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  • Toghe&Teglie: risotto verde con calamari e peperoni cruschi

    Buona settimana a voi lettori, sono Francesco Toschi Vespasiani della sezione “gigliata” del Gruppo Toghe & Teglie. Chi ha avuto modo di leggere altre mie realizzazioni culinarie ricorderà, forse, che mi cimento volentieri in risotti piuttosto originali e quello che propongo oggi è stato molto apprezzato dai miei amici e colleghi del Gruppo anche per l’effetto scenico dell’impiattamento.

    Dunque, procuratevi dei calamari di taglia medio/piccola tagliandoli ad anellini e lasciando i tentacoli interi e fateli cuocere con olio evo, aglio e peperoncino sfumando con dell’ottimo vino bianco.

    Per una resa ottimale è opportuno lasciarli abbastanza morbidi con ciò intendendo che non deve essere eccessivo il grado di asciugatura del sughetto che, come vedrete, servirà a sua volta in seguito.

    A parte preparate del brodo vegetale insaporendolo con un mezzo bicchiere di brodo di pesce e predisponete riso carnaroli in quantità adeguata per i commensali: la regola dice due pugni a porzione ed uno “per la pentola”.

    Tostate il riso in un soffritto di scalogno e portatelo a cottura diluendo gradualmente con il brodo. Dopo un po’, aggiungete un paio di cucchiaini di alga sbirulina (la quantità dipende dal livello di intensità del verde che si desidera, regolatevi ad occhio ed eventualmente aggiungetene).

    Intanto che il riso termina il suo percorso sul fuoco, prendete i cruschi e tagliateli a filini e poi metteteli in un padellino con pochissimo olio non troppo bollente, per pochi secondi, in modo da renderli croccanti senza farli annerire: si bruciano in pochi istanti ed occorre essere molto attenti a questa fase.

    In ultimo, a riso quasi cotto, aggiungete il sughetto (solo quello!) dei calamari ed in seguito impiattate aggiungendo direttamente ad ogni porzione i calamari e guarnite con i cruschi.

    Non fatevi mancare un buon vino bianco servito alla temperatura giusta ed…enjoy!

  • Toghe&Teglie: polpettone al sugo di datterini

    Bentrovati, cari lettori, sono Mary Marinosci della Sezione Lombarda del Gruppo Toghe & Teglie, fortunata prescelta per presentarvi la ricetta della settimana: un semplice ma molto gustoso polpettone, uno di quei piatti “sempreverdi” che presentano anche il vantaggio di poter essere conservati per un consumo graduale in più giorni.

    Cominciamo subito! In poco olio evo fate soffriggere tre melanzane tagliate a dadini e contemporaneamente, in un coccio, preparate un sughetto con passata di datterini e scalogno tritato.

    Fate raffreddare tutto, dopodiché trasferite le melanzane in un recipiente che già contenga della carne trita scelta (manzo o manzo e maiale se si gradisce un sapore più sapido), almeno 500 grammi, aggiungendo 3 uova, 150 grammi di parmigiano, un spicchio d’aglio tritato, cinque foglie di menta anch’esse tritate e qualche cappero di Pantelleria, due cucchiai abbondanti di pangrattato ed impastate, impastate, impastate, aggiungendo di quando in quando qualche cucchiaio del sughetto di pomodoro.  Regolate di sale.

    Ultimata questa operazione che deve portare ad un perfetto amalgama tra gli ingredienti, ungete una teglia con olio extra vergine e spolveratela con pangrattato.

    Ora dividete in due l’impasto – che non deve rimanere morbido – e formate un primo strato a forma di ciambella.

    Per non patire la fame, farcite con prosciutto cotto tagliuzzato e mozzarella a dadini il restante impasto e ricoprite spargendo sopra dell’altro pangrattato ed il sughetto avanzato. In ultimo, una generosa passata di parmigiano grattugiato ed infornate a 180/200° per una mezz’ora.

    In realtà sarebbe finito così, cioè con una crosticina croccante formata dal parmigiano che nella foto non si vede perché mi era avanzata della mozzarella, l’ho messa sopra. Al servizio guarnite con altre foglie di menta, tenendo presente che il giorno dopo è ancora più buono ed è sufficiente intiepidire accompagnando il polpettone con un’insalata fresca.

    Buona cucina a tutti!

  • Toghe&Teglie: trinchetti al lardo di Colonnata e astice

    Ciao, ciao a tutti i lettori! Sono Sara Astorino della Sezione Granducato di Toscana di Toghe & Teglie; anche questa settimana sono stata chiamata a rappresentare il Gruppo con un piatto particolare che ho messo in tavola per festeggiare il cinquantesimo compleanno di mio marito: i trinchetti al lardo di Colonnata e astice.

    Direte voi, che saranno mai i trinchetti? Beh, non sono certo degli shottini di liquore, che con lardo e crostacei non c’entrano nulla e meno che mai stiamo parlano di alberi prodieri o pennoni dei bastimenti: i trinchetti, come li chiamo io, sono gli spaghetti quadrati ideali per questo piatto ma vanno benissimo altri formati purchè di pasta lunga e grossa.

    Andiamo avanti con la preparazione: mettete a bollore un brodo con pomodoro, cipolla, carote e carapace di gamberi (suggerisco, quando non si usano subito, di congelarli; io faccio così: non si sprecano e possono sempre tornare utili) e fatevi cuocere l’astice per otto minuti, lasciandolo intero, per evitare che scuocia: con il pesce i tempi di cottura servono essere sempre misurati attentamente ed i crostacei non ne richiedono mai di lunghi.

    Nel frattempo mettete sul fuoco l’acqua, con poco sale, ed in una padella a parte sciogliete un cucchiaio raso di crema di lardo di Colonnata (altrimenti non è lardo…); estraete l’astice dal suo brodo per farlo raffreddare e piano piano estraetene tutta la polpa tagliandola a tocchetti. Le dosi, come al solito, sono spannometriche e possono variare in base al numero di porzioni: io ho preparato per due.

    Il passaggio finale consiste nel ripassare la carne nella crema di lardo a fuoco moderato aggiungendo, senza scolarli troppo (l’acqua di cottura, senza eccessi, va sempre bene nelle mantecature), i trinchetti che avrete fatto cuocere molto al dente.

    Mescolate con un mestolo di legno per amalgamare la pasta con il condimento e siete pronti per andare a tavola…senza dimenticare – festeggiamenti in corso o meno – di estrarre dal frigo una bottiglia di un ottimo bianco messo per tempo e ben freddo.

    Buon divertimento ai fornelli e – soprattutto – dopo.

  • Toghe&Teglie: polpettone da cambusa

    Salve! Sono Alessandro Occhionero, sezione milanese di Toghe & Teglie, che questa settimana vi sottoporrà un suggerimento di cucina “da recupero”: a chi non è mai capitato – una domenica sera – di avere voglia di qualcosa di sfizioso, da preparare velocemente e con quel che c’è in dispensa senza preoccuparsi di uscire a cercare il supermercato aperto più vicino?

    Ecco come ho risolto io il dilemma, senza seguire una ricetta particolare ho preparato un polpettone con quello che avevo e un po’ a occhio e condivido con voi lettori la mia esperienza che è risultata assai soddisfacente.

    Procuratevi, rovistando nel frigo, 500 grammi di carne trita scelta di manzo (almeno questa e le uova devono esserci), impastatela aggiungendo due uova, una fetta e mezza di pane da tramezzino ammollato con un po’ di latte caldo (senza strizzarlo): un po’ di pane e latte, di solito, si trovano in qualche anfratto del frigo e della dispensa.

    Unite, poi, al composto del prezzemolo fresco, qualche fetta di prosciutto, meglio se cotto al forno (leggermente affumicato) e tritato con la mezzaluna, del parmigiano senza lesinare sulla quantità, sale, pepe e noce moscata q.b.. Ora amalgamate il tutto con le mani e nel finale date alla carne trita così “arricchita” la forma di un salame e avvolgetela con della pancetta, possibilmente quella al pepe.

    Siamo alle battute finali: posate il vostro polpettone in una padella ben “ingrassata” con del burro chiarificato e date una bella rosolata a fuoco moderato; poi mettetelo in una pirofila ed in forno portato a 180° con aggiunta di rosmarino e ci sta bene anche qualche fogliolina di salvia (che io non avevo) aspergendo generosamente di vino bianco…vino, eh? Non Tavernello e simili insapori liquami e fate andare fino a cottura, osservando l’esterno e saggiando di quando in quando l’interno badando bene di lasciarlo umido.

    Patate anch’esse al forno o un’insalata mista si accompagnano molto bene così come un rosso a gradazione sui 13° fatto respirare con il dovuto anticipo.

    Dai, lo so che la fornitura della cambusa può essere differente dai suggerimenti che ho dato ma la ricetta è davvero facile e si presta a numerose variazioni a seconda delle disponibilità di ingredienti: metteteci fantasia pensando alla combinazione dei sapori…oppure procuratevi tutto per tempo.

    Alla prossima.

  • Toghe&Teglie: pasta con fave salsiccia e pecorino

    Buona settimana a tutti i lettori da Rieti e da Tiziana D’Orazio del Gruppo Toghe & Teglie: in una stagione propizia per le fave, quello che vi propongo è un piatto tipico del Centro Italia. A proposito, lo sapevate che Rieti è il Centro d’Italia? Veniteci a trovare, oltre ad un’ottima cucina troverete una città piacevolissima da visitare e, in Piazza San Rufo, c’è il monumento all’ombelico della penisola che ne indica la posizione esatta…ma qui stiamo divagando, scusate: procuratevi subito una ampia padella (sempre meglio un coccio), dell’olio evo e della cipollina fresca e cominciamo, giusto il tempo di sbucciare le fave.

    Fate imbiondire nell’ olio la cipollina dopo averla affettata, aggiungete le fave, sale e pepe q.b. e della menta romana fresca, procedete a fuoco basso.

    Nel frattempo mettete a bollire l’acqua ove calerete a vostra scelta dei maccheroncini, dei pici, spaghettoni…insomma questo piatto si presta all’utilizzo di qualsiasi formato di pasta ed, a parte, fate soffriggere della salsiccia mondata e sbriciolata unendovi le fave quando saranno cotte.

    Mantenete in temperatura il condimento cercando di coordinare i tempi di cottura con quello della pasta che calerete nel condimento mantecando a fuoco spento senza farsi mancare una generosa spolverata con del pecorino non troppo stagionato e sapido.

    Servite guarnendo con altre foglioline di menta romana. Come variante si può sostituire la salsiccia con del guanciale e, volendo, parte delle fave può essere frullata per realizzare un composto con cui rendere più cremoso il piatto. Le variazioni sull’abbinamento fondamentale fave-pecorino-salume possono essere molte: la fantasia in cucina è un ingrediente che non può mai mancare.

    Arrivederci a tutti.

  • Toghe&Teglie: le montanarine

    Sono di nuovo a voi, cari lettori: Emilia De Biase, campana trapiantata a Milano del Gruppo Toghe & Teglie e sono qui per proporvi una ricettina facile facile da realizzare più che mai ad “occhio” e “ammor” con le dosi. Le montanarine, una delizia napoletana che pare strano siano tipiche di una città di mare: infatti prendono il nome dall’usanza dei contadini che provenivano dalle alture campane di consumare come spuntino queste che – in fondo – sono delle gustose pizzette fritte.

    Per una quantità moderata di montanarine procuratevi innanzi tutto 300 grammi di farina 00, 180 grammi di acqua appena tiepida (“acqua morta”), mezzo cubetto lievito birra, un cucchiaino di zucchero, un cucchiaio di olio evo oppure una cucchiaiata di strutto – che sarebbe “la morte sua” – sale q.b.

    Per il condimento e la preparazione finale, e qui andate veramente “a occhio”, servono ancora olio evo, uno spicchio di aglio, della passata di pomodoro, sale q.b., olio di semi, basilico e parmigiano a volontà.

    Fate sciogliere il lievito nell’acqua con lo zucchero e lasciatelo attivare per almeno cinque minuti poi versate il liquido così ottenuto in una ciotola dove sarà già stata approntata la farina setacciata e cominciate prima a mescolare e poi ad impastare sempre nella stessa ciotola.

    Il composto all’inizio sembrerà orribile, ma poco a poco la maglia glutinica farà il suo e lo renderà più guardabile…soprattutto dopo aver aggiunto lo strutto o l’olio ed il sale e averlo ancora impastato per qualche minuto.

    A questo punto lasciate l’impasto a riposare, coperto nella sua ciotola, per una decina di minuti. Trascorso questo tempo, rovesciatelo su un piano di lavoro tirandolo su quattro punti, quasi a formare un rettangolo, fate quattro pieghe, cioè prendete le due punte superiori, allungatele un po’ e piegate l’impasto verso il centro da tutti i lati. Terminate facendo una pallottola trascinando il prodotto delicatamente nel chiuderlo sotto. Riponete una seconda volta in ciotola per un riposo di altri 10 minuti e dopo ripetete una volta l’operazione delle pieghe, della arrotolatura rimettete nuovamente a riposo; questa volta, però, in ciotola unta con un po’ d’olio e lasciate lievitare dalle due alle tre ore, fino – più o meno – al raddoppio di volume con copertura con una pellicola a contatto.

    Mentre l’impasto lievita, va preparata una salsa semplicissima: si fa soffriggere in olio evo, in una idonea pentola da sugo, lo spicchio d’aglio in camicia schiacciato, fino a vederlo imbiondito; a questo punto toglietelo via, dopo averlo un po’ pressato con i rebbi di una forchetta perché rilasci aroma e gusto e versate in casseruola una buona passata di pomodoro, sale (sempre a piacimento) e basilico. Lasciar cuocere con coperchio e a fiamma bassa fino ad ottenere una bella salsetta densa.

    Trascorso il tempo di lievitazione, rovesciate nuovamente l’impasto su in piano di lavoro, staccatene dei pezzetti, formando delle pallette che vanno stese con le dita lasciando un incavo nel mezzo. Queste “pezzelle” andranno poi fritte in olio di semi ben caldo: si gonfieranno mentre cuociono (se necessario irrorate con altro olio bollente) e, aiutandovi con un cucchiaio, schiacciate leggermente in centro per mantenere un posticino per la salsa. Giunte a doratura bisognerà riporle su carta assorbente e a questo punto si passa a farcirle con la salsa intiepidita nell’incavo centrale, parmigiano con abbondanza e una fogliolina di basilico ricordando che il basilico va spezzato a mano, mai con le forbici!

    Ecco qua…buon divertimento e buon appetito a tutti.

  • Toghe&Teglie: maccheroni al ferretto con tartare di gamberi

    Ciao, ciao a tutti! Dopo poche settimane torno a voi lettori con una preparazione che ha fatto venire l’acquolina in bocca ai miei amici di Toghe & Teglie. Sono Vittorio Pacchiarotti, mi piace dire componente del Dream Team Laziale del Gruppo che un paio di anni fa ha inflitto una sonora lezione ad una squadra di magistrati romani in una competizione ai fornelli…ma passiamo al presente ed alla ricetta.

    Chiariamo subito che il formato della pasta non è decisivo; con i maccheroni al ferretto il risultato finale è eccellente ma ne possono andare bene altri: preferibilmente – però – pasta grossa e fresca o, al più, una chitarra o dei pici purchè assorba bene il condimento. E partiamo proprio da quello: per iniziare separate le teste, le chele e la coda di gamberoni rossi, avendo cura di eliminare gli occhi che possono dare una punta di amaro, per preparare la bisque nel modo canonico: cipolla, concentrato di pomodoro, pomodorini, uno spicchio d’aglio e peperoncino. Fate soffriggere con un filo d’olio e poi sfumate con del vino bianco.

    Ora ricoprite d’acqua e lasciate cuocere a fiamma bassa per un’oretta, togliete dal fuoco, filtrate con un colino e spolverate con prezzemolo fresco.

    Le code dei gamberoni, invece, mettetele nel frattempo a marinare con succo di limone, di arancia, pepe, prezzemolo ed un filo di olio evo; pulite, mettendoli da parte, anche dei gamberetti.

    Terminata la marinatura e pronta la bisque, mandate a bollore l’acqua, salate e buttate la pasta da scolare al dente (tre minuti circa prima del tempo di cottura indicato: dipende dal tipo impiegato) mentre, a parte, in una padella fate scottare appena i gamberetti già mondati con olio, gambi di prezzemolo, aglio e pochissimo peperoncino, sfumando il tutto con mezzo bicchiere di vino bianco secco.

    Scolate e mantecate la pasta a fuoco medio con la bisque insieme ai gamberetti aggiungendo una generosa dose di succo di arancia e limone biologici.

    Completate l’impiattamento con l’aggiunta dei gamberoni rossi già marinati ed una macinatina di pepe profumato q.b.

    Il gioco è fatto! Buon appetito a tutti.

  • Toghe&Teglie: lasagne con asparagi e scampi

    Sono Anna Paola Klinger della sezione lagunare di Toghe & Teglie, buona settimana a tutti!

    La proposta per voi lettori è una lasagna, “sbagliata” direbbero i puristi che – a malapena – tollerano la versione ligure con il pesto.

    Di sbagliato ci sarebbe, sicuramente, non provare neppure a realizzare questo piatto: poi, chiamatelo come vi pare per non offendere le sensibilità altrui.

    Iniziate preparando la indispensabile con 750 ml. di latte, 60 gr. di burro e 60 di farina bianca fatto andare il tutto in un pentolino a fuoco medio, rimestando con un cucchiaio di legno fino a quando gli ingredienti non si saranno amalgamati offrendo la tipica, densa, cremosità della besciamella.

    A parte, cucinate al vapore gli asparagi, circa 1 kg, e date un lieve bollore agli scampi. Poi, tagliate i gambi degli asparagi tenendo a parte le punte, frullateli e uniteli alla besciamella, regolando il sale.

    Ora preparatevi per la parte di finale: procuratevi delle sfoglie di pasta (sono tollerate anche quelle già pronte ma sarebbe meglio farle in casa…) e realizzate sei strati: lasagna, besciamella, punte di asparago e scampi tagliati a pezzettini.

    Sopra lo strato finale pennellate solo della besciamella, spargete qualche punta di asparago e una spolverata di grana non troppo stagionato per fare la crosticina. Infornate a 180 gradi per mezz’ora più cinque di grill e lasciate riposare dieci minuti prima di servire.

    Da Venezia per ora è tutto, a presto!

  • Toghe&Teglie: cima alla genovese

    Il clima è decisamente migliorato, cari lettori, e ci si può dedicare ad una cucina più “primaverile”: sono Marisa Viacava, avvocato della sezione ligure di Toghe & Teglie e sono stata onorata di rappresentare il gruppo con una ricetta molto classica del territorio. Badate bene, questa è la ricetta di casa mia – quindi, in un certo modo, originale – ma si può dire che per la cima alla genovese, tipicamente pasquale, c’è una appetitosa variante per ogni famiglia dal confine con la Francia al promontorio delle Cinque Terre.

    Per una cima delle dimensioni della foto (regolatevi un po’ con le misure approssimative degli attrezzi di contorno ma, come sempre, qui si va a “spanne, appetito, commensali e sentimento”) fatevi preparare dal macellaio una “tasca” di fesa di vitello ben battuta e cucita su tre lati.

    Per il ripieno, che è la parte più interessante e variabile del piatto, procuratevi e mescolate una carota tagliata a cubetti e 100 grammi di piselli che avrete preventivamente scottati in acqua bollente, due o tre uova sode (anche di più a seconda della dimensione della “tasca”), 200 grammi di parmigiano grattugiato, 400 grammi di carne trita anch’essa di vitello, 50 grammi di pinoli che noi liguri difficilmente facciamo mancare, sale e noce moscata q.b., un po’ di maggiorana tritata. E’ necessario fare attenzione che il ripieno non sia eccessivo per evitare che scoppi durante la cottura, regolatevi anche in questo senso.

    Ora che avete pronto il ripieno, amalgamatelo, inserite le uova rassodate e farcite la cima, cucite il quarto lato e mettetela a cottura in acqua bollente con sedano, carota e cipolla per due ore buone a fuoco medio e se vedete che si gonfia eccessivamente punzecchiate con un ago per far fuoriuscire aria. Non è finita, non è ancora il momento di andare a tavola! La preparazione è abbastanza veloce ma la degustazione deve attendere.

    Una volta cotta, infatti, fate raffreddare e poi mettetela almeno dodici ore – una notte intera va bene – sotto un peso perché si serve fredda, tagliata a fette come un salume ed accompagnata da insalata mista, verdure a scelta, ed è ottima con salsa verde.

    Buona cucina a tutti, a presto!

  • Toghe&Teglie: uova alla scozzese

    Buona settimana e ben trovati, lettori gourmet di questa rubrica. Sono Sara Astorino, crotonese trapiantata in Toscana del Gruppo Toghe & Teglie, praticamente una novizia su queste colonne.

    Siamo ancora in periodo pasquale ed una mia ricetta a base di uova – seppure arricchita in modo poco penitenziale – è stata molto apprezzata dagli amici e colleghi tanto che sono stata prescelta per provocarvi l’acquolina in bocca.

    Per la preparazione ho usato le uova di quaglia – ma vanno benissimo anche quelle di gallina – salsiccia non troppo piccante (va un po’ a gusto personale), carne di maiale, sale, salsa worcester e per la panatura finale farina, rosso d’uovo di gallina e pan grattato in questo ordine esatto…quantità “a sentimento”, come al solito.

    Il primo passaggio consiste nel tritare la carne di maiale unitamente alla salsiccia, miscelandole per ottenere un composto molto liscio ed uniforme che andrà condito con due cucchiai di salsa worcester e un pizzico di sale.

    Successivamente le uova vanno messe in un contenitore con acqua gelata da portare poi sino ad ebollizione ed attendendo quattro minuti esatti prima di spegnere il fuoco.

    Ora bisogna far raffreddare le uova mettendo il contenitore sotto l’acqua fredda, così sostituendola gradualmente a quella calda. Dopo che le uova si saranno raffreddate e saranno state mondate del guscio, si arriva all’unico passaggio “lungo” della ricetta: preparate delle specie di polpette con il mix di carne di maiale e salsiccia facendo attenzione alla quantità: la particolare consistenza della carne e le dimensioni dell’uovo (soprattutto se viene usato quello di quaglia) consentono di usare solo pochissima carne che, di fatto, va spalmata intorno all’uovo, avvolgendolo.

    Terminata questa delicata operazione, ripassate nella farina, nel tuorlo d’uovo, nel pangrattato una prima volta e poi nuovamente in uovo e pangrattato.

    Il finale è la frittura con olio a 175 gradi (ed è opportuno munirsi di termometro digitale perché la temperatura è molto importante) ed, una volta dorato e ben cotto, se la dimensione dell’“involucro” di carne mista risultasse troppo sottile per prelevare le uova senza danneggiarle è bene usare una scolafrittura.

    Un’ ultima ultima nota: la migliore riuscita si lega ad una doratura molto forte, quindi grande attenzione nei passaggi finali della preparazione.

    Buon appetito e…alla prossima ghiottoneria!

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