donne

  • Le imprese femminili in Italia sono piccole e fragili ma innovative

    Saranno anche più piccole, più fragili e con una minore capacità di sopravvivenza, ma quanto a voglia di innovazione le imprese femminili hanno una marcia in più. Infatti la ripresa post pandemia ha convinto un ulteriore 14% di imprese femminili ad iniziare ad investire nel digitale (a fronte dell’11% delle aziende maschili) e un 12% a investire nel green (contro il 9%). E’ quanto mostra il V Rapporto sull’imprenditoria femminile, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Centro studi Tagliacarne e Si.Camera, presentato a Roma.

    A fine giugno 2022, l’esercito delle imprese femminili conta un milione e 345mila attività, il 22,2% del totale delle imprese italiane. Di queste un 31% di aziende femminili ha aumentato o mantenuto costante gli investimenti in tecnologie digitali in questi anni, e il 22% che ha fatto altrettanto nella sostenibilità ambientale (contro il 23% delle altre imprese). Tuttavia -secondo il rapporto – la metà delle imprese femminili, infatti, ha interrotto gli investimenti o addirittura esclude di volerli avviare nel prossimo futuro. Le imprese femminili hanno però una minore capacità di sopravvivenza: a 3 anni dalla loro costituzione, restano ancora aperte il 79,3% delle attività guidate da donne, contro l’83,9% di quelle a guida maschile e, dopo 5 anni, la quota delle imprese femminili che sopravvivono è del 68,1%, contro il 74,3% delle altre.

    Nel secondo trimestre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021, il numero delle imprese femminili è rimasto sostanzialmente stabile, crescendo di 1.727 unità (+0,1%). Il confronto con lo scorso anno mostra un incremento delle imprese femminili soprattutto nell’industria (+0,3%) e nei servizi (+0,4%), tra le società di capitali (+2,9%), nel Mezzogiorno (+0,6%), tra le imprese straniere (+2,6%).

  • Il dolore e l’attesa del ritorno nelle testimonianze delle donne degli Internati Militari Italiani

    “Per Teresa e Angiolina. Alle donne. Ai pianti e alle sofferenze. All’attesa e al coraggio”. Inizia con una dedica il libro Gli Internati Militari Italiani. Testimonianze di donne, (Ciesse Edizioni) scritto dalla docente e storica Silvia Pascale e Orlando Materassi, presidente nazionale Anei, Associazione Nazionale ex Internati, coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico del progetto “Gli Internati Militari Italiani”.

    In perenne attesa, tra lacrime e paura, speranza e lotta, protagoniste silenziose e dimenticate dalla Storia: sono le donne, mogli, madri, promesse spose, sole e sotto le bombe, senza i loro uomini lontani per la guerra sulle quali, per la prima volta, sono puntati i riflettori.

    Il nastro si riavvolge e ci riporta a ottant’anni fa, in quei venti mesi che cambiarono la Storia e le storie di molti e in tante combatterono una guerra in silenzio, dietro le quinte, ma non per questo meno dolorosa. Attraverso i diari, le lettere, il vissuto delle donne degli internati i due autori non solo rendono omaggio e giustizia alle loro vicende, passate in secondo piano – se non dimenticate -, ma ci restituiscono la trama di un racconto intimo che ha pari dignità e sofferenza di quello vissuto da chi sul campo la guerra l’ha combattuta con le armi e con il sacrificio della propria vita.

    All’indomani del conflitto nessuno o quasi si è chiesto qual è stato il ruolo di queste donne, qual è stato il significato della loro attesa, se la loro silenziosa presenza avesse o meno forma di Resistenza. Nelle nostre famiglie dopo la guerra, non si parlava quasi mai di quel periodo, a tavola (il momento in cui la famiglia si riuniva) non era un argomento di conversazione. I civili pagarono un tributo altissimo alla guerra, le donne in particolare”. E’ un estratto del libro dal quale traspare tutto il pudore che ruotava attorno a quelle storie di donne, un pudore che sappiamo comune a tanti che per anni decisero di tenere nascosti i ‘ricordi’ di guerra. “Dopo l’8 Settembre 1943, non solo mamma Teresa e la promessa sposa di Elio Materassi, Angiolina, ma anche nonna Concetta da San Severo (Foggia), che pianse fino all’ultimo suo giorno di vita quel figlio, Vincenzo Villani, matricola 117853 dello Stalag VII A, mai tornato tra i 650mila Imi e diventato Milite Ignoto. E poi Gigliola, Mariuccia, Gemma, gli Angeli di Pescantina, Olga…”. Storie simili tra di loro eppure uniche, perché unico è il dolore che ciascuno riesce a provare davanti alla perdita e all’idea del non ritorno.

    Ciascuna cercava di avere notizie come poteva, la guerra, i bombardamenti, la fame, il dolore, la carenza di comunicazioni rendevano il loro vivere duro ma non per questo si abbatterono. Donne di altri tempi, si direbbe oggi, con la forza e la tempra che solo le difficoltà riescono a plasmare, capaci di aspettare,amare e trasmettere a figlie e nipoti l’eredità di una battaglia silenziosa e appassionata affinché quella storia non andasse perduta. Un filo rosso tra Internati Militari Italiani e figli o nipoti che è stato rappresentato dalle donne della famiglia in maniera estremamente silenziosa, un passaggio di testimone, in parte implicito in parte esplicito, delle sofferenze e dei ricordi degli uomini internati.

  • Aborti in calo in Italia, il tasso di interruzioni di gravidanza è tra i più bassi al mondo

    Il numero di interruzioni volontarie di gravidanza (ivg) in Italia continua a scendere. Nel 2020 sono state poco più di 66mila, il 9,3% in meno rispetto al 2019 e circa un quarto rispetto al picco massimo di 234mila registrato nel 1983. Cala, seppur lievemente, anche la quota di ginecologi obiettori: oltre il 60%, però, invoca il diritto a non eseguire aborti. Sono questi alcuni dei dati della Relazione del ministro della Salute al Parlamento sull’attuazione della legge 194 del 1978.

    Secondo i dati della Relazione, l’Italia è tra i Paesi con i più bassi tassi di abortività al mondo: 5,4 ivg ogni 1.000 donne di età compresa tra 15 e i 49 anni (in calo del 6,7% rispetto al 2019). La fascia di età in cui si registrano tassi più elevati è quella compresa tra i 30 e i 34 anni (9,4 per mille). Sono invece le ragazze più giovani, al di sotto dei 20 anni, quelle in cui si è registrato il calo più importante: -18,3%, con un tasso di abortività passato dal 3,7 per mille del 2019 al 3 per mille del 2020.

    Si riducono gli aborti anche nelle cittadine straniere, che tuttavia continuano ad avere tassi di abortività più alti rispetto alle italiane (12 per mille). Un dato, questo, che secondo il ministro della Salute Roberto Speranza “conferma la necessità di promuovere una contraccezione informata ed efficace alle donne straniere che accedono al Servizio sanitario nazionale”.

    Migliorano i tempi di esecuzione delle ivg con un aumento della percentuale di interventi effettuati precocemente, quindi a minor rischio complicanze: il 56% è stato effettuato entro le 8 settimane di gestazione (rispetto al 53,5% del 2019), il 26,5% a 9-10 settimane, il 10,9% a 11-12 settimane e il 6,5% dopo la dodicesima settimana. Ciò potrebbe essere dovuto a un incremento del ricorso all’aborto farmacologico, che viene adoperato nel 31,9% dei casi rispetto al 24,9% del 2019. Si riducono anche i tempi di attesa: il 74,3% degli interventi viene effettuato entro 2 settimane dal rilascio della documentazione. Tuttavia, fa notare la Relazione, “nel 2020 si sono riscontrate percentuali elevate di tempi di attesa superiori a 3 settimane in Valle d’Aosta (19,3%), Lombardia (17,6%), Veneto (20,3%). In Calabria il 13,8% delle Ivg si è verificato dopo un tempo di attesa superiore ai 28 giorni”.

    La Relazione mostra inoltre la stabilizzazione del ricorso alla contraccezione d’emergenza: nel 2020 sono state distribuite 289mila confezioni di ‘pillola del giorno dopo’ (levonorgestrel) e 266mila confezioni di ‘pillola dei 5 giorni’ (ulipristal acetato). “La riduzione del numero di Ivg osservata negli ultimi anni potrebbe essere in parte riconducibile all’aumento delle vendite dei contraccettivi di emergenza a seguito delle tre determina Aifa che hanno eliminato l’obbligo di prescrizione medica”, si legge nella Relazione.

    Infine, per quel che concerne l’obiezione, nel 2020, la percentuale di ginecologi obiettori su scala nazionale è scesa al 64,6% rispetto al 67% dell’anno precedente. Esistono, tuttavia, ampie differenze regionali. Nella provincia autonoma di Bolzano esercita il diritto all’obiezione l’84,5% dei ginecologi, in Abruzzo l’83,8%, in Molise l’82,8%, in Sicilia l’81,6%, in Basilicata l’81,4%. I minori tassi di obiezione tra i ginecologi si riscontrano in Valle d’Aosta (25%).

    Più basso il tasso di obiezione tra gli anestesisti: nel 2020 è pari al 44,6% in lieve aumento rispetto al 43,5% del 2019, con tassi che variano dal 20% della Valle d’Aosta al 75,9% della Calabria. Tra il personale non medico, l’obiezione si attesta invece al 36,2% (era al 37,6% nel 2019) con una forbice che va dal 13,3% della Valle d’Aosta al 90% del Molise.

  • A Milano le donne hanno paura: perché?

    E’ il titolo scelto per il convegno in programma giovedì 26 maggio (alle ore 18 – Sala San Giorgio – piazza San Giorgio 2) per discutere del tema sicurezza tra percezione e realtà in una città così complessa come Milano. Un’esigenza che gli organizzatori dell’incontro – il Centro Italiano Femminile, l’Unione Islamica Italiana, i Medici Volontari Italiani, i City Angels, il Coordinamento Comitati Milanesi e gli Stati Generali delle Donne -hanno sentito impellente dopo gli eventi di capodanno e degli altri fatti di cronaca che abbiamo e continuiamo a leggere sui giornali.

    E così intorno al tavolo siederanno, per discuterne e portare proposte, Maria Antonietta Pepe presidente del Cif comunale e promotore del convegno, Mariateresa Coppo Gavazzi presidente del CIF metropolitano, Maryam Ismayl presidente dell’Associazione Unione Islamica, Mario Furlan presidente dei City Angels, Faustino Boioli presidente dei Medici Italiani Volontari, Salvatore Crapanzano presidente del Coordinamento Comitati Milanesi, Isa Maggi presidente degli Stati Generali delle Donne e Alessandra Tripodi Capo Gabinetto della Prefettura di Milano. Modera Benedetta Borsani, giornalista.

    Come si evince dal titolo (e dalla Madonnina piangente realizzata da Michelangelo Manente per locandina del convegno), si partirà dalle donne per parlare poi di Milano a 360° vista con gli occhi di semplici cittadini che la vivono quotidianamente, a volte faticosamente, con le sue luci e le sue ombre, per dare nuova energia al messaggio che Milano (che è punto di riferimento per l’Italia) da sempre è una realtà attenta alle sue dinamiche e possiede gli anticorpi per respingere ogni tentativo di violenza, che sia verso le donne, gli anziani o chicchessia. E perché tutti, anche laddove si dovesse sentire o percepire l’assenza di chi amministra la città, si impegnino a lavorare insieme, nella stessa direzione per non vanificare l’impegno che le forze dell’ordine mettono quotidianamente per calarsi nel particolare ed arrivare proprio in quell’istante, in quel “momento prima” che avvenga il reato.

    In questa prospettiva la cultura è il denominatore comune, strumento essenziale di diffusione della conoscenza e di dialogo con tutti gli attori dello sviluppo di territori e comunità, per generare innovazione sociale in coerenza con gli “Obiettivi di Sviluppo Sostenibile” dell’Agenda ONU 2030 e con lo spirito del convegno.

  • Orrore in Nigeria, lapidata e bruciata giovane cristiana

    Orrore e incredulità sono protagonisti in Nigeria per la fine disumana toccata alla studentessa cristiana Deborah Samuel, che il 12 maggio è stata lapidata e bruciata da studenti musulmani a causa di un messaggio scritto su WhatsApp e ritenuto offensivo nei confronti del profeta Maometto. L’efferato omicidio è accaduto nella città di Sokoto, ubicata a nord-ovest del Paese e capitale dell’omonimo Stato nigeriano in cui la sharia – la legge islamica – è applicata insieme al diritto comune, analogamente a quanto avviene in altri Stati della Nigeria settentrionale.

    Il portavoce della polizia di Sokoto, Sanusi Abubakar, ha detto che gli studenti dell’istituto Shehu-Shagari, infuriati dopo la lettura del messaggio, hanno prelevato con la forza la giovane “dalla stanza dove era stata portata in salvo dai funzionari dell’istruzione”, uccidendola. Due sospetti sono stati arrestati ed è in atto una caccia all’uomo da parte della polizia per trovare altri soggetti, identificati grazie a un filmato pubblicato sui social media e che mostra una folla che infierisce sulla vittima, frustandola e gridando insulti, prima di ammucchiare pneumatici usati sul suo corpo e appiccarvi il fuoco al grido di “Allah Akbar”.

    I leader religiosi nigeriani hanno chiesto oggi giustizia per la ragazza, invitando al contempo la popolazione alla calma. Muhammadu Saad Abubakar, sultano di Sokoto e massima autorità spirituale tra i musulmani nigeriani, e l’influente vescovo della Chiesa Cattolica di Sokoto, Mathew Hassan Kukah, hanno rilasciato delle dichiarazioni con i loro appelli.

    “Il Consiglio del Sultanato ha condannato quanto accaduto nella sua totalità e ha sollecitato le agenzie di sicurezza a portare davanti alla giustizia i responsabili dell’imperdonabile episodio”, ha affermato Abubakar in una nota, esortando “tutti a rimanere calmi e garantire una coesistenza pacifica” nel Paese. Abubakar, infatti, è a capo del Consiglio inter-religioso della Nigeria, che ha come suo obiettivo l’armonia tra le fedi presenti nella nazione, a nord prevalentemente musulmana e a sud principalmente cristiana.

    Anche il vescovo Kukah ha condannato l’omicidio, definendolo “una tragedia” e un “profondo shock”. “Noi…chiediamo alle autorità di indagare su questa tragedia e assicurare che tutti i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni”, ha aggiunto.

  • Le donne del Sud del mondo sono le più esposte alle conseguenze del cambiamento climatico

    Gli effetti del cambiamento climatico non risparmiano nessuno ma a farne le spese sono soprattutto le comunità più vulnerabili e marginalizzate, a cominciare dalle donne che nel Sud del mondo convivono quotidianamente con siccità, ondate di calore e inondazioni. Fenomeni estremi che stanno spingendo al limite la capacità degli ecosistemi di reagire agli shock che si susseguono senza tregua e minacciano la sicurezza alimentare di milioni di persone. Non a caso quest’anno la Giornata internazionale della donna ha puntato i riflettori sulla «uguaglianza di genere per un futuro sostenibile», riconoscendo il ruolo primario che rivestono le donne nella lotta al cambiamento climatico.

    Secondo l’ultimo rapporto dell’Ipcc, il 40% della popolazione mondiale (oltre 3,3 miliardi di individui) vive in Paesi «altamente vulnerabili al cambiamento climatico» e i disastri dovuti all’innalzamento delle temperature potrebbero spingere sotto la soglia della povertà estrema altri 122 milioni di persone entro il 2030.

    L’impatto dei cambiamenti climatici però non è lo stesso per gli uomini e per le donne. Queste ultime rappresentano il 70% dei poveri del mondo (1,3 miliardi di persone) e dipendono in misura maggiore per il proprio sostentamento dalle risorse naturali. Nei Paesi a basso reddito il 50% delle donne è impiegato nel settore agricolo ma meno del 15% possiede la terra che lavora. Le donne nutrono il mondo eppure restano in gran parte escluse dai processi decisionali, dall’accesso a credito, servizi e tecnologie.

    Sono molti i modi in cui il cambiamento climatico incide sulla vita di donne e ragazze. A cominciare dalla violenza di genere che aumenta nelle emergenze (cicloni, siccità, inondazioni, sfollamenti) e in contesti di risorse scarse: il compito di procurare alla famiglia acqua e legna infatti è affidato tipicamente alle donne e questo accresce esponenzialmente il rischio. Anche le spose bambine sono un effetto collaterale del cambiamento climatico. Le famiglie ricorrono al matrimonio delle figlie ancora piccole come meccanismo di sopravvivenza. È quello che accade, per esempio, in Kenya, dove Cesvi promuove programmi per la salute materna e infantile: «Le bambine di 10, al massimo 12 anni, vengono promesse come spose a uomini adulti in cambio di bestiame. Le collane che portano al collo rappresentano la promessa della famiglia al futuro marito. Spesso una bocca in meno da sfamare è l’unica soluzione per salvare la figlia e il resto della famiglia dalla fame», racconta Veronica Nerupe, allevatrice del villaggio di Nasuroi.

    Per invertire la rotta e garantire alle nuove generazioni un futuro sostenibile è dunque necessario intervenire sulle disuguaglianze di genere. È quello che fa Cesvi nei Paesi più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico, dove ha messo in campo programmi che mirano a promuovere la sicurezza alimentare delle donne fornendo loro gli strumenti necessari per raggiungere l’autosufficienza (sementi, bestiame, attrezzature, accesso al credito, formazione).

    È il caso dello Zimbabwe, dove l’organizzazione sostiene le imprenditrici agricole che producono arance, paprika e zafferano nei distretti di Beit Bridge e Makoni, promuovendo l’uso della tecnologia in agricoltura, dai sistemi irrigui agli impianti a energia solare: «Noi donne abbiamo più tempo per la famiglia, mentre prima passavamo la notte nei campi. Ora l’irrigazione è automatica e nessuno deve lavorare la notte», racconta Maria Tlou, 45 anni e sei figli.

    Più a nord, in Kenya, Cesvi sostiene le piccole allevatrici di bestiame e pollame che, come Veronica, sono alle prese con una delle peggiori siccità degli ultimi decenni: «Ora so che per vendere le capre bisogna rivolgersi agli intermediari oppure venderle all’ingrosso. Grazie al bestiame sono riuscita a pagare le tasse scolastiche dei miei figli», spiega la donna, 38 anni.

  • Giornata internazionale della donna 2022: la Commissione propone norme miranti a combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica a livello dell’UE

    La Commissione europea l’8 marzo ha proposto norme miranti a combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica a livello dell’UE. La direttiva proposta renderà penalmente perseguibili lo stupro come atto basato sulla mancanza di consenso, le mutilazioni genitali femminili e la violenza online, in particolare: la condivisione non consensuale di immagini intime, lo stalking online, le molestie online e l’incitamento alla violenza o all’odio online. Le nuove norme, inoltre, rafforzano l’accesso delle vittime alla giustizia e sollecitano gli Stati membri ad instaurare un sistema di sportello unico, con servizi di assistenza e protezione ubicati tutti nello stesso luogo. Le vittime dovrebbero poter chiedere un risarcimento nel corso del procedimento penale. La proposta invita inoltre a predisporre un’assistenza specialistica e una protezione adeguate, ad esempio istituendo linee gratuite di assistenza telefonica e creando centri antistupro. Prevede infine un’assistenza mirata per i gruppi con esigenze specifiche o a rischio, comprese le donne che fuggono dai conflitti armati.

    Di seguito, gli elementi chiave delle nuove norme proposte.

    1. Perseguibilità penale dello stupro, delle mutilazioni genitali femminili e della violenza online 

    La Commissione propone di qualificare come reati in tutta l’UE: i) lo stupro come atto non consensuale, ii) le mutilazioni genitali femminili, iii) lo stalking online, iv) la condivisione non consensuale di immagini intime, v) le molestie online e vi) l’incitamento alla violenza o all’odio online.

    La proposta integra e rende operativa la legge sui servizi digitali mediante la definizione dei contenuti illegali online connessi alla violenza online. Consentirà inoltre di accelerare i procedimenti giudiziari affinché questo tipo di contenuti online possa essere rimosso rapidamente.

    1. Modalità di denuncia sicure e procedura di valutazione del rischio

    La proposta affronta il problema, tuttora diffuso, della scarsità di denunce riguardanti gli atti di violenza perpetrati contro le donne. Introduce nuove modalità di denuncia più sicure, più semplici, più accessibili, anche online, e attente sia alla dimensione di genere che alla sensibilità del minore. Nel segnalare un sospetto fondato di rischio imminente di danno fisico grave, i professionisti che si occupano di violenza, ad esempio gli operatori sanitari o gli psichiatri, non verrebbero più ostacolati dalle norme a tutela della privacy. Le autorità sarebbero inoltre obbligate a effettuare valutazioni individuali dei rischi al momento del primo contatto da parte della vittima, così da poter valutare in che misura l’autore del reato possa rappresentare un rischio. Su tale base, esse dovrebbero fornire immediatamente protezione alla vittima mediante l’emanazione urgente di misure di allontanamento o di ordini di protezione.

    1. Rispetto della vita privata della vittima nel procedimento giudiziario e diritto al risarcimento

    La Commissione propone che le prove o le domande relative alla vita privata della vittima, in particolare sulla sua storia sessuale, possano essere utilizzate solo se strettamente necessarie. La vittima dovrebbe avere il diritto di chiedere all’autore del reato il risarcimento integrale dei danni, compresi i costi dell’assistenza sanitaria, dei servizi di sostegno, della perdita di reddito e dei danni fisici e psicologici subiti, e dovrebbe poter chiedere tale risarcimento nel corso del procedimento penale.

    1. Assistenza alle vittime attraverso l’istituzione di una linea di assistenza telefonica e di centri antistupro

    Per rispondere alle esigenze molto specifiche delle vittime di violenza sessuale, la Commissione propone che gli Stati membri mettano a disposizione servizi ad hoc, ad esempio mediante la creazione di centri antistupro. Le vittime a maggior rischio di violenza, incluse le donne che fuggono dai conflitti armati, dovrebbero ricevere un’assistenza mirata dagli Stati membri. La linea di assistenza telefonica nazionale a supporto delle vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica dovrebbe essere disponibile gratuitamente 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, per tutto l’arco dell’anno. Se la vittima è minorenne, le autorità dovrebbero fornirle un’assistenza adeguata all’età, nell’interesse superiore del minore. Le vittime di violenza online avranno diritto anch’esse a un sostegno adeguato, tra cui una consulenza su come ottenere assistenza legale e come rimuovere determinati contenuti online. In caso di molestie sessuali sul lavoro, dovrebbero essere messi a disposizione delle vittime e dei datori di lavoro servizi di consulenza esterna.

    1. Miglior coordinamento e cooperazione

    Gli Stati membri dovrebbero scambiarsi le migliori pratiche e consultarsi sui casi di rilevanza penale, anche attraverso Eurojust e la rete giudiziaria europea. Per seguire i progressi compiuti e monitorare la situazione in tutti gli Stati membri, la Commissione propone inoltre l’obbligo per gli Stati membri di raccogliere dati sulla violenza contro le donne e la violenza domestica da utilizzare ai fini di un’indagine condotta a livello dell’UE ogni cinque anni.

    Relazione 2022 sulla parità di genere

    La Commissione pubblica anche l’edizione 2022 della relazione annuale della Commissione europea sulla parità di genere nell’UE. Nel 2021 si sono fatti notevoli passi avanti a livello di proposte legislative, in particolare sulla trasparenza retributiva, sui salari minimi adeguati nell’UE e su una nuova legge sui servizi digitali che contribuirà a proteggere gli utenti online. Nel dicembre 2021 la Commissione ha inoltre proposto di includere l’incitamento all’odio e i reati generati dall’odio nell’elenco dei reati previsti dall’UE.

    La relazione, inoltre, sottolinea l’impatto esponenziale della pandemia sulle donne. Dopo un decennio di aumento costante, nel 2020 la partecipazione delle donne alla forza lavoro è diminuita dello 0,5 % rispetto al 2019. La violenza contro le donne e la violenza domestica, ancora diffuse nell’UE, si sono ulteriormente aggravate con la pandemia, compresa la violenza online.

    La relazione, infine, dimostra quanto sia finanziariamente costoso il fatto di non affrontare la violenza contro le donne e la violenza domestica: secondo calcoli estimativi, ben 289 miliardi di € all’anno.

    La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato: “Voglio un’Europa che sia al fianco delle donne e che dia loro protezione e sostegno. Voglio una società che impedisca, condanni e persegua penalmente gli atti di violenza contro le donne ogniqualvolta essi vengono perpetrati. È giunto il momento della giustizia e della parità. Ecco perché oggi presentiamo le norme giuste per accelerare il cambiamento.”

    La necessità di prevenire e combattere la violenza contro le donne, proteggere le vittime e punire gli autori di questi reati è stata annunciata negli orientamenti politici della Presidente von der Leyen quale priorità fondamentale della Commissione e rientra nella strategia per la parità di genere 2020-2025.

    La violenza contro le donne e la violenza domestica sono molto diffuse in tutti gli Stati membri e, secondo le stime, colpiscono nell’UE una donna su tre. Una donna su due ha subito molestie sessuali e una su venti riferisce di essere stata stuprata. Anche la violenza online è in aumento, in particolare nei confronti delle donne attive nella vita pubblica, ad esempio nel giornalismo o in politica. Una ragazza su due è stata vittima di violenza di genere online. Le donne subiscono atti di violenza anche sul lavoro: circa un terzo delle donne oggetto di molestie sessuali nell’UE ha subito tali molestie proprio in ambito lavorativo.

    Il Parlamento europeo, accanto alle ONG di tutta l’UE e alle organizzazioni per i diritti delle vittime, ha invocato ripetutamente una legislazione sulla violenza contro le donne e la violenza domestica e, più in generale, sulla violenza online contro le donne.

    Nell’ambito dell’attuale azione della Commissione mirante a contrastare la violenza di genere e promuovere la parità e nel quadro del nuovo programma di finanziamento “Cittadini, uguaglianza, diritti e valori”, la cui dotazione è pari a 1,55 miliardi di €, sono disponibili, per il 2022, 30,5 milioni di € per progetti volti a prevenire e combattere la violenza contro le donne e i minori e 6,8 milioni di € per progetti che promuovono il pieno esercizio, da parte delle donne, dei diritti loro spettanti, la libertà dagli stereotipi di genere, l’equilibrio tra la vita professionale e la vita privata, l’emancipazione femminile e l’integrazione della dimensione di genere.

    Fonte: Commissione europea

  • Il femminile nella tradizione buddista indo – tibetana, il nuovo libro di Rosa Eleonora Percesepe

    Rosa Eleonora Percesepe, in occasione della Giornata della Donna, presenterà domani, 8 marzo, alle ore 17.00, nella Libreria Esoterica di Milano, il suo secondo libro Il femminile nella tradizione buddista indo – tibetana. 

    Tara Rosa Eleonora Percesepe è fondatrice e Presidente di Auroville International Italia. E’ anche rappresentante della Lombardia nel Comitato Centrale della Sezione Italiana dell’aede – Association Européenne des Enseignants.

    Di seguito il link per la partecipazione: https://fb.me/e/27di1g0OD

  • “Ritratte – Direttrici di musei italiani”: la mostra fotografica che racconta la leadership al femminile

    Apre il 3 marzo 2022 nelle Sale degli Arazzi a Palazzo Reale di Milano la mostra fotografica “Ritratte – Direttrici di musei italiani”, promossa e prodotta da Palazzo Reale, Comune di Milano Cultura e Fondazione Bracco e visitabile gratuitamente fino a domenica 3 aprile 2022. Con questa mostra Fondazione Bracco continua nel proprio impegno per valorizzare l’expertise femminile presentando le professioniste che dirigono i luoghi della cultura italiani.

    Il progetto artistico con gli scatti d’autore del fotografo Gerald Bruneau si colloca nell’impegno della Fondazione per valorizzare le competenze femminili nei diversi campi del sapere e contribuire al superamento dei pregiudizi, così da incoraggiare una sempre più nutrita presenza di donne in posizioni apicali.

    La mostra illumina vita e conquiste professionali di 22 donne alla guida di primarie istituzioni culturali del nostro Paese, una sorta di Gran Tour che tocca 14 importanti città italiane da Nord a Sud: da Trieste a Palermo, da Napoli a Venezia per citarne solo alcune. Il soggetto principale di “Ritratte” è la leadership al femminile. I musei, “luoghi sacri alle Muse”, sono spazi dedicati alla conservazione e alla valorizzazione del nostro patrimonio artistico, custodi del nostro passato e laboratori di pensiero per costruire il futuro. Inoltre, sono anche imprese con bilanci e piani finanziari, che contribuiscono in modo cruciale alla nostra economia. Dirigere tali istituzioni comporta competenze multidisciplinari, un connubio di profonda conoscenza della storia dell’arte e di capacità gestionali e creative.

    Tra le protagoniste della mostra figurano i ritratti di Francesca Cappelletti, Direttrice della Galleria Borghese di Roma; Emanuela Daffra, Direttrice Regionale Musei della Lombardia; Flaminia Gennari Santori, Direttrice delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini di Roma; Anna Maria Montaldo, già Direttrice Area Polo Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Milano; Alfonsina Russo, Direttrice del Parco Archeologico del Colosseo; Virginia Villa, Direttrice Generale Fondazione Museo del Violino Antonio Stradivari di Cremona; Rossella Vodret, Storica dell’arte, già Soprintendente speciale per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma; Annalisa Zanni, Direttrice del Museo Poldi Pezzoli di Milano.

    Fondazione Bracco da tempo è impegnata per contribuire alla costruzione di una società paritetica, in cui il merito sia il criterio per carriera e visibilità. Nel 2016 è nato a questo scopo il progetto “100 donne contro gli stereotipi” (100esperte.it) ideato dall’Osservatorio di Pavia e dall’Associazione Gi.U.Li.A., sviluppato con Fondazione Bracco, grazie alla Rappresentanza in Italia della Commissione Europea. La banca dati online raccoglie profili eccellenti di esperte, selezionate con criteri scientifici, in vari settori del sapere, strategici per lo sviluppo del Paese, allo scopo di aumentarne la visibilità sui media: l’ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics – dal 2016), le esperte di Economia e Finanza (dal 2017), Politica Internazionale (dal 2019), Storia e della Filosofia (dal 2021). Basti pensare che secondo il Global Monitoring Project 2020 in Italia nei media tradizionali le donne interpellate come esperte sono solo il 12%, contro il 24% dell’Europa.

    Accanto alla banca dati online, Fondazione Bracco ha deciso di sviluppare una narrazione complementare. Nel 2019, sempre grazie alla collaborazione con Gerald Bruneau, è stata realizzata la mostra fotografica “Una vita da scienziata” con i ritratti di alcune delle più grandi scienziate italiane, da allora esposta in numerose sedi italiane e internazionali, tra cui Milano, Roma, Todi, Washington, Philadelphia, Chicago, Los Angeles, New York, Città del Messico e il prossimo 8 marzo a Praga.

    In ottica di continuità e dialogo, l’esposizione “Ritratte”, dedicata al settore dei beni culturali, aggiunge un importante tassello all’intervento di lotta agli stereotipi di genere e di promozione delle competenze, unico discrimine per qualsiasi sviluppo personale e collettivo.

  • Transgender ideology e Self Id

    Transgender ideology e “Self Id”, in italiano “ideologia dell’auto-identità” o meglio, nell’uso corrente, ideologia dell’identità di genere, un’ideologia già molto diffusa nei paesi anglofoni e ancora poco, ma sempre più presente anche nel nostro Paese.

    Nei succitati paesi sono ormai state promulgate leggi a difesa di questo concetto, a difesa cioè del diritto di decidere della propria identità di genere, a prescindere dalla realtà biologica.

    L’ideologia dell’identità di genere parte dal presupposto che l’uomo e la donna siano due identità e non due realtà biologiche. Mentre per le altre specie si continua a parlare di leone e leonessa, di gallo e gallina etc., non si ritiene che “uomo” e “donna” si riferiscano rispettivamente al maschio e alla femmina adulti della specie umana, bensì che si tratti della percezione di appartenenza all’uno o all’altro sesso, indipendentemente dalla realtà biologica. Se dunque un uomo si veste da donna, ama truccarsi e “si percepisce” come donna andrà considerato come tale (e viceversa). Tutto ciò ha portato ad un epidemico aumento delle richieste di “transizione” da parte di ragazzine in età preadolescenziale. Il messaggio è chiaro: se non ti piacciono i trucchi, se non ti interessano le bambole e ti piace giocare a calcio, non puoi essere una ragazza (!). “Sei nata in un corpo sbagliato” e le “gender clinic” ti aiuteranno con mastectomie (in alcuni stati avvenute anche a 13 anni) e testosterone di sintesi. Peccato che – andrebbe forse ricordato – non siamo cernie, pesci marini che possono cambiare sesso, e l’unica cosa certa che questi interventi ormonali e chirurgici hanno creato è innanzi tutto un enorme giro di affari.

    Diretta conseguenza di questa ideologia è che per esempio nello sport aumenta il numero di uomini che “si identificano in donne” e che pertanto potranno partecipare alle competizioni sportive nella categoria femminile. Un caso che recentemente ha fatto molto discutere è quello del nuotatore “Lia Thomas”, il cui vero nome è Will Thomas. Questo sportivo ha in sostanza trovato il modo di passare dall’essere un atleta mediocre (quando gareggiava con altri uomini) a diventare una “campionessa”, appunto da quando si identifica in Lia e può pertanto gareggiare con le donne.

    Leggiamo infatti in un sito femminista e sicuramente non conservatore: “USA: il caso “Lia” Thomas, IL nuotatrice ruba-trofei. Will Thomas ha trovato il modo di battere ogni record: chiamarsi Lia e sbaragliare le avversarie, passando dal 462° posto nello stile libero maschile al primo in quello femminile” (https://feministpost.it/magazine/primo-piano/usa-il-caso-lia-thomas-la-nuotatore-ruba-trofei/). Non si tratta di un caso unico, ma di uno dei tanti sportivi che, in nome del Self ID, riesce a primeggiare tra le donne, lasciandosi alle spalle un passato di mediocrità. Va da sé che le atlete che osano ribellarsi vengano tacciate di transfobia.

    Se non è bello perdere la competizione perché superati dal nuotatore Lia, è ancora più grave rischiare di subire violenza a causa della stessa ideologia. Bagni pubblici, spogliatoi, centri accoglienza per donne vittime di violenza maschile dei paesi in cui già sono in vigore le leggi a difesa di questo diritto di auto-identità sono invasi da uomini che si identificano in donne. Recentemente in California un pedofilo, che stuprò nel 2014 una bambina di dieci anni in un bagno pubblico, è stato condannato e incarcerato in una prigione femminile minorile, perché così si sente James Tubbs, ormai Hannah.

    Foxnews riporta “Un giudice della contea di Los Angeles giovedì ha condannato Hannah Tubbs, una donna transgender californiana, a scontare due anni in una struttura giovanile dopo essersi dichiarata colpevole di aver aggredito sessualmente una bambina di 10 anni nel 2014”. Tubbs ha ora 26 anni, mentre al momento delle molestie stava per compierne 18. Allora e fino al momento dell’arresto si sentiva uomo, solo dopo si è percepito come Hannah (https://www.foxnews.com/us/transgender-ca-woman-molesting-sentenced).

    Dai documenti da noi visionati sembrerebbe, ma approfondiremo ulteriormente, che questa ideologia più che tutelare discrimini senza ritegno.

Pulsante per tornare all'inizio