Etichettatura

  • La Commissione aggiorna le norme sulla commercializzazione dei prodotti agroalimentari

    La Commissione ha proposto di rivedere le vigenti norme che riguardano la commercializzazione di una serie di prodotti agroalimentari, quali frutta e verdura, succhi e confetture di frutta, miele, pollame o uova. Le revisioni proposte dovrebbero aiutare i consumatori a operare scelte informate per una dieta più sana e contribuire a prevenire gli sprechi alimentari.

    Tra le scelte proposte dalla Commissione:

    etichettatura di origine – norme più chiare e obbligatorie per miele, frutta a guscio e frutta secca, banane mature, nonché frutta e verdura rifilate, trasformate e tagliate (come le foglie di insalata confezionate). In caso di miscele, occorrerà riportare sull’etichetta il o i paesi di origine. Il fatto di elencare i paesi di origine consentirà di aumentare la trasparenza per i consumatori, oltre a promuovere la produzione di questi prodotti nell’UE;

    sprechi alimentari – le revisioni proposte riguardano sia i rifiuti alimentari che quelli di imballaggio. Ad esempio, per gli ortofrutticoli esteticamente meno attraenti (con difetti esterni, ma comunque adatti al consumo locale/diretto) venduti a livello locale e direttamente dai produttori ai consumatori è prevista una deroga dalle norme di commercializzazione. Valorizzarne la freschezza potrebbe offrire ai consumatori maggiori opportunità di acquistare frutta e verdura fresca a prezzi più accessibili e andare a vantaggio dei produttori attivi nelle filiere corte. Lo stesso vale per alcuni prodotti colpiti da calamità naturali o da altre circostanze eccezionali, se il loro consumo è sicuro;

    imballaggio – i prodotti destinati alla donazione potrebbero essere esentati dai principali requisiti di etichettatura. Ciò potrà ridurre gli adempimenti burocratici e le esigenze di etichettatura, facilitando il lavoro degli operatori;

    succhi di frutta – potranno recare la menzione “senza zuccheri aggiunti” per chiarire che, contrariamente ai nettari di frutta, i succhi non possono per definizione contenere zuccheri aggiunti, una caratteristica di cui la maggior parte dei consumatori non è a conoscenza. Inoltre, per rispondere alla crescente domanda di prodotti con meno zuccheri, un succo riformulato potrebbe indicare sull’etichetta “succo di frutta a tasso ridotto di zuccheri”. Per semplificare ulteriormente e adattarsi ai gusti dei consumatori, il termine “acqua di cocco” potrebbe essere utilizzato accanto a “succo di cocco”;

    confetture e marmellate – il contenuto di frutta sarà portato da 350 a 450 grammi minimi (550 per i prodotti di alta qualità) per chilogrammo di prodotto finito. Con l’aumento generalizzato del contenuto di frutta, ai consumatori verrebbe offerto un prodotto con meno zuccheri liberi e una quantità di frutta superiore a quella attuale. Il termine “marmellata”, finora autorizzato soltanto per le confetture di agrumi, si applicherebbe a tutte le confetture, in modo da adeguare il nome del prodotto a quello più utilizzato a livello locale;

    uova – i pannelli solari potrebbero essere introdotti nei sistemi di produzione all’aperto per stimolare l’approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili. Anche la stampigliatura delle uova verrebbe effettuata direttamente in azienda per migliorare la tracciabilità.

  • Green Deal: nuove proposte per rendere i prodotti sostenibili e circolari

    La Commissione ha presentato un pacchetto di proposte sul Green Deal europeo volte a rendere i prodotti sostenibili la norma nell’UE, promuovere modelli imprenditoriali circolari e responsabilizzare i consumatori nella transizione verde. Come annunciato nel piano d’azione per l’economia circolare, la Commissione propone nuove norme per rendere quasi tutti i beni fisici presenti sul mercato dell’UE più rispettosi dell’ambiente, circolari ed efficienti sotto il profilo energetico lungo l’intero ciclo di vita dalla fase di progettazione fino all’uso quotidiano, al cambio di destinazione e alla gestione del fine vita.

    La Commissione ha presentato inoltre una nuova strategia per rendere i prodotti tessili più durevoli, riparabili, riutilizzabili e riciclabili, tesa ad affrontare la moda veloce, i rifiuti tessili e la distruzione dei tessili invenduti e a garantire che la loro produzione avvenga nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori.

    Una terza proposta mira a promuovere il mercato interno dei prodotti da costruzione e a garantire che il quadro normativo in vigore consenta all’ambiente edificato di conseguire i nostri obiettivi climatici e di sostenibilità.

    Infine il pacchetto comprende una proposta di nuove norme volte a responsabilizzare i consumatori nella transizione verde garantendo loro una migliore informazione sulla sostenibilità ambientale dei prodotti e una migliore protezione dal greenwashing.

    Con queste proposte la Commissione presenta gli strumenti necessari per passare a un’economia realmente circolare nell’UE, ossia: dissociata dalla dipendenza da energia e risorse, più resiliente agli shock esterni e maggiormente rispettosa della natura e della salute delle persone. Le proposte si basano sul successo delle attuali norme dell’UE in materia di progettazione ecocompatibile, che hanno comportato notevoli riduzioni del consumo energetico dell’UE e risparmi significativi per i consumatori. Solo nel 2021 i requisiti di progettazione ecocompatibile hanno consentito ai consumatori di risparmiare 120 miliardi di €. Le norme hanno inoltre comportato una riduzione del 10% del consumo annuo di energia per i prodotti interessati. Entro il 2030 il nuovo quadro potrà assicurare un risparmio di 132 Mtep di energia primaria, pari a circa 150 miliardi di m3 di gas naturale, quasi equivalenti all’importazione di gas russo nell’UE. 

    Rendere i prodotti sostenibili la norma

    La proposta di regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili riguarda la progettazione dei prodotti, che genera fino all’80% dell’impatto ambientale del prodotto durante il ciclo di vita. Tale proposta stabilisce nuovi requisiti per rendere i prodotti più durevoli, affidabili, riutilizzabili, aggiornabili, riparabili, più facili da mantenere, rinnovare e riciclareed efficienti sotto il profilo energetico e delle risorse. Inoltre i requisiti di informazione specifici per prodotto daranno ai consumatori la possibilità di conoscere l’impatto ambientale dei propri acquisti. Tutti i prodotti regolamentati saranno corredati dai cosiddetti passaporti digitali dei prodotti, che ne faciliteranno la riparazione o il riciclaggio e agevoleranno la tracciabilità delle sostanze lungo la catena di approvvigionamento. Potrà essere introdotta anche l’etichettatura. La proposta prevede anche misure volte ad arrestare la distruzione dei beni di consumo invenduti, accrescere il potenziale degli appalti pubblici verdi e incentivare i prodotti sostenibili.

    La proposta amplia il quadro di progettazione ecocompatibile esistente in due modi: da un lato includendo la gamma più ampia possibile di prodotti e dall’altro ampliando la portata dei requisiti ai quali i prodotti devono conformarsi. La definizione di criteri non solo per l’efficienza energetica ma anche per la circolarità, unitamente a una riduzione complessiva dell’impronta ambientale e climatica dei prodotti, comporterà una maggiore indipendenza energetica e delle risorse e una riduzione dell’inquinamento. Rafforzerà il mercato unico evitando divergenze normative in ciascuno Stato membro e genererà opportunità economiche per l’innovazione e la creazione di posti di lavoro, in particolare in termini di rifabbricazione, manutenzione, riciclaggio e riparazione. La proposta definirà un quadro e un processo attraverso i quali la Commissione, in stretta collaborazione con tutte la parti interessate, definirà progressivamente i requisiti per ciascun prodotto o gruppo di prodotti.

    Contestualmente alla presente proposta la Commissione ha adottato un piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile e sull’etichettatura energetica per il periodo 2022-2024 come misura transitoria fino all’entrata in vigore del nuovo regolamento, volto a coprire nuovi prodotti connessi all’energia e aggiornare, rendendole più ambiziose, le norme per quelli già regolamentati. Il piano di lavoro riguarda in particolare l’elettronica di consumo (smartphone, tablet, pannelli solari), il flusso di rifiuti in più rapida crescita.

    La proposta odierna comprende anche iniziative settoriali mirate, al fine di incoraggiare la diffusione di prodotti sostenibili nel mercato dell’UE. La strategia dell’UE per prodotti tessili sostenibili e circolari e la revisione del regolamento sui prodotti da costruzione riguarderanno due gruppi di prodotti prioritari con livelli di impatto importanti.

    Prodotti tessili sostenibili e circolari

    Il consumo di prodotti tessili in Europa si trova al quarto posto per maggiore impatto sull’ambiente e sui cambiamenti climatici dopo l’alimentazione, gli alloggi e la mobilità; si tratta inoltre del terzo settore in ordine di consumi per quanto riguarda l’uso di acqua e suolo e del quinto per l’uso di materie prime primarie.

    La strategia dell’UE per i prodotti tessili sostenibili e circolari definisce una visione ed azioni concrete tese a garantire che entro il 2030 i prodotti tessili immessi sul mercato dell’UE siano riciclabili e di lunga durata, realizzati il più possibile con fibre riciclate, privi di sostanze pericolose e prodotti nel rispetto dei diritti sociali e dell’ambiente. I consumatori beneficeranno più a lungo di tessili di alta qualità, la moda rapida andrà fuori moda e lascerà spazio a servizi di riutilizzo e riparazione economicamente vantaggiosi e altamente fruibili. In un settore tessile competitivo, resiliente e innovativo, i produttori devono assumersi la responsabilità dei propri prodotti lungo la catena del valore, anche una volta divenuti rifiuti. In tal modo l’ecosistema tessile circolare sarà florido e guidato da capacità sufficienti per garantire un riciclaggio innovativo delle fibre fibre-to-fibre, mentre l’incenerimento e il collocamento in discarica dei tessili dovranno essere ridotti al minimo.

    Le misure specifiche comprenderanno requisiti di progettazione ecocompatibile dei tessili, informazioni più chiare, un passaporto digitale dei prodotti e un regime di responsabilità estesa del produttore dell’UE. Sono inoltre previste misure per contrastare il rilascio involontario di microplastiche dai tessili, garantire l’accuratezza delle dichiarazioni ecologiche e promuovere modelli di business circolari, compresi i servizi di riutilizzo e riparazione. Per affrontare la questione della moda rapida, la strategia invita inoltre le imprese a ridurre il numero di collezioni per anno, ad assumersi le proprie responsabilità e ad agire per ridurre al minimo l’impronta ambientale e di carbonio, ed esorta gli Stati membri ad adottare misure fiscali favorevoli per il settore del riutilizzo e della riparazione. La Commissione promuoverà tale transizione anche con l’ausilio di attività di sensibilizzazione.

    La strategia mira inoltre a sostenere l’ecosistema tessile e a guidarlo attraverso il suo percorso trasformativo. Pertanto la Commissione avvia oggi la creazione condivisa di un percorso di transizione per l’ecosistema tessile. Si tratta di uno strumento collaborativo essenziale concepito per agevolare la ripresa dell’ecosistema dagli effetti negativi della pandemia da COVID-19, che negli ultimi due anni hanno colpito le operazioni quotidiane delle imprese. Lo strumento contribuirà alla sopravvivenza a lungo termine delle imprese rafforzando la loro capacità di resistere all’agguerrita concorrenza globale e agli shock futuri. Tutti gli attori sono incoraggiati a partecipare attivamente al processo di creazione condivisa attraverso il loro impegno in materia di circolarità e modelli imprenditoriali circolari, azioni volte a rafforzare la competitività sostenibile, la digitalizzazione e la resilienza così come l’individuazione degli investimenti specifici necessari per la duplice transizione.

    I prodotti da costruzione di domani

    L’ecosistema edilizio rappresenta quasi il 10% del valore aggiunto dell’UE e impiega circa 25 milioni di persone in oltre 5 milioni di imprese. Il settore dei prodotti da costruzione annovera 430 000 imprese nell’UE con un fatturato di 800 miliardi di €. Principalmente di piccole e medie dimensioni, tali imprese costituiscono una risorsa economica e sociale fondamentale per le comunità locali nelle regioni e nelle città europee.

    Gli edifici sono responsabili di circa il 50% dell’estrazione e del consumo delle risorse e di oltre il 30% dei rifiuti totali prodotti ogni anno dall’UE. Inoltre gli edifici sono responsabili del 40% del consumo energetico dell’UE e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra legate all’energia.

    La revisione del regolamento sui prodotti da costruzione rafforzerà e modernizzerà le norme in vigore dal 2011 e creerà un quadro armonizzato per valutare e divulgare le prestazioni ambientali e climatiche dei prodotti da costruzione. I nuovi requisiti garantiranno che i prodotti da costruzione siano progettati e fabbricati in base allo stato dell’arte per essere più durevoli, riparabili, riciclabili e più facili da rifabbricare.

    La revisione semplificherà inoltre l’elaborazione di norme comuni europee da parte degli organismi di normazione, contribuendo a rimuovere gli ostacoli alla libera circolazione del mercato interno congiuntamente alla maggiore capacità di vigilanza del mercato e a norme più chiare per gli operatori economici lungo la catena di approvvigionamento. Infine la revisione del regolamento offrirà soluzioni digitali per ridurre gli oneri amministrativi, in particolare per le PMI, tra cui la banca dati dei prodotti da costruzione e il passaporto digitale dei prodotti.

    Fonte: Commissione europea

  • Dall’UE via libera all’etichettatura d’origine per i salumi Made in Italy

    L’Unione Europea ha finalmente dato il via libera all’etichetta Made in Italy su salami, mortadella, prosciutti e culatello per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana. Ad annunciarlo la Coldiretti che ha fortemente sostenuto il provvedimento dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, periodo di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate. In questo modo sarà accontentato quel 93% di cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, come rileva l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole, e si darà linfa vitale ai 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale. E, dopo tante battaglie, sarà salvo il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi.

    Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali italiani si sono quasi dimezzate, scendendo a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e il Made in Italy che vanta 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia.

    A preoccupare è l’invasione di cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno arrivano nel nostro Paese, soprattutto dal Nord Europa, per essere lavorate ed ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy. Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

    Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita degli animali, “Paese di allevamento degli animali, “Paese di macellazione”. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Se la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o da Paesi extra europei, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

     

  • Coldiretti cerca firme per una petizione sulle etichette alimentari

    Coldiretti sollecita a firmare entro il 2 ottobre la petizione “Eat original! Unmask your food” per chiedere alla Commissione Ue di estendere l’obbligo di indicare l’origine in etichetta a tutti gli alimenti. Promossa dalla stessa Coldiretti assieme a Fnsea (il maggior sindacato agricolo francese), Ocu (la più grande associazione di consumatori spagnola), Solidarnosc (storico sindacato polacco), Upa (l’Unione dei piccoli agricoltori in Spagna), Slow Food, Gaia (associazione degli agricoltori greci), Campagna amica, Fondazione Univerde, Green protein (ONG svedese), la petizione deve essere supportata dai cittadini di almeno 7 Paesi dell’Ue. I promotori puntano ad arrivare a un milione di firme e si prefiggono, come recita Coldiretti, di «mettere all’angolo multinazionali e lobbies del Nord Europa e spingere la Commissione a valorizzare l’origine dei prodotti agricoli e garantire un giusto reddito agli agricoltori».

     

  • In Italia obbligatoria l’etichettatura trasparente per gli alimenti. Ma in Europa molto ancora si deve fare

    Dopo 15 anni sembra essersi concluso il contenzioso tra  Italia ed Unione europea in tema di etichettatura trasparente con il decreto legge Semplificazioni nel quale vi è l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti. Questo obbligo raggiunge due obiettivi prioritari: difendere, valorizzare la produzione  nazionale e consentire al consumatore scelte consapevoli ed informate, specie in un periodo nel quale si spacciano per Made in Italy alimenti che non hanno nulla a che vedere con la produzione italiana.

    Al termine dell’iter di approvazione tutti i prodotti alimentari avranno obbligatoriamente un’etichetta con il luogo di provenienza geografica, questa nuova norma rappresenterà un grande passo avanti anche nella prevenzione delle frodi, nella tutela della proprietà industriale e nel contrasto della concorrenza sleale. Finalmente si conoscerà, ad esempio, la provenienza della frutta  utilizzata per succhi di frutta, marmellate etc, dei legumi in scatola, della carne utilizzata per insaccati e prosciutti. La misura tiene anche conto che in questo modo possa diminuire il numero degli allarmi dovuti agli scandali alimentari nell’Unione europea  che nel 2018 sono stati circa 20 al giorno.

    L’obbligo dell’etichettatura d’origine dovrebbe essere esteso a tutti i prodotti alimentari. Non possiamo dimenticare che l’etichettatura trasparente sarebbe  necessaria per  tutti i manufatti e se questo importante traguardo non si è ancora realizzato è per l’opposizione della Germania e dei paesi del nord Europa che, ancora nella scorsa legislatura europea, nonostante il voto favorevole del Parlamento, si erano opposti a discutere in Consiglio il regolamento proposto dalla Commissione europea e, con migliorative modifiche, approvato dal Parlamento. L’Italia resta all’avanguardia per norme di trasparenza alimentare ma ancora resta molto da fare anche per punire chi ancora produce ed etichetta in modo scorretto o falso. In Europa la strada alla trasparenza è iniziata dopo la crisi della mucca pazza, nel 2002, e non è ancora finito il percorso di tutela dei consumatori che, secondo la loro organizzazione europea, Beuc, per più del 70% vogliono conoscere cosa mangiano.

  • Fair food Swiss Made

    Dimostrando ancora una volta come l’unica forma di democrazia che possa in qualche modo permettere il confronto sulle tematiche vicine ai cittadini sia rappresentata dalla Svizzera, il prossimo 23 settembre gli elettori elvetici verranno chiamati ad esprimersi, quale ennesimo esempio di democrazia diretta, sull’iniziativa referendaria definita Fair food. Tale iniziativa parte dalla necessità espressa dai promotori del referendum di una tutela della filiera produttiva tanto per le carni prodotte all’interno del confine svizzero quanto per quelle di importazione le quali, viceversa, non risultano essere soggette a tale tipo di normativa.

    Lo scontro, piuttosto acceso, come riporta l’amico Riccardo Ruggeri in un suo recente intervento, vede contrapposti i promotori del referendum contro gli stessi rappresentanti delle istituzioni in Svizzera i quali risultano invece ampiamente schierati contro il quesito posto dal referendum. Questi ultimi hanno addirittura l’ardire di affermare come l’introduzione di una simile normativa sulla certificazione della filiera alimentare rappresenterebbe un aggravio di costi e di conseguenza impedirebbe alle fasce meno abbienti di poter accedere a determinati tipi di alimenti.

    Dal punto di vista di chi vive al di fuori dei perimetri nazionali della Svizzera sentire parlare di difficoltà economiche per l’introduzione di una diversa normativa relativa alla certificazione filiera  fa sorridere. Tuttavia quello che risulta più imbarazzante parte dalla semplice considerazione su di una classe politica che dovrebbe rendere più veloci, digitali ed immediati i controlli di filiera anche sulle carmi di importazione in modo da rendere minimale l’aggravio dei costi per gli importatori e di conseguenza per il consumatore finale. In tal senso infatti risulta assolutamente inaccettabile come una certificazione di filiera possa trasformarsi in un fattore anticompetitivo per le carni di importazione.

    Tuttavia questo referendum dimostra ancora una volta come sia sempre più forte ed inarrestabile la volontà da parte dei consumatori e dei cittadini di poter esprimere un acquisto consapevole che scaturisca solo ed esclusivamente dalla certificazione della filiera produttiva: in altre parole dalla conoscenza.

    Questo ovviamente non significa che le produzioni a basso costo tipiche delle catene di fast food debbano sparire e tantomeno essere soggette ad esclusione o a giudizi morali di qualsiasi genere. Un mercato aperto si basa sulla possibilità per ciascun operatore economico all’interno del proprio settore di competenza di proporre un prodotto dichiarando semplicemente la propria filiera produttiva, sia per un prodotto alimentare o del tessile-abbigliamento. Mai come in questo caso la democrazia diretta svizzera dimostra quello che potremmo definire una struttura democratica aperta che pone come centrale la possibilità di espressione del “sentiment” dei propri cittadini attraverso l’istituto del referendum.

    Questo referendum in più dimostra altresì come stia cambiando sempre più velocemente l’atteggiamento dei consumatori ed in questo caso potremmo riferirci a tutti i consumatori europei e non solo svizzeri, europei che si evolvono verso prodotti a maggior valore aggiunto che risultino essi stessi espressione di una filiera alimentare o del tessile e quindi i portatori della cultura contemporanea del paese di provenienza.

    Una cadenza già presente negli Stati Uniti, come una ricerca della Bloomberg Investment dimostrò nel 2016 certificando come l’82% dei consumatori statunitensi fosse disponibile a pagare un prodotto anche il 30% in più purché espressione di un Made In reale.

    Al di là del risultato del referendum stesso che vede appunto su fronti opposti promotori contro l’establishment politico, non tenere conto di questo cambiamento culturale dei consumatori stessi che chiedono maggior chiarezza e conoscenza in merito alla qualità del prodotto grazie ad una maggiore cultura della salute rappresenterebbe il peggiore degli errori che una classe politica ed economica potrebbero mai dimostrare.

    Un mercato aperto ed evoluto deve permettere attraverso la conoscenza di essere consapevole della qualità del prodotto sia per un hamburger che per una bistecca di Chianina, evitando di privilegiare una tipologia di consumo rispetto ad un’altra.

    Un atteggiamento dell’autorità politica che si basa sulla chiarezza e conoscenza della filiera a monte e che permette quindi  al consumatore di operare una scelta consapevole. Un mercato evoluto risulta tale quando la conoscenza acquisisce un proprio valore non solo culturale ma anche economico.

  • Combi Mais day: una giornata dedicata alla valorizzazione del mais italiano

    Si svolgerà venerdì 5 ottobre, alle 15,30, presso Innovagri, Società Agricola Folli di Alberto e Mario Vigo a Robiano di Mediglia, l’Open Day dedicato a Combi Mais 5.0. Durante l’evento, al quale parteciperà anche il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, verranno presentati i risultati della trebbiatura 2018 con il protocollo innovativo che protegge reddito e qualità. Combi Mais Idrotechnologies fa parte del Progetto Mais in Italy per la valorizzazione del mais italiano.

  • “Eat ORIGINal! Unmask your food”: la Commissione UE registra l’iniziativa dei cittadini europei

    Il Collegio dei Commissari, mercoledì 19 settembre, ha deciso di registrare un’iniziativa dei cittadini europei dal titolo “Eat ORIGINal! Unmask your food”.

    L’obiettivo dichiarato della proposta di iniziativa dei cittadini è quello di imporre dichiarazioni di origine obbligatorie per tutti i prodotti alimentari al fine di prevenire le frodi, tutelare la salute pubblica e garantire il diritto all’informazione dei consumatori.

    La decisione della Commissione di registrare l’iniziativa riguarda unicamente l’ammissibilità giuridica della proposta. In questa fase la Commissione non analizza il merito.

    La registrazione di questa iniziativa avrà luogo il 2 ottobre 2018, data dalla quale decorrerà la raccolta annuale di firme a sostegno da parte degli organizzatori. Se l’iniziativa riceverà un milione di dichiarazioni di sostegno in almeno sette Stati membri nell’arco di un anno, la Commissione dovrà reagire entro tre mesi. La Commissione può decidere di dare o di non dare seguito alla richiesta e in entrambi i casi dovrà giustificare la sua decisione.

    Prevista dal trattato di Lisbona come strumento per consentire ai cittadini di influire sul programma di lavoro della Commissione, l’iniziativa dei cittadini europei è stata istituita nell’aprile del 2012 con l’entrata in vigore del regolamento riguardante l’iniziativa dei cittadini che attua le disposizioni del trattato.

    Una volta registrata ufficialmente, l’iniziativa dei cittadini europei consentirà a un milione di cittadini provenienti da almeno un quarto degli Stati membri dell’UE di invitare la Commissione europea a proporre atti giuridici nei settori di sua competenza. Come previsto dal regolamento sull’iniziativa dei cittadini, per essere ammissibile l’azione proposta non deve esulare manifestamente dalla competenza della Commissione di presentare una proposta legislativa e non deve essere manifestamente ingiuriosa, futile o vessatoria né manifestamente contraria ai valori dell’Unione.

    Fonte: Comunicato stampa della Commissione europea del 19 settembre 2018

  • L’Italia subito, la Ue dal 2020 impone di indicare in etichetta il luogo di produzione dell’ingrediente principale dei prodotti alimentari

    Le etichette alimentari dovranno contenere il luogo di produzione della materia prima dell’alimento stesso (ad esempio il grano per la pasta). Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso dell’associazione italiana dei pastai (Aidepi) contro il decreto che prevede l’informazione al consumatore e anche la Commissione europea dal l’1 aprile 2020 renderà obbligatorio riportare sull’etichetta degli alimenti commerciati nella Ue l’indicazione del luogo di produzione dell’ingrediente principale (il regolamento europeo soppianterà il decreto ministeriale italiano).

    Un nuovo rapporto del Beuc, l’organizzazione europea dei consumatori, ha intanto fotografato i modi in cui le etichette ingannevoli sui produtti alimentari inducono in errore i consumatori, evidenziando – come riferisce Il Fatto Alimentare – tre modalità ricorrenti.

    La prima riguarda i prodotti industriali etichettati come “tradizionali”, “artigianali”, “naturali” o che richiamano la “ricetta della nonna”: simili indicazioni possono far pensare a produzioni minori realizzate da imprese artigianali qualificate, mentre spesso si tratta di alimenti industriali ricchi di coloranti, additivi e altri ingredienti, che i consumatori sarebbero sorpresi di trovare in un prodotto “artigianale”.

    Alimenti e bevande, in secondo luogo, riportano poi spesso fotografie di frutti che fanno pensare a prodotti salutari mentre in molti vasetti si trovano minime quantità di frutta, abbinata a sapienti aromi, mescolata ad altri ingredienti meno salutari (alcuni produttori sostengono che tali immagini sono usate per caratterizzare il gusto del prodotto e non per evidenziare la presenza della frutta, il Beuc sottolinea come questo atteggiamento sia in contrasto con le aspettative dei consumatori, convinti di una correlazione diretta fra immagini sulle confezioni e ingredienti presenti all’interno del prodotto).

    Infine i prodotti qualificati dall’etichetta come “integrali” (che registrano crescente successo) sono in effetti non di rado un po’ meno salutari quando si esamina il contenuto di fibre riportato in caratteri piccoli sul retro della confezione. In Italia, Spagna e Olanda, ad esempio, il pane integrale deve usare il 100% di farina integrale, ma questo non vale in tutta Europa.

  • Approvata nuova indicazione geografica protetta italiana

    La Commissione europea ha accolto la domanda di iscrizione della Pitina nel registro delle indicazioni geografiche protette (IGP). La Pitina è un salume di carne di pecora, capra, capriolo, daino, cervo o camoscio, con aggiunta di pancetta o spalla di maiale. La polpetta ottenuta è ricoperta di sale, pepe, aglio ed erbe aromatiche.

    La Pitina è prodotta in tre valli della provincia di Pordenone. Questa nuova denominazione di aggiunge agli oltre 1 425 prodotti già protetti, il cui elenco completo è disponibile nella banca dati DOOR.

    Fonte: Comunicato stampa della Commissione europea del 2 luglio 2018

Pulsante per tornare all'inizio