Elezioni

  • Al via la conferenza di Parigi sulla Libia, grandi assenti Putin ed Erdogan

    Venerdì 12 novembre si aprirà a Parigi una nuova Conferenza internazionale sulla Libia. L’incontro, annunciato dal ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite lo scorso settembre, potrebbe svolgersi in un clima di grande sfiducia visto che sebbene le elezioni siano state programmate il 24 dicembre non è certo che la data possa essere rispettata. Parigi ha offerto a Germania e Italia la co-presidenza dell’evento per lanciare un segnale forte all’Unione Europa affinché giochi un ruolo chiave nella partita con la Libia per evitare che siano altri attori ad intervenire con modalità poco trasparenti. “Le elezioni sono alle porte – ha osservato il presidente francese Emmanuel Macron – ma le forze che vogliono far deragliare il processo sono in agguato. Bisogna tenere la barra dritta. È in gioco la stabilità del paese”.

    All’incontro partecipano una ventina tra capi di stato regionali e internazionali, tra cui la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Saranno presenti anche Tunisia, Niger e Ciad, i tre paesi confinanti che stanno subendo i maggiori contraccolpi della crisi libica, in termini di instabilità, traffico di armi e mercenari. L’Algeria, dopo la crisi diplomatica con Parigi, non ha ancora confermato la sua partecipazione. Grandi assenti i presidenti di Turchia e Russia, i due paesi maggiormente coinvolti nel conflitto. Per Mosca andrà il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, mentre da Ankara hanno fatto sapere che non intendono partecipare a causa della presenza della Grecia, di Israele e dell’amministrazione greco-cipriota, con cui la Turchia è ai ferri corti per il gasdotto East-Med. Un’assenza pesante visto che in Libia sono tuttora presenti diverse migliaia di militari turchi o siriani filo-turchi intervenuti a sostegno del governo di Tripoli quando era sotto assedio, oltre a mercenari russi del gruppo privato Wagner, accorsi in aiuto delle forze della Cirenaica guidate dal generale Khalifa Haftar. Entrambe le milizie straniere non hanno mai smobilitato né si sono ritirate dal paese, come era previsto dopo la firma del cessate-il-fuoco e l’approvazione di una road-map mediata dall’Onu per la fine delle ostilità e il ripristino di istituzioni democratiche.

  • Zemmour si fa un partito per correre per l’Eliseo

    All’estrema destra, ancora più estrema del Rassemblement National di Marine Le Pen, ci sarà ‘Vox Populi’: questo il nome che il polemista Eric Zemmour, che sta provocando un terremoto fra Républicains e lepenisti che potrebbero veder svanire milioni di elettori alle presidenziali di aprile, ha scelto per il suo partito. E’ stata la radio Europe 1 a rivelare che Zemmour – ormai il personaggio più mediatizzato, conteso da tutti gli studi televisivi e radiofonici del Paese – sta ormai lavorando alla sua struttura elettorale ancor prima dell’annuncio ufficiale della candidatura. Che dovrebbe, secondo quanto trapela fra i suoi fedelissimi, arrivare l’11 novembre, scompaginando definitivamente il panorama politico della destra e dell’estrema destra francese.

    Zemmour, che già un paio di sondaggi hanno dato nelle ultime settimane al secondo posto dietro Emmanuel Macron al primo turno – e quindi qualificato per il ballottaggio -, continua intanto nel disegno di estremizzare la sua posizione, al punto da aver fatto scattare nei giorni scorsi la reazione anche della comunità ebraica francese. Lui, ebreo, non ha esitato a moltiplicare le dichiarazioni provocatorie sul maresciallo Petain (il capo della Francia collaborazionista), sul caso Dreyfus, persino sui bambini vittime degli attentati islamici di Tolosa (definendoli ‘stranieri’ perché sono stati sepolti in Israele) fino a quando la comunità ebraica ha chiesto ai suoi membri che “neppure una voce” si levi per sostenere Zemmour.

    I programmi del polemista intanto proseguono fitti, anche se nell’ombra: l’11 novembre potrebbe arrivare l’annuncio della candidatura, a fine novembre una riunione di responsabili regionali della sua associazione per dare vita – con una sorta di congresso costituente – al suo partito politico. Diversi membri dell’Associazione Amici di Eric Zemmour sono già stati preavvertiti. Sul nome del partito circolano ogni giorno ipotesi, ma da settimane ‘Vox Populi’ continua ad essere la più gettonata. Stando alla tv BFM, poi, si svolgono – nel massimo riserbo – anche vere e proprie riunioni elettorali. La prima, la sera del 25 ottobre, nel quartier generale di Zemmour, che la sua associazione gli ha messo a disposizione a rue Jean Goujon, in uno dei quartieri più esclusivi di Parigi, a due passi dagli Champs-Elysées. C’era un centinaio di persone, i più stretti sostenitori dell’ex giornalista, che ha preso la parola per ringraziare i presenti del loro impegno: “A lungo – ha detto – ho immaginato un candidato che avrebbe potuto portare avanti le nostre idee… diventa possibile che sia io quando vedo il sostegno che mi date. I colpi che arriveranno saranno sempre più forti, contro di me e contro quelli che mi sostengono. Bisognerà essere forti collettivamente per arrivare fino in fondo”. Erano già pronti e sono stati mostrati ai presenti i manifesti elettorali con le scritte ‘Zemmour Président’ e ‘Z 2022′.

    Forte la preoccupazione nella destra tradizionale – che soltanto a dicembre sceglierà il suo leader in un congresso e che rischia di vedersi portar via dal nuovo candidato la parte meno moderata del partito – e nel Rassemblement National di Marine Le Pen. La quale deve guardarsi le spalle anche in famiglia: il padre Jean-Marie ha già chiaramente annunciato che “se Zemmour sarà il candidato del campo nazionale meglio piazzato” lo sosterrà senza esitazione; la nipote Marion Maréchal ha aggiunto che “con due candidature le cose diventano un po’ più complicate” e che “a un certo punto bisognerà porsi la questione di sapere chi ha più possibilità”.

  • La politica torni a guardare le persone in faccia

    Come sempre dopo il voto i commenti e le analisi si sono sommate e sprecate ma al di là di chi ha vinto o perso, e delle varie motivazioni, riteniamo che il dato più significativo sia la manifesta contrarietà dei cittadini verso un sistema che spreca il suo tempo in polemiche invece che nello studio e nell’esposizione di utili proposte. La scarsa partecipazione al voto è di fatto un voto contro coloro che, chi in un modo o nell’altro, hanno chiuso in un recinto la democrazia. Da troppi anni i partiti non hanno vero confronto interno, sono sempre più rari i congressi, in molte forze politiche sono inesistenti quelle regole che dovrebbero garantire ad ogni iscritto e dirigente di poter appellarsi a palesi prevaricazioni o scorrettezze. Anche La mancanza di luoghi di confronto sul territorio ha creato un solco profondo tra elettori ed eletti e non bastano certo i sistemi informatici a supplire alla mancanza di conoscenza sia delle persone che dei problemi. La politica dovrebbe tornare a guardare le persone in faccia, questo in molti dovrebbero cominciare a fare con un po’ di umiltà e semplicità. Invece è sempre più palese una certa arroganza, quella che spinge a non prendere mai in considerazione né la proposta degli avversari né quella dei propri dirigenti ed iscritti se sono meno vicini al pensiero del leader, quell’arroganza che crede bastino slogan, battute, alzate di voce per supplire alla carenza di proposte chiare e che fa ritenere i sondaggi più importanti di quello che sono. Il leaderismo esasperato ha di fatto impedito la crescita di una classe dirigente e questo è particolarmente riscontrabile ormai da anni specie nel centro destra, come si è visto con l’incapacità, in questa tornata elettorale, di trovare candidati credibili per alcune città. Si potrebbe anche pensare che vi sia un disegno per allontanare i cittadini dal voto, dalla partecipazione attiva, affidando tutto o quasi al web, pilotabile, hackerabile e ovviamente incapace di un rapporto, di un discorso articolato. Quello che dovrebbe preoccupare i capi partito, ed il loro entourage, non è di avere più o meno esperti spin doctor che rispondono al posto loro sulla rete ma come ridare vigore alla democrazia, come, difendendo le proprie idee e cercando il consenso, essere però anche in grado di valutare quello che è bene per il Paese e non solo per la propria parte politica. In sintesi rendersi conto che se si aspira a governare bisogna sapere come si fa e con quale personale umano, intellettualmente onesto e capace. Da qui la scelta ovvia di regole rispettate che i partiti dovrebbero avere, di nuove leggi elettorali che consentano agli elettori di scegliere direttamente le persone che vogliono eleggere, di un ritorno dei politici tra la gente, di uno studio approfondito dei problemi reali di una società in continua evoluzione abbandonando le parole in libertà che per troppo tempo troppi leader ci hanno propinato. Nel frattempo fortunatamente c’è il governo Draghi che speriamo riesca a vaccinarci anche contro l’antidemocrazia.

  • Mascaretti: il centrodestra per Milano è il rimedio all’ambientalismo parolaio di Sala

    Rimuovere lo sfregio inferto a corso Buenos Aires, schierare 600 nuovi vigili, controlli effettivi sulla qualità dell’aria che i milanesi respirano. Questi sono gli impegni che Andrea Mascaretti, candidato di Fratelli d’Italia al Consiglio comunale, si prefigge di portare avanti per conto dei milanesi, sia per smascherare l’ambientalismo senza risultati con cui Giuseppe Sala si prefigge restare a Palazzo Marino sia per imprimere una svolta alla capitale morale d’Italia nel caso in cui questa torni ad affidarsi alla cultura politica che ha prodotto gli Albertini e le Moratti.

    Evidenziando che quella voluta da Sala e compagni in corso Buenos Aires è una vera e propria barriera architettonica, Mascaretti ne ha promesso la demolizione se il voto del 3-4 ottobre decreterà il divieto di sosta ulteriore di Sala sullo scranno di primo cittadino, precisando che invece “in caso restassimo all’opposizione continueremo questa battaglia, sia per chi ha necessità di utilizzare la macchina che per i ciclisti, che meritano percorsi ciclabili ben realizzati”. “Dopo il Salone del Mobile anche la Fashion Week ha mandato in tilt la Città – ha osservato nel frattempo il capolista di FdI guardando agli spot elettorali offerti dal calendario al sindaco uscente – Caos per le strade, piste ciclabili utilizzate come parcheggi e traffico congestionato hanno rivelato ancora una volta come l’amministrazione non sappia farsi trovare preparata per questi grandi eventi, generando disservizi e disagi per i visitatori, gli operatori economici e i cittadini. Questi eventi sono fondamentali e rendono Milano una vetrina di primo piano a livello internazionale, per questo bisogna saper lavorare per creare le condizioni migliori affinché la città possa accogliere le migliaia di persone che arrivano in queste occasioni e per evitare che sprofondi puntualmente nel caos”.

    Mascaretti ha anche puntato l’indice per smascherare l’ambientalismo di cui Sala si pretende interprete: “E’ particolarmente grave la negligenza della Giunta per quanto riguarda il monitoraggio dell’aria che respiriamo: per oltre 10 anni le amministrazioni di sinistra hanno evitato di monitorare la concentrazione delle polveri sottili in metropolitana pur sapendo che PM 10 e PM 2,5 possono raggiungere concentrazioni molto elevate, fino a sette volte le concentrazioni considerate rischiose quando rilevate all’aria aperta. Dalle rilevazioni effettuate per conto della Procura della Repubblica erano emersi dati che avrebbero richiesto costanti monitoraggi della qualità dell’aria. Invece, ho chiesto agli uffici competenti e mi è stato comunicato che negli ultimi 10 anni non sono stati effettuati dal Comune monitoraggi sulle concentrazioni di polveri sottili e CO2 in metropolitana. Davvero pazzesco: nei giorni scorsi abbiamo effettuato delle misurazioni con rilevatori portatili e i risultati hanno confermato concentrazioni decisamente maggiori in metropolitana che all’aria aperta. Mi chiedo dunque perché la giunta non abbia mai fatto un monitoraggio per sapere la qualità dell’aria che respirano i lavoratori e milioni di passeggeri in metropolitana”.

    Per contrastare questa deriva, Mascaretti fa sapere che una vittoria del centrodestra porterebbe a “due delibere fondamentali: l’assunzione di 600 agenti della Polizia locale e l’abolizione l’addizionale Irpef per gli under 35 che creano nuove imprese”. “Da tempo – spiega – porto avanti queste battaglie: Milano ha bisogno di più sicurezza e quindi più forze in campo, e i giovani devono vedere da parte delle istituzioni segnali concreti di sostegno al lavoro e quindi alla loro vita, alla possibilità’ di crearsi una famiglia, valori per noi fondamentali”.

  • Paese che vai, realtà che trovi

    Se non si parla di una cosa è come se non fosse mai accaduta.

    Si dà realtà alle cose solo quando se ne parla.

    Oscar Wilde

    In ogni parte del mondo ed in ogni momento accadono tante, tantissime cose. Cose buone e meno buone. Cose allegre e, purtroppo, anche cose drammatiche che preoccupano. Cose che attirano l’attenzione locale, oppure suscitano una vasta attenzione internazionale. Durante la settimana appena passata sono stati diversi gli avvenimenti e gli sviluppi che hanno attirato l’attenzione pubblica e mediatica.  Partendo dalle due visite di Papa Francesco in Ungheria e in Slovacchia.

    Mercoledì scorso, 15 settembre, si celebrava poi la Giornata internazionale della Democrazia, una ricorrenza proclamata già dall’8 novembre 2007 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. All’occasione il Segretario di Stato statunitense ha sottoscritto e diffuso un messaggio dedicato. In quel messaggio lui ribadiva: “…gli Stati Uniti d’America mettono la democrazia e i diritti dell’uomo al centro della nostra politica estera; sono elementi essenziali per il raggiungimento e la difesa della pace e della stabilità in tutto il mondo”. Sottolineava in seguito che “…lo Stato di diritto, le elezioni libere ed oneste, la libertà di espressione e di stampa sono delle pietre di fondamenta di una sana democrazia e un diritto per tutti”. Alla fine del suo messaggio il Segretario di Stato scriveva: “Indipendentemente dal diritto di eleggere durante un processo elettorale, con la denuncia della corruzione, oppure con i raduni pacifici per una causa comune, gli uomini in ogni angolo del globo vivono ogni giorno la democrazia. In questa Giornata della Democrazia, veniamo a conoscenza che questi sforzi sono molto importanti per difendere, per rafforzare e per rinnovare la democrazia”. Un messaggio scritto bene dal Segretario di Stato. Ma anche se si fa riferimento soltanto a quello che è accaduto per venti anni in Afghanistan e come tutto è finito lì, le parole e le frasi con le quali l’autore del messaggio faceva riferimento ai valori della democrazia perdevano peso e significato. Anzi, in qualche modo, screditavano il messaggio stesso. Forse sarebbe proprio il caso di ricordarsi del detto popolare “[lui] predica bene ma razzola male”.

    Mercoledì scorso, 15 settembre, è stato reso noto ufficialmente quello che ormai viene riferito come “Caso/Crisi dei sottomarini”. Si tratta di un conflitto diplomatico che si sta aggravando di giorno in giorno, tra la Francia da una parte e l’Australia, gli Stati Uniti d’America e il Regno Unito dall’altra. Un conflitto scaturito dopo la rinuncia dell’Australia all’acquisto di una flotta di sottomarini a propulsione nucleare. Un accordo già ufficialmente firmato e che ammontava ad una cifra di circa 66 miliardi di euro. L’Australia ormai ha deciso diversamente, a favore di un accordo con gli Stati Uniti. L’annuncio ufficiale è stato dato durante una videoconferenza congiunta tra il presidente statunitense, il primo ministro inglese e quello australiano il 15 settembre scorso. Immediate sono state anche le reazioni del presidente e del ministro degli Esteri francese. L’atteggiamento dell’Australia nei confronti della Francia è stato considerato “una pugnalata alle spalle”. Mentre il comportamento statunitense viene considerato dalla Francia come “unilaterale, brutale, imprevedibile”. Per il ministro degli Esteri francese tutto questo “peserà sul futuro della NATO”. Nel frattempo è stato richiamato in patria “per consultazioni” l’ambasciatore francese negli Stati Uniti. Il ministro francese ha dichiarato che si tratta di “…un atto politico pesante che rappresenta la gravità della crisi tra i nostri due paesi e con l’Australia”. La “Crisi dei sottomarini” è tuttora in corso e, per ragioni geopolitiche e geostrategiche, ha coinvolto anche la Cina.

    Venerdì scorso, il 17 settembre, un generale del Comando Centrale degli Stati Uniti d’America ha finalmente ed ufficialmente ammesso quello che, da alcune settimane, si sapeva già. Quello che i rappresentanti statunitensi avevano però sempre negato. E cioè che l’attacco con un drone il 29 agosto scorso, prima del ritiro definitivo dei soldati americani da Kabul, ha sbagliato bersaglio, colpendo un veicolo civile e uccidendo dieci cittadini innocenti, sette dei quali bambini! Allora i rappresentanti statunitensi hanno dichiarato che si trattava di un attacco mirato contro “una minaccia imminente”, riferendosi a dei “kamikaze diretti verso l’aeroporto di Kabul”. Allora si dichiarava che era stato ucciso almeno un membro dell’Isis-K e tre cittadini afghani innocenti. Finalmente però, venerdì scorso, il generale del Comando Centrale statunitense ha considerato tutto quanto era accaduto il 29 agosto a Kabul “un tragico errore” e ha espresso “le più profonde condoglianze ai famigliari delle vittime”. Comunque meglio tardi che mai.

    Domenica 19 settembre, è terminato il processo elettorale in Russia per rinnovare i 450 seggi della Duma, cioè la camera bassa dell’Assemblea federale della Federazione Russa. In attesa del risultato finale sono state evidenziate, purtroppo e come si prevedeva, anche molte irregolarità durante la votazione. Dall’opposizione, nonché da fonti mediatiche e da organizzazioni non governative per il monitoraggio del processo elettorale, risulterebbe che siano stati segnalati molti casi di compravendita di voti e di una scarsa sorveglianza nei seggi elettorali delle schede di voto e di buste che sembrerebbero aperte e poi risigillate. In più, le autorità governative hanno cancellato dalle piattaforme e dai social il sito e l’applicazione “Voto intelligente”, promossa dai sostenitori di Alexiei Navalny. Applicazione che permetteva agli elettori di scegliere da una lista di 225 candidati di varia appartenenza politica, tra nazionalisti, stalinisti e liberali, ma non allineati con il presidente russo. Ebbene, dai risultati provvisori che si riferiscono al quasi 90% delle schede scrutinate, il partito “Russia Unita” del presidente russo risulterebbe di nuovo vincente con qualcosa più del 49% dei voti. Il secondo partito risulta essere il partito comunista con circa il 20%. Cresce anche l’assenteismo.

    Ma durante la settimana appena passata ci sono arrivate anche delle notizie gioiose e rassicuranti. Finalmente a Parigi si sono conclusi tutti i lavori per la messa in sicurezza della cattedrale di Notre Dame. Lavori che erano cominciati a metà aprile di due anni fa, immediatamente dopo il devastante e terribile incendio del 15 aprile 2019. Nei prossimi mesi si avvieranno i lavori per il restauro della cattedrale di Notre Dame di Parigi.

    Un’altra bella notizia è arrivata domenica mattina da Napoli. Si è ripetuto, anche questa volta, il tanto atteso ed ambito miracolo di San Gennaro, il Santo patrono e protettore di Napoli, martirizzato con la decapitazione nel lontano 305. Secondo le credenze popolari il miracolo consiste nella liquefazione del sangue del Santo, contenuto dentro un’ampolla. Ebbene proprio domenica 19 settembre, alle ore 10, l’arcivescovo di Napoli ha annunciato a tutti i fedeli l’avvenuta liquefazione del sangue di San Gennaro. Che possa essere di buon auspicio per tutti!

    La settimana appena passata è stata carica di avvenimenti e di sviluppi anche in Albania. Sabato scorso, 18 settembre, hanno giurato, nelle mani del presidente della Repubblica, il primo ministro e i ministri del nuovo governo. Il terzo dell’attuale primo ministro, con un mandato avuto dopo le elezioni del 25 aprile scorso. Il nostro lettore è stato, a più riprese, informato della compravendita dei voti, ben organizzata e attuata molto prima di quelle elezioni, nonché delle manipolazioni e dei brogli elettorali, con il determinante ed onnipresente supporto della criminalità organizzata. Brogli e manipolazioni simili a quelli in Bielorussia durante le elezioni presidenziali del 9 agosto 2020. Ma anche come quelli durante le sopracitate elezioni svoltesi in Russia. I simili si somigliano! E guarda caso, prima che fosse diramato il risultato ufficiale delle elezioni del 25 aprile scorso in Albania, al “vincente” primo ministro sono arrivati gli auguri in lingua inglese, all’inizio dall’ambasciatatrice statunitense a Tirana e poi anche dal Segretario di Stato statunitense. Proprio da lui che nel suo sopracitato messaggio considerava le elezioni libere ed oneste come “delle pietre di fondamenta di una sana democrazia e un diritto per tutti”!

    Giovedì scorso, 16 settembre, il capo storico del partito democratico albanese, allo stesso tempo ex presidente della Repubblica ed ex primo ministro, ha avviato la sua campagna per ripristinare la dignità dei membri del partito e i loro diritti previsti dallo Statuto, ma da anni ignorati da colui che ha usurpato e dirige il partito dal 2013. Si tratta del maggior partito dell’opposizione, ma che, purtroppo, disorganizzato e perdente com’è, rappresenta semplicemente un’opposizione di facciata e molto comoda per la propaganda del primo ministro. L’autore di queste righe ha spesso informato il nostro lettore di tutto ciò, nonché delle ingerenze arroganti e del tutto inadeguate da parte dei rappresentanti diplomatici in Albania, quelli statunitensi in primis. Compresa anche una decisione presa dal Segretario di Stato americano alcuni mesi fa. La stessa persona che, come sopracitato, ha diffuso mercoledì scorso il messaggio in occasione della Giornata internazionale della Democrazia. Si tratta di ingerenze e decisioni che violano, tra l’altro, la stessa Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche. L’autore di queste righe ha trattato il caso per il nostro lettore anche la scorsa settimana (Meglio perderli che trovarli; 13 settembre 2021).

    Chi scrive queste righe pensa che in queste condizioni la campagna avviata giovedì scorso dal capo storico del partito democratico albanese potrebbe rappresentare una svolta positiva per il partito e per gli albanesi in generale. Ad ogni modo, visto quanto è accaduto e sta accadendo in ogni parte del globo, si potrebbe dire: paese che vai, realtà che trovi. Ma, fatti alla mano però, si potrebbe dire anche: tutto il mondo è paese. Chi scrive queste righe è convinto che quanto sta accadendo in queste ultime settimane in Albania ha a che fare con una cosa basilare per ogni società: o la sopravvivenza e il consolidamento della democrazia, oppure il giogo della dittatura. Purtroppo in Albania questa è la drammatica, preoccupante, pericolosa e sofferta realtà. Perciò suonano attuali e importanti le parole di Oscar Wilde, secondo il quale se non si parla di una cosa è come se non fosse mai accaduta. Si dà realtà alle cose solo quando se ne parla.

  • Per la zona 4 di Milano corre Adonella Milici di FI

    Adonella Milici, lei si ricandida con Forza Italia come consigliere di zona 4 a Milano. Si presenti: chi è, che curriculum ha per quanto riguarda la vita pubblica milanese?

    “Nel 2001 sono stata eletta consigliera della zona 4; nel 2004 sono stata delegata presso il Centro socio-ricreativo ‘Il Tulipano’, come rappresentante del Consiglio di zona 4; nel 2006 sono stata riconfermata consigliera della zona 4 e mi è stato assegnato il ruolo istituzionale di presidente del Polo Multifunzionale Zonale della nostra zona 4, Centri Anziani e Centri Donna. Da allora il mio impegno è stato tenace e instancabile nella ricerca continua di soluzioni che potessero migliorare situazioni disagevoli esistenti sul territorio, con particolare riguardo alla realtà degli anziani e al dramma della violenza contro le donne. Un ruolo che mi ha impegnato moltissimo, su tanti fronti, ma mi ha regalato in cambio tantissime soddisfazioni nei rapporti umani ed affettivi, con persone meravigliose e ricche di sensibilità, che hanno apprezzato il mio operato e mi hanno quotidianamente trasmesso tutto il loro affetto. Dal 2009 ho ricoperto la carica di membro della Commissione Consultiva Pari Opportunità della Provincia di Milano, ora Città Metropolitana. Nel 2011 sono stata rieletta Consigliera di Zona 4, ma purtroppo ho avuto il ruolo di consigliera di opposizione, avendo vinto la giunta di centro – sinistra”.

    In ambito amministrativo le persone sono funzioni e si giudicano pertanto per la loro efficacia, cioè per i risultati che hanno portato. Lei sotto questo profilo cosa può dirci dei suoi precedenti mandati in zona 4?

    “Il mio principale obiettivo è sempre stato quello di migliorare la qualità della vita delle persone anziane, favorendone l’integrazione nel tessuto sociale di appartenenza; di contrastare il disagio derivante dalla solitudine e dall’isolamento, perché la solitudine porta all’emarginazione sociale e l’emarginazione è il principale ostacolo ad una terza età serena e dignitosa, a cui tutti hanno diritto dopo una vita di sacrifici; di fornire quindi occasioni finalizzate all’aggregazione sociale, cioè l’opportunità di incontrarsi, esprimere le proprie capacità, partecipare ad eventi ricreativi, culturali, formativi. Infatti dal 2006 al 2011, ho sempre cercato di promuovere corsi, visite guidate, incontri, conferenze, mostre, spettacoli, concerti ed eventi, gratuiti e aperti a tutta la cittadinanza, che fossero di supporto e di stimolo per tutti i cittadini”.

    Questo per quanto riguarda il 2006-2011, e per il 2016-2021 in cui è stata rieletta in zona 4? E, soprattutto, per il 2021-2026?

    “Nel 2016 ho avuto una ulteriore riconferma in qualità di consigliera del Municipio 4, con l’assegnazione del ruolo Istituzionale di presidente della Commissione Cultura – Bilancio – Affari Istituzionali – Centri Socio Ricreativi – Centri di Aggregazione – Biblioteche – Pari Opportunità. Purtroppo lo scoppio della pandemia ha determinato cambiamenti radicali nella nostra società e nella nostra vita. La necessità di ridurre le interazioni sociali ha drammaticamente ridotto le nostre attività culturali e socio-ricreative. Il risultato è che tuttora viviamo in un contesto di grande incertezza e soprattutto il mondo dei più anziani ha subito gli effetti negativi di questa crisi, poiché sono stati chiusi a causa del distanziamento sociale, i Centri dove normalmente si riunivano. Gli effetti della pandemia risultano inoltre più evidenti nelle categorie più fragili, con il rischio di ampliare ulteriormente la forbice sociale e le disuguaglianze, soprattutto in riferimento alle opportunità ed ai servizi. L’impatto che le restrizioni hanno avuto su tutti noi ed in particolare sulla popolazione più anziana, è stato devastante in tutti i sensi. Infatti oltre ad avere perso gran parte della generazione più matura, composta da persone che erano il nostro punto di riferimento, non soltanto negli affetti, ma anche nella vita quotidiana e negli insegnamenti, gli anziani restano la categoria che più facilmente evidenzia aspetti di fragilità sia fisica che psicologica. Ed è proprio da qui che intendo ripartire, dalla tutela e dal rispetto delle persone più deboli, dall’esigenza di ascoltare la loro voce, di creare per loro momenti di aggregazione che costituiscano un supporto psicologico, in modo da evitarne l’isolamento sociale, con un conseguente decadimento cognitivo”.

  • Le priorità per Milano? Università, medicina territoriale, sicurezza e viabilità

    Nell’avvicinarsi della data per le elezioni del Sindaco di Milano abbiamo incontrato il Dottor Maurizio Cavallini, candidato al Consiglio comunale di Milano, medico chirurgo, docente e attualmente responsabile del servizio di dermatologia e dermatochirurgia in una importante realtà sanitaria milanese. Chiediamo al dott. Cavallini il perché della sua scelta di mettersi in gioco nella lista civica a sostegno del candidato sindaco Luca Bernardo.

    1) Quali sono le motivazione che l’hanno spinta a scendere in politica e a partecipare alla lista civica di Bernardo?

    Il mio impegno per Milano nasce dal grande amore per la mia città nella quale sono nato e dove mi sono formato e ho costruito le basi della mia carriera medica. Mi sono convinto che mettere a disposizione preparazione, idee e competenza potesse portare un valore aggiunto alla mia città, in una visione condivisa con il candidato sindaco Luca Bernardo che è medico come me. Così ho deciso di scegliere questa lista nella quale professionisti di vari settori delle realtà produttive e culturali di Milano hanno voluto mettersi insieme, ognuno con le proprie storie di formazione e di lavoro, per offrire un contributo non ideologizzato.

    2) Quindi da medico, dottor Cavallini, quali sono le sue proposte su sanità, assistenza, università?

    Milano ha un sistema universitario tra i più sviluppati al mondo e che può contare quasi 200.000 studenti iscritti nelle otto università presenti sul territorio milanese. Le mie priorità, in questo campo, sono quelle non solo di trovare nuovi e ulteriori spazi di didattica (pensiamo ad esempio a completare velocemente il polo della ricerca sull’ex area Expo), ma anche di organizzare, attraverso il patrimonio immobiliare comunale e l’aiuto di fondi privati e/o istituzionali, un nuovo asset di alloggi per studenti, congrui e dignitosi, per garantire il percorso formativo e una la associativa.

    3) La recente pandemia ha messo in luce diverse problematiche nel campo della assistenza sanitaria. Quali progetti vede nella Milano di domani?

    Sicuramente l’idea vincente sarà quella di ridare maggiore sviluppo alla medicina territoriale, garantendo, in accordo con la Regione, maggiori spazi per presidi sanitari territoriali e incentivi alla presenza di più medici di base nei quartieri, soprattutto delle periferie, anche offrendo spazi, con particolari convenzioni, che incentivino la loro presenza sul territorio. Vi sarà poi da affrontare, a livello nazionale oltre che regionale e locale, anche il problema dei medici di base che stanno per andare in pensione perché devono essere subito sostituiti. Il territorio ha bisogno di medici presenti e competenti. La pandemia ha dimostrato che la prima prevenzione per ogni malattia, e la conseguente cura, passa proprio dal territorio.

    4) Quali altre problematiche la hanno stimolata per impegnarsi in questa sfida elettorale?

    Sicuramente due aspetti ai quali tengo e che avverto come prioritari anche dopo diversi confronti con i miei concittadini: da una parte la sicurezza, occorre un maggiore presidio territoriale (assunzione di almeno 600 nuovi vigili come da programma, creazione di un nucleo di polizia locale dedicato unicamente alla sorveglianza costante sulle linee Atm di superficie e della metropolitana e il rinnovo del “patto per Milano sicura” con inserimento di persone appartenenti alle Forze dell’Ordine in quiescenza come ausiliari  e  volontari), dall’altra la viabilità, eliminando prima di tutto lo scempio che la giunta Sala ha perpetrato alla città di Milano con le piste ciclabili, vedi Corso Buenos Aires in primis, molte sono mal concepite e realizzate e creano più problemi invece che agevolare la viabilità. Penso inoltre all’avvio di un nuovo piano di parcheggi comunali che permettano a tutti di trovare il modo (per chi vuole) di usare il proprio mezzo per spostarsi, senza dover pagare tariffe molto care, insostenibili alla lunga.

  • Russi alle urne il 17-19 settembre per il Parlamento

    Conto alla rovescia per l’avvio del processo elettorale che dovrà rinnovare il Parlamento russo. Dal 17 al 19 settembre, infatti, si apriranno le urne, fisiche e virtuali, per scegliere i 450 deputati della Duma, la camera bassa, nonché una serie di rappresentanti regionali. Il partito di Vladimir Putin, Russia Unita, nei sondaggi è al minimo storico, in termini di gradimento. D’altro canto, l’opposizione “non sistemica” – ovvero quella extra-parlamentare – è stata letteralmente azzerata dall’ondata di repressioni scatenata negli ultimi mesi: il movimento fondato da Alexei Navalny è stato dichiarato estremista e tutte le figure apicali sono scappate all’estero. Chi è rimasto non è stato ammesso alle liste. Ciononostante, il passaggio è delicato. Perché racconterà molto di come si gestisce il potere al tempo del crepuscolo di Putin.

    Intanto i numeri. Secondo l’istituto demoscopico VTsIOM, finanziato dallo stato, il blocco di governo non ha registrato più del 30% di favori da giugno. Il colpo di grazia fu la contestata riforma delle pensioni del 2018; poi la stagnazione economica, la riduzione del reddito disponibile e ora l’inflazione (sopra il 6%) hanno scosso duramente gli estimatori dello zar (che comunque gode di un gradimento personale ben più alto del suo partito). Putin è corso ai ripari, varando un pagamento straordinario di 10mila rubli per i pensionati e di 15mila per militari e forze dell’ordine (così come altre categorie di dipendenti pubblici). Una sorta di ‘stecca’ elettorale per addolcire gli animi. In più a guidare il listone nazionale ci sono pesi massimi come il ministro della Difesa Serghei Shoigu e il ministro degli Esteri Serghei Lavrov.

    Dettagli, concordano gli esperti. “I sondaggi di Russia Unita sono pessimi ma non ha molta importanza”, ha detto al Moscow Times Alexei Mukhin, direttore del Centro di Informazione Politica, think tank legato al Cremlino. “Man mano che Putin assumerà un ruolo più attivo nelle ultime settimane, il suo sostegno aumenterà”. Ad essere meno accomodante è invece Andrei Kolesnikov, capo del programma di politica interna russa presso il Carnegie Moscow Center. “Tutto sta andando molto bene per il Cremlino”, ha commentato. “La strada verso le elezioni doveva essere spianata con le epurazioni della società civile, dei media indipendenti e degli oppositori politici: la strategia si è dimostrata molto efficace”.

    Al di là di Navalny, la mannaia del Cremlino in effetti ha colpito ovunque, bollando come indesiderabili o agenti stranieri sia testate indipendenti del calibro di Dozhd sia ong come Golos, da tempo impegnate nel monitorare il corretto svolgimento delle elezioni. L’obiettivo è confermare la maggioranza schiacciante dei due terzi della Duma e, dunque, si temono brogli su larga scala.

    A impensierire è soprattutto (ma non solo) il voto elettronico. Oltre a Mosca in altre 6 regioni sarà permesso e tra queste figura l’oblast di Rostov, compresi i residenti delle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk con passaporto russo. Ovvero una riserva di voti, circa 600mila, difficilmente controllabili. “Se i numeri non torneranno alle urne li faranno tornare col sistema elettronico”, confida un candidato del Partito Comunista. Detto questo, Russia Unita non può accaparrarsi tutti i seggi. Sarà dunque interessante capire chi e dove, tra i singoli candidati, riuscirà a passare il filtro. E dunque se il potere permetterà un minimo di (fisiologico) dissenso. In caso contrario, sarà l’occupazione definitiva delle istituzioni da parte del blocco putiniano.

  • «Sala sa solo vivere di rendite, noi del centrodestra abbiamo fatto grande Milano»

    Trovato il candidato sindaco, si ha limpressione che Sala continui a dettare lagenda, indicando ai milanesi quali debbano essere le loro priorità. E si ha anche limpressione che lopposizione abbocchi al gioco di Sala, polemizzando con le sue uscite invece di indicare ai milanesi una prospettiva alternativa per la loro città…

    «In realtà mentre il centrodestra ha un progetto chiaro per il futuro di Milano, la sinistra che ha amministrato per dieci anni la città, si trova nell’imbarazzo di non lasciare nulla di significativo per le future generazioni di milanesi. La giunta Albertini ha dato alla città i depuratori, ha restaurato la Scala, ha realizzato il teatro degli Arcimboldi, ha introdotto i vigili di quartiere e i custodi sociali, solo per citare alcune delle cose concrete realizzate. La giunta Moratti in soli 5 anni ha dato a Milano un’esposizione Universale, con tutte le grandi opere collegate come la linea 4 e 5 della metropolitana e la Darsena, ha introdotto il bike sharing e car sharing, ha realizzato il Museo del Novecento e dato l’avvio all’operazione strade sicure col coinvolgimento dell’esercito al fianco delle forze dell’ordine. Dunque crescita economica, lavoro, cultura, ambiente, grande dinamicità e sicurezza hanno caratterizzato uno sviluppo potente e sostenibile della città di Milano durante le giunte di centro-destra. Della giunta Sala ricorderemo invece le tasse locali fatte pagare ai commercianti, ai ristoratori e alle piccole attività chiuse durante la pandemia, la mancata capacità rendere disponibile un trasporto pubblico locale adeguatamente potenziato e sicuro quando sarebbe servito per proteggere i milanesi dai rischi di contagio, le strade piene di buche, le case comunali abbandonate al degrado, le periferie dimenticate, le pericolose ciclabili dipinte sull’asfalto, migliaia di monopattini inseriti nella circolazione senza regole a tutela dei pedoni e soprattutto una città nella quale il grado di sicurezza ha raggiunto livelli molto bassi. Ecco dunque spiegato perché il sindaco uscente sfugga al confronto sulle questioni concrete e sia costretto invece a cercare a tutti i costi la polemica con lo sfidante prof. Luca Bernardo».

    Fdi nei sondaggi è indicato come il primo partito a livello nazionale, la Lega come seconda a poca distanza. Non c’è il rischio che i milanesi e le loro aspettative possano finire frustrate in questo testa a testa, che le amministrative servano a risolvere questo derby nel centrodestra prima che a dare alla città un sindaco diverso?

    «A Milano io sono il capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio comunale e le posso assicurare che corriamo per vincere tutti insieme. Il centro-destra è compatto e lavora per dare alla nostra città una buona amministrazione in grado di rilanciare l’economia, creare ricchezza e posti di lavoro, benessere per tutti i cittadini e prendersi cura delle periferie abbandonate ormai da molti anni. Dopodiché, dobbiamo prendere atto che Fratelli d’Italia sta continuando a crescere, perché i cittadini apprezzano la coerenza, la serietà e la competenza che il partito ha saputo mettere in campo a partire dalla sua leader Giorgia Meloni, che dimostra ogni giorno con il suo lavoro di essere la più brava, la più preparata e la più tenace nel difendere sempre e prima di tutto l’interesse degli italiani e dell’Italia».

    Lei è stato assessore nell’ultima giunta di centrodestra a Palazzo Marino. Come è cambiata la città in questi 10 anni, in virtù di cosa il centrodestra può tornare a essere interprete credibile delle aspettative e delle esigenze dei cittadini e meritarsi il loro voto in autunno?

    «Sono stato assessore alle politiche del lavoro e dell’occupazione e mi sono occupato di Expo nella giunta guidata da Letizia Moratti. Quasi tutto quello che di positivo si è sviluppato in questi ultimi 10 anni è figlio del nostro lavoro. Mi spiego: Pisapia ha inaugurato Expo che la nostra giunta ha progettato, conquistato e donato a Milano e all’ltalia, analogamente in questi ultimi dieci anni sono state inaugurate le fermate della metropolitana 4 e 5, la Darsena e tante altri grandi opere che sono state finanziate e realizzate solo grazie al lavoro della nostra giunta. Quello che è terribile invece è che 10 anni di amministrazione di sinistra non lasciano grandi progetti finanziati per i prossimi anni. Ci toccherà dunque fare un doppio lavoro: prima risistemare la città ripristinando la sicurezza, riattivando una viabilità (che ora è bloccata dalle false ciclabili), facendo le manutenzioni delle strade, delle scuole e degli immobili pubblici non fatte in tutti questi anni, sostenendo le partite Iva, i piccoli commercianti e gli artigiani tartassati da questa amministrazione. Poi dovremo riportare Milano alla grandezza che le spetta, così come avevamo fatto con la giunta Moratti, rendendo Milano una delle città più belle, dinamiche, vitali, competitive e amate al mondo. Siamo pronti a dare avvio a una grande operazione di sviluppo sostenibile che rilanci l’economia, tuteli l’ambiente e porti a una grande crescita sociale, in grado di prendersi cura delle persone più fragili, partendo dagli anziani e dai disabili».

  • Al via la campagna informativa “Siamo Europei e votiamo a Milano”

    Ha preso il via la campagna informativa “Siamo Europei e Votiamo a Milano”, un’iniziativa lanciata all’interno di APProach, progetto finanziato dalla Commissione europea ed organizzata dal Comune di Milano, in partnership con Csv Milano e garagErasmus, per permettere a tutti i cittadini UE residenti a Milano di venire a conoscenza delle procedure da seguire per partecipare alle prossime elezioni amministrative. Il voto è un diritto che dev’essere proprio di ciascun cittadino.

    Tra pochi mesi si svolgerà l’elezione del Sindaco e del Consiglio Comunale, dei Presidenti dei Municipi e dei Consigli Municipali. Le prossime elezioni amministrative sono l’occasione per una maggiore integrazione dei cittadini europei che vivono in città. Durante i mesi di luglio e agosto 2021, al fine di sostenere e diffondere la campagna informativa per promuovere il diritto di voto dei cittadini e delle cittadine europee a Milano e far loro conoscere le procedure, saranno proposti alcuni eventi in ambito culturale, artistico e sportivo e alcune attività di disseminazione e informazione (in presenza e online), che accenderanno gli interessi dei cittadini milanesi ed internazionali. Il reclutamento dei volontari sarà realizzato dal Comune di Milano, con il supporto organizzativo di garagErasmus e CSV Milano, con l’obiettivo di informare sul diritto di voto dei cittadini europei alle elezioni amministrative e facilitare l’iscrizione alle liste elettorali.

    Di seguito il kit informativo: kit elezioni

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