esperimenti

  • Urina umana per fertilizzare i campi agricoli

    L’urina umana è un ottimo fertilizzante per i campi, perché contiene azoto, potassio e fosforo. Ed ecco allora che già da anni ad Amsterdam la società di gestione dell’acqua Waternet la raccoglie dagli orinatoi pubblici che gestisce e provvede a trasformarla in fertilizzante. Anche se raccoglierla non è semplice, perché deve essere separata dall’acqua, dall’eventuale presenza di altri elementi e depurata dai possibili residui di farmaci, così da estrarre i fosfati e trasformati in stuvrite, il sistema adottato dai Paesi Bassi garantisce un risparmio stimato in 400mila euro all’anno e la fertilizzazione di un’area di 10mila campi da calcio.

    Nel 2022, anche la Francia ha messo in commercio il primo fertilizzante al mondo a base di urina umana prodotto in Europa. Ad oggi la start-up che lo ha sviluppato tratta circa 400mila litri di urina all’anno. In Svezia da qualche anno è invece corso un progetto sperimentale a cura dell’Università di Uppsala che ha permesso di raccogliere 70mila litri nella sola isola di Gotland tra il 2021 e il 2023.

    Lo sviluppo di fertilizzanti a base di urina trova un ulteriore incentivo nelle difficoltà delle forniture agricole ucraine soprattutto in Africa, il continente più dipendente dal grano e dai fertilizzanti russi e ucraini. In Paesi come Malawi e Burkina Faso hanno provato a far fronte al rischio di grave insicurezza alimentare partendo proprio da fertilizzanti bionitrati a base di urina.

  • Cina pronta a infettare di nuovo il mondo?

    Scrive Valeria Aiello su Fanpage che la Cina sta sperimentando un nuovo coronavirus simile a quello del Covid che ha “un tasso di mortalità del 100% nei topi”. Secondo quanto riferito, la variante killer, nota come GX_P2V, è stata inizialmente scoperta nel 2017 nei pangolini malesi e conservata in un laboratorio di Pechino. Sperimentata su topi “umanizzati”, cioè geneticamente modificati per esprimere il recettore ACE2 umano con l’obiettivo di valutare la sua capacità di causare malattia negli esseri umani, la forma mutata di Sars-Cov-2 ha mostrato un impatto letale nei roditori.

    Tutti i topi infettati dall’agente patogeno sono morti entro otto giorni, un evento che i ricercatori cinesi hanno descritto come “sorprendentemente” rapido, scrive ancora la Aiello. Gli studiosi, coordinati da Lai Wei, Shuiqing Liu e Shanshan Lu del College of Life Science and Technology dell’Università di tecnologia chimica di Pechino, hanno inoltre riscontrato alti livelli di carica virale nel cervello dei roditori, suggerendo che la causa della loro morte possa essere collegata a un’infezione cerebrale. Una prima versione in preprint dello studio è stata pubblicata all’inizio di questo mese su bioRxiv.

    Il virus, denominato GX_P2V, è un mutante del coronavirus GX/2017, un patogeno correlato a SARS-Cov-2 identificato prima della pandemia di Covid nei pangolini in Malesia. Conservato in un laboratorio di Pechino, si è adattato alla coltura cellulare, evolvendosi in una forma mutata che possiede una delezione di 104 nucleotidi all’estremità 3’-UTR del suo RNA.

    Questa variante, si legge ancora nell’articolo, adattata è stata quindi analizzata allo scopo di valutare se potesse causare malattia nei topi transgenici che esprimono il recettore ACE2 umano (hACE2). Lo studio non specifica però quando sia stata condotta la sperimentazione, lasciando incertezze sulla reale sequenza temporale delle mutazioni.

    Nei giorni precedenti alla loro morte, i topi infettati hanno iniziato a mostrare una diminuzione del peso corporeo a partire dal 5° giorno dopo l’infezione, raggiungendo una riduzione del 10% rispetto al peso iniziale entro il 6° giorno. Entro il 7° giorno dall’infezione, i topi “mostravano sintomi come piloerezione (pelle d’oca, ndr), postura curva e movimenti lenti, e i loro occhi diventavano bianchi” hanno precisato i ricercatori. Secondo quanto riportato dal Daily Mail, sono state rilevate in vari organi, tra cui cervello, polmoni, naso, occhi e trachea, suggerendo un modello di infezione unico rispetto al Covid.

    Lo studio ha suscitato preoccupazione nella comunità scientifica, per il potenziale rischio di diffusione di GX_P2V negli esseri umani e sollevato interrogativi sulle misure di biosicurezza impiegate durante la ricerca. “Questa follia deve essere fermata prima che [sia] troppo tardi”, ha scritto su X il dottor Gennadi Glinsky, professore in pensione della School of Medicine di Stanford. Anche il professor Francois Balloux, esperto di malattie infettive dell’University College di Londra, sempre su X ha descritto la ricerca cinese come “uno studio terribile, totalmente inutile scientificamente”.

    Dello stesso avviso Richard Ebright, chimico della Rutgers University di New Brunswick, nel New Jersey. “Il preprint non specifica il livello di biosicurezza e le precauzioni utilizzate per la ricerca – ha evidenziato l’esperto – . L’assenza di queste informazioni solleva la preoccupante possibilità che parte o tutta questa ricerca, come la ricerca a Wuhan nel 2016-2019 che probabilmente causò la pandemia di Covid-19, sia stata condotta in modo sconsiderato senza il contenimento minimo di biosicurezza e le pratiche essenziali per la ricerca con un potenziale agente patogeno pandemico”.

  • 2058

    Il primo test nucleare della storia dell’umanità è stato il Trinity e ha avuto luogo nel deserto di Jornada del Muerto nel New Mexico (Stati Uniti) il 16 luglio 1945 alle ore 5:29:45 quando venne lanciata una bomba con il nome in codice The Gadget (“il regalo”) nell’ambito del Progetto Manhattan. Solo pochi mesi dopo venne costruita una seconda bomba atomica, la Mk.1 – nome in codice Little boy (“ragazzino”); la prima arma nucleare a essere stata utilizzata su civili inermi.

    Lo sgancio del ragazzino sul centro della città giapponese di Hiroshima avvenne alle 8:15:17 del 6 agosto 1945 alla quota di 9.467 metri. La bomba esplose all’altezza predeterminata di 580 metri per sortire i maggiori effetti distruttivi (come previsto e calcolato dallo scienziato John von Neumann). A Hiroshima morirono istantaneamente circa 70.000 persone; una cifra simile rimase ferita e migliaia di persone morirono nei mesi e negli anni successivi a causa delle radiazioni (molte donne incinte persero i loro figli o diedero alla luce bambini deformi). Il ragazzino è stata anche la prima bomba ad utilizzare l’uranio (il “Trinity test” aveva fatto uso di un’arma al plutonio). Si trattava, quindi, di un prototipo mai sperimentato e il suo lancio su Hiroshima rappresentò un test di funzionamento.

    La mattina del 9 agosto 1945 un bombardiere statunitense si alzò in volo con a bordo una bomba atomica soprannominata Fat Man (“grassoccio”), alla volta della città giapponese di Kokura, primo obiettivo della missione. Dopo vari passaggi su questa città, causa maltempo, all’equipaggio fu ordinato di sganciare l’ordigno sulla più vicina città di Nagasaki. Tre giorni dopo la bomba di Hiroshima, intorno alle ore 11 il grassoccio venne sganciato. Anche in questo caso, il computo delle vittime fu elevatissimo. Le stime parlano di circa 80/100.000 persone, incluse quelle esposte alle radiazioni nei mesi seguenti.

    Dopo le esplosioni di Hiroshima e Nagasaki, mano a mano che nuovi stati si aggiungevano a quello che sarebbe poi stato chiamato il “club nucleare” e la guerra fredda spingeva verso l’alto il numero delle armi nucleari, le esplosioni atomiche per test scientifici, si sono moltiplicate: 1.032 gli esperimenti nord americani, 715 quelli russi, 210 quelli francesi etc.

    Il ragazzino sprigionò una potenza pari a 15 chilotoni (15 mila tonnellate di tritolo), il grassoccio pari a circa 21 chilotoni mentre il più potente ordigno termonucleare mai esploso, denominato lo Zar, aveva una potenza di 50.000 chilotoni. Era il 1961. Insomma, il ragazzino è cresciuto e in pochi anni ha messo pancia, famiglia ed è diventato persino Zar!

    2058 non è una data ma il numero di esperimenti nucleari condotti dal 1945 al 2017. Di questi, 1.528 sono stati effettuati nei fondali marini e 530 in superficie (fonte Arms Control Associartion).

    Non ci è dato sapere nulla sugli importantissimi risultati scientifici ottenuti grazie a questi utilissimi esperimenti nucleari effettuati su questo pianeta perché è tutto top secret, ma ci è dato subirne i loro strabilianti effetti mortali per più tempo di quanto sia stimata la vita del nostro Sistema Solare (il solo tempo di dimezzamento della radioattività dell’uranio utilizzato per questi esperimenti, infatti, è stimato in 4.510.000.000 di anni).

    A solo titolo di esempio, è di pochi mesi fa il ritrovamento di materiale radioattivo nella Fossa delle Marianne, uno dei più remoti ed inaccessibili luoghi del pianeta che si trova a circa 11.000 metri sotto il livello del mare, fra il Giappone e la Papa Nuova Guinea.

    Di tutto questo se ne parla poco. Forse perché i danni di questi crimini contro tutti gli esseri viventi sono invisibili all’occhio umano o perché facilmente confondibili (o occultabili) con altre cause di morte (inquinamento, carestie, epidemie e violenza di ogni sorta che si sono succedute in questi anni). Oppure, più semplicemente, perché fa comodo a qualcuno.

    Ho fatto 5 anni di elementari, 3 anni di scuola media e 5 anni di liceo scientifico e, come per la stragrande maggioranza di tutti voi, nessun programma scolastico di storia è mai arrivato oltre alla prima guerra mondiale (nei casi più virtuosi). E, da quello che mi risulta, è ancora così. Generazioni di ragazzi che sanno nulla, poco o, ancor peggio, male di quanto è successo nel Mondo negli ultimi 100 anni. Poco importa, pare.

     

    Tuttavia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ogni anno circa 8 milioni di bambini (1 su 20) nasca con malformazioni di vario genere. Di questi, circa 3 milioni sono destinati a morire prima del loro quinto compleanno. Insomma, pare che ad alcuni ragazzini, quelli veri (esseri umani, animali o vegetali che siano) non è dato crescere.

    “Non fa niente” è la seconda più grande bugia dopo “Va tutto bene”

    Vox Populi

     

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