Elezioni

  • Grazie al Presidente Draghi e in bocca al lupo, viva il lupo, a Giorgia Meloni

    Mentre iniziano gli incontri per dare vita al nuovo governo rinnoviamo le congratulazioni a Giorgia Meloni per il successo ottenuto con il più sentito augurio di mantenere, all’interno della coalizione, quell’indipendenza e capacità di ascolto che tanti italiani le hanno riconosciuto e che si attendono anche nel futuro.

    Vogliamo rinnovare al Presidente Draghi il nostro ringraziamento per quanto ha fatto per l’Italia e per l’Europa in questi anni, non solo come Presidente del Consiglio.

    Ci attendono momenti difficili non solo per la tragica guerra che sta devastando l’Ucraina, e che mette a rischio la sicurezza ed il futuro di gran parte del mondo per la folle sete di potere di Putin, ma anche per le molte realtà che minacciano diritti umani e sussistenza alimentare e crediamo che l’autorevolezza di Mario Draghi potrà dare un nuovo forte contributo in sede nazionale ed internazionale.

  • L’inopportuna “tutela etica” europea

    Le elezioni rappresentano una delle espressioni più evidenti di una democrazia compiuta in quanto ai cittadini viene riconosciuto il diritto fondamentale di esprimere il proprio orientamento politico. Questo diritto, che costituisce l’essenza stessa della democrazia, talvolta è oggetto di complicazioni o di limitazioni attraverso l’applicazione di sistemi elettorali complessi ed articolati all’interno dei quali il computo complessivo dei voti spesso rappresenta un’isola della salvezza stessa di partiti, ma soprattutto una zona franca di completa ingerenza delle segreterie dei partiti stessi.

    Nonostante questo ed i sistemi elettorali adottati, l’esercizio del voto rappresenta la democrazia stessa in quanto tale ed ovviamente indipendentemente dai risultati che le urne possano esprimere.

    In altre parole, i risultati elettorali rappresentano, a prescindere dallo schieramento politico vincitore, l’essenza stessa di uno Stato democratico, a maggior ragione se aderente ad un’unione come quella Europea, in quanto una istituzione politica sovranazionale come quella rappresentata dall’Unione Europea non può né deve mettere in discussione lo stesso esercizio democratico ed espressione di un diritto in rapporto all’esito dello stesso.

    Viceversa, a meno di ventiquattro ore dalla chiusura delle urne, due esponenti europei, come la Presidente della Bce e il primo ministro francese, hanno affermato come il nostro Paese dovrà essere posto sotto tutela con l’obiettivo di salvaguardare i diritti fondamentali democratici proprio in rapporto all’esito elettorale.

    In altre parole, l’esercizio di un diritto democratico non è più sufficiente a dimostrare, e contemporaneamente, confermare la democraticità del sistema istituzione nazionale, come lo stato italiano che, proprio in rapporto all’esito elettorale, deve essere posto sotto tutela con l’obiettivo di “salvaguardare” quegli stessi diritti democratici espressi dallo stesso esercizio del voto.

    Quindi l’Italia, uno degli Stati fondatori prima della Ceca (Comunità del carbone e dell’acciaio europea) e poi della stessa UE, oggi non rappresenta, agli occhi di queste esponenti europee, una democrazia compiuta in virtù dell’esercizio democratico del voto, ma può essere considerata tale solo ed esclusivamente in rapporto a dei parametri elaborati dalla stessa Unione europea. Quindi solo sulla base della aderenza a determinati schemi ideologici uno Stato può venire considerato democratico, altrimenti deve essere posto sotto la tutela europea per la salvaguardia dei diritti fondamentali.

    In questo contesto, allora, la stessa definizione della Istituzione europea dovrà essere completamente rivista, in quanto si sta trasformando in una istituzione etica all’interno della quale lo stesso riconoscimento dei singoli Stati viene sottoposto ad una valutazione, anche solo in rapporto agli esiti elettorali espressi nell’esercizio democratico del diritto al voto.

    Un passaggio questo cruciale nella stessa definizione degli ambiti democratici riconosciuti ai singoli Stati ormai ridotti a semplici sostenitori di una prigione etica europea “superiore”.

    Mai come ora dovrebbe venire proprio dallo schieramento politico uscito perdente dal confronto elettorale una decisa presa di posizione a favore del nostro Paese nella quale venisse esplicitamente espressa l’assoluta contrarietà a questo tipo di ingerenza espressa dalle due esponenti europee e contemporaneamente confermata la assoluta democrazia del nostro Paese in quanto la democrazia italiana rappresenta un modello compiuto, anche se ovviamente migliorabile, e di certo non può essere messa in discussione nella tutela dei diritti fondamentali, o  dall’orientamento politico della compagine risultata vincente alla tornata elettorale.

    Proprio questo silenzio, invece, rappresenta uno dei motivi per i quali al nostro Paese non viene riconosciuto in ambito europeo quel ruolo fondamentale e costituente che invece la storia gli dovrebbe riconoscere.

    A causa del provincialismo e della pochezza intellettuale della nostra classe politica, priva di ogni senso comune di stato, ancora una volta il nostro Paese viene considerato non come una degna espressione di una democrazia ma come un sistema da sottoporre al controllo etico dell’Unione Europea.

  • Quale il ruolo del terzo polo?

    Riceviamo e pubblichiamo un’analisi del Dott. Michele Allegri

    Credo che faccia comodo a tutte le forze politiche non modificare la legge elettorale Rosatellum perché consente alle segreterie di partito di mandare in Parlamento solo quei candidati di provata fedeltà al segretario di turno, togliendo quindi ai cittadini la possibilità di selezionare la classe dirigente di questo o quel partito. Di conseguenza il partito dell’astensione si conferma il primo in assoluto, con il 36% di astenuti.

    Dai dati usciti dalle urne mi par poi di capire che il terzo polo non è riuscito ad raggiungere gli obbiettivi che si era prefissato, non ha eroso consensi alla destra sovranista né ha avuto quell’exploit di consensi a due cifre che sperava di avere, ad eccezione di alcune città come Milano, Monza, Firenze. Lo stesso Calenda ha capitolato nel collegio uninominale di Roma centro…

    Qualche giorno fa, il prof. Paolo Mieli ha detto che lui non crede nei centristi in generale. Sicuramente però il bipolarismo ha lasciato il Paese allo sbando, forse perché non è mai riuscito a trasformarsi in un vero bipartitismo all’inglese. Bisogna però capire quale ruolo vorrà assumere il terzo polo (a vocazione centrista e liberale) che, stando ai voti, è oggi solo il quarto, dopo il M5S. Vorrà essere un terzo incomodo o il classico ago della bilancia di future alleanze di Governo? Un primo grande banco di prova potrebbero essere le elezioni regionali lombarde di giugno, quando si capirà se sceglierà di percorrere una via solitaria oppure si aggregherà ad uno dei due principali poli.

  • Preoccupanti attacchi informatici e ingerenze abusive

    Chi occupa cariche pubbliche ama il potere ed è incline ad abusarne.

    George Washington

    Un giorno dopo le elezioni politiche del 25 settembre in Italia i risultati ufficiali evidenziano una netta vittoria della coalizione di centrodestra. Riferendosi ai dati pubblicati lunedì sera, nell’ambito della stessa coalizione, il partito Fratelli’d’Italia ha avuto 26.10% dei voti degli italiani. L’altro partito della coalizione, la Lega, ha perso consensi, arrivando a 8.89%. Mentre Forza Italia ha avuto 8.27% dei voti degli italiani. In netto calo il Partito Democratico, con 18.98% dei consensi popolari. In calo, riferendosi ai risultati delle elezioni politiche del 2018, anche il Movimento 5 Stelle che ha avuto, sempre secondo i dati pubblicati la sera di lunedì 26 settembre, il 15.4% dei voti degli elettori. Non è andato oltre il 7.7% il terzo polo costituito da Azione e Italia viva. Bisogna sottolineare che, sempre riferendosi ai dati ufficiali, l’affluenza è stata poco sotto al 64%. Un dato questo che è il peggiore dal dopoguerra in poi. La coalizione di centrodestra ha avuto perciò una netta vittoria sia al Senato che alla Camera dei Deputati. Nei giorni successivi si sapranno i risultati ufficiali definitivi delle elezioni ed, in seguito, gli sviluppi per la costituzione del nuovo governo che, con gli attuali risultati, avrà per la prima volta una donna, la presidente del partito Fratelli d’Italia, come Presidente del Consiglio dei Ministri. La vittoria alle elezioni politiche della coalizione di centrodestra, e soprattutto la vittoria del partito Fratelli d’Italia è stata evidenziata dai più importanti media internazionali, diventando la loro notizia di apertura. Sono arrivati anche i saluti e le congratulazioni per la vincitrice da molti dirigenti dei partiti europei di centrodestra e di destra. Ma non sono mancate neanche dichiarazioni di cautela da parte di altri dirigenti politici ed istituzionali europei, come il ministro degli Esteri spagnolo e il primo ministro francese. Una certa cautela è stata espressa anche dal portavoce del cancelliere tedesco. Questo fino alla sera di lunedì, 26 settembre.

    La scorsa settimana a New York si è tenuta la 77a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Ovviamente si è discusso anche della guerra in Ucraina e delle sue gravi conseguenze a livello mondiale; della crisi alimentare ed energetica. Crisi che si aggiungono e si sovrappongono a quella legata alla pandemia e ad altre verificatesi in diverse parti del mondo. Ai lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite partecipava anche la presidente della Commissione europea. Lei, il 22 settembre scorso, ha preso parte ad un dibattito con i professori e gli studenti della Princeton University a New Jersey. Tra le domande fatte alla presidente della Commissione europea c’era anche una sulle elezioni politiche del 25 settembre in Italia. La risposta data dalla presidente della Commissione europea, considerata come un’ingerenza impropria ed abusiva, ha scatenato subito le reazioni dei massimi rappresentanti politici in Italia. Reazioni che consideravano le risposte della presidente della Commissione come irresponsabili e di parte, soltanto tre giorni prima delle elezioni. “Vedremo il risultato delle elezioni in Italia, ma se le cose andranno in una situazione difficile, come nel caso di Polonia e Ungheria, abbiamo gli strumenti”, ha dichiarato la presidente. Ha fatto riferimento, altresì, alle elezioni in Svezia del 11 settembre scorso, vinte dalla coalizione di centrodestra. Ma anche l’Ungheria e la Polonia sono due altri Paesi governati da partiti di centrodestra. Citando la Polonia e l’Ungheria, lei si riferiva ai contenziosi che la Commissione europea ha con questi due Paesi; sull’indipendenza del sistema della giustizia con il primo e sulla corruzione con il secondo. Secondo la presidente della Commissione europea “…la democrazia ha bisogno di ognuno di noi, è un lavoro costante, non è mai al sicuro”. Ebbene, dopo le elezioni svoltesi il 25 settembre in Italia il risultato è palese: vince ampiamente la coalizione di centrodestra. Ma vince soprattutto un partito conservatore di destra, Fratelli’d’Italia. Chissà come si sente la presidente della Commissione europea e chissà quali saranno “gli strumenti” che lei cercherà di attivare?! Una cosa però si potrebbe e si dovrebbe dire; quelle dichiarazioni riguardo le elezioni in Italia della presidente della Commissione europea davanti ai professori e agli studenti dell’Università di Princeton non si dovevano fare. Perché se non erano intenzionalmente e, perciò, irresponsabilmente fatte da una delle massime autorità dell’Unione europea, di certo sono state delle dichiarazioni inopportune. Perciò comunque condannabili. In seguito, dopo le trasversali reazioni dei massimi rappresentanti politici in Italia a tre giorni dalle elezioni, è valsa veramente poco la “chiarificazione” del portavoce della Commissione europea, secondo il quale la presidente “Non voleva ingerire nelle elezioni”. Nel pomeriggio di lunedì 26 settembre, a elezioni concluse e con quasi tutti i dati ufficializzati, c’è stata un’altra dichiarazione del portavoce della Commissione europea. “La Commissione lavora con i governi eletti dal voto nelle urne negli Stati Ue, lo stesso si applica in questo caso come in tutti gli altri.” ha detto lui. Aggiungendo: “Speriamo di avere una cooperazione costruttiva con le autorità italiane, ora stiamo aspettando che l’Italia formi un governo secondo le procedure della sua Costituzione”.

    Simili dichiarazioni “ambigue” e “di parte”, come quelle fatte il 22 settembre scorso all’Università di Princeton dalla presidente della Commissione Europa, sono ben note neanche in Albania. Anzi, sono state molto più esplicite, dirette ed inopportune e fatte durante questi ultimi anni da alcuni dei massimi rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea, soprattutto da quelli della Commissione. Di supporto ed entusiastiche quelle riferite ai “successi” del governo. Ma critiche, se non addirittura minacciose, quelle che si rivolgevano agli avversari del loro beniamino, il primo ministro albanese. Chissà perché?! E così facendo, quegli alti rappresentanti dell’Unione europea, insieme con i soliti “rappresentanti diplomatici” in Albania, da alcuni anni hanno permesso al primo ministro di restaurare e consolidare, ogni giorno che passa, la sua nuova dittatura sui generis, come espressione diretta di un’alleanza tra il potere politico ai massimi livelli, rappresentato, almeno istituzionalmente, proprio dal primo ministro, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti locali e/o internazionali. L’autore di queste righe, fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, sempre con la massima oggettività, non smetterà mai di ripetere queste verità e di denunciare simili preoccupanti realtà vissute e sofferte in Albania, ma anche altrove. Egli ha informato il nostro lettore di tanti, tantissimi clamorosi scandali ed abusi di potere che si susseguono e che purtroppo non permettono, spesso, di prestare la necessaria e dovuta attenzione pubblica. Scandali ed abusi milionari che stanno generando una paurosa e preoccupante crisi finanziaria, svuotando irresponsabilmente le case dello Stato. Scandali ed abusi milionari che hanno il diretto beneplacito e supporto istituzionale e personale del primo ministro e dei suoi più stretti collaboratori. Scandali ed abusi milionari che, guarda caso, pur essendo da anni ormai ben documentati e ufficialmente denunciati, sembrerebbe non abbiano “convinto” della loro gravità e pericolosità le “rinnovate” istituzioni del sistema “riformato” della giustizia in Albania. Un sistema quello ideato, programmato e poi approvato in parlamento con i voti della maggioranza governativa e con quelli profumatamente ricompensati di certi altri deputati “dell’opposizione”. Scandali ed abusi milionari che, guarda caso, sono “sfuggiti” anche ai soliti “rappresentanti diplomatici”. Chissà come e perché?!

    Durante la scorsa settimana non sono mancati altri scandali, tramite i quali sono stati scoperti altrettanti abusi milionari di denaro pubblico. Il 19 settembre scorso sono state alcune fonti mediatiche che hanno pubblicato la notizia, secondo la quale il 9 settembre scorso i sistemi informatici della polizia di Stato hanno subito un vasto attacco da parte degli hackers iraniani appartenenti all’organizzazione Homeland Justice (Giustizia per la Patria; n.d.a.). E non era il primo, perché un simile attacco è stato attuato anche nel luglio scorso. Gli obiettivi allora sono stati i sistemi informatici che costituiscono il “vanto” del primo ministro albanese, il servizio online noto come e-Albania. Ragion per cui diversi servizi per i cittadini, partendo dal rilascio dei semplici certificati, delle carte d’identità, dei passaporti ecc. sono stati cancellati, generando non pochi problemi in un Paese dove i problemi non mancano, anzi! Un servizio quello di e-Albania per il quale sono stati stanziati ed investiti dei milioni nel corso di questi ultimi anni. Milioni che non si sa come sono stati spesi e dove sono finiti. Si tratta anche di dati molto sensitivi e che potrebbero mettere in pericolo anche la sicurezza nazionale. Ma essendo l’Albania uno Stato membro della NATO, la gravità aumenta e si propaga. Mentre il primo ministro, con la solita ed innata sfacciataggine cerca di mentire. A danni fatti, il primo ministro e i suoi, come sempre, hanno cercato di minimizzare tutto e di garantire che niente di serio era successo, che tutti i dati sensibili erano protetti e sicuri. “L’aggressione non ha per niente raggiunto il suo obiettivo, nessuna seria fuga oppure cancellazione di dati” (Sic!). Così dichiarava il primo ministro. Ma è stato subito smentito e si è smentito anche da solo con le sue seguenti dichiarazioni. Lui e i suoi si sono però lasciati sfuggire un “piccolo particolare” che riguarda tutti i sistemi informatici, compresi quelli della polizia di Stato, attaccati il 9 settembre scorso. Cercando di convincere e di “tranquillizzare” che niente di serio era successo, hanno affermato che tutti gli investimenti milionari sono stati indirizzati per la costruzione e il funzionamento dei sistemi. Ma si è capito che niente era stato fatto per garantire, prima di tutto, prima di farli funzionare, l’obbligatoria e la sicura protezione dei dati, in tutti i sistemi, dagli attacchi informatici. Lo hanno confermato palesemente anche i sopracitati attacchi attuati dagli iraniani. Nel frattempo a niente sono servite le misere dichiarazioni del primo ministro. Anzi, sono state tutte delle dichiarazioni subito smentite dalla rapida e spesso incontrollata fuga delle informazioni, basate soprattutto sui rapporti delle istituzioni specializzate internazionali. Compreso anche l’ultimo del FBI (Federal Bureau of Investigation; n.d.a.) e della CISA (The Cybersecurity and Infrastructure Security Agency; n.d.a.) pubblicato il 22 settembre scorso e dedicato interamente ai sopracitati attacchi degli iraniani.

    Subito dopo la pubblicazione dello scandalo della facilissima e capillare penetrazione nei sistemi informatici in Albania, il 19 settembre scorso la procura di Tirana ha ordinato a tutti i media e ai giornalisti di non pubblicare nessuna notizia che riguardasse i dati sensibili ormai resi pubblici in rete. Violando così uno dei diritti e dei doveri fondamentali dei media e dei giornalisti: quello di informare il pubblico, rispettando sempre e comunque tutte le regole internazionalmente stabilite dalle convenzioni e dalle decisioni prese della Corte europea per i diritti dell’uomo.

    Non è la prima volta che i sistemi informatici in Albania sono attaccati. L’autore di queste righe ha informato precedentemente il nostro lettore sull’hackeraggio dei sistemi, sulla diffusione e sull’uso abusivo dei dati dei sistemi informatici nazionali (Scenari orwelliani in attesa del 25 aprile, 19 aprile 2021; Uso scandaloso di dati personali, 31 gennaio 2022).

    Chi scrive queste righe è convinto che dietro il sopracitato ordine della procura, nonostante le “giustificazioni giuridiche” espresse e le severe condanne per i media e i giornalisti che non ubbidiscono, vi sia una seria preoccupazione del primo ministro e dei suoi che escano fuori delle “informazioni sensibili”, le quali potrebbero coinvolgerli direttamente nei loro legami con la criminalità organizzata e/o nei numerosi scandali corruttivi. Si cerca perciò di nascondere il clamoroso abuso di potere del primo ministro e dei suoi fedelissimi. Aveva ragione George Washington: chi occupa cariche pubbliche ama il potere ed è incline ad abusarne.

  • Promemoria al nuovo governo

    Chi ha vinto è giusto che sia contento e che si prepari a governare, chi ha perso che riesamini i propri errori, tutti però non dimentichino che l’astensionismo è stato il più alto che si sia mai verificato e che gli italiani attendono risposte concrete a problemi concreti.

    La politica soprattutto, ma anche i media e coloro che rivestono un ruolo nella società, devono finalmente capire quanto leggi elettorali sbagliate, dichiarazioni volte a delegittimare l’avversario, o le stesse istituzioni, e comportamenti scorretti, anche penalmente, abbiano allontanato gli elettori mettendo a serio rischio quel processo democratico che, come la società, è in continuo evoluzione.

    Crediamo non sia necessario ricordare al nuovo governo tutte le problematiche legate all’aumento delle bollette, al rincaro della vita e delle materie prime, al compimento dei progetti legati ai fondi europei, alla delicatezza dei rapporti internazionali ed alla imprescindibile necessità di continuare con determinazione a difendere l’Ucraina e il diritto di ogni Stato alla propria indipendenza territoriale.

    Ci sono però alcuni temi urgenti che in campagna elettorale non hanno avuto la necessaria considerazione e che i nuovi disastri ambientali hanno, nuovamente, dimostrato devono essere affrontati contestualmente alle altre urgenze.

    Mettere in sicurezza il territorio per salvare vite umane ed attività economiche è una delle priorità, il dissesto idrogeologico, dalla la bonifica dei letti dei fiumi e dei torrenti alla cura dei territori abbandonati, dal censimento delle costruzioni in aree a rischio, con il loro eventuale abbattimento, a norme immediate per il risparmio del suolo, dal rifacimento della rete idrica nazionale alla costruzione di bacini di raccolta d’acqua sono solo alcuni dei provvedimenti che non possono più attendere.

    Mentre ancora una volta vasti territori sono devastati dall’esondazione dei fiumi o dalle piogge torrenziali dovute al cambiamento climatico il nuovo governo dovrà dare quelle risposte che i precedenti esecutivi hanno mancato se è vero come è vero che, ad esempio, in troppe aree colpite da terremoti od inondazioni, a distanza di molti anni, non sono ancora partiti i lavori, o comunque non sono stati ultimati per riportare gli abitanti ad una vita normale.

    La riforma della burocrazia come la lotta alla corruzione e non può più aspettare e la semplificazione delle leggi, che un governo Berlusconi aveva detto di aver realizzato bruciando in pubblico, con il ministro Calderoli, tomi di leggi inutili è ancora da cominciare veramente.

    Se giustamente deve tenere desta l’attenzione di tutti il problema energetico non si può sottovalutare la sempre più probabile ipotesi di una Russia pronta ad una guerra del grano che toccherà altri prodotti vitali per l’alimentazione ed è perciò necessario che il governo italiano richiami l’Europa ad una vera mobilitazione affinché l’agricoltura trovi nuove attenzioni e sia coltivata ogni parte di terreno disponibile.

    Occorre che lo Stato affermi come i servizi essenziali e di interesse collettivo, oltre che strategico, siano di sua competenza, è inoltre necessario che per il breve periodo, si lavorerà per questo, di difficoltà energetica siano abrogate quelle norme territoriali che impediscono, a chi lo necessita, di riscaldare le proprie case con biomasse legnose.

    Abbattere le diseguaglianze significa, in primis, adeguare in ogni regione l’assistenza sanitaria e sociale e dare identici parametri di istruzione.

    Compiti gravosi che il nuovo governo saprà affrontare se al giusto orgoglio per il successo ottenuto unirà la capacità d’ascolto e di coinvolgimento di quanti ancora credono che la Politica sia una missione con una visione del futuro.

  • Allargare le opportunità per tutti. L’Italia sul serio di Azione-Italia-Viva-Calenda

    Riceviamo e pubblichiamo il programma elettorale della lista Azione-Italia-Viva-Calenda ‘L’Italia sul serio’ per le elezioni politiche del prossimo 25 settembre.

    FISCO – Più leggero e semplice: abolire IRAP, riformare IRPEF e IRES. Destinare ogni euro recuperato dall’evasione per abbassare le tasse

    IMPRESE – Ripristinare Industria 4.0 e estenderla alla transizione ecologica. Rendere facile e conveniente la crescita dimensionale

    LAVORO: Detassare i premi di produttività. Superare il sistema saldo/acconto per gli autonomi e abbattere la ritenuta d’acconto

    SANITÀ: Realizzare un piano straordinario per ridurre le liste d’attesa. Riorganizzare l’assistenza territoriale per garantire prevenzione e continuità delle cure

    ENERGIA: Costruire subito rigassificatori per ridurre la dipendenza dal gas russo e usare il nucleare per “zero emissioni” al 2050. Snellire ulteriormente le procedure di autorizzazione per gli impianti che utilizzano fonti rinnovabili

    SCUOLA: Tempo pieno per tutti, scuola obbligatoria fino a 18 anni e scuole superiori della durata di 4 anni. Riqualificare tutti gli edifici scolastici

    GIUSTIZIA: Separazione delle carriere e valutazione più efficace dei magistrati. Riduzione dei tempi della giustizia civile e penale nel solco delle riforme del Governo Draghi

    MEZZOGIORNO: Completare l’Alta Velocità e potenziare i treni regionali. Fare del Sud l’hub energetico del Mediterraneo

    GIOVANI: Zero tasse per gli under 35 che avviano un’attività imprenditoriale. Zero IRPEF fino a 25 anni, dimezzata fino a 30 anni

    DONNE: Introdurre incentivi salariali per le madri che rientrano al lavoro. Realizzare nuove strutture per garantire a tutti l’asilo nido

    ANZIANI: Semplificare i processi della PA, zero burocrazia per anziani e persone con disabilità. “Assegno per la vita indipendente” delle persone non autosufficienti

    Per la piena realizzazione di riforme e investimenti previsti dal PNRR, ci impegniamo a portare al Governo solo persone con rilevanti esperienze gestionali e amministrative nel settore pubblico o privato.

  • Terzo polo e, speriamo, la fine del bipolarismo sia vero che falso

    Dove sono io è una splendida giornata di sole mentre la  politica piange le vittime, le ultime di una lunga serie, che si sarebbero evitate se i tanti governi degli ultimi trent’anni si fossero occupati del disastro idrogeologico che ha semidistrutto l’Italia.

    Occuparsi di un problema significa risolverlo, non parlarne a morti caldi e poi soggiacere ad altri interessi, ma è una vecchia storia.

    Inutile che i vari leader enuncino i danni provocati dal consumo del suolo e dalla cementificazione selvaggia, dalla colpevole incuria nel pulire i letti di fiumi e canali o dalle conseguenze per l’abbandono di ogni controllo del territorio per poi lasciare le cose come stanno, e così è stato sia per i governi di centro destra che per i molti anni di centrosinistra, nel silenzio del parlamento.

    D’altra parte cosa possiamo aspettarci da un parlamento che da anni è frutto di leggi elettorali nate per togliere ai cittadini il diritto, con la preferenza, di scegliere i propri rappresentanti?

    I partiti più numericamente forti si sono, decenni fa, inventati che per la governabilità il bipolarismo era la soluzione perfetta e hanno dato vita, con i loro parlamentari, a leggi elettorali che credevano li avrebbero premiati mentre toglievano agli elettori il diritto di scelta.

    Le conseguenze sono chiare: l’astensionismo è diventato sempre più alto con un rischio democratico evidente e sono rinati vari partitini che, alleandosi con l’una o con l’altra coalizione, sono ancora in parlamento a far cadere o a tenere in piedi governi di vario tipo.

    Quello italiano non è bipolarismo ma è una truffa e comunque gli italiani vogliono poter votare scegliendo chi deve rappresentarli, avendo la possibilità di controllare gli eletti anche per l’attività che svolgono sul territorio.

    Alle forze politiche non importa la sfiducia ed il conseguente astensionismo degli elettori, cercano solo di conquistarsi un posto al governo anche se governeranno con la maggioranza relativa del solo 50% degli aventi diritto al voto, cioè di fatto con il consenso di meno di un terzo degli italiani.

    Di quale prova ulteriore abbiamo bisogno? In piena campagna elettorale tutti i leader di partito hanno dichiarato come la legge elettorale sia sbagliata ma nei cinque anni della legislatura si sono ben guardati dal modificarla. Mentre la precedente legge elettorale era stata addirittura dichiarata incostituzionale!

    Bugie ed insulti reciproci si sono susseguiti per tutta la campagna elettorale mentre si è tralasciato di affrontare i gravi problemi legati al dissesto idrogeologico o alla sicurezza delle strutture come ponti e cavalcavia e le vittime di tante sciagure, dai terremoti alle alluvioni, attendono ancora la ricostruzione.

    Ben venga allora la nascita di un terzo polo nella speranza che i nuovi parlamentari, di ogni schieramento, vogliano dare subito vita alla riforma elettorale per riportare l’Italia sulla strada di una vera democrazia partecipata.

    In ogni modo votare è insieme un diritto ed un dovere e non andare a votare rafforzerebbe tutti coloro che ci hanno espropriato del nostro diritto di scelta consegnandolo ai capi partito.

    PS: Secondo i dati pubblicati dal Corriere i fondi per la messa in sicurezza del fiume Misa sono stati stanziati nel 1986, il progetto ad oggi è ancora fermo, nel frattempo ci sono state tre alluvioni e almeno 20 morti senza considerare l’immenso danno economico.

    Burocrazia? Errori di progettazione? Incapacità, indifferenza? L’unica cosa certa è che non si è fatto nulla in tempo utile!

  • Mascaretti: priorità agli approvvigionamenti di energia e di materie prime e difesa del made in Italy

    Imprenditore, consigliere comunale, assessore durante la giunta Moratti, capogruppo di Fratelli d’Italia al Comune di Milano Andrea Mascaretti è candidato alle prossime elezioni politiche del 25 settembre con il partito di Giorgia Meloni a Varese nel collegio plurinominale. Il Patto Sociale lo ha intervistato.  

    Consigliere Mascaretti, dopo anni trascorsi a Palazzo Marino, in maggioranza prima e all’opposizione poi, come e perchè è maturata in Lei l’idea di candidarsi alla Camera?

    Sono stato presidente di commissione, capogruppo, vice presidente del Consiglio e poi anche assessore alle politiche del lavoro nella Giunta Moratti. Oltre 21 anni di esperienze sviluppate nella capitale economica del Paese, che è una città dinamica e complessa con un bilancio di oltre tre miliardi e duecento milioni di euro e quasi 15 mila dipendenti. Tra le tante esperienze fatte, ricordo ad esempio, di aver guidato oltre 20 missioni in Asia, Centro America ed Europa durante la campagna di candidatura ad Expo2015 conquistando il voto di quei Paesi per l’Italia. Ricordo di aver predisposto l’accordo sottoscritto con i Segretari generali di CGIL, CISL e UIL per garantire che non vi fosse nessuno sciopero nazionale o locale durante tutta la durata dell’Esposizione Universale e anche di aver dato vita ad un’istituzione importante come la Fondazione per il Welfare Ambrosiano, che in tutti questi anni ha aiutato molti lavoratori in difficoltà.  Poi, Giorgia Meloni e la dirigenza di Fratelli d’Italia hanno apprezzato il mio lavoro come amministratore locale e hanno deciso di candidarmi alla Camera dei deputati. Devo ammettere, che ne sono molto onorato e ho accettato la candidatura con grande entusiasmo e spirito di servizio. E così, eccomi qui, candidato, in una squadra di donne e uomini tutti di alto profilo, grande esperienza e competenza, pronto a lavorare per difendere gli interessi delle imprese, dei lavoratori e delle famigli italiane.

    A chi a Varese considera la sua candidatura ‘venuta da fuori’ cosa replica?

    Dico che mi sento molto legato ad un territorio che considero una vera e propria locomotiva dell’economia lombarda con una densità di imprese di 50 per ogni chilometro quadrato contro la media nazionale di 19, e dove l’aeroporto di Malpensa, nel 2021 si è confermato come l’unico scalo italiano attrezzato per gestire importanti quantità di voli all-cargo, raggiungendo una quota di mercato pari al 70% del totale della merce transitata negli aeroporti italiani. Un territorio che conosco molto bene perché quando sono stato assessore della Giunta Moratti, sono stato tra coloro che più hanno creduto e lavorato al progetto di Expo2015. A quel tempo avevo la delega alle Politiche del lavoro e dell’Occupazione e ho lavorato per far arrivare in Italia e in Lombardia la grande esposizione universale. Un grande successo che ha rilanciato la nostra economia e ha avuto proprio nell’aeroporto internazionale di Malpensa uno degli elementi di successo nella competizione per Expo2015. Infine, ci sono anche gli splendidi ricordi della mia infanzia a Cunardo e degli anni in cui, mentre studiavo ingegneria aerospaziale al politecnico, mi addestravo come pilota negli aeroclub di Vergiate e Venegono.

    Se eletto quali saranno  le prime istanze che porterà a Roma?

    Qui a Varese ci sono moltissime imprese che gli ultimi governi hanno tartassato e non hanno tutelato dalle speculazioni internazionali sul gas, sull’energia elettrica e sulle materie prime. Il nostro primo impegno sarà quello d’intervenire subito e strutturalmente sugli approvvigionamenti di energia e di materie prime e sulla difesa del made in Italy, per sostenere le attività del territorio prima che siano costrette a chiudere e prima che si perdano migliaia di posti di lavoro. Prioritario è anche aiutare le famiglie che dovranno fare i conti con i rincari dei generi alimentari e con bollette insostenibili.

  • Elezioni, Niccolò Rinaldi: “Troppa attenzione alle contingenze e scarsa visione d’insieme”

    Già deputato europeo e segretario generale del Gruppo ALDE al PE, con un passato alle Nazioni Unite in cui ha seguito da vicino le vicende dei territori più ‘caldi’ del pianeta, scende in campo alle prossime elezioni del 25 settembre. E il Patto Sociale lo ha intervistato

    1) On. Rinaldi, per prima cosa ci dica dove e con chi è candidato.

    Sono candidato in quota repubblicana nelle liste del PD in un collegio plurinominale al Senato (Emilia Romagna 1). Non siamo “ospiti” della lista, perché come Repubblicani Europei siamo, con tanto di atto notarile siglato insieme agli altri, co-titolari del simbolo. La presenza nella coalizione di Più Europa o di persone come Carlo Cottarelli rafforza questo ruolo dei laici ed europeisti come noi repubblicani, da sempre attenti ai ceti produttivi del nord del Paese.

    2) Qual è la sua esperienza in questa sua prima campagna elettorale per le elezioni nazionali?

    Per la prima volta non rincorro le preferenze individuali. Ma lo spettacolo è sempre lo stesso, il paradosso di vedere candidati ed esponenti politici che persuadono gli lettori a votarli non mostrando il loro lato migliore, ma quello peggiore.

    3) Cosa intende?

    Da valdese sarò forse troppo “protestante”, ma resto di stucco quando sento promesse elettorali che sono palese bugie, magari rimangiate con altre bugie il giorno dopo. Altro non è il dibattito sulla flat tax o quello sul blocco navale del Paese. Oppure vedere leader compiacersi di siglare un’alleanza e rimangiarsela platealmente tre giorni dopo. E altri farsi strada a forza di insulti, di sarcasmi o anche continuando a etichettare gli avversarsi con vecchi stereotipi. Balle, parole date e non mantenute, spregiudicatezza: in troppi pretendono di persuadere così gli italiani.

    4) I quali come reagiscono?

    Grosso modo si dividono in tre gruppi.  Alcuni ragionano e fanno le loro scelte di conseguenza. Altri, peggiori di questi politici, apprezzano l’indecoroso spettacolo e si lasciano incantare. Molti, restano disgustati, e non vanno a votare.

    5) Ma come giudica il dibattito elettorale?

    Moscio sui territori e acceso, e altrettanto superficiale come sempre, nei salotti televisivi. Votiamo per il governo dei prossimi cinque anni ma ci si occupa solo delle contingenze – costo dell’energia, inflazione, impatto delle sanzioni. A queste cose dobbiamo risposte – che per me sono soprattutto attraverso l’azione dell’Unione Europea. Ma manca una visione d’insieme di sviluppo del Paese, alle prese con una crisi di natalità, crescita delle diseguaglianze, incapacità di attrarre investimenti e una burocrazia spesso mostruosa. Non parlo delle piaghe ataviche, di cui ho già scritto anche sul Patto Scoiale: costo di corruzione, evasione, crimine organizzato, economia sommersa, privilegi per pochi e un assetto istituzionale inadeguato.

    6) Cosa intende su questo ultimo punto?

    Abbiamo troppi comuni, troppe regioni, troppe province, due rami del parlamento, caso unico al mondo, con un bicameralismo perfetto. Dovremmo tagliare tutto di metà – e in questo sforzo di accorpamento ci sarebbe ancora da fare anche per province o aree metropolitane ancora in cerca di autore. Il mondo corre, le sfide globali sono impietose, e noi pretendiamo di andare avanti attrezzati come cinquant’anni fa. Qualcuno dovrà cominciare a metter mano alla modernizzazione delle nostre istituzioni.

    7) Come possiamo restare infornati delle sue iniziative elettorali?

    Sulla mia pagina Facebook pubblico un “Diario repubblicano”, ogni giorno. Agenda degli impegni, ma anche riflessioni per mettere in ordine il tanto che accade in una campagna elettorale. E per lasciarne una traccia, perché dopo il voto, comunque sia e come sa bene la mia amica Cristiana Muscardini, l’impegno per il Paese dovrà continuare.

  • Seicento eletti invece di quasi 1000, il nuovo Parlamento funzionerà così

    Saranno due Camere inedite, dimagrite di circa il 30% dei parlamentari, quelle che si riuniranno a fine ottobre dopo il passaggio delle urne. La riforma costituzionale varata nel 2020 ha infatti ridotto dai 630 ai 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 quello dei senatori eletti, ai quali si aggiungeranno i 5 senatori a vita. Una situazione inedita con degli interrogativi sull’attività parlamentare. Mentre la sforbiciata risolverà gli atavici problemi di spazi di lavoro per i parlamentari e i gruppi, ci si interroga sulla funzionalità degli organismi, specie per il Senato. L’Aula di Palazzo Madama riduce il numero delle Commissioni permanenti da 14 a 10 accorpandone alcune (Esteri e Difesa, Ambiente e Lavori Pubblici, Industria e Agricoltura, Lavoro e Sanità). E gruppi medio-piccoli avranno 1 o 2 senatori in ciascuna commissione, il che impedirà una loro specializzazione e imporrà un maggior ricorso ai tecnici esterni e ai legislativi dei ministeri. L’altro problema riguarda le Commissioni e gli Organi Bicamerali, come Copasir, Vigilanza Rai, Antimafia. Queste, per fare un esempio, dovranno evitare di riunirsi nel primo pomeriggio (quando non ci sono i lavori delle due Aule) in concomitanza con le Commissioni permanenti di Camera e Senato, pena il rischio di far mancare il numero legale nelle une o nelle altre. Per le Bicamerali in arrivo convocazioni all’alba o al tramonto, dunque.

    Tutti passaggi che saranno resi indispensabili dal nuovo assetto parlamentare deciso dalla politica. E che forse porterà con sé l’esigenza di altre riforme portanti come quella in chiave presidenziale invocata da Fratelli d’Italia o quella sulle autonomie perorata dalla Lega. Sullo sfondo il dibattito per una nuova legge elettorale che possa dare stabilità di governo alle coalizioni vincenti. Un problema sentito da tutti gli schieramenti, tanto da far dire a Giovanni Toti di fronte al parterre di Comunione e liberazione  che l’attuale legge sembra più una perversione che uno strumento di applicazione del consenso. E il Pd spiegare nel suo programma che è fondamentale rendere più forte, partecipato e trasparente il sistema politico italiano. Per questo motivo , “la pessima legge elettorale con la quale andiamo a votare deve essere cambiata, perché le liste bloccate sviliscono il ruolo del parlamentare, ne condizionano i comportamenti”. Da qui la proposta di nuove norme da proporre al Parlamento sin dai primi mesi della prossima legislatura per superare la frammentazione, il trasformismo, per ridurre gli effetti distorsivi sulla rappresentanza legati al taglio dei parlamentari e per favorire la costruzione di forze politiche stabili e dotate di una riconoscibile identità”.

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