epidemia

  • Nel 2024 in Italia 197 casi di dengue, tutti importati dall’estero

    Sono aumentati a 197 casi di infezione confermata da virus dengue segnalati all’Istituto superiore di sanità (Iss) dall’inizio dell’anno al 13 maggio 2024. Non sono stati segnalati decessi. Tutti i casi segnalati – spiega l’Iss in una nota – sono stati contratti durante viaggi all’estero, ed in seguito notificati in Italia. La maggior parte delle infezioni risultano contratte in Brasile, uno dei paesi più colpiti dalla epidemia di dengue che si sta diffondendo in Centro e Sud America dall’inizio dell’anno, e alle Maldive. Nel primo trimestre del 2024, il numero di segnalazioni di casi confermati da virus dengue è aumentato di circa 6 volte rispetto allo stesso periodo del 2023, questo aumento è coerente con l’aumento diffuso della trasmissione del virus dengue negli ultimi anni a livello globale.

    “La trasmissione locale della Dengue in Italia, così come in altri Paesi europei, è un evento raro. La maggioranza dei casi è contratta all’estero – sottolinea Anna Teresa Palamara, che dirige il dipartimento di Malattie infettive dell’Iss -. Tuttavia, le condizioni climatiche e la presenza di una zanzara in grado di trasmettere il virus rendono possibile la trasmissione in alcuni mesi dell’anno, nel contesto di una elevata circolazione in molti paesi del mondo. L’attenzione nei confronti di questa infezione è alta nel nostro paese con un monitoraggio attento dei casi diagnosticati in Italia da parte delle Regioni/Pa, del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità. Consigliamo a chi intraprende viaggi internazionali, di verificare se è nota la trasmissione di questo virus nelle aree visitate e di adottare tutte le misure di prevenzione raccomandate. Al rientro in Italia, in caso si manifestino sintomi, consigliamo di rivolgersi rapidamente al proprio medico di riferimento”.

  • Epidemia di antrace, l’Uganda blocca la vendita di carne bovina

    Le autorità dell’Uganda hanno imposto un divieto sulla vendita di prodotti a base di carne bovina in risposta a una grave epidemia di antrace scoppiata nel distretto di Kyotera, nella regione centrale del Paese. Secondo quanto riferito ai media dall’ufficiale veterinario del distretto di Kyotera, John Mary Lutaaya, restrizioni alla circolazione del bestiame sono state imposte nella zona di Kabira fino a quando l’epidemia non sarà sotto controllo. L’epidemia, confermata dalle autorità sanitarie il 26 novembre, ha provocato la morte di almeno 17 persone e oltre 40 mucche negli ultimi 2 mesi. L’antrace, una malattia rara ma altamente infettiva causata dal batterio Bacillus anthracis, si trova naturalmente nel suolo e colpisce tipicamente sia gli animali selvatici che quelli domestici.

    Cinque Paesi dell’Africa orientale e meridionale sono alle prese con epidemie della malattia di antrace, con oltre 1.100 casi sospetti e 20 decessi registrati quest’anno, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). In Kenya, Malawi, Uganda, Zambia e Zimbabwe sono stati segnalati un totale di 1.166 casi sospetti, mentre 37 casi sono stati confermati da test di laboratorio. I 5 Paesi registrano epidemie stagionali ogni anno, ma lo Zambia sta vivendo il momento peggiore dal 2011 e il Malawi ha segnalato il suo primo caso umano quest’anno. L’antrace di solito colpisce il bestiame come bovini, pecore e capre, nonché gli erbivori selvatici. Gli esseri umani possono essere infettati se entrano in contatto con animali o prodotti animali contaminati. L’antrace non è generalmente considerato contagioso tra gli esseri umani, anche se si sono verificati rari casi di trasmissione da persona a persona, afferma l’Oms.

  • Il dopo Covid-19: la Cina pubblica l’elenco di animali da allevamento

    Mentre le attività economiche stanno ripartendo sulla scia del Covid-19, il governo cinese ha reso nota una bozza di lista di animali che possono essere allevati per produrre carne o pellicce, animali domestici inclusi, quali suini, vacche, pollame, così come “bestiame speciale” quali renne, alpaca e struzzi.

    La lista specifica tra l’altro che i cani devono essere classificati come “animali da compagnia”, e non bestiame, il che costituisce un successo per le associazioni a tutela degli animali.

    Il commercio ed il consumo di animali selvatici è stato vietato in Cina dal mese di febbraio, ma gli esperti sono preoccupati dalla  possibile ripresa del commercio, pur con qualche limitazione.

    L’elenco, reso noto dal Ministero dell’Agricoltura e degli Affari Rurali, è stato pubblicato online per i lettori cinesi, che possono esprimere il proprio parere.

    La lista, pubblicata il 9 aprile, include animali domestici quali maiali, vacche, pecore, capre, conigli e polli che già vengono allevati su larga scala in Cina. Nel 2018, ad esempio, la Cina allevava più di 10 miliardi di polli e più di 684 milioni di maiali, stando ai dati raccolti dalla Food and Agriculture Organization of the United Nations.

    La lista riporta anche una categoria definita “bestiame specifico” che include animali non domestici quali renne, alpaca, faraone, struzzi, emu, che possono essere allevati per la  carne, così come visoni, volpi argentate, volpi artiche e cani procioni, allevati per la pelliccia. L’inclusione di tali specie non corrisponde   alla  precedente lista della Cina, ha affermato in una mail a Mongabay Peter Li, specialista politico di Humane Society International (HSI), e ciò desta parecchia preoccupazione.

    “Includere animali selvatici da carne e pelliccia nell’elenco del bestiame costituisce una deriva pericolosa, in quanto questi animali non verrebbero più considerati alla stregua di animali selvatici” ha affermato Li . “I gruppi cinesi per la protezione  degli animali e le ONG internazionali , compresa HSI, hanno esortato il governo cinese ad eliminare da tale elenco tutti gli animali selvatici, sia da carne che da pelliccia”.

    Crea non poca sorpresa la citazione, da parte del Ministero, dei cani, considerati animali da compagnia, nonostante sia risaputo che regolarmente questi vengono macellati in alcune zone della Cina per consumarne la carne.

    “A quanto pare, il governo cinese non considera i cani alla stregua del bestiame, mentre li considera “animali da compagnia” per la prima volta, da quando cioè i Comunisti cinesi assunsero il potere nel 1949,” ha aggiunto Li. “Il fatto che i cani non siano inclusi nella lista  rappresenta una vittoria per gli amanti degli animali  e per gli attivisti cinesi”.

    Gli animali catturati in natura, come pipistrelli e pangolini, che vengono spesso venduti – anche se illegalmente – per la carne e alcune parti del corpo nei mercati di fauna selvatica, non sono inclusi nella lista, in quanto non nati né riprodotti in cattività . “Penso che questa lista punti ad escludere le specie non comprese nella stessa, cosicché saranno (e sono già) necessarie misure specifiche per le Forze dell’Ordine per potere fermare il commercio illegale,” ha affermato in una mail oggi Claire Bass, direttore esecutivo dell’HSI.

    La lista verrà completata entro maggio, anche se non verrà convertita immediatamente in legge.

    “Per rendere illegale il consumo di carne di cane è necessario provvedere con una legge specifica e rendere la lista significativa”, ha affermato. Fino a quando il governo cinese non renderà illegale il consumo di carne di gatti e cani questo continuerà ad esistere. E certamente, anche se reso illegale, ci saranno sempre commercianti criminali che lo faranno sfidando  leggi e sanzioni”.

    Ciò che resta poco chiaro è se il commercio e la macellazione di animali selvatici importati saranno autorizzati in Cina nel prossimo futuro. L’insorgenza del COVID-19 è causata, ipoteticamente, dai cosiddetti “wet-markets” – mercati di animali selvatici che vendono sia animali o parti di animali vivi e morti – della città di Wuhan, il che ha portato il governo ad annunciare il divieto di commercio e consumo di animali selvatici in febbraio. Mentre tale divieto è tecnicamente ancora in vigore, gli esperti temono che i mercati possano riaprire in futuro, o semplicemente, che ci sarà un mercato nero di fauna selvatica.

    Mentre il Covid-19 si diffonde in tutto il mondo colpendo quasi 2 milioni di persone, più voci reclamano la chiusura completa dei mercati di fauna selvatica. Recentemente, un gruppo bipartisan di senatori degli Stati Uniti hanno inviato una lettera al Segretario di Stato Mike Pompeo esortandolo a collaborare con i partner internazionali per chiudere definitivamente i mercati di animali selvatici in Cina e in altre parti del mondo.

    “I mercati privi di una seria regolamentazione che vendono animali vivi e parti di animali selvatici creano potenziali interazioni tra umani e animali selvatici, dando il via a trasmissioni di malattie”, scrivono i senatori nella lettera. “Invitiamo il Dipartimento, in collaborazione con i nostri partner internazionali e altre agenzie americane importanti quali l’Agenzia USA per la Pesca e la Fauna selvatica o l’Agenzia per lo Sviluppo internazionale di operare al fine di chiudere i mercati di animali selvatici senza normative che rappresentano una minaccia alla sanità pubblica, combattere il commercio più ampio, che è quello illegale di animali e parti di animali selvatici, rafforzando al tempo stesso la sicurezza alimentare in tutto il mondo”.

    Mentre tutti gli occhi sono puntati sulla Cina, il dottor Li ha invitato l’opinione pubblica a non colpevolizzare la popolazione cinese per il consumo di carne selvatica, bensì di ritenere responsabili i commercianti.

    “Non ho sentito o letto da nessuna parte in Cina la richiesta di riapertura del consumo di carne selvatica ”, ha affermato Li.  “Ho sentito invece diverse richieste isteriche da parte dei commercianti affinché il governo revochi  il divieto”.

    “Quindi, non risentiamoci con il consumatore cinese per volere consumare carni selvatiche o di cani. Sono i commercianti, i riproduttori e i proprietari di ristoranti che con ‘grazia e generosità’ richiedono la vendita di questi prodotti per i loro consumatori”.

    *pubblicato il 14 aprile 2020 su Mongabay, rivista online di natura e conservazione

  • Dare vita ad una nuova società

    Finirà, prima o poi finirà come sono finite tutte le grandi pestilenze, le migliaia di guerre e le tante catastrofi naturali o causate dall’uomo. Finirà e lascerà sul campo molti morti e feriti, sofferenze che avranno segnato famiglie e comunità, disastri economici grandi e piccoli e, speriamo, forse la capacità di capire la drastica lezione: la globalizzazione non guidata, la convivenza tra progresso ed arcaiche situazioni di igiene ed alimentazione, la corsa forsennata all’espansione di mercati e di aree di influenza devono essere riviste. Chi di noi si sveglierà nel primo giorno dopo il coronavirus dovrà ripensare il proprio modello di vita chiedendosi se chi governa, specie le grandi potenze, sarà in grado di capire e di cambiare. Saremo più poveri, saremo soprattutto più consapevoli delle nostra fragilità umana, noi così potenti da arrivare a Marte non siamo stati in grado prima di ammettere la presenza di una nuova peste e poi di mettere in atto misure adeguate di protezione perché per le leggi del mercato era più importante continuare negli scambi tra paesi che pensare alla salute pubblica.

    Masturbazioni intellettuali e non sufficiente preparazione tecnica e scientifica sono state di supporto a sbagliati interessi economici dalla Cina all’Europa, al resto del mondo. Grandi potenze, come gli Stati Uniti, si sono trovate a fare i conti con un servizio sanitario inadeguato, basato praticamente solo sul privato mentre decine di milioni di cittadini non sono in grado di pagarsi l’assicurazione sanitaria. La Cina, che ha già conquistato così tanti porti del Mediterraneo e del nord Europa, che di fatto ha colonizzato metà Africa e comperato gran parte del debito pubblico americano, deve e dovrà fare i conti non solo col benessere diffuso che aveva promesso e non potrà mantenere ma con le usanze alimentari di tanta parte della popolazione abituata a mangiare cani, gatti ed animali selvatici non controllati.

    Da dove arriva il virus? Sembra ancora un mistero individuare la causa scatenante ma certo la causa principale, sia che il virus derivi da carni contaminate, da ricerche di laboratorio o dall’ambiente, dalla natura stessa, è stata la gestione innaturale del progresso, l’aver anteposto l’interesse di alcuni a quello di tutti. In un mondo con le frontiere aperte dove gli scambi commerciali sono stati il primo interesse, senza tener conto se gli stessi annientavano tante peculiarità e realtà locali, aumentando troppo spesso l’illegalità e la contraffazione, dovremo ridisegnare regole, comportamenti, sanzioni sia come Unione Europea che come Organizzazione mondiale del commercio.

    Intanto tutti, a partire da chi rappresenta le istituzioni e fa comunicazione, siamo chiamati ad un maggior senso di responsabilità, verso noi stessi, nessuno è immune, e verso i nostri concittadini cominciando da subito a immaginare la nuova società alla quale dovremo dare vita.

  • L’emergenza si previene non si insegue

    Prevenire meglio che reprimere o prevenire meglio che curare sono due modi di dire molto conosciuti ma forse ignoti ad alcuni di coloro che dovrebbero essere preposti alla guida del loro paese. Ovviamente per quanto riguarda la Cina, sapendo il sistema che governa, non potevamo che aspettarci quello che è successo mentre per i paesi europei sono mancati sia una prevenzione concreta che un coordinamento ed anche l’Oms si è più basata sui dati inesatti, forniti dai cinesi, che sulla realtà scientifica che potevano dedurre anche da precedenti avvenimenti. In Italia risultano assolutamente sproporzionate per difetto le misure di prevenzione che dovevano partire immediatamente, come l’obbligo di quarantena per tutti coloro che provenivano dalla Cina, a qualunque nazionalità appartenessero, con il controllo del passaporto nessuno sarebbe scappato alla verifica anche se non arrivava con un volo diretto, come succede nella maggior parte dei casi. Sembrano, al momento, altrettanto sproporzionate per eccesso le misure di isolamento di intere aree, misure per altro prese dopo che gli abitanti si erano già abbondantemente recati in altre località per fare scorte alimentari. Ora ci troviamo di fronte ad alcune realtà prevedibili, vi sono pazienti asintomatici, vi potrebbero essere anche portatori sani, in Italia troviamo molti casi perché di stanno facendo quei controlli che non si fanno in altri paesi europei, il virus si è diffuso tra persone che non sono state in Cina né hanno avuto contatto con chi proviene dalle aree cinesi contagiate e non si trova ancora il paziente zero. Manca anche un dato che sarebbe importante sapere e cioè quante sono, tra le persone trovate positive al coronavirus, quelle che avevano fatto il vaccino antinfluenzale e quali sono le loro reazioni fisiche.

    Se da un lato è importante che i cittadini siano messi, minuto per minuto, al corrente di quanto avviene c’è però da evidenziare che in alcuni casi si sta fomentando il panico con gravi conseguenze sul piano emotivo. Guardando ai dati di precedenti situazioni simili ricordiamo che per la Sars vi sono stati 801 decessi, 229 per l’epidemia influenzale H1N1 del 2009 e che quest’anno per influenza sono già morte 24 persone.

    Presumibilmente con il coronavirus dovremo vivere per qualche tempo perciò è necessario che le forze politiche di attrezzino sia a lavorare insieme su questo problema sia ad essere più accorte, ascoltati gli scienziati, medici e ricercatori, nel promuovere iniziative per contenere l’epidemia e per non vessare inutilmente le persone creando anche altri problemi ad un’economia già in crisi. Se per dipendenti, pubblici o privati, vi sono ammortizzatori sociali che possono essere attivati non si dimentichino i piccoli commercianti, gli artigiani, i professionisti, gli agricoltori privi di qualunque paracadute economico. Si ha purtroppo la sensazione di una costante improvvisazione di fronte ad un’emergenza che doveva essere, dalle prime notizie che arrivavano dalla Cina, contemplata come possibile.

    Ora cerchiamo di tenere la testa a posto sia come singoli cittadini che come operatori nei vari settori, dalla politica all’informazione e cerchiamo, d’ora in avanti, di prevenire e non inseguire l’emergenza come è avvenuto purtroppo all’ospedale di Codogno.

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