, inclusività significa più donne nel mercato del lavoro, meno diseguaglianze, più natalità e ricchezza”.

    Sono seguiti interventi di Patrizia Ghiazza, partner GC Governance Consulting; Barbara Falcomer direttrice generale Valore D; Francesca Vecchioni, presidente di Fondazione Diversity; Paola Angeletti, Coo di Intesa Sanpaolo; Marilù Capparelli, legal director EMEA; Luciana De Laurentiis, Head of Corporate Culture & Inclusion Fastweb; Nilufer Demirkol, Global Head of Diversity and Inclusion di Nestlé; Pietro Iurato, HRD Head EMEA di SAP. Emanuele Acconciamessa, COO di Focus Management e Gabriella Crafa, Vice President di Fondazione Diversity hanno presentato la ricerca “Diversity Brand Index” e le relative best practice.

    “Tutti gli interventi e i living cases presentati oggi confermano quanto sia indispensabile che gli imprenditori capiscano che l’inclusività è il principale fattore competitivo nelle loro mani, oltre che un fattore critico di successo per l’internazionalizzazione dell’industria italiana” ha concluso Luigi Consiglio.

  • Malnutrition in pregnancy surges in poor countries

    The number of pregnant women and girls who are suffering from malnutrition has soared by 25% in the last two years, the UN children’s agency Unicef says.

    The world’s poorest regions, such as Somalia, Ethiopia and Afghanistan, have been most affected, its report finds.

    Unicef estimates that more than one billion women and adolescent girls worldwide are malnourished.

    It says recent crises including war and Covid have made it increasingly hard for them to get the food they need.

    Unicef has urged the international community to make food security a priority, including supporting failing nutrition programmes.

    It stressed the impact the malnutrition is having on children’s health.

    The Unicef report found that the one billion undernourished women and adolescent girls were “underweight and of short stature” as a result, according to data analysis of women in most countries in the world.

    It also found that they suffered from a deficiency in essential micronutrients as well as from anaemia.

    South Asia and sub-Saharan Africa “remain the epicentre of the nutrition crisis among adolescent girls and women”, the report said.

    It found that 68% of women and adolescent girls there were underweight, and 60% of those suffered from anaemia.

    “Inadequate nutrition during girls’ and women’s lives can lead to weakened immunity, poor cognitive development, and an increased risk of life-threatening complications – including during pregnancy and childbirth,” Unicef said.

    Malnutrition could also have “dangerous and irreversible consequences for their children’s survival, growth, learning, and future earning capacity”, it added.

    “Globally, 51 million children under two years are stunted. We estimate that about half of these children become stunted during pregnancy and the first six months of life, when a child is fully dependent on the mother for nutrition,” it said.

    Unicef estimates that between 2020 and 2022, the number of pregnant or breastfeeding women suffering from acute malnutrition increased from 5.5 to 6.9 million in the 12 countries deemed to be in food crisis.

    These are Afghanistan, Burkina Faso, Ethiopia, Kenya, Mali, Niger, Nigeria, Somalia, Sudan, South Sudan, Chad and Yemen.

    “Without urgent action from the international community, the consequences could last for generations to come,” said Unicef chief executive Catherine Russell.

    “To prevent undernutrition in children, we must also address malnutrition in adolescent girls and women,” she added.

    Unicef called for mandatory legal measures to “expand large-scale food fortification of routinely consumed foods such as flour, cooking oil and salt” to help reduce micronutrient deficiencies and anaemia in girls and women.

  • Il Centro italiano femminile “provoca” una riflessione sul ruolo delle associazioni oggi

    Venerdì 10 marzo  presso la sede di Palazzo Pirelli a Milano – via Fabio Filzi, 22- Sala del Gonfalone – dalle ore 14:00 alle 18:00, il Centro italiano femminile (Cif) celebrerà l’8 marzo nazionale.
    Con l’occasione, grazie alle risultanze della ricerca realizzata da Euromedia Research, saranno verificate le priorità, le esigenze, la propensione alla partecipazione della popolazione femminile italiana e, soprattutto, l’importanza dei corpi intermedi, quali il Cif, per la costruzione della vita sociale e del corretto vivere civile.

    Ne discuteranno S.E. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano; Alessandra Ghisleri, Presidente Euromedia Research; Giorgio Vittadini – docente universitario e Presidente Associazione Sussidiarietà; Renata Natali Micheli, Presidente CIF Nazionale e Laura Caradonna, Presidente della Consulta Femminile Interassociativa di Milano.

    Aprirà i lavori Milena Bertani, Presidente AICCRE Lombardia; coordina il giornalista Nicola Varcasia.
    Il Cif vuole mettere a fuoco il presente ed il futuro dell’associazionismo, soprattutto quello cattolico, che si inserisce nella trama e nell’ordito dei rapporti che collegano i sistemi sociali alle strutture istituzionali in un intreccio di “flussi” (interscambi) che rendono possibile, o mantengono o rafforzano, la vita democratica.

  • Tre pensieri per questo otto marzo

    Tre pensieri per questo otto marzo:

    il primo dedicato a tutte le donne che nel mondo subiscono violenze, soprusi, mancanza di libertà e diritti, a tutte quelle donne che lottano, che non si arrendono neanche di fronte alla morte, pensando a come possiamo meglio dare loro sostegno.

    Il secondo è un invito al governo italiano, guidato da una donna che sta affrontando con decisione le sfide di una società sempre più complessa e confusa, affinché si occupi concretamente degli aiuti, di ogni genere, necessari ai tanti figli delle donne uccise, ferite, sfregiate, ai tanti orfani sui quali rimarrà per sempre impresso il dolore subito.

    Il terzo rivolto a tutti noi, donne ed uomini, vecchi e giovani, la società non cambierà in meglio se non sapremo, ciascuno di noi, cambiare in meglio ritrovando sentimenti ed empatia, se non sapremo guardare con maggiore attenzione ai nostri figli per insegnare loro che la salvezza di ciascuno, il rispetto dei diritti individuali, non viene da una società liquida ma da una società giusta.

  • Giornata internazionale della donna: l’UE adotta decisioni destinate a lasciare il segno

    “In occasione della Giornata internazionale della donna, pensiamo alla resilienza e alla forza delle donne, alla loro determinazione nel combattere le ingiustizie, alla loro dedizione nei confronti degli altri, al loro instancabile impegno a favore dei cambiamenti”. A dirlo, in una dichiarazione congiunta, la Commissione europea e l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza in vista della Giornata internazionale della donna. “Non solo oggi, ma ogni giorno, siamo al fianco di tutte le donne per dare un impulso sempre più grande ai loro diritti in tutto il mondo. Vogliamo che le donne possano perseguire senza ostacoli i traguardi che si prefiggono. L’aumento a livello mondiale dell’oppressione nei loro confronti e degli episodi in cui si attenta ai diritti umani di donne e ragazze sono allarmanti”.  Non manca, nella dichiarazione il chiaro riferimento a quanto le donne, in questo momento, stanno subendo in varie parti del mondo, come in Iran, Afghanistan, Ucraina. “Per rafforzare la responsabilità globale, l’UE ha appena adottato un pacchetto di sanzioni nei confronti degli autori di violenze sessuali e di genere”.

    Attenzione anche per le donne che, ancora oggi, devono scegliere tra famiglia e quando in carriera dimostrare molte volte più degli uomini di aver guadagnato con merito quel traguardo. “Vi sono anche buone notizie. L’UE ha preso decisioni fondamentali per garantire che le donne nell’UE abbiano le stesse opportunità degli uomini; ad esempio, con le nuove norme dell’UE sull’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società o sulla trasparenza retributiva. Intendiamo inoltre stabilire norme dell’UE per combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. Occorre fare di più. Una reale parità di diritti è ancora lontana e sarà realizzata solo quando ci daremo tutti da fare per promuoverla e tutelarla, in Europa e nel mondo intero”. 

    Il tema della Giornata internazionale della donna 2023 è “DigitALL: innovazione e tecnologia per la parità di genere”. Il divario digitale di genere impedisce alle donne di cogliere appieno i vantaggi della transizione digitale. Attraverso la strategia digitale dell’UE e la crescita sostenibile, l’UE cerca di garantire la parità di accesso delle donne al potenziale inutilizzato delle tecnologie digitali.

    La presidente Ursula von der Leyen ha proclamato il 2023 Anno europeo delle competenze. Investire nell’istruzione e nella formazione professionale per le donne e le ragazze è fondamentale per migliorare la posizione delle donne in tutti i settori e per colmare il divario retributivo di genere.

    Nel 2022 l’UE ha compiuto importanti progressi nella legislazione che promuove la parità di genere. Nel marzo 2022 la Commissione ha proposto norme minime dell’UE per combattere la violenza di genere. La proposta di direttiva affronta, per la prima volta, la violenza online, come la condivisione non consensuale di immagini intime; lo stalking online, le molestie online e l’incitamento alla violenza o all’odio online. Dall’agosto 2022 sono entrati in vigore i nuovi diritti in materia di equilibrio tra vita professionale e vita privata a livello dell’UE. Nel settembre 2022 la Commissione europea ha adottato la strategia europea per l’assistenza. Nel novembre 2022 il Parlamento europeo ha adottato la direttiva sull’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società, che introduce soglie per una rappresentanza di genere equilibrata nei consigli di amministrazione delle società quotate. In dicembre è stato raggiunto un accordo politico sulla direttiva sulla trasparenza retributiva. La Commissione ha pubblicato oggi la relazione del 2023 sulla parità di genere nell’UE, che fornisce un aggiornamento sulle misure adottate per realizzare la strategia per la parità di genere 2020-2025.

    La Commissione avvia l’otto marzo una campagna contro gli stereotipi di genere, un importante risultato della strategia per la parità di genere. Quest’anno la Commissione europea lancia inoltre un invito a presentare proposte nell’ambito del programma Cittadinanza, uguaglianza, diritti e valori (CERV) per promuovere la parità di genere, compresa la partecipazione equilibrata delle donne al processo decisionale economico e politico.

    Difendere i diritti delle donne e la parità di genere è una priorità fondamentale della politica esterna dell’UE. Monito ancora più valido poiché il 2023 segna il 75º anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che sancisce che “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.

  • WORK OUT: allenamento per la distruzione del patriarcato

    Sabato 4 marzo presso il cortile Nobile del Palazzo Reale, le artiste Silvia Levenson e Natalia Saurin, realizzeranno un opera video partecipativa “Work Out” aperta a tutte e a tutti. Dalle 11.00 del mattino, sarà possibile partecipare all’azione, indossando guantoni da boxe. L’insegnante di pugilato, Angela Guidoni insegnerà ad usare i guantoni per colpire il sacco. Le riprese video verranno effettuate durante l’azione e il video verrà successivamente proiettato dal Comune di Milano l’8 marzo. Il video mostrerà volti e pugni in slow motion, evidenziando la fatica e il tempo necessario per cambiare i preconcetti e gli stereotipi radicati in una cultura maschilista. Le artiste utilizzano lo sport della boxe come simbolo della lotta contro il patriarcato, che richiede costanza e perseveranza come in un’attività sportiva per raggiungere il benessere fisico e mentale. La boxe femminile è stata riconosciuta negli ultimi decenni, solo nel 2012 è stata inclusa nelle Olimpiadi. Un’opera artistica che mira a riflettere sullo sforzo fisico e psicologico che le donne affrontano ogni giorno a causa della discriminazione, del controllo e del giudizio in una società che si dice uguale. Il progetto è patrocinato dal Comune di Milano ed è realizzato grazie all’assessorato alla Cultura e alle Pari Opportunità.

    Entrambe le artiste, sia individualmente che come duo, affrontano tematiche di genere con l’obiettivo di indirizzare la riflessione sul ruolo della donna nella società contemporanea, al fine di sensibilizzare il pubblico sui fenomeni discriminatori che la vedono persona offesa all’origine della violazione dei diritti umani. La collaborazione artistica fra Silvia Levenson e Natalia Saurin è iniziata nel 2005 con “Something wrong”, un video tutto rosa dove affrontano la quotidianità di coppia e le tensioni nascoste pronte ad affiorare per un non nulla. Nel 2018 iniziano il progetto partecipativo “il luogo più pericoloso” ponendo il focus sul linguaggio e femminicidi, un progetto corale in tre atti che ha coinvolto la comunità e le istituzioni (Comune di Firenze nel 2019 e il Comune di Milano nel 2020 e 2021). Le due artiste hanno realizzato laboratori partecipativi coinvolgendo la comunità e associazioni che lavorano sul territorio e che sostengono donne vittime di violenza maschile. I laboratori sono stati realizzati presso: MUDA Museo Diffuso- Albissola, Chiostri di Santa Caterina – Finale Ligure, Palazzo Arese Borromeo – Cesano Maderno, RoFa project – Maryland USA, 3Dots – Pennsylvania USA.

  • A 75 anni dall’approvazione della Carta Universale dei Diritti manca la carta universale dei doveri

    75 anni sono trascorsi dall’approvazione della Carta Universale dei Diritti e indubbiamente molti progressi sono stati realizzati.

    Purtroppo alcuni paesi, pur firmatari della Carta, sono ben lontani dal rispettarla ed anche nelle aree più sviluppate, e dove vi è un sistema democratico, rimangono violazioni ed ingiustizie specie per quanto riguarda la situazione femminile e dei bambini.

    La recente guerra che l’Ucraina sta subendo dalla Russia ripropone in modo drammatico come troppi diritti siano violati in tempo di guerra quando si colpiscono obiettivi civili o si infierisce sulla popolazione con torture e violenze sessuali.

    Le guerre portano ad efferatezze che si ripercuotono proprio sui più deboli ed è quanto è avvenuto e avviene in Iran, in Siria, in Libia, in Nigeria, in Somalia solo per citare alcuni stati dove i conflitti interni od esterni di susseguono.

    La situazione di troppi lavoratori, non solo nei paesi più poveri, vede una costante violazione di diritti fondamentali, diritti lesi in maniera macroscopica quando è vietata la libera scelta delle donne o quando milioni di persone rischiano la morte per carestia e siccità.

    I ritardi, le volute inadempienze potrebbero essere in gran parte risolti se la comunità internazionale o almeno, per cominciare, l’Unione Europea comprendesse l’urgenza, che da circa vent’anni anni sosteniamo, di una carta universale dei doveri.

    I diritti per essere attuati hanno necessità che ci siano corrispondenti doveri da rispettare, doveri dei singoli verso le istituzioni, verso i propri simili, e doveri delle istituzioni verso la collettività ed i singoli.

    Negare la necessità di colmare le gravi carenza nell’applicazione della Carta dei Diritti, dovute alla mancanza di una carta universale dei doveri, da parte di tanti governi e di tanta politica è colpevolmente miope ed è il sistema per potere non assumersi responsabilità per il mancata, o parziale, rispetto dei diritti.

    Se infatti molti governi, che hanno firmato la carta dei diritti, non la applicano è perché comunque, nel contesto nazionale ed internazionale non si sentono obbligati ad alcun dovere.

    Siamo ovviamente consapevoli che non sarà la semplice firma sotto una carta universale dei doveri ad obbligare tutti al rispetto degli stessi ma sarebbe, come è già stato per i diritti, un inizio, un passo avanti del quale tutti abbiamo bisogno

    In questo settantacinquesimo anniversario rilanciamo un appello alla politica italiana ed europea per cominciare a fare il primo passo per realizzare quello che è il necessario completamento di quanto avvenuto 75 anni fa: alla Carta dei Diritti sia affiancata la carta universale dei doveri.

  • Mutilazioni genitali femminili: un crimine del quale bisogna continuare a parlare

    Il 6 febbraio è la Giornata Mondiale contro le menomazioni genitali femminili.

    L’Unione Europea, con tutte le sue istituzioni, ribadisce il massimo impegno nella lotta per sradicare questa abominevole pratica che continua a mietere vittime anche in quei paesi che l’hanno da tempo ufficialmente vietata.

    Le mutilazioni genitali, spesso causa di morte, infliggono alle donne una menomazione permanente e gravemente invalidante sia dal punto di vista fisico che psicologico.

    Nel mondo circa 200 milioni di donne hanno subito questo rito barbaro che nulla ha a che vedere con la religione, seicentomila sono le donne che vivono in Europa e che sono state infibulate o che comunque hanno subito menomazioni genitali.

    Nonostante sia, ovviamente, vietata da sempre nei paesi dell’Unione tutti gli anni ci sono ancora troppi casi di menomazioni effettuate clandestinamente, inoltre molte bambine sono riportate dalla famiglia nei paesi d’origine per subirla.

    Occorre una forte campagna di sensibilizzazione che coinvolga non solo le donne, le madri, ma i padri, gli uomini, i ragazzi fin dalla scuola primaria, soltanto con la cultura, l’educazione, la conoscenza del danno che si procura, il rispetto dei più elementari diritti umani potranno sradicare questa pratica violenta.

    L’Unione Europea da marzo farà partire, attraverso un potenziamento dei sistema di informazione Schengen, più stretti controlli alle frontiere per identificare donne e bambine potenzialmente a rischio per poter intervenire in tempo.

    Difendere le bambine è una priorità sulla quale il Patto Sociale è più volte intervenuto, non bisogna pensare che, avendone già parlato alcuni politici, giornalisti, persone di cultura, il problema possa essere accantonato, le donne continuano a soffrire, spesso a morire.

    L’impegno di tutti deve essere quello di continuare a parlarne ma anche di agire meglio ed in modo più incisivo sia con i singoli che con le autorità sanitarie, politiche, religiose e culturali dei paesi a più alto rischio.

  • Il 23 febbraio la decisione sugli anni di carcere per Weinstein

    Harvey Weinstein dovrà ancora aspettare settimane per conoscere la sua sentenza. La giudice Lisa Lench della Superior Court di Los Angeles ha rinviato al 23 febbraio la decisione sull’ammontare della pena che l’ex ‘re di Hollywood’ dovrà scontare dietro le sbarre per aver aggredito e stuprato una ex modella nel febbraio 2013, ai margini del festival Los Angeles Italia.

    La Lench ha rinviato la sentenza per dar tempo ai legali di Weinstein di presentare una mozione per la revisione del processo. La procura a sua volta deve ancora decidere se tornare alla carica con le accuse di due delle quattro donne al centro della vertenza su cui la giuria non è riuscita a trovare un accordo: una di queste è la produttrice Jennifer Siebel, moglie del governatore della California Gavin Newson.

    Weinstein, 70 anni, è stato portato in aula in sedia a rotelle, addosso la tuta della prigione, e non l’abito giacca e cravatta che aveva ottenuto di indossare durante il processo. L’ex produttore di ‘Shakespeare in Love’ era stato riconosciuto colpevole il 19 dicembre nel secondo processo dell’era #MeToo che lo riguarda: demiurgo, per averli prodotti o distribuiti, di film che hanno vinto 81 premi Oscar, l’ex capo della Miramax rischia un massimo di altri 18 anni, oltre i 23 a cui era stato condannato per vicende analoghe a New York nel 2020.

    La pena decisa a Los Angeles è ritenuta cruciale, perché assicurerebbe che il 70enne ex re di Hollywood resti in carcere nel caso di un ribaltamento in appello della sentenza del processo di New York. Quattro donne avevano stavolta accusato Weinstein di molestie e stupri: la giuria lo aveva riconosciuto colpevole solo per quelle di una ex modella europea che aveva testimoniato anonimamente come ‘Jane Doe 1’. L’ex produttore era stato assolto dalle accuse di un’altra donna, mentre i giurati non erano riusciti a trovare accordo sulle accuse delle altre due, né sulle circostanze aggravanti che avrebbero alzato a un massimo di 24 il numero di anni della sentenza losangelina.

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