Europa

  • La Commissione celebra il 20° anniversario dei master congiunti Erasmus Mundus

    Bruxelles celebra i 20 anni di Erasmus Mundus e per l’occasione l’Agenzia esecutiva europea per l’istruzione e la cultura (EACEA) ha pubblicato lo studio d’impatto “20 anni di Erasmus Mundus: impatto trasformativo e percorsi per il futuro“, che evidenzia come in 20 anni Erasmus Mundus abbia contribuito a migliorare la qualità dell’istruzione e della collaborazione internazionale negli istituti di istruzione superiore in Europa. Dall’avvio del programma, quasi 50 000 studenti provenienti da 179 paesi hanno partecipato ai master Erasmus Mundus e più di 34 000 studenti hanno ricevuto una sovvenzione dall’UE.

    Erasmus Mundus è un’azione europea di cooperazione nell’istruzione superiore finanziata dal programma Erasmus+ dell’UE che sostiene la creazione di prestigiosi master internazionali congiunti, concepiti ed erogati da un gruppo di università in Europa e nel resto del mondo. Le borse di studio finanziate dall’UE sono assegnate ai candidati che si sono classificati nelle prime posizioni della graduatoria, a copertura di tutti i costi per il conseguimento di un master congiunto in due o più istituti di istruzione superiore.

    L’UE sta investendo circa 1 miliardo di euro in Erasmus Mundus, di cui 153,1 milioni per l’invito a presentare proposte del 2024.

  • Africa ed Europa nel bene e nel male

    Qualche volta sarebbe bene imparare dall’Africa.

    In Kenya, dove il nord è stato devastato da piogge particolarmente torrenziali, anche per la stagione, il governo ha preso misure urgenti a tutela della popolazione.

    Dopo i 250 morti e le quasi quattrocentomila persone coinvolte nello straripamento di fiumi e canali, con i conseguenti enormi allagamenti che hanno distrutto case e coltivazioni, il governo, per evitare che in futuro si ripetano tragedie simili, ha ordinato la demolizione di tutti gli edifici costruiti senza permesso entro 30 metri dalle sponde dei fiumi.

    Provvedimento che sarebbe giusto imitare anche in Italia e nel resto d’Europa visto che gli  allagamenti dovuti alle esondazioni di fiumi, torrenti, canali e rigagnoli è diventato costante e non più un fatto eccezionale. Se poi si pensasse anche a pulire i greti dei corsi d’acqua eliminando alberi, tronchi e quant’altro li ostruisce forse un po’ di danni, anche ai ponti, sarebbero evitati. Ma si sa gli interventi più semplici e di buon senso sono quelli che difficilmente si prendono, qualunque sia il colore del potere.

    Viene invece dalla Tunisia una notizia molto preoccupante: i migranti, per impedire che arrivino sulle nostre coste con le imbarcazioni dei trafficanti di esseri umani o autonomamente, sono praticamente deportati al confine algerino o libico  e lì abbandonati.

    Benissimo avere coinvolto il governo tunisino nel controllo del traffico di esseri umani sulle nostre coste  ma l’Italia e l’Europa non dovrebbero tollerare che i migranti siano abbandonati nel deserto o in paesi nei quali non esiste un minimo di tutela.

    Un vero piano Mattei per l’Africa dovrebbe occuparsi anche di questo ed il futuro Parlamento europeo dovrebbe inviare una propria delegazione per verificare con i propri occhi cosa sta succedendo a decine di migliaia di esseri umani, compresi i bambini.

  • Pace in Ucraina

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo dell’On. Dario Rivolta

    Da più parti si chiede che la guerra in Ucraina si trasformi presto in pace o almeno in una tregua che apra a negoziati per la fine definitiva del conflitto. È più che giusto che si desideri porre fine a una carneficina che tocca soldati e civili da una parte e dall’altra e che ci si interroghi su come arrivare a questa soluzione. Tuttavia, prima di ragionare su cosa fare credo che sia bene che qualcuno, chiunque egli sia, risponda (almeno a sé stesso) a due domande.

    La prima: quali sono gli interessi dell’Europa nel volere che l’Ucraina entri nella NATO? Tutti, salvo gli ipocriti, sanno che la guerra è scoppiata dopo che, per diverse volte, Mosca aveva pubblicamente fatto sapere di considerare come un attentato alla propria sicurezza il possibile ingresso dell’Ucraina nella NATO. Non a caso, quando gli americani vollero che all’ordine del giorno dell’incontro NATO di Bucarest del 2008 fossero inseriti anche l’ingresso nell’Alleanza Atlantica di quel Paese e della Georgia, Germania e Francia (e sottovoce anche l’Italia) si opposero, esprimendo la preoccupazione che tale atto avrebbe causato una risposta della Russia tutt’altro che pacifica. Gli americani dovettero fare buon viso a cattiva sorte ma, in cambio della rinuncia, ottennero che la questione fosse solo rimandata a data successiva. Dopo quanto era accaduto nel 1999 con l’attacco della NATO contro la Serbia (non avallato dall’ONU) e alcune “rivoluzioni colorate” scoppiate i Paesi limitrofi alla Russia, a Mosca si era cominciato a pensare, a torto o a ragione, che l’Occidente stesse puntando a destabilizzare ciò che restava dell’ex-Unione Sovietica. Ad avvalorare tale ipotesi aveva contribuito la trasformazione dello scopo ufficiale della NATO, da puramente difensivo al momento della sua creazione, in un’organizzazione che si poneva come obiettivo di intervenire ovunque si giudicasse (da parte di Washington?) fossero a rischio la democrazia e i diritti umani. A tal proposito vedi Dichiarazione di Roma nel 1991 e la sua formalizzazione a Washington nel 1999 attraverso il “Nuovo Concetto Strategico”.  Naturalmente si sarebbero chiusi gli occhi se le violazioni fossero avvenute in Paesi considerati “amici” o “utili”. E, infatti, nessuno ha aiutato o inviato armi all’Armenia democratica attaccata dall’Azerbaigian autoritario nel Nagorno-Karabakh con l’esodo forzato di decine di migliaia di etnicamente armeni costretti a1988-2024d abbandonare tutto.

    Dunque: Gli americani avevano una loro logica, giusta o sbagliata che fosse, ma gli europei? Voglio quindi ripetere la domanda: che interesse aveva, ed ha, l’Europa ad avere l’Ucraina nella NATO? Chi rispondesse che serve per “contenere” la Russia giustificherebbe le reazioni di Mosca.

    La seconda: Qual è l’interesse dell’Europa nell’avere, e magari in tempi rapidi, l’Ucraina come membro dell’Unione Europea? Dopo che gli USA con l’Inflation Reduction Act hanno messo in ginocchio alcuni settori dell’industria europea invitandoli a delocalizzare verso gli Stati Uniti, vogliamo forse distruggere anche l’agricoltura dell’Europa? È risaputo che, grazie alla mano d’opera a buon mercato e alle immense distese di territori coltivabili ucraini, importare senza dazi i prodotti agricoli da quel Paese metterebbe fuori mercato le nostre aziende e in Polonia sono stati i primi ad accorgersene. Senza contare che, dopo tutti i bombardamenti con proiettili a uranio impoverito dalle due parti in conflitto, ogni prodotto frutto dei campi colpiti dalla guerra arriverebbe da noi contaminato da polveri non radioattive ma estremamente velenose (più del piombo – vedi le malattie mortali riscontrate da civili serbi e soldati NATO in Serbia, Iraq e Afghanistan). E poi, chi dovrebbe pagare i costi della ricostruzione dopo che la guerra sarà finita? Come sempre è successo per i futuri nuovi ingressi, miliardi di euro sono stati mandati da Bruxelles ai Paesi candidati per “adeguare le leggi e le infrastrutture” agli standard europei. Nel caso dell’Ucraina, oltre alla sua dimensione superiore ad ogni precedente Paese entrato, si dovranno aggiungere i fondi necessari a ricostruire strade, fabbriche e intere città. Sanno i cittadini europei cosa sarà trattenuto dalle loro tasche per assecondare i vaneggiamenti di quattro irresponsabili politici a Bruxelles e nelle varie capitali?

    E allora: dove sta l’interesse degli europei a far entrare questo nuovo “membro”, tra l’altro considerato dal FMI come il più corrotto d’Europa? Chi rispondesse che le nostre aziende guadagnerebbero dalla ricostruzione fa solo fantasia e non conosce gli accordi già sottoscritti da Zelensky con Blackrock e J.P. Morgan.

    Veniamo ora alla pace che tutti vogliamo. O almeno a una possibile tregua.

    Il 15 e il 16 giugno prossimi, vicino a Lucerna in Svizzera, si terranno colloqui per identificare un percorso che porti verso una pace giusta e duratura in Ucraina. Ottima iniziativa, se non fosse che la Russia, salvo variazioni dell’ultimo momento, ha già annunciato che non vi parteciperà. È possibile concordare una qualunque pace tra due contendenti nell’assenza di uno dei due?

    Purtroppo, i veri problemi di una negoziazione da intraprendere oggi stanno nel fatto che, checché se ne dica, la vera guerra non è tra Ucraina e Russia ma tra Occidente (in primis gli USA) e la Russia e che nessuno dei contendenti ha fiducia nella buona fede dell’altro. Entrambi sono pervasi da intenzioni massimaliste. Almeno per ora Kiev e l’Occidente, dopo tutti i morti inutili tra la popolazione ucraina, non possono permettersi di perdere la faccia rinunciando a far entrare l’Ucraina nella NATO e abdicando alla rivendicazione dei territori perduti e della Crimea. Inoltre, pensano che l’obiettivo di Mosca sia di instaurare a Kiev un governo fantoccio manovrabile da Mosca. Da parte russa si è sinceramente convinti che l’obiettivo dell’Occidente sia di assicurarsi una “sconfitta strategica” della Russia, la sostituzione dell’attuale regime e il futuro “spezzettamento” della Federazione. Se le due parti sono su queste linee è evidente che l’unica soluzione che si può intravedere è tra la capitolazione o la continuazione dei combattimenti.

    Comunque sia, anche chi nega che la storia sia maestra di vita dovrebbe ricordare come sono finite le guerre nel mondo degli ultimi 70/80 anni. Tutte le volte che sono cessate o sono state sospese grazie a un negoziato senza che sia stato drasticamente risolto il motivo che le aveva scatenate, le ostilità sono ricominciate in breve tempo.

    Vediamo qualche esempio tra i tanti:

    Guerra del Vietnam (1955-1975). Gli accordi di pace di Parigi permisero il ritiro americano dal conflitto ma la guerra continuò fino a che il Vietnam del nord arrivò a detronizzare il governo di Saigon.

    Guerra dei 6 giorni (1967). Gli accordi di Camp David arrivarono solo nel ’78 e consistettero nella vittoria di Israele sull’Egitto sancendo il riconoscimento ufficiale dell’esistenza dello stato israeliano. Dunque: vittoria di Israele.

    Prima guerra del Golfo (1990-1991). Ci fu un cessate il fuoco mediato dall’ONU che sospese temporaneamente il conflitto ma fu sostituito da sanzioni pesanti contro l’Iraq. La guerra ricominciò nel 2003 arrivando alla sconfitta definitiva di Saddam Hussein.

    Guerra civile in Bosnia (1992-1995). Con gli accordi di Dayton si creò un governo federale tra le varie etnie bosniache, croate e serbe che, tuttavia, continuano ancora oggi a essere una polveriera con minaccia di scissioni.

    Guerra del Kossovo (1998-1999). Finì solo con la sconfitta totale della Jugoslavia e gli accordi del ’99 furono, di fatto, la resa di Belgrado. La Serbia tuttora non riconosce l’esistenza autonoma dello stato Kossovaro.

    Guerre tra Armenia e Azerbaigian (1988-2024) Le tensioni etniche tra armeni e azeri datano almeno dall’inizio del ‘900. Nel 1988 con la fine dell’URSS l’Armenia si re-impadronì del Nagorno-Karabakh abitato prevalentemente da armeni. La guerra subito scoppiata finì grazie alla mediazione russa per ricominciare nel 1994 e incattivirsi nel 2016 (guerra dei quattro giorni). Nel 2020 scoppiò di nuovo e ancora la Russia fece da mediatrice imponendo un accordo tra le parti. Accordo reso nullo dalla recente invasione azera del 2024 con successo di quest’ultima grazie all’aiuto della Turchia.

    Se anche l’attuale guerra in Ucraina dovesse finire con un accordo tra le parti che non costituisca una vera vittoria per uno dei due, molto probabilmente si tratterebbe di una soluzione temporanea e, prima o poi, le ostilità ricomincerebbero. Alcuni alti funzionari americani ritengono che la guerra debba finire con un accordo negoziato ma nessuno di loro ha mai detto né agli alleati né tanto meno al governo ucraino su quali basi ciò potrebbe avvenire.

    Dobbiamo dunque rinunciare a cercare la pace? Nessuno dovrebbe permetterselo! Quale pace, tuttavia? Accetterà l’occidente che ciò che resta dell’Ucraina diventi un Paese neutrale come furono l’Austria, la Finlandia e la Svezia, senza che la Nato ci metta becco?  O, in alternativa, accetterà Mosca di rinunciare ai territori che ha già inglobato nella Federazione e che Kiev diventi un nuovo membro dell’Alleanza Atlantica? Entrambe le soluzioni sembrano ad oggi piuttosto improbabili.

    Nel frattempo non va dimenticato che un decreto presidenziale voluto da Zelensky nel Settembre 2022 e tuttora in vigore ha stabilito “l’impossibilità di aprire negoziazioni con il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin” e chi lo facesse sarebbe immediatamente accusato di alto tradimento. Forse bisognerebbe cominciare con il cancellare questo “ukase”.

  • Aspettative dei cittadini dell’UE in vista delle elezioni

    Secondo l’ultimo sondaggio Eurobarometro standard pubblicato il 23 maggio gli europei desiderano un’UE più forte e più indipendente, soprattutto di fronte alle attuali sfide globali, e mostrano un crescente ottimismo riguardo al futuro.

    Più di tre quarti degli europei (77%) sono favorevoli a una politica di sicurezza e di difesa comune tra i paesi dell’UE, mentre oltre sette cittadini dell’UE su dieci (71%) concordano sulla necessità dell’UE di rafforzare la sua capacità di produrre attrezzature militari. Allo stesso tempo quasi sette cittadini dell’UE su dieci (69%) sono favorevoli a una politica estera comune degli Stati membri. Oltre due terzi dei cittadini concordano sul fatto che l’UE sia un luogo di stabilità in un mondo in difficoltà (67%) e che l’UE dispone di poteri e strumenti sufficienti per difendere gli interessi economici dell’Europa nell’economia globale (69%).

    Secondo gli europei, l’ambito prioritario dell’azione dell’UE a medio termine è quello della sicurezza e della difesa (34%), seguito a breve distanza da clima e ambiente (30%). La sanità (26%) si colloca al terzo posto e l’economia e la migrazione al quarto (25% per entrambe). Allo stesso tempo quasi la metà (46%) di tutti i cittadini ritiene che nel breve termine la garanzia di pace e stabilità avrà il maggiore impatto positivo sulla loro vita, seguito dalla sicurezza dell’approvvigionamento alimentare, sanitario e industriale nell’UE (28%), dalla creazione di maggiori opportunità di lavoro e dalla gestione della migrazione (26%).

    Per quanto riguarda la guerra di aggressione russa contro l’Ucraina, quasi nove intervistati su dieci (87%) si esprimono positivamente sulla fornitura di sostegno umanitario alle persone colpite dalla guerra e più di otto su dieci (83%) concorda con l’accoglienza nell’UE delle persone in fuga dalla guerra. Il 72% dei cittadini dell’UE sostiene le sanzioni economiche nei confronti del governo, delle imprese e dei cittadini russi, e il 70% è favorevole alla fornitura di sostegno finanziario all’Ucraina. Sei su dieci approvano la concessione all’Ucraina dello status di paese candidato all’adesione all’UE e il finanziamento dell’UE per l’acquisto e la fornitura di attrezzature militari all’Ucraina.

    Tra le crisi più recenti, l’invasione russa dell’Ucraina ha avuto la maggiore influenza sul modo in cui i cittadini dell’UE guardano al futuro (42%), seguita dalla pandemia e da altre crisi sanitarie (34%) e dalla crisi economica e finanziaria (23%).

    La percezione della situazione dell’economia europea è migliorata dall’autunno 2023: il 47% degli intervistati la considera ora “buona”, il livello più alto dal 2019. Una pluralità di cittadini (45%) ritiene che la situazione economica europea rimarrà stabile nei prossimi 12 mesi. La tendenza positiva si riflette anche nel sostegno all’euro che resta stabilmente elevato, sia nell’UE nel suo complesso (70%) che nella zona euro (78%).

    In vista delle elezioni europee, quasi tre quarti degli intervistati (74%) affermano di sentirsi cittadini dell’UE, ancora una volta il livello più alto in oltre vent’anni. Oltre sei cittadini dell’UE su dieci (62%) sono inoltre ottimisti riguardo al futuro dell’UE, facendo registrare un lieve aumento rispetto al sondaggio precedente nell’autunno 2023. Anche la fiducia nell’UE è aumentata ed è ora pari al 49%, mentre la fiducia nei governi nazionali si attesta al 33%.

    Quasi sei cittadini dell’UE su dieci sono soddisfatti del funzionamento della democrazia nell’UE (57%) e nel loro paese (58%).

  • Indagine Eurobarometro: l’UE deve rafforzare le competenze in materia di cibersicurezza

    Da un’indagine Eurobarometro pubblicata il 22 maggio emergono una crescente carenza di competenze informatiche, la necessità di un maggior numero di specialisti di cibersicurezza e la necessità di personale altamente sensibile alla cibersicurezza in tutte le imprese dell’UE. Questi risultati sono in linea con una recente relazione di previsione pubblicata dall’ENISA, l’Agenzia dell’UE per la cibersicurezza, in cui si osserva che la carenza di competenze informatiche sembra essere strettamente correlata con le minacce informatiche, il che rappresenta una grave problema sia per il funzionamento delle reti e dei sistemi informativi sia per il mercato unico nel suo complesso.

    La Commissione ha intensificato gli sforzi per aumentare la consapevolezza e la visibilità delle iniziative relative alle competenze di cibersicurezza e per incrementare il numero di professionisti qualificati in detto settore

    Quest’anno la Commissione ha stanziato 10 milioni di € a sostegno di progetti volti ad attuare programmi di formazione in competenze informatiche per le PMI, le start-up e il settore pubblico. L’importo totale investito dal 2021 in progetti e iniziative a sostegno delle competenze informatiche, insieme agli Stati membri e ai partner del settore privato, è salito a circa 600 milioni di €. Nuove opportunità di finanziamento saranno messe a disposizione nell’autunno 2024.

  • Entrano in vigore le norme europee sull’identità digitale

    Sono entrate in vigore lunedì le norme relative all’istituzione di un’identità digitale europea, che dal 2026 permetteranno a tutti i cittadini e residenti dell’UE di beneficiare di un unico e personale portafoglio europeo di identità digitale. Il portafoglio, che sarà costituito da un’applicazione mobile emessa in ciascuno Stato membro, consentirà ai cittadini e ai residenti dell’UE di identificarsi online in piena sicurezza per accedere a servizi online pubblici e privati in tutta Europa.

    Il portafoglio di identità digitale dell’UE rivoluzionerà l’identificazione digitale. Ogni utente potrà utilizzare servizi online, condividere documenti digitali come una patente di guida o una prescrizione elettronica, aprire conti bancari o effettuare pagamenti avendo il pieno controllo dei dati personali.

    La Commissione ha già investito 46 milioni di euro a titolo del programma Europa digitale in quattro progetti pilota su vasta scala per testare il portafoglio di identità digitale dell’UE in una serie di casi d’uso quotidiano, tra cui la patente di guida mobile, la sanità elettronica, i pagamenti, i titoli d’istruzione e le qualifiche professionali.

    Dopo l’entrata in vigore delle nuove norme, la Commissione preparerà i pertinenti atti di esecuzione per garantire che tutti i portafogli presentino lo stesso elevato livello di sicurezza e protezione dei dati e funzionino senza soluzione di continuità in tutta l’UE.

  • L’Unione europea investe per la realizzazione del nuovo Campus dell’Università degli Studi di Milano

    L’UE scende in campo per finanziare il nuovo m dell’Università Statale di Milano con la Banca Europea per gli investimenti (BEI) che sosterrà la creazione di nuovi spazi didattici per studenti e ricercatori universitari nell’ambito di un più ampio progetto di rigenerazione urbana della città di Milano improntato alla sostenibilità.  La linea di credito messa a disposizione da Cassa Depositi e Prestiti beneficia a sua volta in parte della garanzia del Fondo InvestEU, il programma della Commissione Europea per il rilancio degli investimenti privati nell’Unione Europea che ha l’obiettivo di favorire la competitività e la crescita nel lungo periodo.

    L’intervento di riqualificazione permetterà all’Università Statale di Milano di realizzare una struttura innovativa in grado di concentrare in un unico insediamento competenze scientifiche multidisciplinari trasferendo le attività di ricerca didattica e dipartimentale nell’ambito di un programma complessivo di sviluppo dell’ateneo. Il nuovo Campus sarà a regime entro la fine del 2027 e accoglierà oltre 23mila persone tra studenti, ricercatori docenti e staff, si svilupperà su una superficie costruita di 190mila metri quadrati con laboratori per la ricerca avanzata, oltre 8mila metri quadrati di biblioteca, auditorium e spazi comuni, cui si aggiungono spazi verdi e un orto botanico.

  • Entra in vigore il nuovo regolamento sulle spedizioni di rifiuti

    In vigore dal 20 maggio il nuovo regolamento relativo alle spedizioni di rifiuti, che stabilisce norme più rigorose per l’esportazione di rifiuti verso paesi terzi. Il nuovo regolamento sosterrà l’economia circolare e garantirà che i rifiuti esportati dall’Unione europea siano trattati in modo sostenibile dal punto di vista ambientale. Migliorerà la tracciabilità e agevolerà le spedizioni di rifiuti destinati al riciclaggio nell’UE e nel resto del mondo.

    Nell’ambito del nuovo regolamento, da maggio 2027 saranno consentite ad esempio le esportazioni di rifiuti dell’UE verso paesi non appartenenti all’OCSE solo se tali paesi informano la Commissione europea della loro disponibilità a importare rifiuti e dimostrano di essere in grado di gestirli in modo sostenibile. La Commissione monitorerà inoltre le esportazioni di rifiuti verso i paesi OCSE e prenderà provvedimenti qualora tali esportazioni causino problemi ambientali nel paese di destinazione.

    Il nuovo regolamento prevede anche un’osservanza più rigorosa e una maggiore cooperazione nella lotta contro il traffico di rifiuti, uno dei reati ambientali più gravi, integrando così la nuova direttiva sulla tutela penale dell’ambiente, anche questa in vigore da lunedì.

  • “Qualsiasi danno al patrimonio culturale colpisce il patrimonio umano”: Borrell e Ivanova sul 70o anniversario della Convenzione dell’Aia per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato

    L’Alto rappresentante/Vicepresidente Josep Borrell e la Commissaria per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e i giovani, Iliana Ivanova, hanno rilasciato una dichiarazione in occasione del 70o anniversario della Convenzione dell’Aia per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato e del suo primo protocollo.

    70 anni fa, nel maggio 1954, è stata adottata la Convenzione dell’Aia per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, insieme al suo primo protocollo. Si trattava del primo trattato multilaterale internazionale incentrato esclusivamente sulla protezione del patrimonio culturale. Ha spianato la strada a numerosi sforzi e strumenti per la protezione del patrimonio culturale, compresa la lotta contro l’impunità dei responsabili, che resta fondamentale.

    L’UE sostiene l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO), che svolge un ruolo chiave nel diffondere e monitorare il rispetto degli accordi sulla protezione dei beni culturali.

    Deploriamo che oggi il patrimonio culturale venga danneggiato o distrutto durante i conflitti armati e condanniamo gli attacchi deliberati contro i siti del patrimonio culturale.

    Qualsiasi danno al patrimonio culturale colpisce il patrimonio umano.

    L’Unione europea continuerà a sostenere il rispetto universale della Convenzione dell’Aia, ad aiutare i partner a stabilizzare e proteggere il patrimonio culturale e a promuovere le indagini sui reati contro il patrimonio culturale e la relativa documentazione, affinché i responsabili di tali reati rispondano delle loro azioni.

    Il patrimonio culturale è uno strumento di riconciliazione e coesione sociale. È un motore di sviluppo economico e una base solida per la resilienza della società, in grado di contribuire a una ripresa sostenibile e a una pace duratura.

  • La Commissione europea avvia un procedimento formale nei confronti di Meta sulla violazione dei servizi digitali

    La Commissione ha avviato un procedimento formale per valutare se Meta, fornitore di Facebook e Instagram, abbia violato il regolamento sui servizi digitali in relazione alla tutela dei minori. A Bruxelles si teme infatti che i sistemi di Facebook e Instagram, compresi i loro algoritmi, possano stimolare dipendenze comportamentali nei minori generando il cosiddetto effetto “rabbit-hole” e c’è preoccupazione sui metodi di garanzia e verifica dell’età messi in atto da Meta.

    L’apertura del procedimento si basa su un’analisi preliminare della relazione di valutazione dei rischi presentata da Meta nel settembre 2023, sulle risposte di Meta alle richieste formali di informazioni da parte della Commissione (sulla tutela dei minori e sulla metodologia della valutazione dei rischi), sulle relazioni accessibili al pubblico e su analisi della Commissione stessa.

    Il 30 aprile 2024 la Commissione aveva già avviato un procedimento formale nei confronti di Meta, in relazione sia a Facebook sia a Instagram, per pubblicità ingannevole, contenuti politici, meccanismi di notifica e azione, accesso ai dati da parte dei ricercatori e per la mancanza di uno strumento efficace di monitoraggio in tempo reale del dibattito civico e delle elezioni fornito da terzi in vista delle elezioni del Parlamento europeo.

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